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Autore: Sissi_SeaweedBrain    12/02/2013    30 recensioni
Okay, l'idea mi è venuta leggendo una fic inglese.. Praticamente, è ambientata al termine della guerra con Crono, dopo circa un anno. I Titani si stanno risvegliando. Gaia e i giganti pure, e si stanno alleando ai Titani per rovesciare l'Olimpo. Ma il problema è che Talia, Percy e Nico sono scomparsi da un anno, ormai. Perché? Perché sono stati traditi-barra-dimenticati da tutti, compresi i loro amici e i loro genitori. Compresa Annabeth.
Perciò, i tre scompaiono nel nulla. Non sono morti, ma non si trovano da nessuna parte. Dove sono? Ma con Caos. Sono diventati Cavalieri di Drago dai poteri straordinari e ora viaggiano per le dimensioni per sconfiggere il male. Ma non sono soli. I Cavalieri sono 10. Chi sono gli altri sette? Vecchie conoscenze, forse? E, con lo scoppiare di questa nuova guerra sulla Terra, torneranno indietro al loro vecchio pianeta? E, soprattutto, saranno capaci di perdonare?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson, Talia Grace
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, sono imperdonabile. Sono tremendamente in ritardo.
Per farmi perdonare, vi lascio immediatamente al capitolo. Dico solo che è diviso in quattro parti principali:
1: Discussione a proposito del filtro. Domanda: "Dirlo a Percy, sì/no"? (no no no and did I mention no? cit.)
2: La colazione
3: Scena Percysar
4: Le Storie di Papà Castoro (?).

Bene, vi lascio subito al capitolo. Buona lettura.
Lasciatemi un commentino <3
Sil

Ps: non l'ho neanche riletto. Domani correggerò eventuali errori.

CAPITOLO 10


-Ora sapete tutto.-
Silena sospirò, avvicinando le ginocchia al petto e raggomitolandosi fra i cuscini del divano. -Cosa ne dite, dovremmo dirglielo?-
-No!- esclamò Luke, alzandosi in piedi di scatto e iniziando a camminare per la stanza. Si passò una mano fra i capelli, nervoso, e rivolse un'occhiata agli altri. Nessuno, neppure Bianca o Silena, sembravano ansiose di andare a dire a Percy la verità sul filtro d'amore, su come fosse stato da cani per... beh, perché il suo fratellastro era un deficiente. Come se questo non lo sapessero già.
No, non avevano nessuna voglia di scatenare l'ira dell'amico, così come non intendevano rischiare di scatenare gli istinti omicidi di Talia o di Nico.
Nell'arco di tempo fra l'abbandono del Campo e l'incontro con Caos, i tre cugini avevano sviluppato un legame incredibilmente forte, diventando quasi fratelli e sorelle. In quel tempo, non potevano contare su nessuno se non su sé stessi o sugli altri due. Avevano promesso di restare sempre insieme, qualsiasi cosa fosse successa, di essere una vera famiglia allora e per sempre.
Purtroppo per Luke e per gli altri, questo "essere una famiglia" implicava anche un alto livello di protettività sviluppatasi fra i tre... della serie, feriscine uno e puoi star certo che gli altri due ti avrebbero trovato e spezzato ogni singolo osso del corpo. E, per quanto nessuno fra i nove amasse il Campo alla follia, neanche loro desideravano vederlo raso al suolo dalla furia combinata di quei tre e dei loro draghi.
In conclusione, forse, era decisamente meglio mantenere il segreto sul filtro con tutti e tre, almeno per un altro po'.
-Quindi non diremo nulla.- decise Beckendorf con tono risoluto -Vedremo come si evolve la situazione e, se le condizioni lo permetteranno, se non si rischierà uno sterminio di massa, glielo diremo. Fino ad allora, acqua in bocca, tutti quanti.-
Tutti tacquero, finché Bianca non si alzò a sua volta.
-Forse... forse però vorrebbero saperlo. Forse Percy vorrebbe saperlo. Come possiamo prenderci il diritto di nascondergli la verità? Come possiamo decidere noi per lui?-
-Glielo diremo- la tranquillizzò Michael, sorridendole -Solo non ora. Insomma, li hai visti l'ultima volta che si sono incazzati sul serio.-
-Non è stato un bello spettacolo.- commentò Zoe, annuendo e arricciando il naso al ricordo -Proprio per niente.-
-Perciò facciamo così? Stiamo zitti e osserviamo come si evolvono le cose?-
-Sì, facciamo così.-

