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Autore: Maracuja    12/02/2013    4 recensioni
Sasuke, Sakura e Hinata frequentano un collegio per studenti dotati. Il nuovo arrivato, Naruto, sembra essere un attaccabrighe; infatti gli bastano poche settimane per mettersi contro i ragazzi più forti dell'istituto. Su di lui si vociferano tante cose, ma nessuno ha capito il vero motivo per cui sia finito in quella scuola.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Cari lettori.
Popolo di EFP!
Ehi!

Ok, fanno tutti schifo, evitiamo intruduzioni e arriviamo subito al nocciolo della questione: ho scritto questa storia per il contest "Questa è la tua strada" di
Audrey_24th che, sfortunatamente, si è concluso con soli due partecipanti. Per cui, sì, sono arrivata sul podio! (Trovate qui il link al contest e, di conseguenza, i prompt e le pochissime limitazioni impostami)
E' la prima volta che scrivo pubblico qualcosa sul fandom di Naruto (perdonate l'ossessione per il testo barrato) e mi piacerebbe ricevere delle recensioni. "E grazie al cavolo", risponderete voi, e avete pienamente ragione.
Bene, mi premeva molto condividere il bellissimo commento che ha lasciato a questa fic con voi perchè credo rappresenti pienamente le mie intenzioni e dia modo di esistere alle mie speranze e agli obiettivi che tutti gli scrittori in erba si pongono. Nonostante non fosse una recensione ufficiale, poichè lasciata sul forum, la considero una delle migliori che abbia mai ricevuto. 

 

"Ma tu, fino ad ora, dove sei stata? 
Una fan fiction di tutto rispetto, la tua, che accosta caratteristiche troppo spesso trascurate in questo mondo di fangirlaggio... fangirlismo? Forse... comunque, resta tutto il piacere di una storia in un italiano che italiano è, con tanto di buona grammatica e frasi è scivolano via. 
Il ritratto di una scuola particolare, di una realtà che ho visto tante volte descritta, ma di rado così bene. Questa è la tipica storia che toglie le parole, te le spezzetta tutte, una ad una, perché anche volendo da criticare non si trova nulla. Non ho neanche consigli da darti e mi sento piuttosto incapace nel mio lavoro di giudice, nonché inconsistente. 
Se non posso ammettere un IC assoluto dei personaggi, trovo che, in contesto, i loro comportamenti siano pienamente pertinenti. Reazioni più IC, e con IC parlo di un maggiore distacco dell'Uchiha e di un espansività più marcata di Naruto, sarebbero andate a toccare la correttezza della trama. È proprio la placida tranquillità di Sasuke che ha dato alla scena in cui rivela il desiderio di uccidere il fratello un impatto emotivo tanto forte. È incredibile come sia entrata in empatia con Sasuke, che per la maggior parte del tempo, con il suo fare altezzoso, ci espone la situazione. Le battute dei personaggi sono sempre state in linea con la caratterizzazione iniziale, senza sbavature e comportamenti anomali: un po' di ironia, un po' di serietà. Se volessi sbilanciarmi forse, è stato Hinata il personaggio che meno mi ha convinta, come se barcollasse fra il desiderio di essere la timida e riservata ragazza che tutti conosciamo e una persona più forte, più scaltra e più invadente. 
Ma per quanto concerne il resto, l'ho amato dell'amore che si riserva alle storie migliori. Non credo proprio di riuscire a dire altro, solo spero di vedere alte tue fan fiction sul fandom, non accetterei la tua scomparsa, piuttosto ti rincorro, ti lego ad una sedia e ti costringo alla scrittura, promesso."


 

 

Al collegio Katatsumuri il tempo aveva un suo modo di scorrere. La giornata era scandita in base alle lezioni e agli impegni di ogni studente, per questo non era raro vedere appesi cartelli con segnali stradali di stop sulle porte a indicare che gli occupanti stavano dormendo in pieno pomeriggio o alle prime ore della sera, mentre altri giravano indisturbati per l'edificio a notte fonda. Spesso perfino i compagni di stanza si vedevano sporadicamente, ciascuno preso dai propri impegni e abituato a una routine differente, fatta eccezione per la domenica. Daisuke Ishitani, il preside, non era tanto attaccato alle tradizioni quanto alle usanze, così che ogni settimana insegnanti e studenti dovessero pranzare assieme, a mezzogiorno spaccato. Durante il pomeriggio c'era chi recuperava qualche ora di sonno, chi studiava e chi – la maggior parte delle persone – usciva in cortile per godersi gli ultimi raggi di sole autunnale o semplicemente per evadere da quelle pareti confortanti e opprimenti al tempo stesso. Era una di quelle domeniche quando l'evento più significativo dell'anno ebbe luogo.

