1)The love and the lies between us
Dedicato
a Sara A.K.A. Beck,
la donna dai formidabili
NaruHina Fellings.
Aka nel cuore.
I
can't get my feet up off the edge
I kind of like the
little rush you get
When you're standing
close to death
Like when you're driving
me crazy
Ho sempre
odiato le feste in chimono.
I chimoni li
amo: sono eleganti, pratici nella loro scomodità,
meravigliosi nelle loro
fantasie e conferiscono
un che di
misterioso.
Io non voglio
fare l’esagerata, ma almeno per l’ultima cosa non
ho bisogno di un chimono per
sentirmi gli occhi di tutti addosso, bastano i miei di occhi.
Sono una Hyuga,
i miei occhi sono di un lillà chiarissimo che nessuno al di
fuori della nostra
famiglia possiede e sono dotati di un abilità detta
Byakugan. È un’abilità
speciale molto temuta; permette di vedere il sistema circolatorio del
chackra e
tramite alcune mosse, patrimonio della mia famiglia, bloccarne i punti
di
uscita.
I nostri nemici
hanno tentato in tutti i modi di impossessarsene e qualcuno
c’è riuscito, a
prezzo della vita di mio zio.
Meglio
presentarmi, comunque, io sono Hinata e ho quindici anni. Quando
arriverò a
ventun’anni verrò investita del ruolo di capoclan
e so già che altro non sarà
che un’immensa rottura di palle.
Mio padre è
sempre impegnato e stressato per questo ruolo e la sua faccia ha subito
una
drastica mutazione da umana a maschera di legno con sempre la stessa
espressione stampata sopra.
Non ha pianto
nemmeno al funerale del suo gemello perché faceva parte
della casata cadetta e
uno della casata principale non può farlo per via
dell’etichetta.
Già, un ‘altra
particolarità del nostro clan è che siamo divisi
in due casate: la cadetta – i
cui componenti sono marchiati fin dalla nascita con una svastica in
fronte – e
la principale.
Il compito
della casata cadetta è proteggere a costo della vita la
casata principale e di
non far cadere il byakugan in mani nemiche.
E questo ci
riporta a mio zio Hizashi, che è per morto per me.
Non è una cosa
che mi piaccia ricordare, soprattutto quando sono in una sala di gente
che ride
in modo falso e fa tintinnare bicchieri di costoso champagne francese,
ma è
quella che più di tutto mi ha formato il carattere.
Avevo cinque
anni quando qualcuno si intrufolò in casa mia e mi
rapì, fino ad allora ero
sempre stata una bambina timida che aveva un debole per un solo bambino
timido
quanto me: Naruto Uzumaki, il figlio dell’hokage.
Ritrovarmi in
una casa estranea con della gente che non faceva altro che maltrattarmi
e
spaventarmi ha risvegliato in me una forza che non credevo di
possedere. Provai
due volte a scappare, ma venni ricatturata entrambe le volte e
massacrata di
botte.
Ci avrei riprovato
anche una terza o una quarta, ma intanto – nella mia grande
ed elegante casa di
legno – veniva stipulato l’accordo che mi avrebbe
portato via da lì.
Il capoclan
degli Hyuga in cambio della mia vita era la richiesta, venne accettata,
solo
che il corpo che venne consegnato ai miei rapitori
non era quello di mio padre, ma di mio zio.
Se ne accorsero
quando ormai era troppo tardi e sapevano di non poter protestare per
non
scatenare un incidente diplomatico e una
conseguente guerra con Konoha.
Credo che sia
stato da allora che mio padre ha indossato la sua maschera di pietra e
che abbia
perfezionato l’arte quando mia madre è morta per
partorire la mia sorellina
Hanabi.
Io invece da
quella volta ho iniziato a nasconderla mia timidezza e ad allenarmi
come una
pazza insieme a Neji e a mio padre. Neji è più
bravo di me, ma io non me la
cavo male e lui è soddisfatto.
Ora mi ha
lasciato nelle mani di Neji e lui si dedica a Hanabi.
