Venire giudicata spesso è la sensazione più orribile che possa capitare.

Non vai bene per nessuno. Mai. Ogni cosa è uno sbaglio. Ogni cosa non è quella giusta.

Ed io mi sento proprio così,terribilmente fuori posto quando c'è gente intorno a me.

Sono disorientata quando le persone parlarno ed io non so che dire,perchè ho paura di sbagliare.

E poi c'è l'amore...oh bè,questa sì che è una vera fregatura.

Sono stata delusa infinite volte e nessun ragazzo mi accetta per quello che sono. 

Cos'ho di sbagliato?,me lo chiedo sempre e sempre non so quale sia la risposta. 

 

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La sveglia suonò facendomi sobbalzare,indice che dovevo andare a scuola. Avrei preferito non alzarmi mai da quel dannato letto,sapendo che fuori la mia stanza un mondo orribile mi avrebbe accolta a braccia aperte.

L'mp3,sì perchè io non usavo Ipad o qualche altro nuovo aggeggio della tecnologia,era sul pavimento,con le cuffie che lo stringevano.

Scostai le coperte,sentendo le urla di mia madre chiamarmi. Controvoglia,uscii dal mio guscio,andando ad aprire le ante della finestra,facendo penetrare la luce.

Roma. La mia bella Roma,apparse dinanzi a me,mostrandomi ogni sua sfaccettatura. Inspirai quell'aria primaverile,facendola entrare nei polmoni.

- Kate! -,sentii urlare da mia madre al piano di sotto. 

Velocemente uscii dalla stanza,percorrendo la lunga rampa di scale a chiocciola,che mi portò direttamente in cucina.

- Buongiorno! -,salutai,mettendomi subito a tavola,dove la tazza di caffè e latte mi stava aspettando fumante.

- Ciao famiglia! -,esclamò mio padre già pronto per andare a lavoro. Ci salutò tutti con un bacio,dopodichè andò via senza fermarsi per colazione.

Presi i miei biscotti al cioccolato, Pan di Stelle per l'esattezza, e li inzuppai nel latte,divorandoli.

Bevvi il latte,lasciando un diastro sulla tovaglietta,sembrando che fosse passato un uragano. 

Quando mi resi conto dell'orario,volai nel bagno a prepararmi. Accesi l'acqua della doccia,facendola scorrere un pò,per farla diventare calda.

Mi immersi,lasciando che scorrese sul mio corpo,in modo tale da rilassare i miei muscoli. Mi insaponai con velocità,per poi uscire ed asciugarmi. 

Solito jeans,solita maglietta,capelli legati in una coda di cavallo e un filo di eye liner solo per coprire un pò la mia faccia orrida. 

Tornai a preparare lo zaino,infilando le mie converse e mettendo i miei occhiali da sole neri. 

Presi il lungo giubotto nero,zaino in spalla e scesi nuovamente in salotto.

- Ciao a tutti! -,salutai mia madre e mio fratello Simon,il quale si era appena svegliato e stava facendo colazione.

Il mio scooter di seconda mano viola,mi aspettava parcheggiato nel giardino di casa mia.

Salii sopra,accendendo il motore,il quale rimbombò. Con il telecomando aprii il cancello automatico e sfrecciai fuori,diretta verso il mio Liceo Scentifico. Bella rottura di scatole. 

La mia scuola si trovava in una delle zone più famose di Roma: via Condotti. Lì,ci andavano tutti i figli di papà,ed io ero una di quelli anche se non volevo esserlo.

Non lo sembravo,ovviamente,e non venivo trattata nemmeno come tale. Infatti,ero la tipica ragazza sfigata,che tutti definivano "orrenda".

Speravo nell'incontro del ragazzo che mi avrebbe allontanata dallo schifo più totale e non potevo mai immaginare che ciò che volevo,sarebbe presto arrivato.