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Autore: AsfodeloSpirito17662    12/02/2013    7 recensioni
Doveva ubriacarsi. Non c'era altro modo di affrontare quella grigia, grigissima tragedia. Il punch scivolò giù nella gola che una vera bellezza! Forse un po' troppo bene, tant'è che lo stomaco iniziò a bruciargli come avesse inghiottito un fiammifero. Lasciò cadere il bicchiere di plastica vuoto a terra e si appoggiò al muro durante un giramento particolarmente crudele. Era alla maledetta festa della confraternita dei Camelot, Arthur Pendragon era lì da qualche parte a strusciarsi in mezzo alla bolgia ubriaco come una melanzana e lui, che finalmente era riuscito a trovarsi nello stesso posto alla stessa ora e non perché avevano lezione insieme, era vestito da donna!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lancillotto, Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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QUINTO CAPITOLO


Quella mattina Lancelot si svegliò di buon umore. Nonostante la sera prima avesse bevuto come un maledetto alcolizzato, raramente subiva i postumi della sbornia. Quel lato di lui, Gwaine, l'aveva sempre invidiato.

Non che io non ne approfitti per ricordarglielo in ogni occasione...


Rigirandosi sotto le lenzuola, indirizzò un'occhiata attenta verso la finestra: attraverso i vetri, il sole splendeva illuminando un raro cielo azzurro autunnale.

Era una giornata decisamente bella.

Mh, è una giornata decisamente bella!

Ultimamente, quando le giornate erano decisamente belle e Lancelot se ne accorgeva, un brivido di inquietudine (puntale come un orologio svizzero), percorreva la schiena di Guinevere.


*


"Ciao Gwen!" esclamò Merlin, lasciando cadere pesantemente la borsa a terra, stracolma di libri. Sedette subito vicino all'amica, con un'aria piuttosto rilassata ed intonata alla sua t-shirt celeste pastello. La ragazza smise di ricopiare alcuni appunti in bella copia e lo osservò con un'espressione di attesa.

Merlin felice di prima mattina? E soprattutto pettinato come una persona normale?


Gwen sapeva benissimo che il ragazzo odiava alzarsi presto, anche se riusciva a nasconderlo maledettamente bene con un atteggiamento positivo. Certo, come aveva detto Arthur, il sarcasmo se lo portava via in certi momenti... ma restava pur sempre una persona dall'indole allegra, su quello non c'erano dubbi. Merlin alzò le sopracciglia e la guardò di rimando, con un mezzo sorriso a piegargli le labbra.


"Perché ti stai sforzando a non ridere?" domandò Gwen, che conosceva bene il suo pollo.

Gli ho appena dato del pollo. Gli ho davvero appena dato del pollo?


"Non so di cosa tu stia parlando" rispose quello svogliatamente, tirando fuori dalla borsa un quaderno ed il suo astuccio del Trono di Spade(1): la faccia di Jon Snow(1) spiccava su uno sfondo bluastro e nero. Ovviamente la copertina del quaderno era abbinata, ma dedicata ad Arya Stark(1). Gwen raggrumò le labbra, corrugando la fronte.


"Poi sono io quella che deve smettere di guardare telefilm..." commentò, facendo rotolare con lentezza le parole sulla lingua "... per lo meno i miei non sono sanguinolenti..."


Merlin la guardò con tanto d'occhi, non credendo alle proprie (disumane) orecchie "Oh, ma certo, in quelli che guardi tu strappano solo i cuori alla gente!"


"Ma non c'è sangue!"


"Ah, allora scusa!" alzò le mani come in segno di resa, ma il tono sarcastico faceva benissimo intendere cosa pensasse della questione.

Che poi, non è vero che nel Trono di Spade ci sono scene di sangue... cioè, non tantissime. Qualcuna. Ma serve per rendere le cose più realistiche, Gwen. Ma che ne sai tu di un campo di grano...


"Comunque, noto che ieri sera alla fine hai gradito" continuò imperterrita la ragazza, rigirandosi un ricciolo scuro attorno al dito indice con un'espressione sorniona sul volto delicato. Merlin aprì il suo quaderno ed avvicinò a sé gli appunti di Gwen, iniziando a confrontarli con i suoi; era un maniaco dello studio ed anche se durante le lezioni era attentissimo, temeva sempre di lasciarsi sfuggire qualcosa. Per questo aveva il vizio di guardare anche gli appunti degli altri, per colmare eventuali lacune che fino a quel giorno, però, non s'erano mai verificate.


"Questo lo deduci da... ? Anche Sherlock Holmes sta avendo una brutta influenza su di te, sai..."

O forse sono io che la sto avendo su di lei, vista la quantità disumana di telefilm che ha cominciato a guardare da quando mi conosce... ho creato un mostro. Non so se sentirmi orgoglioso della mia creatura o esserne spaventato...


"Dal fatto che ti sei pettinato, o evidentemente hai provato a farlo. Hai già visto Arthur, questa mattina?"


Merlin alzò gli occhi dal quaderno e la osservò con un'espressione guardinga.

E' una domanda trabocchetto? Sta succedendo di nuovo qualcosa che non so ma che dovrei sapere? Eppure non ha quello sguardo. Quello lì dell'altra volta, per intenderci.


"No" rispose, misurando con attenzione le parole, come potessero far esplodere qualcosa "Perché?"


Gwen si strinse appena nelle spalle, lasciando scivolare gli occhi color cioccolato sugli altri studenti che prendevano posto nelle sedie rimaste libere. Era una discreta aula fatta a mo' di parlamentino, cosicché il professore giù in basso potesse essere visto e sentito da tutti. Era una delle stanze più grandi del castello, in effetti, e giusto grazie a quello poteva permettersi una disposizione d'arredo del genere.

Gwen continuò a rigirarsi la ciocca di capelli intorno al dito, senza rendersi veramente conto di quello che stava facendo; alcune ragazze avevano il vizio di mangiarsi le unghie, il suo invece era un po' meno masochista.


"Mi stavo solo chiedendo come vanno le cose con... con quella faccenda lì" disse dopo qualche attimo di silenzio, mentre gli occhi di Merlin avevano continuato a scavarle la faccia come in cerca di chissà quali tragiche scoperte. Stavolta fu il turno dell'amico quello di stringersi nelle spalle e facendo scattare all'infuori la punta della penna, iniziò a tracciare ghirigori lungo il bordo del quaderno. Gwen sapeva benissimo che quando Merlin veniva messo in condizioni di dover affrontare un discorso che non gli piaceva, aveva bisogno di fare altro, nel mentre. Di distrarsi. Adocchiò quello che pareva essere un triscele(2), uno degli argomenti che avrebbero affrontato quell'anno all'università.