C'è da dire che gli allievi del Katatsumuri potevano vantare un discreto quoziente intellettivo, più alto della media, a sentire Ishitani; ma la tempesta ormonale dell'adolescenza o la curiosità tipica dell'infanzia portarono tutti, dal primo all'ultimo studente, a radunarsi in cortile per assistere all'arrivo di “quello nuovo”.

Era un ragazzo atipico: i capelli biondi e gli occhi azzurri dichiaravano origini occidentali, ma i lineamenti del viso, il fisico slanciato e l'altezza modesta suggerivano una confluenza giapponese. Attraversava il cortile a passo cauto ma sicuro al tempo stesso, lanciando occhiate alle espressioni serie che lo circondavano per non guardare il tirato sorriso di benvenuto che adornava il volto del preside a pochi metri da lui, senza però coinvolgere gli occhi.

A guardarlo si poteva presumere che avesse all'incirca diciott'anni, un'età molto più avanzata rispetto a quella che possedevano i suoi nuovi compagni al loro arrivo in accademia, e questo non faceva che destare la loro curiosità.

«Bene, ragazzi: dato che siete tutti presenti ne approfitterò per evitare formalità e presentarvi subito il nuovo arrivato. Lui è Uzumaki Naruto, viene dalla scuola superiore di Wakayama. Per il momento alloggerà in una camera personale, ma spero che riuscirà al più presto a integrarsi e trovare qualcuno con cui condividerne una. Vuoi aggiungere qualcosa, Naruto?».

Il ragazzo boccheggiò per un secondo, poi si aprì in un largo sorriso e guardò la folla attenta.

«Solo che sono felice di trovarmi qui, mi sembra già di essere a casa!».

Il suo sorriso, se possibile, si ampliò quando ne ricevette qualcuno in risposta. Non sembrava stesse mentendo: l'accenno di tensione che lo aveva accompagnato fino a quel momento era svanito e sembrava perfettamente a suo agio pur essendo al centro dell'attenzione.

Dopo pochi istanti Naruto entrò nell'istituto e la folla si disperse per tornare alle proprie attività domenicali.

Sakura e Hinata fissavano ancora il punto in cui il biondino era sparito con la stessa espressione curiosa.

«E questo da dove viene?» sbottò Sakura.

«Da Wakayama, l'ha detto prima Ishitani».

«Era una domanda retorica, Hina!».

«Scusami» sorrise e arrossì leggermente cercando di coprire quella reazione istintiva grattandosi una guancia.

«Comunque non credo che mi piaccia, sembra un tale sbruffone...».

«A me, invece, sta simpatico».

«Hinata, a te stanno tutti simpatici. Tu che ne pensi, Sasuke?».

Il silenzio che seguì quella domanda era stato pronosticato e nessuna delle due provò a mettere fretta al terzo interlocutore. Sasuke se ne stava appollaiato su un muretto poco più alto di lui, le braccia abbandonate tra le ginocchia e gli occhi fissi su un punto imprecisato del terreno. Al polso aveva uno spesso bracciale di cuoio con cui giocava distrattamente facendolo scivolare sulla mano quasi a sfilarlo per poi riportarlo al suo posto.

«Mi sembra un idiota» disse infine.

Sakura sembrò esultare.

«Visto? Sasuke è d'accordo con me, quel Naruto è proprio un fesso!».

«Perché dite così? Non lo conoscete nemmeno!» lo difese Hinata.

«E' chiaro che lo sia, nessuno può sentirsi a casa in un posto che non ha nemmeno ancora visitato!».

«Beh, può darsi che lui... ma come, se n'è già andato?».

«Cosa?».

Sakura si girò di scatto verso il muretto e lo trovò vuoto. Sospirò e serrò le palpebre.

«Non capisco come faccia» mugolò Hinata con l'unghia dell'indice tra i denti. «Sparisce così, all'improvviso. Dev'essere un ninja o qualcosa del genere».

«Non mi sorprenderebbe» soffiò.

«Comunque non te la devi prendere, Sakura... è fatto così».

«Lo so» brontolò lei in risposta seguendo l'amica dentro l'edificio. «Ormai ci ho quasi fatto l'abitudine».

Qualche ora dopo, la campanella della cena trillò, ma a questa, al contrario del pranzo, era facoltativo presenziare, così che solo un gruppo ristretto di ragazzi vi fece caso.

I bagni privati spettavano di diritto solo al preside, ai docenti e al resto del personale remunerato, ragion per cui Sasuke si trovava nell'anticamera di quello comune sperando che nessuno entrasse. Si era di nuovo fatto male durante gli allenamenti: questa volta lo specchio rifletteva solo di un livido violaceo sotto lo zigomo, ma se la persona sbagliata lo avesse notato lo avrebbe di certo riferito a Ishitani, e quell'uomo gli aveva sentito raccontare troppe storie di porte inceppate e scalini scesi maldestramente per non fare due più due. Nella peggiore delle ipotesi avrebbe dovuto scongiurare l'allarme di lotte clandestine per confessare di allenarsi da solo, ma non pensava di dovere spiegazioni a nessuno e in ogni caso preferiva che la cosa rimanesse segreta, quantomeno per preservarsi da ulteriori sedute psicologiche.