Neji è il mio
migliore amico – mio fratello – siamo cresciuti
insieme, anche se ora un po’ mi
preoccupa la sua tendenza a fare il maniaco sessuale. È
tutta colpa di KIba –
uno dei miei due compagni di squadra – che lo ha iniziato
alle porcherie che
scrive Jiraya-sensei.
Infatti poco
più in là il mio cuginetto ci sta spudoratamente
provando con una ragazza
presente alla festa, che non sa come liberarsene.
Bene, è giunto
il momento di andarsene. Con calma mi dirigo verso la porta che
dà sul nostro
salotto privato, ma mio padre mi intercetta.
“Dove vai,
Hinata?
La festa è per
te, per trovarti un futuro marito.”
Io sfoggio il
mio migliore sorriso.
“Ho una brutta
notizia per lei, padre. Nessuno dei ragazzi presenti sarà il
mio futuro
marito.”
“Non sarai
ancora innamorata di quel ragazzino?”
Con un abile
scatto della mano mi porto il ventaglio davanti alla bocca per cercare
di non
fargli capire che ha ragione, ma con lui questi trucchetti sono
inutili: mi
conosce troppo bene per lasciarsi ingannare.
Lui sospira.
“Ah, Hinata, Hinata
sei testarda come tua madre.”
“Padre, so che
volete maritarmi con uno della casata cadetta per non far diminuire il
potere
del byakugan o con un’Uchiha per aumentarlo e condivido
questi vostri
ragionamenti.
Il byakugan è
il nostro tesoro più prezioso, ma ricordatevi che nemmeno
Naruto Uzumaki è un
pessimo partito. Egli è figlio dell’Hokage
più abile che Konoha ricordi e della
rappresentante della più importante delle casate del
Villaggio del Vortice:
Kushina Uzumaki.
Potrebbe
rinsaldare l’amicizia tra i due villaggi dopo il matrimonio
tra il primo Hokage
e Mito Uzumaki e quello del quarto con Kushina.
E poi… Naruto
potrebbe sviluppare il rinnegan, come quel Nagato che appartiene al suo
stesso
clan e per il byakugan potrebbe essere un bene, ne uscirebbe
più forte.”
Mio padre ride.
“Le tue
argomentazioni sono interessanti e le prenderò in
considerazione.
Vai, ma sappi
una cosa: gli hokage possono cambiare e decadere, ma le famiglie nobili
no.”
Io annuisco, so
dove vuole andare a parare, ma non sarà certo questo a
fermarmi.
“Permettetemi
di ricordavi che gli Uzumaki sono una famiglia molto importante con
un’abilità
molto interessante: sono in grado di mantenere all’interno
del loro corpo i
biijuu meglio di un comune ninja.
Potrebbe essere
fonte di lustro e un avanzamento di posizione all’interno del
villaggio per la
nostra famiglia.”
Lui annuisce e
mi fa cenno di andare, lo sa benissimo che la battaglia è
persa.
Io tiro il
fusuma e mi ritrovo in una stanza elegante, ma più piccola.
C’è solo mia
sorella che legge qualcosa comodamente sdraiata sotto il kotatsu.
Io mi avvicino
e le scompiglio i capelli.
“Ciao pulce,
come va?”
“Bene, prima
che arrivassi tu. Non c’è nessuno di tuo
gradimento?”
Io scuoto la
testa.
“Non ti porterà
a nulla la cotta per quell’Uzumaki, stai disonorando la
nostra famiglia.”
“Nostro padre
sembra pensarla diversamente, scricciolo.”
“Non chiamarmi
più così, inutile. È una vergogna che
una rappresentante della casata
principale si faccia battere da uno di quella secondaria.
Nostro padre
avrebbe fatto meglio a morire per salvarti piuttosto che vederti
crescere così
deviata!”
Lo so che non
dovrei dare peso a quelle che sono le parole di una bambina offesa che
tenta di
fare l’adulta, lo so benissimo eppure la mia mano scatta
senza che io la possa
fermare. Le mie cinque dita si imprimono sulla pelle pallida di Hanabi,
lasciando un’impronta visibile.