"Che posso dirti?" iniziò il ragazzo, con tono di voce piuttosto incolore "Diciamo che non è il massimo sapere che sta cercando me e doverlo aiutare comunque a trovarmi in qualcun altro. Perché è così che deve andare, Gwen. La sua smania di rivedere questa fantomatica ragazza lo porterà ad un punto tale che, per frustrazione, se ne farà andare bene una qualsiasi, te lo dico io. E comunque non è che io abbia mai nutrito qualche speranza... Sera della festa o meno, lui è un ragazzo e decisamente non pesca dallo stesso lato della mia sponda, per cui... sarebbe stata solo questione di tempo"

E poi la devo smettere di atteggiarmi a principessina innamorata. Sono cinque anni che mi friggo il cervello dietro quel somaro, direi che è ora di darci un taglio Merlin, no? La piantiamo di essere così melodrammatici?


Il moro iniziò a colorare l'interno del triscele e sentì Gwen sospirare.

Eccola che parte con una delle sue visionarie opinioni del mondo!


"Merlin, quanto conosci Arthur?" domandò lei, alzando le sopracciglia con eloquenza.


"Abbastanza da sapere quello che dico" replicò schietto, senza tentennare un secondo o sollevare lo sguardo da ciò che stava scribacchiando.


"Questa tua supponenza non l'ho mai sopportata" Gwen fece schioccare seccamente la lingua contro il palato, utilizzando un'intonazione infastidita. Quello bastò ad attirare l'attenzione di Merlin, che la osservò, quasi sentendosi in colpa; non gli piaceva litigare con lei, ma a volte capitavano delle discussioni davvero accese, causate dallo scontro del cinismo (in certi casi bestiale) di lui e dalla visione romantica del mondo di lei.


"Ora, solo perché sono anni che lo guardi da venti metri di distanza, neanche avesse la peste, senza mai aver avuto nemmeno il coraggio di fargli un saluto - e non guardarmi così Merlin, adesso stai zitto e mi lasci parlare! Solo perché ci hai frequentato qualche lezione insieme o hai ascoltato degli aneddoti di Morgana sul suo conto, non puoi dire di conoscerlo abbastanza! Piantala di fare il cretino!"


Merlin schiuse le labbra, guardandola letteralmente basito. Gli aveva dato del cretino nel bel mezzo dell'aula! Tuttavia Gwen, ben conscia che gli altri erano troppo occupati a chiacchierare e a farsi i fatti loro, non aveva titubato nemmeno un secondo. Il ragazzo restò seduto a boccheggiare per interminabili attimi, durante i quali gli occhi scuri di Gwen non avevano fatto altro che farlo sentire vagamente insulso. Lei incrociò le braccia contro il petto e scosse brevemente la testa con disapprovazione.

Se queste terapie d'urto non gliele faccio io, chi ci pensa? Tanto lo so che finirò per essere io il bastone della sua vecchiaia, anche se non lo ammetterebbe mai! Questo stupido me lo porterò dietro da qui alla tomba, ne sono certa!


"Chiudi la bocca o ci entreranno le mosche" lo graziò lei, più accondiscendente e meno bacchettona "capisco il tuo punto di vista Merlin, il fatto che si verifichi ciò che in realtà desideri è decisamente inverosimile. Ma noi siamo fatti di atomi, attiriamo le energie dell'universo e quando desideriamo intensamente qualcosa, intendo desiderarla veramente, questa prima o poi accade! Che ci vogliano due o dieci anni! Per te ne sono passati già cinque, sei sulla buona strada!"


Merlin continuò a guardarla con un'espressione ebete, non potendo davvero credere che l'altra stesse mettendo in gioco le energie dell'universo per risollevarlo dal baratro di negatività nel quale si era volontariamente calato e sotterrato. Sbatté le palpebre un paio di volte e scosse la testa, tornando a concentrarsi sulle linee irregolari del triscele che aveva tracciato lungo il bordo del suo quaderno. Era inutile parlare con Gwen, lei voleva sempre vedere il lato positivo di ogni situazione e neanche prendeva in considerazione la possibilità che, certe volte, semplicemente le cose non potevano andare di pari passo con i desideri della gente.

Ecco perché siamo amici. Io sono un disfattista. Ho bisogno di una persona così! Lei il mio disfattismo lo calpesta e ci balla sopra la hola.


"Perché invece non inizi tu, a sputare il rospo?"


Merlin tentò di cambiare argomento e facendo presa sulla curiosità dell'amica, sapeva ci sarebbe riuscito. Gwen, come previsto, corrugò la fronte e cancellò totalmente dal volto quell'aria ammonitrice con la quale l'aveva brutalmente maltrattato.

Uno ad uno palla al centro.


"Che intendi dire?" si sentì domandare, cosa che lo fece sorridere con un'aria un po' saputa.

Adesso chi è che fa il finto tonto?


"Mah, non saprei. Forse intendo dire Lance. Forse intendo dire la delicata precarietà mentale di Lance. Forse intendo dire l'oscuro trauma che ha reso precario l'equilibrio mentale di Lance. In generale, intendo dire... che non ti ha mai costretta a gattonare sotto un tavolo per la vergogna. Non so se mi spiego"


Gwen arricciò la punta del naso e strinse le labbra piene come per trattenere un'imprecazione. Serrò ancora di più le braccia contro il petto, adesso era lei quella reticente a voler affrontare un determinato discorso. Tuttavia, Merlin, era consapevole che al contrario di lui, l'amica aveva bisogno di parlare quando qualcosa la tormentava... e che solitamente non si lasciava pregare. Del resto, giusto pochi giorni fa l'aveva sgridato perché non gli stava dando le giuste attenzioni.

Lei crede che io non l'ascolti, ma non è così. Non mi dimentico niente, io. Ma in quel momento ero troppo concentrato a disegnare il sangue colare dalle ferite di Pendragon impiccato. Ha solo scelto il momento sbagliato per confessarsi, tutto qui.