Trattenne il fiato quando la manopola di una cabina scattò e la porta si aprì, rivelando la presenza di “quello nuovo”. Angoscia e fastidio erano contraddetti dal senso di compiacimento nel notare che, quasi lo avesse sperato, si era nuovamente imbattuto in quel ragazzo.

Era già pronto a inventare qualche scusa – o a studiare una buona minaccia – che lui si voltò verso la porta e imboccò il corridoio ignorandolo bellamente.

Aprì un rubinetto, una mano poggiata con fare distratto sulla guancia lesa e il rispettivo mignolo sovrapposto alle labbra che graffiava con l'unghia corta, e fece scorrere l'acqua aspettando che diventasse gelata. Il compiacimento era scemato, il fastidio aumentava a ogni secondo. Eppure l'aveva passata liscia per un soffio; fortunatamente Naruto era lì da troppo poco tempo per conoscere le regole dell'istituto, o forse non l'aveva nemmeno notato.

Inzuppò un pezzo di carta igienica nell'acqua corrente e lo appoggiò al viso, sentendo dopo qualche secondo il dolore acuirsi.

Non era mai stato un tipo sadico, tanto meno era masochista, ma le fitte pungenti che attraversavano una ferita ottenuta dopo un allenamento ben riuscito avevano su di lui lo stesso effetto che il vino rosso aveva sulla vicepreside Akazawa: lo inebriavano, forse per le endorfine, forse per quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, non lo sapeva. Fatto sta che a Sasuke piaceva quel tipo di dolore. Mentre lo provava poteva sentire ogni vena dilatarsi per lasciare scorrere il sangue, era come essere consapevole di vivere.

Gettò la carta, ormai ridotta a una brodaglia molliccia, in un wc e uscì dal bagno per raggiungere la propria stanza. Avrebbe dovuto saltare una lezione, ma poco gli importava.

Due settimane dopo l'arrivo di Naruto, le voci sul suo conto erano così varie e diffuse che, se solo avessero avuto la premura di usare un nome in codice, lo stesso protagonista non avrebbe pensato che stessero parlando di lui. La più accreditata era che fosse uno spacciatore in fuga dalla legge e che durante le ore obbligatorie di matematica, che non frequentava quasi mai, estraesse dalla tracolla nera che portava sempre con lui tabacco, marijuana e accendino e si mettesse a fumare dietro alla quercia al centro del cortile senza curarsi di essere sorpreso con le mani nella marmellata. Un ragazzino aveva giurato di averlo visto girare per i corridoi della scuola completamente nudo con un asciugamano sulla spalla.
I sussurri concitati delle ragazzine arrivavano ogni giorno fino alle orecchie di Hinata, Sasuke e Sakura, che puntualmente sbuffava esasperata.

«Ma senti questa! Adesso ha anche sbancato i casinò di Tokyo, ne inventano ogni giorno una nuova!».

«Però devi ammettere che è interessante» ridacchiò Hinata.

«A me, di interessante, sembra avere ben poco».

«E' il fatto di essere sbucato dal nulla: nessuno sa niente di lui, e per di più non smentisce nessuna voce, come se non gli importasse... è davvero interessante».

Il corridoio risuonava del chiacchiericcio e dei passi degli studenti in una versione poco più distinta e accademica dei classici licei americani, le porte delle aule continuavano ad aprirsi e chiudersi e dovettero raggiungere la mensa per riuscire a sentirsi senza alzare la voce.

«Dimmi un po', Hinata» intervenne Sasuke facendo sobbalzare entrambe. «Non è che ti sei presa una cotta?».

La ragazza avvampò e Sakura sorrise malvagiamente.

«Non ci posso credere, Hinata!» la pungolò. «Ti piace “quello nuovo”?».

«Naruto...» precisò lei aggiustandosi il cravattino, non un elemento appartenente a una divisa, mai adottata dagli studenti del collegio, ma tipico del suo peculiare modo di vestire. «...non mi piace. Insomma, non lo conosco nemmeno, potrebbe essere davvero stato in riformatorio».

«Ma questo lo renderebbe più interessante, non è vero?» insistette lei.

«Sakura! Non dire assurdità, non mi piace quel genere di ragazzi» sbottò abbassando la voce.

«E allora perché sei diventata rossa?» gongolò, e smise di canticchiare “Hinata ha una cotta” solo quando il soggetto in questione entrò nella sala accompagnato da un paio di ragazzi ridacchianti.

«Vai a parlarci» le sussurrò all'orecchio.