Due lacrime
fanno capolino dai suoi occhi, mentre si tocca sconvolta la guancia.
“Non fare la
donna vissuta con me solo perché a dieci anni hai letto un
paio di libri
importanti e di strategia, Hanabi.
Quello che
faccio con Naruto non è affar tuo e, che ti piaccia o no,
sono io la futura
capoclan, non tu. Ammesso che tu non voglia uccidermi, in tal caso
concedimi di
ricordarti un paio di cose, cara: saresti rinnegata dagli Hyuga e
saresti
cacciata dal villaggio come ninja traditrice.
Tieni bene
queste cose nel tuo piano perfetto o potrebbe andare a puttane e
rovinarti la
vita, sorellina.”
Dico con un
tono tagliente che la fa deglutire.
Richiamato dal
casino arriva mio padre a dare un’occhiata.
“Che succede
qui? Hinata? Hanabi?”
“Nulla, padre. Io
e mia sorella abbiamo avuto una discussione, cose futile da
adolescenti, torni
pure alla festa. Uno Hyuga è pur sempre richiesto,
no?”
Concludo
inchinandomi e regalandogli il mio sorriso più smagliante.
Se mio padre sapesse
quello che mia sorella ha detto la punirebbe severamente e non voglio.
“D’accordo, ma
la prossima volta che avrete discussioni su argomenti,uhm,
adolescenziali
cercate di risolverle in maniera più civile.”
Detto questo se
ne va e io corro al piano di sopra, in camera mia, nonostante Hanabi
chiami più
volte il mio nome. Non avrebbe dovuto tirare in ballo
quell’episodio, nessuno
lo deve mai fare in mia presenza!
Con rabbia mi
tolgo il mio chimono preferito e indosso un paio di pantaloncini
strappati, una
lunga maglia nera con un paio di buchi e degli anfibi. Sono
l’unica a Konoha a
portare scarpe che non siano sandali ninja. Mi guardo allo specchio e
appesantisco il trucco con matita e ombretto nero e libero i miei
capelli dalla
complicata acconciatura in cui li avevo. Ora ricadono liberi e lisci
sulle mie
spalle sottili e per un attimo lo specchio mi riflette
l’immagine di un’ Hinata
spaventata e timida, quella che potrei essere io in un altro mondo.
Chi se ne
frega.
Prendo una
borsa e salto giù dalla finestra. Atterro in cortile senza
fare rumore ed esco
da casa mia senza problemi: conosco i turni di guardia dei membri della
casata cadetta,
so i punti deboli che ci sono nel loro percorso.
Mi allontano
veloce come un fulmine, correndo lungo i fili del telefono e saltando
sui tetti delle
case, decisa a raggiungere il
posto che mi interessa.
Arrivo al lago
di Konoha giusto in tempo per vedere la luna piena che si specchia
sulle sue
acque placide e la sua figura che si staglia sulla riva.
Naruto.
Mio unico amore
e mio unico tormento.
Io lo amo da
impazzire – darei la mia vita per lui, combatto contro mio
padre per lui – e
lui è ancora infatuato o innamorato di Sakura.
Dovrei stargli
alla larga e Dio solo sa quanto ci abbia provato, sono persino uscita
con quel
mandrillo di Sasuke Uchiha, ma non è servito. Non appena lui
ha allungato le
sue mani su di me l’ho steso con un paio di colpi e la cosa
è finita lì.
Non posso
liberarmi di Naruto.
Amo il suo modo
di fare – mezzo timido, mezzo sbruffone – amo il
suo corpo, amo il suo modo di
combattere. Combatte con un’incoscienza senza pari, come se
non avesse per
niente paura della morte, e lo fa sorridendo.
Lo fa con lo
stesso sorriso che riserva a me quando facciamo l’amore: un
misto di impudenza
e timidezza.
E ogni volta
che facciamo l’amore per me è come saltare da una
scogliera con solo il suo
corpo a proteggermi e accompagnarmi verso il mare.
È la mia droga.