"Non lo so che diavolo gli stia prendendo, Mer" capitolò lei, sfondando una pericolosissima diga ed inondandolo di parole così velocemente che, per un lungo attimo, Merlin si sentì destabilizzato "Voglio dire, l'ho lasciato che eravamo praticamente arrivati al punto di passare tutto il giorno insieme, tu lo sai, mi hai anche fatto la paternale perché dicevi che non ti volevo più bene e che ti avevo abbandonato come si abbandonano gli animali sull'autostrada - ah, pensi di essere l'unico con una memoria mostruosa? Ricordo ogni singola parola della tua accusa infondata, stupido! - E poi quando sono dovuta andare a trovare mia zia abbiamo passato giorni in stato catatonico, neanche stessi partendo per l'Iraq ma lo sai com'è Lancelot, tende a ricoprirmi di attenzioni ed è come un drogato che va un po' in crisi di astinenza quando si trova in condizione di non poterlo fare - credevo avessi superato la fase della gelosia, Mer! Smettila di fare quella faccia disgustata! - Quando sono arrivata in Francia ci sentivamo praticamente tutti i giorni, un sacco di mi manchi, vorrei che fossi qui, ti amo, sei la mia vita eccetera eccetera, praticamente era quasi come averlo accanto, con l'unica differenza che non potevo mettergli le mani addosso - per l'amor del cielo, Merlin, togliti quelle mani dalle orecchie, non sono tua madre! Non fare il pudico! - Diciamo che sono stati mesi abbastanza stressanti e tutto sommato non ho sospettato, neanche per un momento, che il nostro legame si fosse indebolito e non lo sospetto anche ora, voglio dire, hai visto benissimo cosa diavolo sta combinando! Il problema è che sento che c'è qualcosa che non mi vuole dire, non mi sembra tranquillo e tra l'altro da quando sono tornata non abbiamo fatto sesso neanche per una - piantala di cantare lalalala solo per non sentire, dannazione, non sto dicendo niente di scabroso! Non abbiamo fatto sesso! Seeessooo. Sessosessosessosesso. Sesso, Merlin! Non devi immaginarci mentre lo facciamo per ascoltare quello che ti sto dicendo! - Non l'abbiamo fatto da quando sono tornata e se devo dirti la verità anche il contatto fisico in generale si è ridotto all'osso. Non gli piaccio più? E' stato con qualcun altra e adesso si sente in colpa e non ha il coraggio di dirmelo? Ha scoperto di essere gay, gli piaci tu e di nuovo non sa come dirmelo? Merlin, se mi rubi il ragazzo giuro che te ne farò pentire per il resto dei tuoi giorni! Zitto, non provare a discolparti! Oddio, che faccio? Ho provato a parlargli qualche giorno fa ma l'unica cosa che ho ottenuto è stato 'sono pazzo di te'. Me l'ha detto con quell'espressione lì, Merlin, quella che fa quando la sua testa viene invasa da cuoricini fluttuanti! La riconosco oramai, so che non mi stava mentendo! Mi ama eppure mi sta nascondendo qualcosa, io lo so, non me lo sto inventando! Ma non ho prove per dimostrarlo e non so come farlo parlare senza dovermi arrabbiare!"


Si stropicciò la faccia, donando finalmente all'udito di Merlin la pace dei sensi. Era faticoso essere amico di Guinevere. Maledettamente faticoso.

Ed io assolvo al mio compito in modo davvero stoico. Sono un eroe. Sono un fichissimo eroe. Potrei entrare a far parte del team Marvel(3). Sono pronto.


"Gwen" si azzardò a dire, solamente dopo che le sue orecchie smisero di sanguinare (la salute prima di tutto) "Anche se tu dovessi arrabbiarti con lui, non succederebbe niente. Vede solo te, pensa solo a te, ti porterebbe nella borsa se potesse infilartici! E per fortuna non può farlo, altrimenti poi dovrei litigarci io. Credi davvero che ti lascerebbe per una discussione?"

Al massimo si rotolerebbe per terra implorando perdono.


"Ma non abbiamo mai litigato..." pigolò la ragazza, lasciando ricadere pesantemente le mani sulle gambe coperte da una gonna grigia.


"E con questo?!" sbottò lui, allargando appena le braccia con esasperazione "Non puoi davvero pretendere che prima o poi non accadrà! E' impossibile Gwen, tutte le coppie litigano ogni tanto! E poi, perché diavolo dovrebbe finire in un litigio? Tu devi parlarci, non ci devi litigare. Se ti arrabbi pazienza, ma non puoi farti davvero questi film mentali che ti ammazzano i neuroni, dai! Poi io come faccio se tu mi vai al manicomio così? Lo sai che ho bisogno delle tue terapie d'urto..."

Ennesima prova del mio masochismo. E' bello sapere che certe cose non cambiano mai.


Gwen sospirò profondamente, il volto adombrato da alcuni riccioli scuri. Gli occhi nocciola sbirciarono Merlin con una sorta di titubanza, ma si ritrovò comunque ad annuire, consapevole che l'amico aveva ragione. Doveva parlarci assolutamente, perché quel punto interrogativo che le aleggiava nella testa non le permetteva neanche di concentrarsi sullo studio.


"Non costringermi ad andare da lui, Gwen. Lo sai che preferisco non impicciarmi degli affari altrui. Ma a mali estremi..."


Lei abbozzò un sorriso e gli strinse una mano con affetto. Quando Merlin superava certi suoi limiti in nome della loro amicizia, diventava semplicemente adorabile.


*


Lancelot estrasse dalla tasca dei jeans il foglio degli orari di Gwen. Avevano solo alcune lezioni in comune e così era costretto a tenere quel promemoria per tentare di equilibrare i suoi impegni e quelli di lei. Con un cipiglio assorto, scorse la lista cercando qualche ora di buca che potesse fare al caso suo. Senza smettere di camminare, entrò nell'area ristoro che si affacciava direttamente sul cortiletto interno con la fontana e sentì il barista salutarlo. Lancelot alzò lo sguardo su di lui e sorrise amichevolmente; si conoscevano oramai da anni e qualche volta, avevano anche organizzato delle uscite al pub vicino l'università con gli altri della confraternita. Scambiarono qualche convenevole quando Lance gli fu sufficientemente vicino da poterlo fare. Si appoggiò al bancone e lisciò la lista degli orari con le mani, che attirò immediatamente l'attenzione del barista.


"Che roba è?" chiese quello, impegnato ad asciugare alcune tazze ancora bollenti di vapore. Non indossava alcuna divisa e sarebbe potuto passare per uno studente qualsiasi, difatti aveva più o meno l'età degli altri collegiali.


"Sono gli orari delle lezioni di Gwen" rispose Lance, appoggiando il mento sulla mano e puntellandosi così con il gomito sul bancone "e a tal proposito, Rob, mi servirebbe il tuo aiuto"


Rob corrugò la fronte e gli regalò uno sguardo interdetto; appoggiò la tazzina asciutta sul ripiano della macchina del caffè e ne prese un'altra ancora gocciolante dalla lavastoviglie.


"E' successo qualcosa?" domandò, cercando tuttavia di non risultare troppo indiscreto. Sapeva perfettamente quanto il ragazzo avesse penato prima di riuscire a conquistare Guinevere e sperava sinceramente per lui che quegli sforzi non fossero già agli sgoccioli.

Povero diavolo, è proprio cotto come una patata lessa.


Lance scosse la testa per rassicurarlo, mentre i ribelli capelli scuri gli donavano l'aria di uno che si era appena alzato dal letto. Forse era anche quel leggero strato di barba che non si era tolto, ad accrescere quell'effetto. Si sporse oltre il bancone e fece segno a Rob di avvicinarsi. Guardò prima a destra e poi a sinistra, ma non vide nessuno, tranne un paio di ragazze sedute ad un tavolino poco distante, impegnate a fare colazione.

Il campo è libero, roger. La situazione sembra abbastanza tranquilla per poter agire, roger. Passo e chiudo.


Rob gli si avvicinò con una certa circospezione, incuriosito dal suo singolare atteggiamento.

"E' una di quelle informazioni che se poi me la dici dovrai uccidermi?" domandò il barista, cercando di trattenere una risata tra le labbra già piegate. Aveva brillanti occhi verdi ed una zazzera di capelli castani sparati da tutte le parti.


