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Autore: Twitch    12/02/2013    1 recensioni
E' un affare che devo scrivere per la scuola, parla della mia città, di Genova. L'idea era che non dovesse c'entrare molto con me e con la mia vita, ma ogni tanto qualcosa ci scapperà. Due ragazzi, due città, e forse anche qualcos'altro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Attraversarono la strada e fecero quattro passi a sinistra, ritrovandosi ad un’entrata che sicuramente Marta non aveva mai visto, ma che ben si mimetizzava coi portoni dei palazzi circostanti. ‘Portello – Castelletto’ recitava il cartello.
“Uhm” fece Marta perplessa.
Thomas le sorrise ancora, poi aprì la porta di legno e con un gesto davvero molto galante la fece entrare per prima. Quindi si schiarì la voce e iniziò a recitare solennemente:
«Se mi sarò deciso
un giorno, pel paradiso
io prenderò l'ascensore
di Castelletto, nelle ore
notturne, rubando un poco
di tempo al mio riposo.
 
Ruberò anche una rosa
che poi, dolce mia sposa,
ti muterò in veleno
lasciandoti al pianterreno
mite per dirmi: "Ciao,
scrivimi qualche volta",
mentre chiusa la porta
e allentatosi il freno
un brivido il vetro ha scosso.»
Lo stupore si fece nuovamente largo sul volto di Marta, trasformando quell’ ‘uhm’ di prima in un ‘ooh’.
“Ok, mi ero preparato anche questa, lo ammetto! Giorgio Caproni, 1912-1990.. Sono molto preparato!”
Marta rimase ancora qualche secondo in silenzio, squadrando il suo giovane interlocutore.
“Ehm.. penso che lui sia la prova che non serve essere di Genova per amarla.. Insomma.. era un livornese.. e beh.. come disse una volta ‘Io abito a Roma, ma vivo a Genova’.. mi era sembrato figo” aggiunse Thomas tutto d’un fiato.. o quasi.
“Maledetto poeta, mi stai facendo perdere la scommessa!” gli disse Marta, abbassando lo sguardo prima sulle loro dita ancora intrecciate e poi rialzandolo sugli occhi di Tom. Quindi aggiunse “Dai, saliamo!”
Percorsero la galleria nuova ed antica di restauro ed entrarono nell’ascensore. Quando si fermò Thomas le lasciò delicatamente la mano e le disse “forza.. esci”.
E così fece. Socchiuse gli occhi per la luce del sole, ma giratasi li spalancò del tutto. Vide oltre alla balconata quell’infinito che Leopardi osava soltanto immaginare dietro alla sua siepe.
Vide la Superba inchinarsi ai suoi piedi in tutta la sua magnificenza, grigia d’ardesia antica e sporcata dal riflesso arancio dei primi raggi sommessi del tramonto.
Vide il mare, placido e tranquillo, specchiare il cielo dorato nella pozza del porto e giacere blu, poco lontano, sulla linea dell’orizzonte.
Vide la Storia trasudare da ogni singolo tetto e campanile, perse lo sguardo tra i vicoli e i caruggi, e poi lo ritrovò sulla punta della Lanterna. Vide il levante fondersi al ponente, il mare ai monti.  Vide le gigantesche gru e navi, che sembravano quasi sfidare in grandezza i palazzi arroccati sul pendio crescente.
Poi si voltò, e vide Thomas.
«Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.»
Cantò lui al posto di Faber. Ma questa volta non in modo solenne, ma quasi sussurrando la melodia nell’orecchio di Marta.
“Allora.. la scommessa?” disse poi, sempre piano.
“Hai vinto tu.. poeta” fece lei.
Allora Thomas la prese tra le sue braccia e la guardò dritta negli occhi, come la prima volta.
E lei, come la prima, volta non distolse lo sguardo. Ma i loro visi si avvicinarono pericolosamente, le loro labbra bramavano di sfiorarsi, e i loro occhi iniziarono a chiudersi.
E quel baciò durò un attimo eterno.
Due cuori sul tetto di Genova, che battevano forte come i raggi del sole d’estate sui tetti d’ardesia. Due flutti di sangue che scorrevano riottosi nelle vene come il mare in tempesta. Due respiri leggeri in sincronia con la brezza salmastra che li circondava.
“Lo sai.. amo questa città quasi quanto amo i suoi poeti” disse Marta.
  
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