Olè
eccoci qui al capitolo 46
:) sto lavorando velocemente per non farvi attendere oltre ^_^ spero
che vi
piaccia come sta procedendo la fic. Un abbraccio a tutte.
Let’s
go!
46.Little Talks
«30
Maggio, 30 Maggio, 30 Maggio» continuavo a ripetermi questa
data come un mantra
da ormai dodici settimane. Ne mancavano solo tre.
Tre
settimane al mio matrimonio. Tre settimane in cui dovevamo ancora fare
milioni
di cose.
Lydia
era diventata il mio incubo peggiore. Continuava a parlarmi di vestiti,
invitati, portate, ristoranti, bomboniere.
Io
invece volevo starmene da sola con il mio bambino, che ormai aveva otto
mesi e
quindi gattonava allegro per casa. Bill era diventato la sua seconda
mamma. Lo
seguiva come un’ombra, terrorizzato che potesse mangiarsi
l’universo.
I
genitori di Lydia poi erano ancora peggio. Continuavano ad offrirmi il
loro
aiuto, volevano che facessimo il ricevimento a casa loro, poi
però volevano
consigliarci un paio di ristoranti carini.
Stavo
impazzendo.
Fortunatamente
Tom era calmo quanto me e riuscivamo a mantenerci ad uno stato di pace
interiore degno del Dalai Lama.
«Amore
come ti senti?» mi chiese Tom quella sera, mentre eravamo a
letto.
«Di
cacca. Oggi ho avuto la nausea tutto il giorno» risposi.
«Come
mai? Non ti starai ammalando».
«Boh…mi
sa che è stata quella roba Thai di ieri sera. Ne ho mangiata
troppa ed ecco i
risultati. E poi ho addosso un’ansia. Tutti che continuano a
parlare del
matrimonio. Ora ci si sono messi pure i giornali. Speriamo solo di
essere da
soli sull’altare» dissi in preda allo sconforto.
Quella
mattina, infatti era uscito un lunghissimo articolo pieno di dettagli
sul
nostro matrimonio. Sul fatto che ci saremmo sposati il tal giorno e
avremmo
mangiato in quel ristorante.
In
tempo zero Saki era intervenuto, insieme a David Jost, il manager del
gruppo e
avevano sedato i pettegolezzi.
«In
più
domani conoscerò tua madre, finalmente. E la cosa mi
terrorizza» risposi,
stringendomi a lui.
«Stai
tranquilla. È più spaventata lei di te»
mi disse, ridendo.
«Appunto.
È proprio questo che mi spaventa. So
cos’è capace di fare una madre spaventata
per il proprio bambino» risposi.
---
Dormii
una notte agitata e piena di incubi, poi Gordon mi svegliò.
«Simone,
svegliati o perderemo il treno».
Mi
svegliai di scatto, disorientata.
«Oh
santo cielo. Era tutto un sogno» sospirai, felice.
«Di
cosa stai parlando?» mi chiese.
«Nulla
tesoro, nulla. Sono solo una madre emozionata per le imminenti nozze
del suo
bambino. Non ti preoccupare. E ora andiamo, o non arriveremo
mai!» esclamai
saltando fuori dalle coperte e andando a vestirmi.
Gordon
rise e si vestì a sua volta.
Mentre
mi truccavo lo sentii caricare le valige in macchina.
Mezz’ora
dopo eravamo in stazione a Lipsia, in attesa del nostro treno per
Berlino.
Bill
aveva insistito tanto per farci stare a casa da loro, ma siccome ormai
convivevano in sette non mi sembrò il caso di gravare
maggiormente in casa.
Avevamo
quindi trovato un piccolo e discreto albergo nelle vicinanze dove
sistemarci
per le settimane precedenti il matrimonio.
Una
volta seduti chiamai Tom.
«Pronto?».
Una
voce femminile.
«Clare?
Ciao, sono Simone. Tom non c’è?»
domandai.
Avvertii
il suo imbarazzo.