"Non fare lo scemo" ribatté Lance, alzando le sopracciglia con espressione eloquente "Se ti uccido poi non potrai aiutarmi. Non rientrerebbe nei miei interessi! Ma si tratta sicuramente di una cosa molto, molto confidenziale Rob. Una cosa grandiosa. Una cosa fantastica. Una cosa che mi renderà l'uomo più fico del mondo, quello da sposare, quello con cui avere decine e decine di figli per fare decine e decine di squadre da calcio. Quello che se un diamante è per sempre, allora io luccico. Capisci che intendo dire, Rob?"


Rob sembrò ancora più interdetto.

"Veramente no" rispose in modo schietto, schiarendo la gola "Magari se vai un po' più nello specifico..."

E se è una buona idea, che davvero ti farà diventare un uomo fichissimo, lo farò anche io. Qualsiasi cosa sia.


Lancelot sorrise.

"Ascoltami attentamente, Rob, e ricorda questo giorno..."


*

Morgana si era svegliata con calma, quella mattina. Si era rigirata nel letto svariate volte, aveva lentamente metabolizzato il fatto di doversi alzare e, quando l'aveva fatto, aveva scelto con cura l'abbigliamento e si era a lungo pettinata i capelli. Le piaceva viziarsi e comunque, prendersi cura di sé stessi senza andare di fretta, manteneva la pelle giovane.

Ora che ci penso, ci sono un sacco di cose che mantengono la pelle giovane.


Le lezioni per lei sarebbero iniziate solamente verso l'ora di pranzo e per quel motivo aveva deciso di rintanarsi un po' in biblioteca a sfogliare gli ultimi appunti presi. Non solo era bella e stronza, ma aveva anche una media piuttosto alta (non per niente faceva parte della confraternita degli Albion, rinomata per i suoi componenti prevalentemente secchioni).

Io ho reso la condizione di secchione una cosa figa. Adesso è il secchione che fa tendenza ed è tutto merito mio.


Solitamente a quell'ora non c'era mai nessuno, perché le lezioni cominciavano per la maggioranza di mattina e le era sempre piaciuto occupare quel tavolo lì, vicino la finestra che dava sui giardini, circondata dall'odore di quei pochi libri che non erano stati ancora sostituiti da un sistema automatizzato. Morgana odiava internet. A dire il vero, quasi tutti quelli che frequentavano quell'università lo odiavano.

Non per niente siamo qui per studiare la mitologia e l'antichità. Siamo tutti un po' retrò nell'anima. A parte Emrys. Emrys deve fare sempre la pecora nera.


Voltò pagina ed appoggiò il mento su una mano, gli occhi chiari che placidi bevevano le parole scritte su carta bianco latte, con delle opache righine grigie. Qualcuno dietro le sue spalle, in fondo alla biblioteca, tossì sommessamente per brevi istanti, poi il silenzio tornò a premerle sulle orecchie. Sotto il suo quaderno c'era anche quello di Arthur. Morgana lo sfilò con la mano libera, pigramente, le labbra già raggrumate in un'espressione di stizza. Era dal primo anno che gli controllava gli appunti e lo aiutava a passare gli esami; tra i due, era sempre stata lei quella più portata per lo studio, mentre lui eccelleva nelle attività fisiche. Non per niente, faceva parte dei Camelot.

Dov'è c'è carenza di cervello deve esserci per forza abbondanza di muscoli. L'ago della bilancia deve pur pendere da qualche parte.


Aveva iniziato a dargli una mano sotto richiesta di papà Uther che, ben conscio chi tra i suoi due figli fosse la mente e chi il braccio, si era assicurato per lui un aiuto valido. Morgana, aiuta tuo fratello, sei l'unica che può fare una cosa del genere. L'unica di cui io possa mai fidarmi. Eh, certo, ovvio.

Ma sì, lusinghiamola pure, mia figlia, tanto non le piace essere lodata. Neanche un po'. Neanche vagamente. Non è mica una che si lascia convincere per così poco, lei.


Sospirò e piegò, disgustata da se stessa, le labbra da un lato.

Si era lasciata convincere con due moine.

Durante il passare del tempo, però, aveva dovuto ammettere che aiutare Arthur non le era mai pesato particolarmente. Un po' perché in quel modo aveva un motivo costante per prenderlo in giro, un po' perché (nonostante litigassero ventitré ore su ventiquattro), l'affetto che provava per il fratello le avrebbe fatto fare mille e più cose. Certo, a voce alta non l'avrebbe mai ammesso, neanche se le avessero offerto la giovinezza eterna (e quella sarebbe stata una grande e dolorosa rinuncia), ma era molto legata a lui, per non dire gelosa. Sorrise nell'adocchiare la sua calligrafia un po' sconclusionata; oramai sapeva interpretare anche le angolature più assurde, di quella scrittura.

Chissà quando inizierà la stagione sportiva. Quest'anno siamo un po' in ritardo... Papà se ne sarà accorto? Arthur gliene avrà parlato?


Lanciò uno sguardo fuori la finestra: da lì poteva vedere il campo adibito alla pratica di tiro con l'arco. Trattando tematiche antiche e mitologiche, che spesso si ricollegavano dall'epoca dell'Antica Grecia fino alla fine del Medioevo, l'assemblea istituzionale del college aveva deciso di offrire agli studenti anche attività extracurricolari, come la pratica di sport tipici legati ad alcune epoche particolari (dal tiro con l'arco, per l'appunto, al lancio del giavellotto, al tiro alla fune, alla quintana...). Da anni oramai, chi frequentava quei corsi ed eccelleva particolarmente in una qualche disciplina, aveva buone possibilità di diventare un membro effettivo della squadra nazionale.

Papà non vede l'ora che quelli della Archery GB(4) convochino Arthur. L'ha fatto iscrivere qui solo per questo...


"Morgana!"


Sussultò, strappata improvvisamente ai suoi pensieri e quando si voltò per inquadrare chi l'avesse chiamata, notò Freya appoggiata con le mani sul tavolo dove era seduta. Sfarfallò le ciglia con sorpresa, non l'aveva neanche sentita arrivare.

Comunque Freya mi inquieta. L'ha sempre fatto.


"Oh, buongiorno" biascicò, restando ad osservarla con aria un po' interdetta. Freya le sorrise, gli occhi scuri brillavano intelligenti sul viso spigoloso; spinse verso di lei una busta chiusa.


"L'hanno lasciata stamattina per te al desk mail del dormitorio, però ho scordato di dartela quando sei uscita. Lo sai, no, che quando Mithian attacca a parlare di simbologia greca non la smette più" roteò gli occhi verso il soffitto, infilando con nonchalance le mani nelle tasche. Era esattamente quella che poteva definirsi una ragazza acqua e sapone. Morgana corrugò la fronte, allungando le dita affusolate verso la lettera.


"Chi l'ha lasciata?" domandò, notando che sopra non c'era scritto mittente né indirizzo, a parte il suo nome. Dovevano averla consegnata a mano. Freya si strinse nelle spalle magroline, scrollando i capelli corti che le sfioravano il collo ed appena le spalle.


