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Autore: beatricecuddle    12/02/2013    3 recensioni
Ero tranquilla. Me ne stavo accoccolata in un divanetto nella hall antistante l’Aula Magna della Royal in attesa dell’audizione. Mi guardavo in giro divertita, osservando tutti i potenziali alunni intenti a fare gorgheggi, respirazioni varie, preghiere, segni della croce. Sorrisi tra me stessa, tutti questi fanatici stavano morendo e io ero lì, stravaccata, con addosso un maglioncino bianco, lungo e abbondante, leggings e sneakers, struccata e coi capelli raccolti in una coda spettinata... Avrebbero dovuto cacciarmi solo per la mia tenuta.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ringraziando per la cortese attenzione porgo i miei più distinti saluti.

Hope Hudson.»


Poggiai la penna con un sospiro e rosicchiai anche l’ultima pellicina superstite ai margini del mio pollice.
Piegai con cura la lettera e la inserii in una busta candida, affrancai e scarabocchiai sul retro:

“London Royal Academy of Music
Marylebone Road, NW1 5HT
Londra – UK”

“Se mi prenderanno sarà per la mia voce – pensai – non certo per la mia calligrafia...”
Pioveva... Beh, ovvio che piovesse... Insomma, ero a Londra, non in qualche sperduto isolotto esotico... Amavo la mia città. Amavo la pioggia sottile e silenziosa, il freddo che ti pizzicava il naso e ti costringeva a sorridere, le lunghe file di casette ordinate con le porte colorate che contrastavano con il grigiore del clima inglese... Il grigio non era mai stato un problema per me, la mia vita la coloravo io con la musica.
Senza ombrello e spettinata feci per uscire di casa e imbucare la mia lettera di presentazione alla Royal Academy. Non sarei entrata, sarei andata a studiare legge e poi avrei lavorato per papà, ma avevo deciso di tentare comunque. Sapete, no, quelle cose del tipo “prendi in mano la tua vita, carpe diem, cogli l’attimo” che appena sentite ti danno una carica incredibile poi, arrivata al momento di fare ti senti una completa idiota.
Più che idiota, accettavo serenamente il mio futuro di avvocato ed ero sicura che tutti all’audizione avrebbero riso dietro alla mia vocina da bimba... Ma era la mia, era la parte di me che amavo di più... Pazienza, l’avrei custodita solo per me e per i miei figli. Se mai ne avessi avuti.
«Che dici Joey, vieni con me? – chiesi dolcemente alla mia cagnolina che mi guardava con aria sonnacchiosa dal divano – Certo che no, pigrona... Ma niente bis di carne stasera!»
Un sonoro “bau!” e uno zampettare concitato mi fece sorridere, le infilai il guinzaglio, presi un ombrello e mi avviai verso l’ufficio postale di Southampton Road con una leggerezza inaudita addosso.

- - -

«Hope, è arrivata una lettera per te! » urlò mamma dal giardino, sventolando una busta bianca.
Il cuore mi balzò in gola, avevo riconosciuto il sigillo della Royal Academy.
“Gentile signorina Hudson, colpiti dalla sua lettera di presentazione la invitiamo a presentarsi all’audizione per essere ammessa al prossimo anno accademico, la quale si svolgerà Martedì 5 Luglio presso le aule della nostra scuola.”
« Firmato, la Direzione.» lessi con un filo di voce.
Impossibile...
«Cos’era, tesoro?»
«Niente, mamma, una tipa che ho conosciuto l’estate scorsa a Southampton in vacanza con la quale ho mantenuto i contatti..»
« Oh! – fece lei stupita – Non sapevo che la gente scrivesse ancora lettere... »
«Eh si – balbettai – Jenna è una un po’... Particolare e poi è, ehm, in un... In un collegio, quindi non può usare Internet! »
«Un collegio, giusto...»
Persa nei suoi pensieri si rimise i guantoni da giardinaggio e tornò ad occuparsi delle peonie con Joey che le scodinzolava attorno felice.
Mi misi distrattamente al pianoforte e iniziai a strimpellare due o tre accordi. Un mi minore, un la maggiore, era una canzone di Birdy che adoravo. I don't know where I am / I don't know this place / Don’t recognize anybody / Just the same old empty face / See these people, they’re lying / And I don’t know / Who to believe anymore...
Bene, sarei andata al provino e avrei cantata la prima canzone che mi scaturiva dalle dita. Tanto non sarei passata... “Saranno sicuramente stati colpiti dalla mia faccia piena di lentiggini, occhi verdi e capelli rosso scuro e dalla mia calligrafia sbilenca e avranno pensato che sono una di quelle hipster alternative che ascoltano Bon Iver e postano le loro foto in pantaloni ascellari e magliettina di pizzo su Instagram... Figuriamoci!” pensai. Avevo addosso una felpa di almeno tre taglie in più della mia sopra un paio di pantaloncini da basket, capi entrambi rubati dal guardaroba di mio fratello. A pensarci, raramente mi mettevo addosso vestiti che fossero miei, a parte qualche jeans e le scarpe, se escludiamo quelle che ormai la mia migliore amica non avrebbe più rivisto. Mamma diceva sempre che con il lavoro di papà avrei potuto permettermi di comprarmi qualcosa di un filino più femminile ma ero intransigente sul fatto che le felpe di Joshuah fossero ciò che di più comodo esisteva.

