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Autore: _yulen_    12/02/2013    3 recensioni
Era tempo che volevo fare una FF su CoD ma per un motivo o per l'altro ho sempre rimandato perchè non avevo l'ispirazione. Poi mi sono resa conto che il CoD non si vedono quasi mai ragazze e quindi ho deciso di inserirne una io anche perchè secondo me è una cosa ingiusta U__U
Fine della Terza Guerra Mondiale, Praga. Una ragazza, ex spia e ora Spetsnaz, è in giro per la città alla ricerca di sopravvissuti e si imbatte nel corpo quasi senza vita di un soldato.
Una nuova guerra all'orizzonte e un'altro nemico da affrontare. Sembra che per la Task Force 141, alla quale poi si aggiungerà anche la stessa ragazza, la pace non sia destinata a durare molto e anche il mondo, guarda il sole sorgere all'alba di una nuova guerra.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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-Price, siamo in posizione-comunicò Soap attraverso la radio.
-Ricevuto, cinque minuti ed entriamo in azione-.
Sbuffai, era un piano assurdo quello di usare me come esca solo perché l’intero esercito russo voleva la mia testa. C’erano loro pronti a fornirmi copertura ma la cosa non mi piaceva, specie se ero totalmente disarmata.
-Selena, è il tuo turno, io e Soap spareremo appena le cose si metteranno male-
-Ricevuto, mi muovo-risposi.
Avanzai camminando, cercando di sembrare il più tranquilla possibile.
Non avevo paura, ero solo nervosa perché con me non avevo nemmeno il mio amato coltello tattico, l’unica arma che avevo era il mio stesso corpo e anche se ero uno Spetsnaz, non sarei mai riuscita a uscire viva da uno scontro contro due truppe nemiche armate di tutto punto.
Guardai il cielo grigio e ricoperto da nuvole, il sole sembrava sparito, eppure a San Pietroburgo i suoi raggi illuminavano quel poco di bello rimasto della città. Un leggero manto di nebbia si stava depositando sui campi, se la foschia si fosse fatta più intensa sarei stata nei guai.
Mi fermai quando vidi due furgoni e alcuni soldati scortare un uomo ammanettato.
Mi distesi nei campi per non rimanere troppo scoperta e mi fermai per osservare la situazione. Non riuscivo a vedere nulla che potesse essermi utile, ero ancora troppo distante per capire chi fosse.
Senza pensarci due volte, continuai a strisciare insieme ad alcuni pensieri che mi stavano tormentando a tal punto da non farmi accorgere che ero un po’ troppo vicina, sembrava però che loro non mi avessero vista.
Restai lì immobile finché la figura del uomo ammanettato non si fece più chiara.
Quel volto incorniciato da riccioli dorati non lo avrei mai dimenticato.
-Nikita-sussurrai.
Il cuore prese a battermi più velocemente tanto che temetti che qualcuno potesse sentirmi, respirai profondamente per calmarmi e scacciare alcuni ricordi che stavano tornando.
Era lui il carico e conscia della fine che avrebbe fatto, decisi di salvarlo come lui aveva salvato me anni prima.

Tre anni fa, Oymyakon, Siberia.
Avvolta nella coperta termica guardavo la neve depositarsi sul suolo e su tetti delle case.
Sentii la porta di casa aprirsi e portare dentro una folata di vento che mi fece rabbrividire ancora di più.
-Nika zakrytʹ proklyatuyu dverʹ (Nika chiudi quella dannata porta)-dissi stringendomi nella coperta.
-Ty plaksa (Sei una frignona)-rispose aggiungendo altra legna nel camino.
-I ty mogli vybratʹ boleye teploye mesto (E tu potevi scegliere un posto più caldo)-risposi battendo i denti.
Seguii i suoi movimenti fino a quando lo vidi scomparire dietro la porta della cucina, poco dopo lo sentii trafficare con una pentola. Quasi spaventata da quello che stava per fare, mi alzai lasciando cadere a terra la coperta. Fui subito investita dal gelo. Tremante, la raccolsi e mi coprii trascinandola con me per tutto il corridoio.