"Non lo so. Un attimo prima ero lì a prendere la mia posta, un attimo dopo al bagno. Quando sono tornata, era poggiata sul bancone. Poi è arrivata Mithian che mi ha distratta e quindi... eccomi qui. Ci ho messo un po' prima di riuscire a trovarti, sai? Ti nascondi bene quando ti pare"


Morgana neanche registrò l'ultima frase, mentre uno strano presentimento le serpeggiava improvviso lungo la spina dorsale. Ringraziò Freya con un breve cenno del mento ed aspettò fin quando non se ne fu andata. Si rigirò la busta bianca tra le dita delicate ed ancora prima di aprirla, si assicurò che nessuno fosse nei paraggi o abbastanza vicino da poter sbirciare.

Ho una brutta sensazione. Ed il mio sesto senso non sbaglia mai. In un'altra vita avrei potuto essere una sensitiva di quelle con la S maiuscola, altroché.


Aprì la busta strappandola in cima. La sentiva molto leggera, fin troppo, come se dentro non ci fosse niente. Quando la inclinò verso il basso, un singolo e sottile quadrato di carta scivolò sul quaderno di Arthur, ancora aperto sotto il suo naso. Morgana restò interdetta per quelli che parvero attimi lunghissimi e corrugò la fronte.

La osservò.

Che diavolo è?


Tuttavia, più la guardava, più il significato di ciò che vedeva iniziava a prendere un'orribile e sinistra forma, ai suoi occhi. Poi, la consapevolezza, la colpì brutalmente in mezzo alla fronte. Strinse le labbra in una linea sottile, mentre sul volto le appariva un'espressione atterrita, come poche mai ne aveva fatte in vita sua. La sfiorò con le dita e la voltò. Dietro, c'era scritto qualcosa.


Sii più carina, Banshee.


*


Arthur sfilò la tab(5) dalla mano destra ed appoggiò l'arco(5) sul supporto che aveva accanto, in modo tale che fosse sospeso a qualche centimetro da terra. La dragona(5) che aveva attorno al polso gli aveva segnato un po' la pelle, ma il pensiero di avere l'arco troppo lento nella mano sinistra, gli metteva l'ansia. E lui non poteva tirare decentemente, se era ansioso.

A costo di farmelo segare, il polso, dalla dragona. Anche perché se mi cade l'arco sarà mio padre a segarmi in due.


Si avvicinò alla custodia e ripose la tab con la dragona in una delle tasche interne, prima di sfilare dall'avambraccio sinistro il para colpi; anche se oramai non ne aveva più praticamente bisogno, era talmente abituato a portarlo che, tirare senza, gli dava come la sensazione che mancasse qualcosa. Il para colpi era diventato parte integrante del suo processo di concentrazione.

Si piegò sui talloni ed iniziò a disporre tutto il modo tale che l'arco potesse entrare in borsa senza problemi; alle sue spalle, udì dei passi resi soffici dall'erba e sbuffò senza neanche voltarsi.


"Era ora!" esclamò, con una sfumatura sarcastica nel tono di voce "dovevi essere qui cinque minuti fa"


I passi si fermarono dietro di lui, non doveva essere molto distante. Infatti, quando parlò, la sua voce risultò più vicina di quanto avesse immaginato.


"Scusatemi, vostra grazia, se sono rimasto in disparte ad attendere il termine dei vostri allenamenti"


"Passami l'arco" disse Arthur, piuttosto, prima di voltarsi alla velocità della luce per fulminarlo con uno sguardo paralizzante "ma senza farlo cadere" scandì, cauto, come stesse parlando con un soggetto duro di comprendonio.


Merlin alzò le mani per aria come a voler far intendere di essere venuto in pace e cautamente, sotto lo sguardo da falco del biondo, si avvicinò all'arma mortale in questione. Simulando un'attenzione esagerata nei movimenti, lo afferrò con una lentezza quasi esasperante e lo sollevò dal supporto. Corrugò la fronte, constatando che pesava più di quanto desse a vedere. Ad Arthur, quella faccia, non sfuggì neanche per sbaglio.


"Merlin, se ti cade ti ammazzo" la soave voce di Pendragon gli ricordò in quale precaria situazione si trovasse la sua vita in quel frangente e piegò con insofferenza le labbra da un lato.

Beh, poteva anche prenderselo da solo il suo adorato arco se ha tutta questa ansia. Che diamine!


Alla fine, il ragazzo portò a termine l'arduo compito di consegnare al legittimo proprietario l'arma tutta integra ed Arthur sospirò. Appoggiò la punta inferiore dell'arco a terra e fece pressione sul flettente in alto per abbassarlo in avanti così da sfilare la corda. Merlin restò accanto a lui a braccia incrociate, osservando con quieta curiosità quel processo cui l'altro sembrava dedicare molta attenzione. In realtà, l'aveva visto farlo una miriade di volte, quando tra una lezione e l'altra decideva di mettersi a studiare all'aperto appositamente per quello. Anche se Arthur non lo sapeva, Merlin sarebbe stato in grado di smontare e rimontare quell'arco ad occhi chiusi, talmente tante erano le volte in cui aveva accarezzato con gli occhi i suoi gesti. Se qualcuno gli avesse detto che un giorno sarebbe addirittura arrivato a toccarla, quell'arma, si sarebbe messo a ridere alla grande.

Me l'ha fatto tenere. Si fida così tanto, di me?


Se c'era una cosa che bisognava ammettere su Pendragon, di fatti, era la sua gelosia verso le cose che erano di sua proprietà. Specialmente quelle che, se si rovinavano, potevano causare l'ira abominevole di suo padre. Merlin restò in silenzio, mentre quella domanda continuava a vorticargli nel cervello (insieme a tante altre cui non aveva avuto il coraggio di dare voce). Nel frattempo, Arthur aveva fatto pressione con i pollici sul blocco centrale per smontare i flettenti, mentre quel timido sole autunnale disegnava scie d'oro in mezzo ai suoi capelli.


"Perché me lo hai fatto toccare?" la sua bocca si mosse prima ancora che se ne fosse reso conto e, sgranando gli occhi, Merlin puntò lo sguardo nel vuoto con aria interdetta. L'aveva detto davvero?

Mi sono ammattito. Mi sono davvero ammattito. Ma che diavolo di domande vado a fare? Dio, fa cadere un fulmine adesso, su di me. Ti prego.


Arthur si voltò verso di lui, congelato nel movimento di riporre il blocco centrale all'interno dell'astuccio in feltro. Sbatté le palpebre un paio di volte altrettanto sorpreso e poi corrugò la fronte.


"Perché se non te l'avessi lasciato fare non avresti potuto passarmelo?" tentò, guardandolo come stesse cercando di capire se quella mattina si fosse drogato, prima di andare a lezione.

Emrys, le tue facoltà mentali mi servono tutte attive. Non puoi diventarmi un tossico proprio adesso. Aspetta un altro po'!