Il tipico rossore sulle guance della ragazza si trasformò in un porpora acceso quando prese a scuotere convulsamente la testa.

«Non se ne parla, non sa nemmeno chi sono!».

«Appunto, è il caso di presentarvi, no?».

L'afferrò per un polso e la trascinò fino a lui, che si accorse della manovra e le fissò con aria sbigottita.

«Ciao, non ci siamo ancora conosciuti» sorrise lei. «Io sono Sakura Haruno, lei è Hinata Hyuga e...» lanciò un'occhiata a Sasuke, che nel frattempo le aveva raggiunte e fissava il biondo con un pollice tra i denti. «...lui è Sasuke Uchiha».

«Ah... piacere!» ricambiò apertamente il sorriso e scrutò i volti di ciascuno, soffermandosi un secondo di più su quello di Sakura e alzando la mano in segno di saluto. «Io sono Naruto...».

«Uzumaki!».

Una voce tuonò per tutta la stanza e tutti trasalirono meno Sasuke, che si era accorto dell'ingresso del bestione che si faceva chiamare Arinori Kuronaka, e Naruto, rivolto verso il suo assalitore con la fronte corrugata.

«Che hai da urlare, Culonaka?» rispose seccato.

«Io e te non abbiamo finito di parlare».

Si avvicinò facendo scrocchiare le nocche in modo minaccioso e Naruto, di rimando, ghignò.

«Non pensare di fare il prepotente senza che ti dia una bella lezione».

Arinori ringhiò e si avvicinò ulteriormente a lui, che lasciò cadere a terra la tracolla e assunse una posizione da combattimento.

«Non ti conviene farlo, è contro le regole dell'accademia» lo avvisò Sasuke. «Se Ishitani venisse a saperlo, e verrà a saperlo, vi sospenderà entrambi».

Ma Naruto non sembrava averlo neppure sentito. Aspettò che Arinori si scagliasse contro di lui per piegargli un braccio dietro la schiena e, dopo avergli assestato una ginocchiata nello stomaco, lo atterrò e si sedette sopra la sua schiena ridendo di gusto.

«Sei proprio penoso, Arinano!».

«Mi chiamo Arinori, piccola testa di cazzo! Vedrai quante ne prendi...».

«Uhh, sto tremando dalla paura!».

«Uzumaki, Kuronaka!».

La voce della Akazawa li fece scattare sull'attenti e perfino Arinori, malconcio com'era, riuscì ad alzarsi. Naruto improvvisò un saluto militare e la vicepreside lo fulminò con lo sguardo.

«Cosa pensavate di fare, qui? Kuronaka, non conosce le regole dell'accademia? E lei, Uzumaki, è qui da sole due settimane, vuole già farsi sbattere fuori?».

“Sì signorina Akazawa” e “No signorina Akazawa” pronunciarono contemporaneamente.

«Bene. Adesso mi seguirete in presidenza».

Tornò sui suoi passi e, seguita dai due ragazzi a testa bassa, uscì dalla sala.

Sasuke sbuffò.

«E' davvero un idiota» commentò tra i denti.

«Già, questa è stata la prova suprema» approvò Sakura.

«Beh, però Arinori potrebbe averlo provocato, sapete com'è fatto...».

«A me è sembrato il contrario, Hinata. Naruto Uzumaki è il genere di persona che i guai se li cerca tutti da solo» asserì lui allentando la tensione a cui i propri muscoli si trovavano costretti.

«Forse hai ragione, ma qui la gente lo adora. Non hai notato a quante voci hanno dato credito solo negli ultimi tre giorni? Se lo fanno è solo per sembrare suoi amici agli occhi degli altri. Vogliono conoscerlo!».

Sasuke aveva quasi dimenticato la psicologia spiccia di Hinata. Non era un'attitudine che ostentava o che utilizzava di frequente, ma ricordava di averla vista sporadicamente nello studio della dottoressa Fukajima, probabilmente per un apprendistato.

«Ma perché è qui?» dirottò il discorso. «Se ha superato il test di ammissione significa che ha delle potenzialità, eppure non l'ho visto partecipare a nessun corso specifico».

«Forse li frequenta in orari diversi dai tuoi, suppongo che ci sia una ragione per cui è stato ammesso. Potresti chiederglielo».

«Non mi interessa» rispose lui, brusco. «Quello che fa quell'Uzumaki sono fatti suoi, può anche farsi sospendere, io ho provato ad avvisarlo».

Se avessero avuto un rapporto più stretto, Sakura ne avrebbe approfittato per fargli notare che stava parlando più del solito, ma ingoiò il commento e sperò che non rinsavisse da un momento all'altro. Forse “quello nuovo” le avrebbe inconsapevolmente dato una mano a capire Sasuke.

«Non prenderla come un'offesa, Sasuke» Hinata addolcì il tono di voce.

Né Sakura né il diretto interessato sembrarono comprendere.