È la mia
ossessione.
È l’unico che
amerò sempre.
È l’unico che
spero che un giorno mi ami davvero con tutto sé stesso, non
solo con il corpo.
Hold on as
we crash into the earth
A bit of pain will help
you suffer when you're hurt, for real
'Cause you are driving
me crazy
Mi avvicino in
silenzio a lui,
facendo il meno
rumore possibile,
poi quando sono a
pochi centimetri urlo un sonoro: “buh!”che lo fa
sobbalzare.
“Ma sei matta?”
“Chi credevi
potesse essere se non io?”
Chiedo calma
mentre mi siedo.
“Chenneso.
Sasuke Uchiha ad esempio.”
Io mi accendo
una sigaretta ridendo.
“Sasuke Uchiha?
Quello che pianterebbe il suo
pene in un
cadavere a patto che sia ancora un po’ caldo?”
“L’ho visto
passare poco fa con Ten Ten, magari voleva fare una cosa a tre. Lo sai
che
quello è matto.”
Io mi stendo a
terra, guardando le stelle e il fumo che sale.
“Ten Ten, eh? A
mio cugino non piacerà questa cosa.”
“Ma se tuo
cugino è un altro maniaco!”
Io stringo i
pugni.
“Mio cugino è
un maniaco, ma è anche innamorato di Ten Ten.”
Sibilò nervosa:” Sasuke Uchiha
non ama nessuno se non sé stesso.”
“Tu non lo
conosci!”
Io gli rispondo
con una delle mie solite risate sarcastiche, quelle che lui odia.
Mi toglie la
sigaretta di mano e mi bacia violentemente.
“Stai zitta, tu
non sai un cazzo di niente, principessina viziata chiusa nel suo
mondo!”
Mi bacia con
violenza e mi toglie la maglietta ansimando.
“Nemmeno tu sai
niente, figlio del hokage!”
Lo atterro
baciandolo a mia volta e togliendogli la maglietta.
“Tu non sai
nulla della malvagità.”
Mormoro
massaggiandogli in modo circolare la zona intorno
all’ombelico, dalla mia
posizione a cavalcioni sento che lo sto eccitando.
“Non sai niente
dei giochi di potere e di quanto sia nero il cuore degli
uomini.”
Gli bacio
l’ombelico e poi ci infilo la lingua, simulando nemmeno
troppo velatamente una
penetrazione.
Lui sussulta e
trema, ma non mi dà la soddisfazione di gemere.
Mi prende per i
capelli e con furia mi mette sotto di lui, mi spoglia senza dolcezza.
Non l’ho mai
visto così, ma non riesco comunque ad avere paura.
Da due carezze
veloci ai miei seni e mi morde i capezzoli e io devo fare appello a
tutti i
kami per non gemere di dolore.
Mi guarda con
uno sguardo che è un misto di rabbia, dolore ed eccitazione.
Infila due dita
nella mia femminilità e poi subito dopo, senza nemmeno
prepararmi a dovere, il
suo pene, sul mio volto si dipinge una smorfia di dolore, sul suo una
specie di
trionfo malsano: quello del padre che punisce la figlia sgarbata.
Facciamo sesso
così, lui che spinge come un dannato con una serie di colpi
forti e secchi che
mi fanno quasi urlare dal dolore e io che mi aggrappo alla sua schiena
e che
vengo zittita dalla sua lingua nella mia bocca quando proprio non ce la
faccio.
Quando urlo
troppo dal dolore, lui mi bacia per farmi stare zitta e così
facendo lui arriva
all’orgasmo. La faccia – solitamente bonaria
– di Naruto si deforma per il
piacere distorto che ha provato nel farmi male.
Io non riesco
nemmeno a rialzarmi, ho tutte le ossa che mi fanno male e la mia
femminilità
che brucia dal dolore.
Lui se ne va
senza dirmi niente, è la prima volta che lo fa.
Io – non appena
ritrovo un minimo di forze – mi rialzo, mi vesto e mi stendo
sul prato fumando
un’altra sigaretta.