"Sì, ma tu non fai mai avvicinare nessuno al tuo arco" di nuovo, il suo cervello fece dare aria alla bocca prima ancora che il suo controllo frenasse le parole. Arthur notò come le orecchie di Merlin cominciarono a prendere una preoccupante tonalità ciliegia e vista l'espressione contrita, non osò immaginare che razza di pensieri gli stessero attraversando la mente in quel momento.

L'ho detto, io, che è un enigma. Non riesco mai ad interpretarlo fino in fondo, questo tipo.


"E tu come lo sai?" chiese inaspettatamente Arthur, assottigliando le palpebre sugli occhi. Qualche attimo dopo si pentì amaramente di averlo domandato, perché il rossore di Merlin dalle orecchie si estese in modo preoccupante anche su tutta la sua faccia. Il biondo appoggiò nella custodia il blocco centrale che aveva stretto tra le mani sino a quel momento e si alzò in piedi, voltandosi definitivamente verso l'altro ragazzo; se Merlin non avesse ricominciato a respirare presto, sarebbe probabilmente morto lì sotto il suo naso.


"Ti senti bene? Hai la febbre?" Arthur allungò una mano e la poggiò sulla fronte del moro, che la scostò con un gesto infastidito. In certi casi, Merlin avrebbe preferito che le apparenze rappresentassero la realtà; l'aria baldanzosa ed egocentrica di Arthur nascondeva una propensione fuori dal comune verso il prossimo, ma in quel caso quel lato di lui, lo metteva solo a disagio. Biascicò qualcosa di incomprensibile a mezza bocca, abbassando gli occhi sull'erba nel tentativo feroce di trovare qualcosa da dire. Qualcosa che potesse salvargli la faccia, insomma. Inaspettatamente, ancora una volta, Arthur venne in suo aiuto e lo tirò fuori dall'impiccio.


"Senti, non ti chiederò nemmeno di dirmi quali diavolo di acrobazie mortali sta eseguendo il tuo cervello in questo momento, perché la tua faccia me lo fa quasi intendere ed ho già paura così. Quindi, non sarò anche un genio in matematica ma se due più due fa sempre quattro, allora vale a dire che in un rapporto che va aldilà della conoscenza ci debba essere una sorta di fiducia reciproca. Ora, non sto dicendo che siamo amici, - quindi levati quell'espressione perché se comincio a prendermi gioco di te adesso non riuscirò più a finire di dire quello che sto dicendo -, comunque, se vogliamo diventarlo - e non è che tu abbia molto potere decisionale in questo caso, perché se io ti ho detto che lo diventeremo, così sarà punto e basta -, devo darti delle occasioni. A partire dalle piccole cose. La smetti una buona volta di costringermi a spiegarti tutto quello che faccio? Santo Dio, non mi sono mai psicanalizzato così in tutta la mia vita! Che angoscia! Spegnilo ogni tanto, questo, Emrys!" Arthur afferrò con entrambe le mani la testa di Merlin e la sballottò a destra e sinistra. Si sentì artigliare le braccia in un tentativo di essere allontanato neanche troppo delicatamente e rise di gusto.


"Sei un asino babbeo!" soffiò come un gatto irritato, Merlin, quando fu liberato da Arthur stesso. I capelli neri erano sparati da tutte le parti, neanche avessero passato le guerre puniche. Se Gwen avesse visto come tutto il lavoro di una mattina era andato sprecato in quel modo, si sarebbe messa a piangere.

E pensare che era così contenta quando ha notato che mi sono pettinato.


Vide Pendragon scuotere la testa con un sorrisetto di derisione sulle labbra per poi chinarsi nuovamente sull'erba, riponendo i flettenti negli astucci di feltro "Non vale neanche la pena rispondere all'insulto di uno che va in giro con quel nido in testa" replicò, sistemando la faretra con le frecce accanto al mirino(5) ed il bilanciatore(5). Si allungò sull'erba per recuperare il supporto dell'arco ed iniziò a smontarlo con gesti sicuri, tanto erano abituali. Merlin raggrumò le labbra e cercò di appiattire i capelli sulla testa alla meno peggio.


"Che programmi abbiamo oggi?"


Merlin iniziò a frugare nella sua borsa a tracolla, estraendo qualche attimo dopo una lista tutta stropicciata. Sfogliò un paio di pagine scorrendo con gli occhi la miriade di nomi che più volte aveva letto in quei giorni e si fermò alla terza colonna.

Oddio, ma quante sono? Ma non hanno una vita, queste? Ma tutte qui dovevano iscriversi? Ci sono tante cose da fare, nella vita. Giardinaggio, bricolage, l'uncinetto... ma no. Andiamo tutte all'università dove va il fichissimo, biondissimo, simpaticissimo ed intelligentissimo Arthur Pendragon. Maledette sanguisughe.


"Dopo pranzo ne hai tre a lezione di filosofia greco romana" biascicò, piegando le labbra da un lato con stizza. Arthur chiuse la lampo della custodia e la issò in spalla, alzandosi da terra.


"Bene, perché ho una fame pazzesca" esclamò, stringendo le cinghie della borsa, mentre Merlin riponeva la lista nella tasca dei pantaloni.


"Ok, allora ci vediamo dopo pranzo" un tono più mogio di quello non avrebbe potuto usarlo neanche se si fosse impegnato.

E' questo il mio destino? Il mondo fa schifo, la vita è crudele, voglio impiccarmi, ciao.


Il biondo lo guardò con una faccia così mista a pena ed esasperazione che Merlin temette di aver detto di nuovo qualcosa di strano senza essersene reso conto.


"Ma allora lo vedi che sei idiota?" sbottò, afferrandolo per un gomito ed iniziando a trascinarselo dietro "mi sembra ovvio che pranziamo insieme!"

Miseria nera, Emrys, mi farai arrivare sull'orlo dell'esaurimento!


Il moro non riuscì a dire niente e sperò ardentemente che Arthur non notasse come le sue orecchie si fossero arrossate ancora. Mentre si avviavano verso la mensa, in lontananza, sentirono giungere un grido intriso della disperazione più cieca.


*


Lancelot aveva calcolato ogni minimo, infimo dettaglio. La coperta bianca ricoperta di petali di rosa rossa, le candeline profumate sparse intorno, i fiori al centro, il cibo che aveva sgraffignato a Rob e che aveva già appiattato, la bottiglia di vino rosso (frizzantino come piaceva a lei)... La giornata era bella, fuori si stava bene, i prati della scuola erano infiniti ed aveva ben pensato di organizzare un picnic per Gwen. La sua Gwen, dolce colombella cioccolatosa e biscottosa.

Forse ho un leggero appetito, ponderò, dopo l'ennesimo appellativo potenzialmente divorabile affibbiato alla sua fantastica metà.