«E' arrivato da poco e questo posto è pieno di gente, è normale che non abbia ancora fatto conoscenza con la maggior parte delle persone nello specifico. Non c'è motivo per cui dovrebbe ignorarti».

Sasuke si morse l'interno di una guancia.

«Se anche lo facesse non mi importerebbe» sputò, e a Sakura fu tutto chiaro.

Sasuke era sempre stato, in modo distaccato e indolente, la punta di diamante dell'accademia. Massimi voti in tutte le materie, carisma e una certa ritrosia a rispettare le regole lo avevano reso il sogno romantico delle ragazzine e avevano generato una sorta di mutuo rispetto negli altri. Ora Naruto Uzumaki era arrivato e si era piazzato sotto i riflettori, e fin qui niente di male, ma sembrava ignorare volutamente Sasuke. Chiaro che per lui sarebbe stata meglio una dichiarazione di guerra.

 

Gli avevano detto che scene come quella della mensa erano capitate più volte, durante la settimana successiva, e Sasuke non riuscì a fare a meno di seguire il biondo per assistere a quella che ormai era diventata la prassi. Naruto fermava un gruppo di ragazzi ben piazzati, chiedeva chi fosse il più forte tra loro e lo provocava finché non accettava di combattere. Il suo stile era approssimativo e poco sofisticato, si concentrava per lo più sulla forza delle gambe, che sfruttava con calci e salti, e spesso non riusciva a schivare i colpi dell'avversario, riportando lividi e graffi.

Una mattina di novembre, mentre Sasuke stava confrontando gli appunti dell'ultima lezione con quelli di Gaara, si avvicinò a loro e li guardò con aria di sfida.

«Dicono che tu sia piuttosto forte».

Sasuke cercò di incrociare il suo sguardo, ma si accorse che stava fissando Gaara. Strinse le mani a pugno.

«Dicono che tu sia un attaccabrighe» ghignò lui.

«Così pare».

«Hai intenzione di sfidarmi?».

«Certo che sì».

«Bene, allora facciamolo. Ma non qui: tra un'ora, dietro i dormitori».

«Ci sarò» sorrise, come se avesse appena concluso un fruttuoso affare.

Sasuke dovette frenarsi dal fermarlo e assestargli un pugno in pieno viso; non ne sarebbe valsa la pena. Trascrisse gli appunti che gli servivano e tornò nella propria stanza, dove rimase per le successive due ore. Non gli serviva assistere al combattimento per formulare l'esatto pronostico: dopo qualche calcio e pugno concesso all'avversario quale presa in giro, Gaara avrebbe atterrato Naruto e lui si sarebbe rialzato ridendo per stringergli la mano. Andava sempre così.

L'esito della battaglia gli venne confermato il giorno dopo dai bisbiglii dei suoi compagni, che non facevano altro che ripetere quanto Naruto fosse stato sportivo e di come Gaara avesse esagerato con le botte. Eppure, quando vide il nuovo arrivato, non gli sembrò così malconcio. Stava parlando con Hinata che, come suo solito, era imporporata e ondeggiava sulle gambe attorcigliate con un equilibrio notevole.

«Buongiorno!» lo placcò Sakura quasi sbucando dal nulla.

«Ciao, Sakura» sospirò.

«Hai visto quanto i fatti si stanno gonfiando? Dicono che Naruto si sia lasciato sconfiggere apposta per non scoraggiare i successivi sfidanti, ma ti sembra normale? Ormai tutti dovrebbero aver capito che razza di mezza-».

«Voglio sfidare Naruto» la interruppe, e per poco non la fece strozzare con la sua stessa saliva.

«Cosa?».

«Hai capito. Voglio sfidarlo».

Il suo sguardo era fisso sul profilo sorridente del ragazzo, il campo visivo sembrava oscurato attorno alla sua figura.

«Ma... Sasuke, sappiamo tutti che sei più forte di lui. Insomma, non sembra neanche che si alleni! Potresti passare dei guai inutilmente, non lasciarti trascinare da quell'idiota!».

«Non è per questo che voglio batterlo».

«E allora perché?».

Sasuke scrollò le spalle e si avvicinò ai due; Naruto stava parlando e Hinata si limitava a guardarlo di sottecchi come se avesse avuto paura di mandargli troppi segnali non verbali.

«Naruto» lo chiamò.

Il ragazzo si voltò verso di lui, sorpreso, ma la sua attenzione fu catturata da una ragazza che urlò il suo nome dall'altra parte del cortile battendo l'indice sull'orologio che portava al polso. Naruto gli scoccò un'ultima occhiata e mormorò una scusa prima di correre per raggiungerla. Sasuke digrignò i denti.

«Volevi sfidarlo?» domandò Hinata in tono dispiaciuto.