La mattina dopo, i semidei del campo sembravano crollare nei piatti della colazione. Come il giorno precedente, erano stati trascinati fuori dal mondo dei sogni all'alba, dallo squillare dei corni, ed erano stati obbligati a una nuova seduta di corsa nella foresta. Qualcuno si era addormentato con il viso nel piatto e russava, esausto, fra i pancakes. Altri osservavano con sguardo vacuo il proprio calice, probabilmente sperando che si riempisse di una bevanda ad alto contenuto di caffeina.
L'unico tavolo che sembrava discostarsi dall'apatia generale era, guarda caso, quello dei Cavalieri. Posizionato strategicamente al limitare della mensa, era un tavolo rotondo con dieci scranni in legno intorno. Alcuni degli occupanti del tavolo chiacchieravano tranquillamente e un paio giocherellavano con il loro cibo, sollevandolo nell'aria con la magia e facendolo ricadere. Percy, con i piedi rigorosamente incrociati e appoggiati sul tavolo, era impegnato in una fitta conversazione con Lysar e sembrava completamente ignaro delle occhiate che i suoi compagni e Rachel gli lanciavano ogni tanto, di sottecchi.
Quando si alzarono e si diressero verso l'uscita della mensa, Rachel si avvicinò correndo a Silena, affiancandola. I suoi occhi lanciarono un'occhiata preoccupata a Percy, ormai fuori portata d'orecchio, e poi tornarono sul viso della ragazza.
-Glielo avete detto?- chiese, mangiandosi le parole per la fretta.
Luke sbuffò una risata. -Prova a indovinare: non ci sono stati temporali o terremoti improvvisi, esplosioni atomiche, semidei morti fulminati nei loro letti... Io direi che non glielo abbiamo ancora detto.-
-Perché non lo avete fatto?-
Luke si accigliò e accellerò il passo, borbottando un -Perché farli soffrire inutilmente?- a bassa voce.
-Non è il momento più adatto.- spiegò invece Bianca, pazientemente -Il loro rancore verso il campo è ancora troppo radicato, sono ancora troppo arrabbiati e feriti. Dirglielo ora... beh, a parte che sarebbe come gettare sale sulle ferite, probabilmente farebbe perdere loro il controllo. Percy in particolare. Credici, l'abbiamo visto. L'abbiamo visto spegnere i propri sentimenti, affogarli e sopprimerli quasi completamente. Quello che temiamo è che fargli sapere che tutta la sua sofferenza è stata causata solo da Marcos possa avere un effetto controproducente. Potrebbe decidere di spegnere di nuovo le sue emozioni, di non provare più nulla, perché tutto quel che proverebbe in caso contrario sarebbero dolore e rabbia. Riesci a seguire il nostro ragionamento?-
Rachel esitò, abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli. -Credo... credo di sì. Avete paura che sapere di aver sofferto per nulla, in un certo senso, lo faccia soffrire ancora di più.-
-E abbiamo paura che, quando si troverà davanti a Marcos, spenga completamente la sua umanità e lo uccida senza nessuna pietà.- aggiunse Zoe, sommessamente.
-Non lo farebbe mai! Non Percy!-
Rachel li fissò, senza fiato, con gli occhi sgranati. Lei conosceva il figlio di Poseidone, sapeva che non sarebbe mai stato in grado di uccidere nessuno, per quanto lo odiasse.
I Cavalieri che le erano vicino si scambiarono un sorriso amaro.
-Oh, forse il vecchio Percy non l'avrebbe mai fatto. Ma credici, le guerre e il dolore possono cambiare chiunque, possono rendere spietato anche l'uomo più buono.-
-Quindi non lo direte neanche a Nico e a Talia?-
-Dirci cosa?-.
Una voce che proveniva dalle loro spalle fece sobbalzare l'intero gruppo. Ammutoliti, si girarono verso la persona che aveva parlato. Si trovarono davanti un accigliato Nico Di Angelo, più cupo che mai nella sua tenuta nera e con le braccia incrociate sul petto.
-Oh Nico!- esclamò Rachel -Dirvi che... che... che Chirone vi voleva chiedere se vi andrebbe di raccontare qualche vostra avventura da Cavalieri, stasera, al falò.- concluse, sorridendo angelicamente.
Nico inarcò un sopracciglio, rilassando impercettibilmente la postura rigida.
-E perché non volevate chiedercelo?-
-Perché sappiamo quanto poco sopportiate il Campo e i suoi abitanti- rispose prontamente Silena -Sicuramente non avreste accettato, quindi non aveva neanche senso proporvelo.-
Calò il silenzio. Nico li osservava, ancora sospettoso, e gli altri cercavano di mantenere una perfetta poker face, una maschera innocente. Alla fine, Nico scrollò le spalle e fece un mezzo sorriso.
-Perché no, invece? Potrebbe anche essere divertente. Lo dico io a Perce e a Tals. Riuscirò a convincerli.-
Quando il figlio di Ade si fu allontanato, tutti i Cavalieri si girarono contemporaneamente verso Rachel, osservandola scettici.
-Seriamente Rachel?- chiese Beckendorf -Racconti al falò?-
-Per chi ci hai preso, per Papà Castoro?- rincarò la dose Michael, sgomento.
L'Oracolo di Delfi scrollò le spalle. -E' stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Voi state tranquilli, chiedo io il permesso a Chirone. Voi pensate solo a quali fantastiche avventure raccontarci stasera.-