Ho ferito
Naruto, gli ho dato un piccolo assaggio di quello che
soffrirà tra qualche mese
e allora non potrà sfogarmi con me, allora dovrà
biasimare solo sé stesso.
Tiro una
boccata dalla mia sigaretta con gli occhi offuscati dalle lacrime.
Un po’ piango
per il dolore fisico, un po’ per l’umiliazione che
ho subito, un po’ perché per
lui sono sempre l’altra, un po’ perché
lui non crede in me.
È questa la
cosa che fa più male: lui non crede in me.
Lui preferisce
credere a Sakura, preferisce amare Sakura anche se sarà
sempre rifiutato,
preferisce ferire me piuttosto che fare del male a lei.
Io arrivo
sempre dopo; di lui vedo sempre la schiena che se ne va dopo che
abbiamo fatto
l’amore.
Forse ho
esagerato con la storia di Sasuke, ma lui non doveva trattare Neji
così, è come
un fratello per me e anche se so che è un maniaco guardone,
so anche che ama
Ten a suo modo e che non tradirebbe mai il villaggio e lascerebbe le
ragazze
con più stile di Sasuke.
Conosco un
sacco di ragazze che sono state lasciate da lui e hanno tutte alcune
cose in
comune: il cuore spezzato e la furia cieca verso di lui per averle
illuse con
mille promesse, lasciate e poi essere sparito.
Neji almeno non
le illuderebbe o si farebbe sentire ancora, è un gentiluomo
nell’anima mio
cugino, Sasuke lo è solo per casata e ci passa tutta la
differenza del mondo.
Provo
compassione e pietà per Sakura, dovrei odiarla e non ci
riesco, perché lei
pende dalle labbra di Sasuke e lui lo sa e ci gioca.
La tratta come
un cagnolino: due carezze, un contentino e poi la caccia.
E Sakura
soffre.
E Naruto
soffre.
E Ino, la sua
migliore amica che ci è passata prima di lei e
l’ha messa in guardia in tutti i
modi, soffre.
E io soffro.
Vorrei che
Naruto per un attimo vedesse qual è il vero Sasuke Uchiha in
modo che si renda
conto di chi difende.
Tralasciando la
questione ragazze, Sasuke ha un piano di cui Naruto non è
minimamente a
conoscenza e che prevede questo: allontanarsi dal villaggio una volta
sostenuti
gli esami per diventare jonin alla ricerca del potere.
Io sono l’unica
ad averlo sentito, me l’ha confessato da ubriaco prima di
provarci pesantemente
con me e di ricevere quello che meritava.
Non ho ben
capito se se ne vuole andare per raggiungere quel rinnegato di
Orochimaru-sama
o certi suoi parenti rinnegati quanto il ninja leggendario.
Ecco quello che
è il grande Sasuke Uchiha: un ragazzo egoista e troppo pieno
di sé.
È un ragazzo
che non esiterà un attimo a lasciare il suo migliore amico
per seguire la
strada che vuole e che non esiterebbe ad uccidere Naruto se fosse
necessario.
È un ragazzo a
cui non importa di spezzare il cuore di una ragazza che lo ama anche
per i suoi
innumerevoli difetti e che difende le sue tenebre e il suo agire.
Sasuke è solo
questo: un misero mezzo uomo.
E quando questo
accadrà – e accadrà – non lo
perdonerò mai perché sarà lui ad aver
fatto
soffrire la persona che amo di più al mondo e a Naruto
questa notte sembrerà
solo il preludio del vero dolore che gli piomberà addosso.
Sarà come
catapultato su un pianeta sconvolto e forse si ricorderà di
me, dei miei mezzi
avvertimenti, ma sarà troppo tardi: starà
già soffrendo.
Mi rialzo e mi
riavvio verso casa, sono circa le quattro così cado subito
addormentata.
Il giorno dopo
a colazione sono uno zombie e sono il caffè è in
grado di rianimarmi, a
peggiorare le cose ci si mette mio padre che mi convoca subito dopo nel
suo
studio.