Sasuke la ignorò e, con un peso opprimente sullo stomaco, tornò all'interno dell'edificio, diretto verso la palestra.

Il giorno dopo stava per fare un secondo, disperato, tentativo quando Hinata chiamò lui e Sakura e li condusse nell'omertà fino alla propria stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

«Cosa succede?» domandò la ragazza.

In tutta risposta, Hinata accese il computer portatile e aprì la posta elettronica lanciando loro uno sguardo significativo.

«Ho scoperto qualcosa riguardo a Naruto» si decise a parlare.

Sasuke si morse un labbro fino ad avvertire dolore.

«Di che si tratta?» domandò Sakura. «E, soprattutto, come hai fatto?».

«Beh, diciamo che so come usare internet» sorrise. «Ho trovato dei documenti intestati a Uzumaki Naruto nei registri dell'orfanotrofio di Wakayama. Sembra che sia finito lì solo qualche mese dopo la nascita e che vi sia rimasto per circa quindici anni. Dopo di che è scappato e avrei perso tutte le tracce se non fosse che, due anni fa, Iruka Umino, proprietario della tisaneria “Bara”, ha segnalato alla prefettura l'assunzione di un nuovo dipendente dal nome Naruto Uzumaki. A quanto pare il Katatsumuri ha inviato dei test alla scuola dove si era iscritto, perché dai tabulati risulta che l'abbia passato a punteggio pieno prima di essere ammesso qui».

Si voltò verso i suoi interlocutori con un sorriso soddisfatto. Sakura la fissava con la mascella cadente, Sasuke era impassibile.

«Altro che socio-psicologia, dovresti darti alle indagini!».

«Ma no, è stato semplice, anche tu saresti riuscita a trovare queste informazioni» si schernì lei.

«Non credo proprio! Comunque, accidenti, sembra la trama di un film! Quante probabilità ci sono che un ragazzo passi dall'orfanotrofio a un'accademia privata con numero limitato di iscritti?».

«Sakura...» bisbigliò Hinata cambiando repentinamente espressione.

Lei mise una mano davanti alla bocca come a voler cancellare l'ultima frase e si voltò verso Sasuke.

«Scusami, non intendevo dire... insomma...».

«Hai ragione, è improbabile» commentò secco. «Comunque non ti scusare, io non ci sono stato in orfanotrofio».

 

La settimana passò lenta ma inesorabile per Sasuke, che non faceva altro che andare a lezione, dormire qualche ora e allenarsi segretamente in palestra. Aveva perfino smesso di frequentare la mensa e le sue interazioni sociali erano scese ai minimi livelli storici: tutto ciò non era per evitare di affrontare Naruto, come Sakura aveva ipotizzato parlandone con Hinata, ma per evitare di sbatterlo a terra e prendere a calci ogni singolo centimetro di lui raggiungibile dai propri piedi.

Proprio quando si era convinto di poter superare la cosa, eccolo fare il suo ingresso trionfale in palestra, alle quattro del mattino, seguito da un tizio basso e nerboruto.

Come se non lo avesse visto, si posizionò al centro della stanza e sorrise al suo sfidante, che in risposta sfoderò la sua smorfia peggiore.

Sasuke strinse i denti e assestò un poderoso calcio al sacco da boxe facendolo scivolare per un paio di metri sul pavimento. Solo allora Naruto si voltò verso di lui, incassando un pugno al viso e cadendo a terra, stordito.

«Non ti distrarre, ragazzina!» abbaiò l'aggressore.

Sasuke aveva ormai lasciato perdere gli allenamenti per seguire il suo sguardo; quella che stava provando era, con tutte le probabilità, esaltazione. Naruto si rialzò senza smettere di guardarlo, pulì con il dorso della mano il rivolo di sangue che gli colava dal naso e si voltò nuovamente verso il suo sfidante, sorridente. Si lanciò verso di lui con un balzo mal calcolato, perché finì per scivolare sul pavimento, ma quando l'avversario lo prese per un braccio gli ci volle un secondo, nel momento in cui avvertì il gemito di dolore provocato dalla ginocchiata al fianco, per capire che era una tattica studiata. Il ragazzo massiccio non si lasciò atterrare, né mollò la presa su Naruto, che strattonava il proprio braccio, infastidito. Guadagnò una manata sul collo e un ceffone prima di riuscire a liberarsi, ma poi gli restituì il favore con un calcio alto che l'altro schivò perdendo l'equilibrio e restando scoperto per un secondo, che al biondo bastò per sferrargli un calcio allo stomaco, una gomitata in viso e un secondo calcio sugli stinchi che lo atterrò, proclamando la vittoria di Naruto. Avrebbe potuto terminare l'incontro con mosse più mirate e rapide, ma sembrava che volesse fare sfoggio delle sue abilità, anche a costo di incassare qualche colpo.