-E' tutto così diverso, qui.-
Percy era seduto in riva al lago, con la schiena appoggiata a un masso e gli occhi chiusi, ma al suono della voce si girò di scatto, sorridendo.
-Com'è possibile che mi arrivi sempre alle spalle, Lys? Sei troppo silenziosa.-
L'elfa scoppiò a ridere e si lasciò cadere seduta vicino a lui. -O forse sei tu che sei troppo distratto. Un tempo non sarei mai riuscita a coglierti di sorpresa più di tanto. Stare qui ti sta rammollendo.-
-Non è vero!- protestò il ragazzo, con tono da bambino, arricciando il naso.
L'elfa scosse la testa, ridendo, e un secondo dopo anche Percy si unì alla sua risata. Quando tornò a calare il silenzio, Lysar appoggiò la testa sulla spalla dell'amico e sospirò.
-Ti era mancato questo posto?-
-Più di quanto tu possa immaginare.- Percy tacque, stupito dalla prontezza con cui la risposta gli era sfuggita dalle labbra -Tu invece? Ti piace qui?-
-Non lo so-
Appena pronunciò quelle tre parole, Lysar si incupì e si allontanò di scatto, distogliendo lo sguardo e puntandolo altrove.
Percy si accigliò.
-Come sarebbe a dire non lo so?- Le prese una mano, intrecciando le dita alle sue. -Lys, cosa succede?-. La voce del ragazzo traboccava di preoccupazione mentre cercava di convincere l'amica a guardarlo in faccia, cosa che Lysar sembrava essersi intestardita a non fare per nulla al mondo.
-Lys, qual'è il problema?-
-Tu resterai qui, ecco qual'è il problema!- esplose la ragazza, finalmente, alzando la testa e osservandolo. Nei suoi occhi azzurri brillava un qualcosa a metà strada fra la rabbia e il dolore, come se l'elfa sapesse quello che sarebbe successo ma non volesse accettarlo.
Percy si allontanò appena, sorpreso. Non solo non si aspettava l'espressione sul viso dell'amica, più che altro era stata la sua risposta a spiazzarlo.
-Resterò qui? Lysar ma cosa stai dicendo?- esclamò, accigliandosi, come se l'amica avesse appena detto un'assurdità incredibile.
-L'hai detto tu stesso che questo posto ti è mancato! Quando questa guerra sarà finita noi torneremo indietro e tu invece resterai qui, vedrai!-
-Ma sei impazzita? Non voglio restare qui!-
-E invece lo farai! Resterai qui e io non ti vedrò mai più!-
Percy si bloccò, realizzando due cose.
Primo, nel discutere, con l'aumentare dei toni era aumentata anche la vicinanza fra i loro visi, che ora si trovavano pericolosamente vicini.
E, secondo, realizzò cosa davvero disturbasse la sua amica. O almeno, credette di capirlo.
-Hai paura di perdermi?-
Nessuna risposta. L'elfa si limitò a tirarsi indietro velocemente e a girarsi dall'altra parte, nascondendo il viso dietro ai capelli lunghi.
-Lysar, maledizione, rispondimi!-
-Sì è di questo che ho paura! Sei soddisfatto ora?-
L'elfa balzò in piedi e si allontanò a grandi passi, fino a fermarsi sulla riva del lago, stringendosi nella felpa nera che indossava. Percy rimase seduto qualche secondo, a fissarla. Per la prima volta, prese seriamente in considerazione il dubbio sollevato implicitamente da Lysar.
Quando fosse giunto il momento, quando quella guerra fosse finita, lui cosa avrebbe fatto?
Razionalmente, la risposta era immediata. Sarebbe ripartito. Aveva un giuramento a cui tener fede, un drago, una vita, degli amici, altre avventure che lo aspettavano...