Di solito lo fa
per cose importanti, immediatamente mi sale il batticuore e il mio
pensiero
corre alle mie fughe notturne.
Apro il fusuma
e lui è comodamente seduto sulla sua poltrona intento a
consultare delle carte.
Richiamo la sua
attenzione con due colpi di tosse e spero che vada tutto bene.
“Padre.”
“Oh, Hinata. Siediti
siediti.”
Io eseguo e lui
mi dedica la sua piena attenzione, scrutandomi con i suoi occhi
inespressivi,
sembra quasi che mi vogliano scandagliare l’anima.
“Tu frequenti
Naruto Uzumaki, vero?”
Per un attimo
sono tentata di dirgli di no, ma so che non se la berrebbe.
“Sì, padre.”
Lui fa uno
stranissimo sorrisetto.
“Tua madre
aveva la tua stessa espressione quando disse a tuo nonno che ci
frequentavamo.”
“Da quando lo
sa?”
“Da ieri sera.”
Il mio cuore
perde un battito.
“Ho sentito
l’intero discorso tra te e Hanabi e ho trovato estremamente
lodevole il fatto
che tu abbia coperto il suo intervento maleducato.”
Io abbasso la
testa a mo’ di assenso.
“Così la sera
ti ho tenuta d’occhio e ti ho visto fuggire. Complimenti, hai
individuato tutti
i punti ciechi e le pecche della nostra difesa come un’abile
stratega.”
Io arrossisco.
“Padre, scusa…”
Lui alza una
mano per farmi tacere.
“Non ti
impedirò di vederlo, voglio solo sapere da padre cosa ti
tormenta.
Se tua madre
fosse stata ancora viva ne avresti parlato a lei e lei ne avrebbe
parlato a me,
ma lei purtroppo non c’è più,
così l’ingrato compito del confessore tocca a
me.”
Conclude con un
sorriso.
Io lo guardo
stranita per un attimo, poi prendo un profondo respiro: “Lui
non mi ama, padre.
Non so cosa provi per me, ma di sicuro non mi ama perché i
suoi pensieri sono
sempre rivolti a Sakura Haruno… e io non so cosa fare.
Cerco di fare
andare avanti questo rapporto strano e degradante in attesa che lui mi dica cosa
provi.”
Abbasso gli
occhi.
“HInata! Chi
sei tu?”
“Una Hyuga,
padre.”
“Manca ancora
una cosa.”
“Una futura
capoclan Hyuga.”
“Una futura
capoclan Hyuga ottiene sempre quello che vuole, ricordatelo.
Io non sono un
esperto di queste cose – ci vorrebbe tua madre – ma
tu devi impegnarti al
massimo per farlo innamorare di te.
So che non
avrai né pace né marito finché non ci
riuscirai e io so che ce la farai perché
ho fiducia in te.”
“Grazie
padare!”
Lo ringrazio
commossa e con la stranissima sensazione che in un altro mondo mi
avrebbe
spellata viva se mi fossi messa a frequentare Naruto.
Rinfrancata,
esco dallo studio di mio padre.
Naruto, sarai mio.
Bite your lips, the word's a robbery
Do you grin inside? You're killing me
All along we talked of forever
I kind of think that we won't get better
It's the longest start, but the end's not too far away
Did you know? I'm here to
stay
Finita la
predica esco ed entra Hanabi al mio posto, per lei la vedo dura.
Raggiungo
la
mia squadra, Shino è seduto in disparte che osserva un
qualche insetto
probabilmente, Kiba sta giocando con Akamaru.
“Ehi, Hinata!
Ieri sera ci
avete dato dentro, eh!”
Io lo fulmino.
“Zitto,
coglione! Questi non sono affair tuoi e poi sta arrivando
Kurenai-sensei.”
Lui mi lancia
un’occhiataccia, ma non protesta: la nostra maestra sta
arrivando davvero.
Ha la pancia
gonfia e incede un po’ faticosamente con il passo a papera
tipico delle donne
incinte.
“Buongiorno,
sensei! Come sta?”