«Buongiorno
signora. Tom sta facendo la doccia. Mi scusi, non ho letto il nome sul
display,
se no avrei fatto rispondere Bill».
«Tranquilla
non ti preoccupare. Volevo soltanto avvisare i ragazzi che siamo appena
partiti
da qui. Un’ora e un quarto più o meno e siamo
lì in stazione».
«Perfetto.
Allora vi veniamo a prendere noi. A tra poco e buon viaggio».
«A
più
tardi cara, ciao» dissi sorridendo.
Gordon
mi stava fissando.
«Che
c’è?» chiesi.
«Dai,
dì qualcosa. Come ti è sembrata?».
Sorrisi.
«Educata
e timida, ma non si può giudicare una persona da trenta
secondi di telefonata»
risposi guardando fuori dal finestrino.
Il
treno stava partendo proprio in quell’istante.
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Sentii
bussare alla porta.
«Chi
è?» chiesi, chiudendo l’acqua.
«Io,
posso entrare?» era Clare.
Mi
voltai e vidi uno sguardo che non mi piacque per nulla.
«Amore,
cos’è successo?» domandai uscendo dalla
doccia e abbracciandola.
«Ti
è
suonato il telefono e ho risposto»
«È
successo qualcosa di grave?». Cominciavo a preoccuparmi.
«No
no…è solo che…era tua
mamma…e io penso di aver fatto la figura
dell’idiota. Non
sapevo cosa dire…insomma mi sono sentita una completa
deficiente!» rispose
coprendosi il viso con le mani.
Scoppiai
a ridere.
«Che
c’è da ridere?» domandò con
aria offesa.
«Rido
perché ti stai facendo un milione di paranoie per nulla!
Amore di cosa ti
preoccupi?».
Si fece
più seria di prima.
«Se
non
piacessi a tua madre? Se non piacessi a Gordon? Insomma, se non mi
ritenessero
adatta per essere tua moglie?» chiese.
La
baciai per zittirla.
«Devi
piacere a me…e io ti amo. Punto e basta. È questo
l’importante. Se non piaci a
mia madre ce ne faremo una ragione, ma dubito di questa cosa»
risposi.
L’abbracciai,
poi la spinsi sul letto.
«Tom,
sei ancora tutto bagnato!» esclamò lei,
contrariata.
«Io
sono completamente nudo, siamo sul letto…e tu ti preoccupi
delle lenzuola?» le
domandai.
Fu lei
a zittirmi con un bacio.
---
Eravamo
alla stazione ad aspettare l’arrivo del treno. Un piccolo
ritardo. Capitava.
Clare
era rimasta a casa con Michail e Lydia, mentre noi quattro eravamo
partiti in
spedizione punitiva alla stazione ad aspettare la mamma e Gordon.
«Non
vedo l’ora di vederli!» esclamai, sorridendo.
«Ok,
però vedi di non dare nell’occhio. Ok che
c’è Saki qui in zona, ma vorrei
evitare di farmi assalire da un’orda inferocita,
ok?» mi disse Georg.
Chinai
il capo, fingendomi offeso.
«Ok,
scusa» sussurrai.
Scoppiarono
a ridere tutti poi mi unii a loro.
Pochi
minuti dopo eccola.
Bellissima,
meravigliosa, come solo una mamma può essere.
Era
radiosa, quasi come se brillasse.
Le
corsi incontro e l’abbracciai.
«Billie,
tesoro! Che piacere vedere anche te» esclamò
stringendomi.
«Ciao
mamma! Come stai?» le chiesi sorridendole.
«Tutto
bene tesoro. E voi come state?».
«Benissimo!
Dai, andiamo a casa, qui si gela e poi siamo in incognito»
sussurrai con fare
losco.
Rise.
«Come
sempre, giusto?».
Tom
abbracciò Gordon, poi lei.
Salimmo
tutti sulla Cadillac di Tom e cominciammo a chiacchierare.
«Tom!