Guardò il display del cellulare; aveva già mandato un messaggio alla ragazza chiedendole di raggiungerlo lì e sarebbe sicuramente giunta a momenti. Sorrise, pensando alla faccia che lei avrebbe fatto nel vedere quale capolavoro era stato in grado di organizzarle (in realtà, se avesse saputo davvero la faccia che Gwen avrebbe fatto di lì a poco, si sarebbe sbrigato a smontare tutta la baracca e burattini alla velocità della luce). Sfregò i palmi delle mani tra loro e si inginocchiò sull'erba, chinandosi a sistemare le ultime cose per rendere il tutto decisamente perfetto. L'odore di vaniglia delle candele aromatizzate si mescolava a quello che proveniva dal cesto delle vivande, dal quale sbucava anche qualche frutto di stagione. Restando accucciato sulle ginocchia, Lancelot guardò nuovamente l'orario, quasi potesse far passare il tempo più velocemente con la sola forza del pensiero. Tutto intento a concentrare interamente le sue energie cosmiche nel tentativo di sfruttare i suoi, sicuramente solo assopiti, poteri mentali, all'improvviso qualcosa lo colpì con violenza sulla faccia. Annaspò colto alla sprovvista e la sorpresa fu tale che sbilanciatosi all'indietro, cadde con il sedere a terra; la situazione peggiorò perché una volta aperta la bocca, questa fu inondata dall'acqua. Sull'orlo di morire soffocato, strozzato e senza ossigeno, portò entrambe le mani davanti al viso per cercare di schermarsi.


"Ma che ca...?!" esalò, ricominciando a respirare dopo lunghi attimi agonia. Sputacchiò l'acqua in giro, sentendo i vestiti che aveva addosso farsi via via più umidi. Abbassò gli occhi, notando con orrore che era caduto con il sedere proprio sul cesto delle vivande. Scattò in piedi con un'imprecazione neanche tanto velata e finalmente si accorse di quello che stava accadendo: gli irrigatori del parco si erano attivati per annaffiare l'erba. Lancelot sgranò gli occhi, mentre l'acqua, placidamente, lo annaffiava come fosse stato una pianta da giardino, colandogli addosso senza alcun riguardo per i suoi sentimenti calpestati. No, non poteva crederci. Non era possibile. Abbassò gli occhi sulla coperta divenuta totalmente zuppa e si accorse che il suo cellulare si stava infradiciando altrettanto.


"NO! Che cazzo!" si gettò a recuperarlo, ma quello si era spento e pareva non volerne più sapere di accendersi. Lancelot rimase in piedi, i capelli appiccicati alla faccia ed alla fronte e la camicia incollata addosso. L'acqua lo irrigava che una bellezza. Fissò il telefono con sguardo vacuo, mentre il cervello veniva attraversato da un silenzio di tomba.

Scodinzolando, di lì a pochi secondi Attila lo raggiunse con aria festosa dalle serre poco distanti, probabilmente attirato dalle sue imprecazioni. Il canide guardò prima lui e poi i resti infradiciati di cibo che giacevano miseramente sulla coperta. Di nuovo, guardò Lancelot ed iniziò a scodinzolare con più gaudio. Calpestando a sua volta i sentimenti del ragazzo, Attila afferrò con i denti un pezzo di carne e trotterellò via, ficcando le zampe sopra qualsiasi cosa riuscisse a raggiungere. E prima di andarsene, tanto per gradire, annusò una delle candele alla vaniglia e decise di marcare il territorio.


Con un grido intriso della disperazione più cieca, Lancelot iniziò a saltare su quello che sarebbe dovuto essere il loro picnic, calciando in preda all'isteria qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.

MA NON ME NE VA BENE UNA! MA CHE CAZZO!


Gwen, che nel frattempo aveva svoltato l'angolo e si stava avvicinando, rallentò i passi fino a fermarsi in mezzo all'erba, a qualche metro di distanza da lui e dagli irrigatori. Le braccia erano abbandonate lungo i fianchi pesantemente e guardava il suo ragazzo, zuppo dalla testa ai piedi, come si guarda un soggetto potenzialmente pericoloso. L'aveva sentito, quella mattina, un brivido lungo la schiena. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe successo (di nuovo) qualcosa di strano.

Signore dammi la forza.


*


Mordred se ne stava seduto nel cortile interno del college, circondato da alcuni amici che condividevano gli stessi corsi con lui. Aveva l'aria spensierata di chi viveva senza colpe e senza rimpianti e rideva con gli altri per qualcosa che uno di loro aveva detto. Il sole gli baciava i capelli riccioluti e sembrava rendere i suoi occhi ancora più chiari di quel che in realtà erano. Teneva le mani appoggiate sulla panchina, per poter inclinare la schiena all'indietro senza rischiare di perdere l'equilibrio. Socchiuse gli occhi, infastidito da qualche raggio un po' troppo luminoso, ma non si spostò: quella luce era così rara che la beveva come un gatto avrebbe cercato le fusa nell'ora dello spuntino.


"Ehy Mor" lo richiamò Thomas, aggiungendo un piccolo cenno del mento "perché c'è la Banshee che ti sta puntando a passo da battaglia?"


Senza perdere quell'aria di calma placida che gli ammorbidiva i lineamenti del volto e gli donava un'espressione leziosa, voltò la testa verso i portici poco distanti; in quell'esatto momento, Morgana uscì dall'ombra del colonnato, calpestando l'erba con una furia determinata che avrebbe fatto preoccupare chiunque avesse avuto un po' di sale in zucca. Mordred stirò le labbra in un sorriso morbido, osservandola avvicinarsi sempre più. Notò che nella mano destra stringeva qualcosa.

Vista l'aria omicida con la quale sta tentando di uccidermi, non deve aver preso molto bene il mio consiglio. Peccato.


Mordred inclinò la testa da un lato e la attese pazientemente, mantenendo una posa rilassata. Morgana odiava quel sorriso da schiaffi, che aveva il potere di mandarle il sangue al cervello.

Credi che non farò una scenata solo perché ci sono i tuoi amici? Povero illuso!


Quando lo raggiunse, si chinò in avanti per artigliargli un braccio e se lo trascinò dietro di peso, dando sfoggio di una forza che nessuno avrebbe mai potuto attribuirle. Mentalmente, ringraziò tutte le volte in cui, da piccola, aveva fatto a botte con suo fratello. Quelle erano cose che tempravano! Lo fece allontanare dalla sua combriccola di imbecilli (perché uno così non poteva che frequentare altri imbecilli del suo stesso calibro) per finire a fermarsi una ventina di metri più in là, di nuovo sotto il porticato, al riparo dal sole. Morgana si voltò immediatamente verso di lui e gli spalmò con una manata feroce il foglio sul petto. I suoi occhi trasmettevano furia allo stato puro, ma a quanto pareva Mordred non era uno che si lasciava impressionare tanto facilmente. Non aveva posto resistenza quando si era sentito tirare su senza alcuna delicatezza e l'aveva seguita con ancora quel sorriso da ruffiano sulle labbra.