Lei si siede su
di un masso e tira un sospiro di sollievo.
“Mi fa male la
schiena e il bambino non ha smesso di scalciare un attimo questa
notte.”
Per un attimo
mi perdo a pensare a come sarebbe avere un bambino con Naruto.
“Ma tutti i
miei malanni da donna incinta non ci impediranno di continuare il
nostro
allenamento!
Forza ragazzi,
al lavoro!”
L’allenamento è
massacrante come al solito, in più io – come
faccio da sempre – mi fermo una
mezz’ora in più per allenare i jutsu legati al mio
byakugan.
Quando
finisco è
mezzogiorno e mezzo e ho una
fame bestiale, Kiba e Shino se ne sono andati a casa loro a mangiare,
ma casa
Hyuga oggi mi sembra troppo lontana da raggiungere.
Per una volta
andrò in paese a mangiare e questa sera mi
scuserò con la signora Yumi – la
cuoca – per non esserci stata. Cammino per le vie di Konoha
indecisa su dove
andare quando passo davanti all’Ichiragu Ramen e sento una
voce conosciuta:
Naruto.
Incuriosita mi
fermo e noto che sta parlando con Sasuke Uchiha, questo mi fa decidere
che
mangerò lì, con nonchalance mi siedo al tavolo
dietro al loro e aguzzo le
orecchie mentre aspetto che la cameriera si faccia viva.
“E così te la
sei fatta, eh?
E com’è la
piccola Hyuga?”
“Brava.”
Sasuke dà un
morso a qualcosa.
“Naruto, fammi
capire… Ti stai facendo la ragazza più figa del
villaggio, quella con due bocce
enormi e un patrimonio sterminato e tutto quello che sai dirmi
è che è brava?
O sei gay o c’è
qualcosa che non mi vuoi dire.”
“Gay sarai tu,
inculeresti persino in il tuo cane quando sei in astinenza!
Comunque è per
Sakura, lo sai che mi piace.”
L’altro ride.
“Se Sakura ti
piacesse davvero non ti scoperesti Hinata, faresti come tutti gli
sfigati che
hanno la ragazza che amano innamorata del loro migliore amico: ti
ammazzeresti
a forza di seghe.”
Lui sbuffa.
“Uhm, non è che
la piccola Hyuga scopata dopo scopata ti piace?”
“Muovi il culo,
Sasuke. Andiamo a pagare e poi ad allenarci.”
Sasuke ride.
“Ti piace, ti
piace!”
E ogni volta
che le dice è un colpo al cuore. Davvero io piaccio a Naruto?
Davvero?
Rimango
imbambolata con questi pensieri che mi girano in testa fino a che non
fa la sua comparsa
la cameriera.
Io ordino un
semplice ramen e lo mangio lentamente, pensando al discorso di poco
prima.
Sasuke è un idiota patentato, ma le sue domande hanno
prodotto una reazione in Naruto: lo
stesso sorriso timido che appare quando parla di Sakura.
Mi appiglio a
questo particolare insignificante come un naufrago a un pezzo di legno,
forse
ho fatto un piccolo passo avanti.
Forse quel
sorriso adorabile che mai mi è stato rivolto da lui
– usato solo per Sakura – e
che ha lungo mi ha ucciso dentro può guarire le mie ferite.
Ghignavi dentro
di te quando vedevi quanto mi facesse male?
Capivi quanto
mi stessi uccidendo?
Forse ti
sentivi forte sapendo di far male a una rappresentante di una delle
casate più
importanti di Konoha.
Ora però quel
piccolo e adorabile sorriso è stato dedicato anche a me e mi
sento come avessi
vinto una battaglia.
Gli allenamenti
del pomeriggio proseguono con più energia e se ne accorge
anche la mia sensei
che mi dona uno dei suoi sorrisi di incoraggiamento.
Io le sorrido
di rimando e continuo con tutta la mia energia, mi impegno talmente
tanto che
Kurenai mi concede di andare via un’ora prima
dall’allenamento.