Ma una piccola parte del suo cervello continuava a riportare alla luce i ricordi degli anni trascorsi al campo, imbevuti di nostalgia.
Allo stesso tempo, gli bastava chiudere gli occhi perché una serie di immagini gli passasse dietro le palpebre. Le risate con i suoi compagni, le notti passate vicino a un fuoco, in una foresta, accoccolati al fianco dei loro draghi, i voli in groppa a Yarell, l'adrenalina che gli scorreva nelle vene durante le battaglie, i lunghi letarghi provocati dai Consigli con i vari regnanti... Ciascuno di questi momenti gli scaldava il cuore e gli faceva affiorare un sorriso involontario sul viso, gli faceva stringere lo stomaco dalla voglia di rivivere tutto ancora e ancora.
"Sveglia, Perce" si disse, scuotendo la testa "Stai anche qui a porti queste domande? Ma cosa ti sei fumato? La sai già la risposta!"
Era vero, la sapeva.
Si alzò in piedi e, lentamente, si avvicinò all'elfa e l'abbracciò, appoggiando il mento sulla sua spalla.
-E' vero, questo posto mi è mancato. O meglio, mi mancano alcuni aspetti del tempo che ho trascorso in questo posto. Mi manca la tranquillità di alcune giornate, gli scherzi, le risate... Ma tutto questo è ormai passato. Ora la mia vita è Caos, è Yarell, siete voi. Il Campo resterà sempre parte di me, certo, ma non è più il mio posto. Non resterei qui neanche per tutto l'oro del mondo, non più.-
-Davvero?-
Lysar si girò verso di lui, con gli occhi che scintillavano. Alla luce del sole che stava tramontando, i suoi capelli biondi sembravano in fiamme e gli occhi, solitamente azzurri, riflettevano una luce quasi dorata.
Percy sorrise -Mai stato così serio in vita mia.-
Ancora una volta si ritrovarono vicini, vicinissimi, così vicini che le loro fronti quasi si toccavano e i loro respiri si mescolavano. Stavano entrambi chiudendo gli occhi, istintivamente, quando un "EEK" talmente acuto da sembrare un ultrasuono li fece sobbalzare.
Si allontanarono di scatto, guardandosi freneticamente intorno.
Da dietro un cespuglio, poi, balzò in piedi Talia, rossa come un pomodoro. -SILENA BEAUREGARD!- ruggì, paonazza -TI SEMBRA IL MOMENTO DI TRASFORMARTI NELLA REPLICA DI TUA MADRE?!-
Una Silena ancora più rossa della figlia di Zeus e dagli occhi lucidi saltò fuori dal cespuglio accanto. -Scusa!- squittì estatica -Non sono riuscita a trattenermi. Erano cosìccariiiiini!!-
Percy e Lysar si scambiarono un'occhiata, mentre anche Bianca spuntava da dietro i cespugli, e scoppiarono a ridere di gusto.
-Ma come?- Talia li fissò, incredula che quei due fossero piegati in due dalle risate e non stessero rincorrendo Silena per tutto il campo -Non siete arrabbiati? Vi abbiamo interrotto, santissimo zio scagnato!-
-Zio Scagnato, Tals?- esclamò Percy, praticamente in ginocchio e senza fiato per le risate -E questo da dove l'hai tirato fuori?-
-Ti sembra questo il punto, coglione? Vi stavate per baciare! Era un sacco di tempo che aspettavo questo momento!-
Talia si passò le mani sul viso, esasperata.
-Cosa ho fatto di male per trovarmi qui?- si domandò, scuotendo la testa, mentre intorno a lei Percy e Lysar ridevano fino a farsi venire il singhiozzo e Silena saltellava come una cheerleader impazzita -Cosa ho fatto di male per meritarmelo, me lo spiegate?-