Faceva freddo nonostante avessi il riscaldamento acceso e la casupola dove ci eravamo rifugiati, non era di certo il massimo. Sembrava molto un’abitazione da film horror di terza categoria. Se avessi dovuto passare un’altro inverno lì, sarei sicuramente morta.
Arrivata in cucina guardai Nikita mentre cucinava e mi lasciai sfuggire un sorriso.
Mi guardò divertito dalla mia espressione.
Sospirai e lo spinsi leggermente per avere più spazio, non avevo voglia di cucinare ma non potevo lasciare che lo facesse lui, avrebbe fatto saltare in aria tutto, questo era poco ma sicuro.
Nikita come cuoco faceva schifo, mettere lui in cucina era come mettere un bambino in una stanza piena di esplosivi, il risultato era sempre quello, con l’unica eccezione che vedere Nikita ai fornelli era uno spettacolo.
-Ne mogli by vy nauchitʹ menya gotovitʹ (Potresti insegnarmi a cucinare)-disse con una punta di malizia.
Cercai di dire qualcosa ma non trovavo una risposta, avevo capito dove voleva arrivare ma non sapevo cosa dire. Restai li ferma a guardarlo per un istante che sembrò infinito.
Gli diedi un leggero schiaffetto sul braccio e tornai ai fornelli.
-I yezhednevnoye menyu vklyuchayet v sebya ...? (E il menu del giorno comprende…?)-chiese avvicinandosi di nuovo.
-Yesli ty ne vykhodite, ya budu ispolʹzovatʹ vas v kachestve osnovnogo blyuda (Se non esci userò te come piatto principale)-lo minacciai divertita.
Troppo occupata a tenerlo fuori dalla cucina, non mi accorsi che la casa era circondata e in poco la porta fu sfondata, in pochi minuti mi ritrovai con le mani bloccate e una pistola alla testa.
Feci vagare lo sguardo alla ricerca di Nikita, speravo che almeno lui fosse riuscito a scappare in tempo ma era nella mia stessa situazione.
Mi liberai colpendo prima l’uomo a sinistra con una testata, poi mi abbassai per prendere il coltello svizzero che tenevo nascosto nello stivale e tagliai la gola di quello a destra che cadde a terra senza vita.
Subito dopo altri tre uomini mi raggiunsero e uno mi colpì allo stomaco facendomi piegare in due.
-Yesli vy ostavite yemu, chto ya ne vystupayu protiv soprotivleniya (Se lo lasciate non opporrò resistenza)-dissi rialzandomi.
-Ty okruzheny, net nikakogo sposoba izbezhatʹ (Sei circondata, non puoi fuggire)-rispose il soldato che prese il posto di quello morto.
Abbassai lo sguardo a terra e indicai l’uomo privo di vita. -No eto ne pomeshalo mne ubitʹ yego (Ma questo non mi ha fermato dall’ucciderlo)-replicai sicura di me.
Sentii dei passi avvicinarsi, era una camminata familiare ma non riuscii a capire chi fosse fino a quando non incrociai due occhi belli quanto pericolosi; uno verde e l’altro azzurro.
-Vladimir-mormorai.
-Nikita teperʹ ostanovitʹ igru (Nikita ora basta giocare)-disse guardandolo.
Lo vidi raggiungere il resto della squadra e schierarsi con loro. Restai senza parole, avrei voluto urlare per la rabbia ma quello che era appena accaduto mi aveva lasciata attonita.
Il mio migliore amico, quello per cui avrei dato la mia vita, la stessa persona che giurò a mio fratello che mi avrebbe protetta, mi aveva tradita. Mi ero fidata ancora una volta della persona sbagliata.
Lo guardai con disprezzo, se fossi riuscita a scappare avrei ucciso anche lui.
-Kak dlya vas, ty poydete so mnoy (Quanto a te, verrai con me)-continuò prendendomi per un braccio.
-Ty znayete, chto samoye smeshnoye eto? (Sai qual’è la parte divertente?)-mi chiese trascinandomi fuori.
Lo guardai con rabbia ma non risposi.
-Ty mozhete bezhatʹ, no ne skryvayut. Ya navsegda naydu tebya (Puoi scappare ma non nasconderti. Io ti troverò sempre)-rispose con sorriso beffardo.