- - -

Ero tranquilla. Me ne stavo accoccolata in un divanetto nella hall antistante l’Aula Magna della Royal in attesa dell’audizione. Mi guardavo in giro divertita, osservando tutti i potenziali alunni intenti a fare gorgheggi, respirazioni varie, preghiere, segni della croce. Sorrisi tra me stessa, tutti questi fanatici stavano morendo e io ero lì, stravaccata, con addosso un maglioncino bianco, lungo e abbondante, leggings e sneakers, struccata e coi capelli raccolti in una coda spettinata... Avrebbero dovuto cacciarmi solo per la mia tenuta.
«Hope Hudson!»
Mi alzai di scatto e saltellai verso la porta del salone, da cui uscì una ragazza infiocchettata e piangente. Trattenendo le risate, entrai e la vista mi tolse il respiro. Stucchi dorati, affreschi alle pareti e un grande, bellissimo pianoforte lucido al centro.
«Ahem, salve!» feci accennando un sorriso alla giuria, la quale guardava con diffidenza il buco sulla mia All Star di destra.
«Bene, signorina... – fece un uomo sui quaranta cercando il mio cognome sulla scheda di presentazione – Hudson, si, allora, lei vuole entrare qui perché...?»
«Beh, perché mi piace cantare, e suonare il piano, certo, e perché non sono una infiocchettata, insomma, io penso che qui non ci entrerò neanche, ecco, però boh, mi andava di provare.»
Se prima erano rimasti colpiti dalle mia scarpe, ora erano decisamente convinti che fossi una pazza.
Senza che mi dicessero nulla mi andai a sedere al piano. «Posso?»
Mi fecero un cenno di assenso e dopo qualche secondo di pausa le mie dita iniziarono a muoversi sul pianoforte.

She's given boys what they want / Tries to act so nonchalant / Afraid they'll see that she's lost her direction / She never stays the same for long / Assuming that she'll get it wrong / Perfect only in her imperfection / She's not a drama queen / She doesn't want to feel this way / Only 17 but tired.

«Bene, bene, può andare!» alzai gli occhi dai tasti a metà brano e ridacchiai. Ad X Factor interrompevano sempre quelli scarsi prima della conclusione.
Il primo a prendere la parola fu l’uomo che mi aveva chiesto perché fossi lì. «Hai mai studiato, Hope?»
«Canto no, ma sono diplomata in pianoforte.»
«Sei grezza, e dolce allo stesso momento, mi piaci. Hai una vocina da curare, ma può venirne fuori della bella roba.»
«Per me – continuò una bionda seduta accanto a lui, la cui voce riconobbi essere quella che mi aveva chiamata – sei fenomenale. Hai una delicatezza disarmante e nonostante, credimi, tu abbia tanto bisogno di lavorare sulla tecnica, hai un talento incredibile.»
A quel punto, la mia bocca disegnava una grandissima O e io non riuscivo a credere alle mie orecchie. Venne il turno del terzo professore. «A me non sei piaciuta. Troppi errori, suoni bene il piano, ma col canto non ci siamo... Se proprio vuoi entrare cambia categoria.»
«Beh ma io in realtà non volevo...»
«Le faremo sapere signorina Hudson – mi interruppe il primo – Tenga sotto controllo il sito web, verranno esposte le graduatorie. Può andare.»
Dimenticandomi completamente di salutare o ringraziare, mi avviai verso il portone.
«Louis Tomlinson!» tuonò la donna alle mie spalle.
Poi sentii qualcosa di duro sbattermi contro la tempia. Rovinosamente caddi e la testa mi girò in maniera vorticosa. «Oh Dio, scusami, la chitarra, io, insomma, stai bene vero?»
«Piano, piano, piano con queste domande!» biascicai alzando lo sguardo. Il viso preoccupato di un ragazzo sui 19 fu la prima cosa che vidi, seguito da una chitarra che giaceva lì accanto. «Te lo giuro, non volevo sbatterti la chitarra addosso, stavo chiudendo la porta e mi sono distratto e...»
«Va bene, va bene, ok, calmati, ho solo bisogno di un po’ di ghiaccio... Buona fortuna.» mugugnai, e uscii dal salone innervosita e dolorante, sapendo di aver appena fatto la figura del secolo. La sfiga e gli idioti impediti mi stavano attaccati come cozze su uno scoglio. Confortante! Massaggiandomi la tempia, camminai verso casa, dimenticandomi per il momento di aver ricevuto tutti quei complimenti dalla giuria della Royal.
  
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