La notizia che, al falò, i Cavalieri avrebbero raccontato alcune delle loro avventure si era sparsa con la velocità della luce dal momento esatto in cui Chirone aveva dato la sua approvazione. Qualsiasi ragazzo del Campo, in particolare i nuovi arrivati, fremeva dalla voglia di saperne di più, di sentire quelle che si aspettavano davvero avventure incredibili.
Terminata la cena, i tavoli si erano svuotati in massa e i semidei si erano accalcati nell'arena, ammassandosi sulle gradinate, scalpitanti.
I Cavalieri sedevano vicino al focolare. Nico e Zoe chiacchieravano amichevolmente con Estia, occupata a mantenere alte le fiamme, mentre gli altri confabulavano fra loro, impegnati a decidere cosa raccontare.
Quando l'Arena fu talmente affollata che i semidei più piccoli erano costretti a sedersi per terra, Chirone richiamò l'attenzione sbattendo più volte lo zoccolo contro il selciato.
-Come tutti evidentemente sapete, i nostri ospiti, i Cavalieri, hanno acconsentito a raccontarci qualcosa a proposito del tempo che hanno trascorso... lontano da qui.. Vi lascio subito la parola, ragazzi.-
Così dicendo, si allontanò e si sedette vicino a un non-così-tanto-annoiato Signor D, ai margini dell'arena, sulla gradinata più bassa.
La prima ad alzarsi fu Bianca che si portò al centro dell'arena. Era nervosa, dondolava da un piede all'altro e si attorcigliava una ciocca di capelli intorno a un dito ma riuscì infine a sorridere e a iniziare.
-Prima di tutto, dovete sapere una cosa o non ci capirete nulla. Quelli fra noi che sono... partiti... per ultimi sono mancati per circa un anno, qui. Ma, fra una dimensione e l'altra, il tempo scorre diversamente. Quello che qui è un giorno può essere un mese o un anno o addirittura un secolo in un'altra dimensione. Le dimensioni viaggiano su due binari temporali completamente distinti e indipendenti. E, inoltre, la base di Caos si trova fuori dal tempo e dallo spazio. Quando sei lì, il tempo non scorre. Tutto chiaro?-
Tutti annuirono, quindi la figlia di Ade continuò.
-Abbiamo pensato molto a cosa raccontare stasera. In quello che per voi è stato un anno ne abbiamo passate di tutti i colori. Abbiamo visto guerre e tempi di pace, abbiamo partecipato ad avventure di ogni tipo, abbiamo viaggiato per luoghi incredibili... Però, per prima cosa, vorremmo raccontarvi di quando abbiamo incontrato per la prima volta i nostri draghi e di quando siamo diventati Cavalieri...-