Il ragazzo se ne stava ansimante a fissare l'avversario che si dimenava a terra massaggiandosi il viso. Il naso aveva ripreso a sanguinargli. Il suono di mani che applaudevano lentamente lo ridestò e si voltò di scatto verso Sasuke.

«Niente male» ammise lui, un piccolo sorriso a increspargli il volto.

«Questo è niente» soffiò Naruto rispondendo al sorriso.

L'avversario si rialzò scuotendo la testa come a volerlo rimproverare, poi gli assestò una poderosa ma amichevole manata sulla spalla e scrollò le proprie.

«La prossima volta non mi lascerò mettere k.o. così facilmente, Uzumaki».

«Sì, sì, come no...» cantilenò lui.

Dopo avergli rifilato un'occhiataccia, il ragazzo uscì dalla stanza zoppicando e li lasciò soli. Il silenzio scese tra i due e, come ci si poteva aspettare, fu Naruto a romperlo.

«Anche tu non mi sei sembrato male con quel sacco da boxe».

Raccolse una bottiglietta d'acqua dalla fila ordinata sul pavimento e ne bevve qualche sorso muovendosi in direzione di Sasuke.

«Me la cavo».

«Spedirlo dall'altro lato della stanza mi sembra un po' più che cavarsela. Perché non ti ho ancora sfidato?».

Sasuke rise.

«Ci hai messo un'eternità ad accorgerti di me. Iniziavo a pensare di essere invisibile».

Naruto si morse un labbro e lo fissò come se avesse dovuto ricordarsi ogni dettaglio del suo viso. Strinse la bottiglietta in una mano e si avvicinò a lui fino a trovarsi a pochi centimetri di distanza.

«Sasuke Uchiha, nato il ventitré agosto sotto il segno del leone. Dimostra sviluppate capacità strategiche e deduttive. Viene ammesso al collegio Katatsumuri all'età di sette anni. E' seguito da uno psicologo e non ha particolari interessi, eccetto l'allenamento fisico nella disciplina del ninjutsu» recitò.

Sasuke socchiuse le labbra come per dire qualcosa, poi le richiuse e sollevò le sopracciglia.

«Hai letto la mia scheda?».

«Giusto stamattina».

«Pensavo fosse una scuola, non un'agenzia investigativa».

«Come se tu non sapessi niente di me» scollò le spalle e riprese a bere.

«Di certo non so qual'è il tuo segno zodiacale e-».

«Bilancia» lo interruppe.

«...e non mi interessa».

«Meglio così».

«Già».

Il silenzio tornò ad imperare, questa volta con un po' più di tirannia. Per la prima volta Naruto sembrava in imbarazzo: fissava la punta delle proprie scarpe e si mordicchiava un labbro sotto gli occhi attenti di Sasuke, il cui peso sullo stomaco era, finalmente, scomparso. La vicinanza di quel ragazzo gli procurava una sensazione vagamente simile a quella delle ferite da combattimento, solo senza dolore e con l'aggiunta di un'insistente voglia di colpirlo.

«Forse potresti insegnarmi qualcosa del ninjutsu» tentò lui.

«Se vuoi...» si strinse nelle spalle in risposta, ma la prospettiva di passare del tempo con lui – e di riempirlo di botte – non gli dispiaceva.

«Beh, allora ci vediamo presto!» sorrise Naruto alzando lo sguardo e tirando un sospiro spezzato.

«Ciao...» ma quando si ricordò di dirlo la porta della palestra si era già chiusa.

Sospirò stancamente e si sedette sul pavimento, lanciando un'occhiata alla bottiglietta lasciata lì da Naruto e allungando un braccio per afferrarla.

Se la rigirò tra le mani come a volerne svelare ogni segreto, poi si fermò e fissò l'etichetta sgualcita.

«Che idiota» sussurrò.

 

Passò quasi una settimana prima che Naruto si ripresentasse davanti a Sasuke rivendicando le lezioni di ninjutsu promesse, e passarono tre giorni esatti prima che quest'ultimo gli comunicasse la risposta positiva, non per necessità di meditazione quanto per la soddisfazione di farlo attendere e indispettirlo.

«Non devi ruotare il bacino, muovi solo il braccio».

«Così?».

«No, sbagli ancora. E poi se chiudi il pollice nel pugno te lo fratturi».

«Va bene... adesso?».

«Sì, così può andare».

Lasciò la presa sul sacco da boxe appeso con un gancio al soffitto e si lasciò scivolare contro una parete.

«Cinque minuti di pausa».

«Agli ordini!».

Erano chiusi nella palestra da due ore nell'unica fascia oraria in cui l'accesso era libero, ovvero dall'una alle cinque del mattino. Naruto si era riposato durante la giornata, ma Sasuke non ne aveva avuto la possibilità e si ritrovava a pentirsi di non aver ritardato la lezione, nonostante fosse praticamente certo che l'altro lo avrebbe sottoposto a ogni tipo di pressione perché non lo facesse.