Mi spinse su un furgone insieme a otto soldati ben addestrati ma non mi facevano paura, ci avrei messo solo un po’ di più a eliminarli.
Il veicolo partì, sapevo dove sarei finita, e tornare a Mosca avrebbe firmato la mia condanna a morte, dovevo liberarmi ma mi serviva il momento adatto per questo restai seduta fino al momento in cui ci fermammo.
Il portellone si aprì rivelando la figura di Nikita. Lo guardai arrabbiata e allo stesso tempo delusa.
-Spuskatʹsya (Scendi)-ordinò puntandomi contro il fucile.
Scesi nel freddo siberiano e mi guardai attorno sospetta, c’era solo il furgone su cui viaggiavo io.
Con la canna dell’arma alla schiena mi obbligò a camminare fino a un boschetto, sapevo la fine che mi aspettava e mi voltai, volevo che mi guardasse in faccia.
-Neuzheli ty dumayete, chto ya obmanul tebya? (Credevi davvero che ti avessi tradita?)-chiese slegandomi.
Lo guardai perplessa, non mi aveva ingannata. Sorrisi e lo abbracciai. Ero felice di aver trovato qualcuno che avrebbe fatto di tutto per salvarmi.
-Ya poklyalsya vashemu bratu, chto ty khoteli zashchititʹ (Ho giurato a tuo fratello che ti avrei protetta)-
Lo abbracciai di nuovo con più forza.
-Da, no pozvolʹte mne dyshatʹ (Sì però lasciami respirare)-disse sorridendo.
Nikita lo conoscevo bene, conoscevo meglio lui che non me stessa e c’era sempre stato un rapporto profondo tra noi.
Sentii delle voci venire verso di noi e lo guardai sperando che decidesse di venire con me.
-A teper’ ukhodi (Ora va via)-.
-Ya ne khochu ostavlyatʹ tebya (Non voglio lasciarti)-dissi tremando come una foglia a causa del freddo.
Mi diede un leggero bacio sulla fronte dopo avermi dato il fucile. Lo presi timorosa e dopo averlo abbracciato un’ultima volta iniziai a correre. Stavo abbandonando il mio unico compagno di squadra ma sentivo che era una cosa giusta seppur dolorosa, se fossi rimasta lì sarei morta e non potevo, dovevo vendicarmi.
Sentii degli spari e mi voltai con le lacrime agli occhi rifiutandomi di pensare al suo corpo privo di vita.

-Selena si può sapere dove sei? Non ti vediamo più-
La radio insieme alla voce di Price mi strapparono da quei ricordi.
-Non posso rispondere ora, aspettate-risposi.
Mi scossi e dopo essermi alzata, mi tolsi il terriccio dalla divisa. Mi guardai attorno sospetta e ripresi a camminare.
Ero ormai vicina ma non ancora nel loro campo visivo, usando uno dei furgoni come riparo, avanzai verso Nikita. Gli tappai la bocca e lo trascinai dietro di me.
I nostri sguardi si incrociarono per un breve istante e mi sorrise, non potei fare a meno di ricambiare, in tre anni mi era mancato terribilmente.
- Davay ubiratʹsya otsyuda, ladno?? (Andiamo via di qui, ok?)-sussurrai.
Annuì, era pronto a muoversi ma gli feci cenno di restare fermo quando vidi un soldato avvicinarsi alla nostra postazione.
Mi nascosi dietro il furgone e attesi che fosse più vicino per colpirlo alle spalle e rompergli l’osso del collo, raccolsi le armi e feci cenno a Nikita di seguirmi.
-Kak ty nashel menya (Come sapevi dove trovarmi?)-mi chiese.
Stavo per rispondergli quando sentii il freddo del ferro premere contro la mia testa, chiusi gli occhi e passai la punta della lingua sul labbro superiore.
-Povernisʹ! (Voltati!)-disse una voce forte.
Mi girai e mostrai che ero disarmata, il soldato urlò qualcosa verso un gruppo poco distante da noi e poi mi ammanettò.
Il capitano di quel gruppo guardò il cognome inciso sulla divisa e capii che le cose si sarebbero messe molto male per me. Mi lasciò con tre soldati e se ne andò.