"Perché sei così arrabbiata?" domandò lui, arcuando le sopracciglia e simulando sorpresa "Sei venuta piuttosto bene! Se guardi attentamente da vicino, puoi anche riuscire a vedere cos'è che stai vomitando"


"Che diavolo ti sei messo in testa, Duirvir?" ringhiò lei per risposta, avvicinandosi così tanto da parlargli ad una spanna dal viso "Prima mi segui ovunque, poi fai finta di non conoscermi ed ora mi mandi questa roba! E pretendi che io sia più carina nei tuoi confronti? Ringrazia il Signore che non ti metto le mani addosso, altrimenti ti distruggo!"


Mordred emise un basso fischio di ammirazione per tutto il sentimento con il quale Morgana aveva pronunciato quelle parole.

Non lo capisce che quando fa così mi istiga. Non ci arriva proprio. Non ce la fa.


"Come mai ti infastidisce così tanto che al pub non ti abbia neanche salutata?" domandò con l'innocenza più pura dipinta sul volto angelico, infilando le mani nelle tasche dei jeans con una nonchalance davvero invidiabile.


"Non mi ha infastidita!"


"Sì che l'ha fatto, altrimenti non l'avresti neanche accennato"


"Non contraddirmi!"


Con la mano libera Morgana gli mollò un pugno sulla spalla, che lo fece indietreggiare blandamente di un paio di passi e ficcò la foto nella borsa che le pendeva da una spalla. A quel punto, gli puntò l'indice contro con aria inequivocabilmente minatoria ma prima che riuscisse ad aprire bocca, Mordred la batté sul tempo.


"Ah-ah-ah, attenta a quello che dici, Banshee. Ricordati di essere più carina, con me" la redarguì il ragazzo, come stesse sgridando una bambina un po' troppo golosa di dolci. Morgana assottigliò le palpebre sugli occhi e strinse le labbra in una linea sottile. Se uno sguardo avesse potuto uccidere, Mordred sarebbe morto da un pezzo.

Non mi sta prendendo sul serio. Io gli dico che lo uccido e lui ride! Dio, DIO quanto vorrei mettergli le mani al collo e farlo morire strozzato!


"Altrimenti?" sibilò lei, abbassando l'indice e stringendo la mano in un pugno di furia a stento trattenuta. Nessuno poteva dirle cosa fare o cosa non fare, men che meno un maledetto bamboccio con l'aria strafottente che credeva di potersela rigirare come un calzino. Mordred piegò la schiena in avanti, stavolta fu lui ad esserle ad una spanna dal viso, il sorriso serafico che cozzava brutalmente con la rigidità della ragazza.


"Altrimenti farò girare quella foto per tutto il college ed a quel punto, credo potrai anche dire addio alla reputazione cui sembri tenere tanto" sillabò lentamente, facendo colare le parole dalla bocca come fossero state miele avvelenato. Morgana trattenne il respiro senza neanche accorgersene, sondando con estrema attenzione il volto del ragazzo per cogliere anche la più piccola traccia di tentennamento.

Non ti conviene metterti a giocare con me, carino. Ma se vuoi farti male... accomodati pure.


"Non lo faresti" replicò lei con durezza, cercando di non alzare il tono della voce. L'ultima cosa che voleva era dare spettacolo o attirare l'attenzione. Il ragazzo si tirò indietro e si strinse nelle spalle, prima di schioccare sagace la lingua contro il palato.


"Davvero?" mormorò e le parole rotolarono sulla lingua con delizia. Iniziò ad indietreggiare senza smettere di guardarla e fu con quel maledetto sorriso sulle labbra, che Morgana lo vide voltarle le spalle per ritornare dai suoi stupidi amici, lasciandola lì, da sola, sotto l'ombra del porticato a ribollire nel suo stesso brodo di rabbia e frustrazione. Era appena stata messa sotto scacco da un ragazzino! realizzò, avvampando miseramente.

Quell'anno sarebbe stato decisamente molto, molto lungo.

















NOTE DELL'AUTORE: BELLA RAGA! Ecco finalmente dopo giorni di agonia il quinto capitolo. Devo ammettere che è stato faticoso scriverlo perché volevo comunicare alcune cose, ma avevo paura di non riuscire a farlo adeguatamente. Non è esilarante come il precedente, ma anche le fanfiction a stampo comico devono avere i loro alti e bassi XD Comunque, con il quarto capitolo mi avete lasciato la bellezza di dieci, dico dieci recensioni D: la mia faccia era tipo così: http://25.media.tumblr.com/8d21c1e8f9ec7f3109ffd02a558c2240/tumblr_mi31ttoqEm1qzgjfco1_500.gif MA PASSANDO OLTRE. Grazie a tutti quelli che commentano, che leggono e basta, a Ryta Holmes che me la beta, a Tizio Caio e Sempronio, ai preferiti/seguiti/ricordati E A MIA MADRE CHE MI HA FATTO IL SACROSANTO DONO DI ESSERE COSI' IMBECILLE. Grazie mamma ti voglio bene. Ecco le note nello specifico!

(1) Il Trono di Spade (Games of Thrones) è un telefilm. Qui la sua scheda tecnica: http://it.wikipedia.org/wiki/Il_Trono_di_Spade_(serie_televisiva) Questo è Jon Snow: http://hbowatch.com/wp-content/uploads/2012/05/Jon-Snow-Crow-Stark.jpg Questa è Arya Stark: http://0.tqn.com/d/scifi/1/0/D/k/0/-/GOT-Season2-Arya-Stark1.jpg

(2) Triscele: http://digilander.libero.it/modellismodgl/images/p065_1_07.png

(3) La Marvel ha dato vita a supereroi come Hulk, Capitan America, Thor, Iron Man eccetera.

(4) Archery GB: squadra nazionale inglese di tiro con l'arco.

  1. Allora. La tab è una fettuccia di pelle che si infila nella mano destra se siete destri o nella mano sinistra se siete mancini. Serve a far scivolare, una volta che l'avete incoccata e che avete messo in tensione la corda, la freccia. E' questa: http://www.archers-review.com/images/32.jpg La dragona è semplicemente un laccio che va messo intorno al polso della mano che regge l'arco, la cui altra estremità va legata intorno al blocco centrale. Infatti, quando la freccia viene scoccata, bisogna mollare l'arco ma se non ci fosse la dragona a tenerlo ancorato al polso, questo cadrebbe per terra. Così: http://www.arcosportspigarelli.com/images/foto149.jpg Arthur tira con l'arco olimpico (cioè con mirino e bilanciatore) perché è l'unico tipo di arco che può concorrere a tutti i tipi di gare esistenti, comprese le Olimpiadi. Questo è l'arco olimpico, l'asta in basso è il bilanciatore, quella più in alto e più corta, il mirino: http://digilander.libero.it/alemene97/images/arcoolimpico.gif Fonte: me stessa, con la collaborazione straordinaria del mio arco nudo LOL


Ultima comunicazione di servizio: per marzo aprile, sto progettando con una ragazza di stare qualche mese in Irlanda, quindi gli aggiornamenti potrebbe divenire un filino più lenti nel mentre. Ma un filino proprio. Chiunque si voglia unire e dividere le spese con noi è ben accetto ù_ù

addio.


   
 
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