Naruto bevve e si asciugò il sudore dal viso con un asciugamano prima di sedersi accanto a lui.

«Dimmi una cosa...» iniziò.

Sasuke non rispose, ma inclinò la testa in modo da guardarlo e lui capì di poter proseguire.

«Perché ti mandano dallo psicologo?».

«E' importante che tu lo sappia?».

«Non ci dormo la notte».

«Beh, se una questione del genere ti sta così a cuore dubito che sapere quello che mi hai chiesto ti farebbe piacere».

«Non deve farmi piacere, voglio solo capire il perché».

Sasuke sospirò rassegnato.

«Perché voglio ammazzare mio fratello».
Il silenzio che nell'ultimo periodo era sfociato in conversazioni sciolte si ripresentò. Un brivido scese lungo la schiena di Naruto nell'accorgersi che non aveva pronunciato quella frase come una minaccia, ma con un tono pacatamente rilassato.

«...Davvero?».

Sasuke annuì e gli poggiò la testa sulla spalla senza un reale motivo. In parte voleva vedere se la rivelazione lo avrebbe spinto a sottrarsi al contatto, ma principalmente aveva voglia di sentirlo respirare.

«Cosa ti ha fatto?» domandò inclinando la testa in modo da incastrarla comodamente con la sua e sfiorando i suoi capelli con una guancia.

«Ha ucciso la mia famiglia» mormorò.

«Wow...» sussurrò lui sgranando gli occhi. «Sembra il genere di cose che leggi sul giornale, non avrei mai pensato che potesse succedere a qualcuno che conosco».

«Anche io ho dovuto abituarmi all'idea, ma diventare l'intestatario di un intero quartiere privo di abitanti a otto anni aiuta».

«Possiedi tutto ciò che è stato della tua famiglia?».

«Tutto ciò che ne è rimasto. Itachi ha dato fuoco alle case, non ha risparmiato quasi nulla».

«E ora lui dov'è?».

«Chissà. E' sparito poche ore dopo aver sterminato il clan, potrebbe essere ovunque, ormai. Spero solo che sia ancora vivo».

Il rancore col quale aveva pronunciato l'ultima frase rese impossibile travisarne il vero motivo: voleva essere lui stesso a ucciderlo. Dal momento in cui aveva iniziato a parlare di Itachi il tono di Sasuke era diventato tagliente e le parole sembravano ben calibrate, nonostante quello non fosse il genere di conversazione con cui dilettare gli amici.
Naruto si lasciò scivolare un po' di più contro il muro e soffiò via una ciocca dei capelli dell'altro che era andata a solleticargli il naso.

«Da quanto tempo vivi qui?» cambiò argomento.

«Da quando non ho più una casa, pressapoco. Come mai fai così tante domande?».

«E' normale fare domande quando si sentono storie simili. Non che ne abbia mai sentite...».

«E tu, invece?» torse il collo per guardarlo negli occhi. «Perché sei scappato dall'orfanotrofio?».

Naruto sembrò sorpreso del fatto che ne fosse a conoscenza, ma sorrise ugualmente.

«Avevo le mie buone ragioni. Lì non era male, c'erano un sacco di ragazzini e si mangiava bene, ma non volevo passare il resto della mia vita tra quattro mura. Sarei scappato prima, se ci fossi riuscito».

«Quanto tempo ci sei stato?».

«Quindici anni. I miei genitori sono morti quando ero appena nato, non ricordo di aver passato un solo giorno in una casa normale. Se devo dire la verità, non è stato facile imparare a vivere da solo, dopo tre anni ci sono ancora tante cose che non ho imparato a fare. Forse è per questo che mi trovo così bene qui».

La sua risposta racchiudeva più informazioni di quelle richieste: non sembrava turbato dal suo passato, né pareva riluttante a condividerlo con qualcun altro. Il giudizio di Sasuke nei confronti di quel ragazzo era in perenne mutamento e, per quanto lui non fosse particolarmente reticente, non si era ancora fatto un'idea di chi fosse davvero. Sospirò e si alzò di malavoglia lasciando scivolare la sua testa dalla propria spalla.

«Pausa finita, ricominciamo».
 

 

Se la vostra vista non è ancora andata in palla e state leggendo le note finali, ne approfitto per informarvi che la storia è composta di due capitoli, per cui il prossimo verrà pubblicato a breve. Un grazie sentito a voi che avete letto, a chi deciderà di recensire, agli All Time Low che hanno dato il titolo alla storia tramite il testo di "Remembering Sunday" e, in special modo, ad Audrey_24th, senza la quale questa storia non sarebbe mai uscita dalla mia testa. Se non vi è piaciuta vi prego di non rigare la macchina della povera Audrey e di farmelo sapere con un commento!
Alla prossima!
  
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