Dovevo andarmene ed evitare di fungere da bersaglio per i loro proiettili.
Non c’erano bagni quindi quella scusa non avrebbe retto e non potevo nemmeno comunicare tramite la radio. Cercando di non farmi scoprire, presi una molletta dai capelli e cercai di liberarmi.
-Khoroshaya pogoda, ne tak li? (Bel tempo, vero?)-chiesi il più innocentemente possibile.
Uno dei soldati mi guardò ma non rispose, gli altri tre continuarono a guardare tra i campi fino a che il capitano di quel gruppo tornò da loro e disse qualcosa sotto voce. Mi lanciarono una rapida occhiata e puntarono di nuovo i fucili contro di me.
Sbuffai e maledii mentalmente Price e Soap per avermi mandata lì senza armi per difendermi.
Rimasi ferma fino al momento in cui uno dei soldati presenti mi raggiunse, presi la pistola che teneva nella fondina e gli piazzai due proiettili nel cuore poi usai il suo cadavere come scudo, raccolsi il fucile che aveva lasciato cadere e sparai ai nemici rimanenti.
Lanciai una rapida occhiata a Nikita che mi raggiunse in poco, se stavamo aspettando il momento adatto per andarcene, era quello. Non volevo trovarmi lì quando gli altri soldati nemici avrebbero raggiunto i loro compagni.
-Selena che cazzo è successo?-chiese Soap.
-A parte il fatto che stavo per diventare uno scolapasta? Nulla-risposi correndo.
Mi fermai per voltarmi verso il punto in cui eravamo prima.
-Price non posso raggiungervi, tornare indietro sarebbe troppo rischioso. Procedo verso est, c’è un villaggio di nome Prosyane, al centro villaggio c’è una Chiesa abbandonata, vi aspetto là-dissi.
-Ricevuto. Quanto tempo ti serve?-.
-Mezz’ora credo-risposi.
-Allora ci vediamo là, Soap muoviamoci-disse chiudendo la conversazione.
Mi guardai dietro un’ultima volta per essere sicura che nessuno fosse sulle nostre tracce e poi continuai a muovermi.
Non so quante volte imprecai, stavamo correndo senza sapere bene se la direzione che avevamo preso fosse giusta e l’unico orientamento che avevamo era il mio istinto che non mi aveva mai tradito e non volevo che quella fosse la prima volta.
Mi fermai per prendere fiato e mi sedetti sul terreno freddo e umido.
Mi ricordava molto il prato in cui da piccola andavo a giocare e tornavo a casa sporca di fango, allora mia madre si arrabbiava sempre perché secondo lei una femmina non si doveva comportare in quel modo. Si faceva sempre un mare di problemi quando mi presentavo sulla soglia con i vestiti tutti rovinati, io invece mi divertivo a saltare e arrampicarmi sugli alberi.
Quando avevo sei anni e mi slogai la caviglia, mia madre si spaventò tantissimo, stessa cosa quando un anno dopo ruppi la spalla destra in tre parti, in quell’occasione sembrava le stesse per venire un infarto, lei era più preoccupata di me, io avevo pianto i primi minuti e poi mi ero tranquillizzata.
Sorrisi, mia madre mi mancava, ma piangerla non l’avrebbe riportata da me.
-Ty otvechayete mne? kak ty uznal chto ya zdesʹ? (Mi rispondi? come sapevi che ero qui?)-chiese Nikita sedendosi affianco a me.
Sospirai e poi risposi.
-Ivan. On zhiv (Ivan. È vivo)-.
Mi guardò inarcando un sopracciglio, anche lui se lo ricordava morto.
-S kem ty govorishʹ? (Con chi stavi parlando?)-.
Sbuffai e mi alzai, tolsi il terriccio dai pantaloni e gli tesi una mano.
-Eto ne imeyet znacheniya (Non ha importanza)-risposi tirandolo su.
A dire il vero non sapevo nemmeno io come definirli, non potevano essere compagni di squadra, io non avevo una squadra.
Ripresi il cammino, eravamo a poco meno di metà percorso e se non ci fossimo dati una mossa, le squadre nemiche ci avrebbero raggiunto, il secondo problema era il freddo, era quasi sera e le temperature stavano calando sempre di più.
   
 
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