Ordini
Lancer desiderava solo servire il suo
padrone come un
cavaliere che si rispetti. Non mirava ad alcuna donna, voleva solo la
sua
approvazione e le sue lodi, anche se quello non faceva altro che
rimproverarlo.
Sapeva che il suo signore, Kayneth, era geloso del suo
potere: era chiaro che Lancer affascinasse Sola-Ui.
Così, una sera si diresse in camera del proprio Master,
bussando educatamente alla porta e chiedendogli il permesso di entrare.
Sapeva
fosse sveglio, dal momento che si erano separati da poco.
Kayneth lo fece entrare e Lancer notò che la donna non era
con
lui, dunque poteva parlare liberamente.
Chiuse la porta alle sue spalle e portò una mano al petto in
segno di rispetto:
“Signore, sono venuto a
scusarmi nel caso avessi procurato
problemi con Sola-Ui e fastidi a riguardo.”
Il volto di Kayneth si deformò in una smorfia avente un
largo sorriso:
“Lancer, non me lo sarei mai aspettato da parte tua.
Sai che dovrò
sposarla; inoltre, mi è utile a darti il mana
necessario.”
“Mi perdoni.”
“Fatti perdonare. Non bastano le tue scuse.”
Era sempre il solito: pretendeva molto dal Servant e non si
accontentava di nulla; aveva sempre da ridire.
Ma Lancer non si lamentava mai e non lo fece neanche questa
volta.
Kayneth si sedette sul letto e
accavallò le gambe.
Diarmuid gli si avvicinò e si chinò per arrivare
col volto
all’altezza della scarpa alzata. Lentamente sfilò
via lo stivale e, una volta
scoperta la pelle, vi posò le labbra sottili per qualche
secondo. Poi alzò il
viso e notò che il Master aveva un’espressione
accigliata.
Si sarebbe aspettato un “Che cosa stai facendo,
idiota?!”,
mentre invece ricevette una risposta del tutto differente:
“Tutto qui?”
La voce di Kayneth era alterata come sempre.
Lancer assottigliò lo sguardo e posò ancora una
volta la bocca
sul piede nudo. Schiuse le labbra per toccarlo con la lingua e
lasciò una scia
di saliva fino alle dita. Inumidì anche queste e gli
alzò di poco la gamba,
afferrandogli gentilmente la caviglia con una mano.
Iniziò a mordicchiare la pianta del piede, portandosi al
tallone: lì prese tra
i denti la pelle, impiegando più forza con la mascella.
Con sua grande sorpresa, Kayneth si lasciò scappare un
ansimo smorzato e basso: il respiro era leggermente affannato e brevi
scariche
di piacere correvano lungo il corpo teso.
“Mh”, emise un simile mormorio, e Lancer
pensò che potesse
bastare.
Allontanò il viso dal suo piede scoperto e si
alzò. Ma
quando incrociò gli occhi dell’uomo che non poteva
ammaliare con il suo
incantesimo di charme, ma solo con i gesti, fu preso dalla voglia di
andare
avanti e non fermarsi.
Spinse delicatamente il padrone a distendersi sul letto.
Kayneth non fece una piega, ma si accigliò appena.
A quel suo cambiamento di espressione, Diarmuid si alzò da
lui e si diresse
alla porta.
“Mi scusi, signore.”
Forse stava esagerando.
Posò la mano sulla maniglia e aprì la bocca per
salutare il Master, ma le
parole di quest’ultimo gli impedirono di andarsene:
“Chi ti ha detto di fermarti e uscire, idiota?”
Il Servant si voltò verso di lui e fece un sorrisetto.
Lo raggiunse a passi lenti.