Mi sto già pregustando il lungo bagno che mi farò
nelle terme di casa mia
quando due mani si posano sulla mia bocca e mi tirano indietro.
Flash del mio
rapimento attraversano la mia mente come schegge impazzite e prima
ancora che
entri in funzione la mia parte razionale, mi volto e colpisco lo
sconosciuto
con una serie di colpi secchi e precisi che gli bloccano i principali
punti di
uscita del chackra.
Solo quando è
steso a terra inerme mi accorgo che è solo Naruto.
“Di’ un po’!
Volevi uccidermi?”
“Non e ripeto
non mettermi mai le mani così perché potrei
ucciderti sul serio.”
Lo aiuto a
rialzarsi e insieme ci trasciniamo verso il lago di Konoha.
“Come mai
questa reazione?”
“Da piccola mi
hanno rapita.”
Sputa secca.
“Mi dispiace.”
Io alzo le
spalle.
“Quello che non
ti uccide fortifica, si dice così, no?”
Lui annuisce.
“Hinata, io
volevo scusarmi per ieri sera, non intendevo comportarmi
così e farti del male,
non so cosa mi sia preso.”
Io gli
accarezzo lievemente la guancia e sorrido.
“è tutto a
posto.”
“Sicura?”
“Sì.”
Lui si stende e
io lo imito.
“Hinata, ci
pensi mai al futuro? A cosa vuoi fare?”
“Io sarò la
capoclan degli Hyuga, il che sarà una gran seccatura. Cerco
di non pensarci, ma
quando alla sera arriva il precettore per insegnarmi quello che mi
serve per
essere una bambolina, ma con il pugno di ferro non
posso evitarlo.
Tu?”
Lui si alza in
piedi e mi guarda dritto con i raggi del sole al tramonto che gli fanno
come da
corona.
“Io sarò
Hokage, come mio padre!”
Io sorrido.
“Ce la farai.
La grinta non
ti manca e nemmeno il nome. Voglio dire, tuo padre è uno
degli hokage più bravi
di konoha e tua madre è un’Uzumaki, una famiglia
importante.”
“Il precettore
ti insegna anche a fare queste considerazioni?”
Io sbuffo.
“Sì, me lo
insegna, ma io non sempre lo ascolto. Parlo con chi mi pare
indipendentemente
dalla famiglia a cui appartiene.”
Lui sorride.
“Meno male, per
un attimo ho pensato che fossi una di quelle snob che parla solo con i
titolati!”
Io gli mollo un
pugnetto sulla spalla.
“Mi conosci da
mesi e ancora pensi che potrei essere così!”
Lui ride, un
suono bellissimo.
“Ma dai che
scherzavo!”
Rimaniamo un
attimo in silenzio.
“Chi è quella
pazza con i capelli rossi che ti stai portando dietro
ultimamente?”
Lui si picchia
la mano sulla fronte e si lascia andare a un’espressione
scazzata.
“Mia cugina
Karin. Suo padre si è fissato con l’idea che noi
dobbiamo sposarci, anche se
sia mia madre che mio padre gli hanno detto che non sono
d’accordo.
Adesso è
partito per un “viaggio diplomatico””
virgoletta questa espressione con le
mani: “E ce l’ha rifilata per due settimane. Non
posso dormire sogni tranquilli
perché ho paura che di notte mi violenti.”
Presto sarà lei
a non dormire sogni tranquilli perché la pesterò
talmente tanto per farle
passare la cotta per Naruto che tremerà non appena lo
vedrà.
“Povero
cucciolo!”
Lo attiro a me
e ci baciamo in mezzo all’erba, accarezzandoci e ridendo.
“Ci starai
stanotte?
Sai ho sempre
paura che tu ti stanchi di perdente come me!”
Io lo guardo
male.
“Quando dici
queste cose sei un perdente. Tu non sei un perdente e io
verrò questa notte,
perché, se non l’hai ancora capito, ti voglio
bene! Razza di scemo!”
Detto questo
corro via, sperando di non avere combinato un guaio epocale e di avere
ancora
Naruto nella mia vita.
Dio, perché l’ho detto?