Siamo in sei in macchina! Guarda che se ti ferma la polizia poi sei in
multa!»
esclamò la mamma.
«Mamma,
lo so. Ma tra cinque minuti siamo a casa. Per una volta non succede
nulla! Dai,
ti prego» rispose lui.
Georg
intervenne subito tirandogli uno scappellotto.
«Non
si
parla così alla propria mamma, giusto Simone?»
chiese ridendo.
«Bravo
Georg,
tu si che sei un bravo figliolo, mica come quello sciagurato che
guida!».
Stavamo
ridendo tutti.
Come
previsto da Tom, cinque minuti dopo eravamo nel vialetto di casa.
Aiutai
Gordon a scaricare le valige, poi entrammo tutti in casa.
Clare
ci stava aspettando con Michail in braccio, che non appena mi vide
sporse le
mani verso di me.
«Tesoro!
Hai visto che sono tornato subito? Vieni da zio Bill» dissi
prendendolo tra le
braccia.
Era
cresciuto tantissimo.
Calò
il
silenzio.
Clare e
mia madre erano una di fronte all’altra, sorridenti entrambe.
Ed entrambe
imbarazzatissime.
---
Era
veramente una donna bellissima. Fiera e orgogliosa dei suoi figli.
Aveva i
capelli mossi, ramati. Non dimostrava più di 40 anni eppure
i suoi occhi erano
specchio di grandi esperienze e dolori.
Chissà
quante ne aveva passate dovendo crescere due canaglie come Bill e Tom.
Feci un
passo nella sua direzione e le tesi la mano.
---
Carina,
composta e posata. Ecco cosa mi trasmetteva.
Seria,
intelligente e paziente. Questo pensai di lei in quel momento.
Bella.
Bionda, delicata come porcellana ad una prima occhiata, dura come
l’acciaio
temprato ad uno sguardo più attento.
Nei
suoi occhi lessi una profonda devozione per mio figlio, un coraggio da
leonessa
per il suo bambino. Un orgoglio straripante per tutto quello che era e
che è
tutt’ora.
Si
mosse verso di me, mi tese la mano e mi sorrise.
Io mi
mossi a mia volta, le strinsi la mano.
Una
stretta energica da entrambe le parti.
Finalmente
una donna di carattere!
«Io
sono Simone, molto piacere»
«Clare,
piacere mio».
«Lui
è
Gordon, mio marito» aggiunsi indicandole il mio compagno.
Un
altro sorriso, un altro passo, un’altra mano tesa.
Posata,
composta, educata, fine, delicata.
Sì,
è
lei.
Capii
in quel preciso istante perché conquistò il cuore
del mio bambino. Capii perché
il mio folle figlio aveva deciso così in fretta di
sposarsela.
Ragazze
del genere sono rare.
Eccoci
alla fine di
quest’altro capitolo. Mi è piaciuto scriverlo
perché ho provato ad immaginare
la mamma dei gemelli. L’ho inserita in altre fic, ma questa
è la prima volta
che la descrivo sia a livello fisico sia a livello introspettivo. Mi
è piaciuto
provare a pensare ad un eventuale incontro con la futura sposa di uno
dei
gemelli, a cosa può provare una madre a conoscere la nuora,
la donna che le
porterà il figlio via di casa. Sì
perché noi donne siamo gelose dei nostri
maschietti, figli, morosi, mariti, fratelli o amici che siano. Siamo
possessive
:D
Per
il titolo ho scelto il
titolo di una canzone che è andata parecchio di moda
quest’inverno. Del gruppo
Of Monsters and Men.
So
che vi potrà sembrare un
po’ forzato come collegamento, e forse lo è per
davvero, ma siccome alla fine
secondo me questo capitolo si concentra più
sull’incontro tra Simone e Clare,
che non si parlano tanto, si dicono solo “piccole
parole” ho pensato che ci
potesse stare bene.
Ok
ora vi lascio dolci
ragazzuole. Buona notte ^_^
Un
abbraccio e un grazie di
cuore per essere ancora qui!