I nove ragazzi erano stati condotti all'ingresso di una grotta e lasciati lì da un elfo.

-Cavolo se mi stava sulle scatole, quello- la interruppe Talia, incapace di trattenersi -Aveva la puzza sotto il naso. Siccome eravamo umani e non elfi ci guardava dall'alto in basso ogni volta...- Si bloccò, rendendosi conto degli sguardi che la trafiggevano da ogni angolo dell'arena.
-Oh, scusate non fate caso a me. Bianca, continua pure-

Dicevamo, i nove ragazzi erano stati condotti all'ingresso di questa grotta e lasciati lì. Alla luce delle torce, iniziarono a scendere lungo una galleria. I loro passi rimbombavano sulla pietra e il ticchettare delle gocce che cadevano dalle stalattiti era l'unico modo per comprendere lo scorrere del tempo. Le torce gettavano bagliori rossastri sulle pareti di pietra, ingigantendo le ombre dei ragazzi che avanzavano nel labirinto di cunicoli.
-Laggiù!- esclamò Michael, a un certo punto -Mi sembra di vedere una luce!-
Iniziarono a correre in quella direzione da cui, effettivamente, sembrava provenire un bagliore. Quando raggiunsero la fonte della luce, si trovarono sull'orlo di uno strapiombo, al lato di una montagna. Ai loro piedi, si stendeva una vallata verdeggiante e, proprio ai piedi della montagna, scintillava una città candida, dagli alti palazzi eleganti e decorati, interamente in marmo luccicante.
-Wow... è stupendo...- mormorò Silena.
-Chissà che città è quella..- si domandò Zoe, ad alta voce.
-Quella, Cavaliere, è la città di Dracos o, nel linguaggio corrente degli umani, Draconia.-
A parlare era stata una voce profonda, secolare e saggia, che era rieccheggiata direttamente nella testa dei ragazzi.
-Chi... chi ha parlato? Venite fuori!- Percy cercò di mostrarsi impavido, estraendo la spada e puntandola nel nulla davanti a sé.
-Abbassa la tua lama, Cavaliere. Non abbiamo intenzione di farvi del male.-
I ragazzi obbedirono e abbassarono le rispettive armi e, in quel momento, fu come se si levasse un gran vento. I loro capelli e i loro abiti iniziarono ad agitarsi insieme a dei forti colpi d'aria, accompagnati da un rombo cupo e ritmico.
-Ma che... Wow.-
Davanti a loro, nove creature enormi erano planate dalle nuvole e da dietro la montagna. Enormi, i loro corpi erano possenti, armonici e muscolosi, ricoperti di scaglie brillanti come pietre preziose sotto la luce del sole. Le enormi ali membranose erano spiegate nell'aria e battevano a ritmo costante per mantenerli sospesi nel vuoto.
Davanti a loro, ognuno di un colore diverso e brillante, c'erano nove enormi e stupendi draghi.
Quello verde acqua puntò il suo sguardo millenario su Percy e il ragazzo si sentì come se quello sguardo lo perforasse, gli scavasse nell'anima.
-Vi abbiamo aspettato a lungo, Cavalieri.-

-E poi che successe?- chiese una figlia di Apollo di circa nove anni, che praticamente pendeva dalle labbra di Bianca.
-E poi ci spiegarono cosa significava essere Cavalieri. Ci raccontarono la storia dell'Ordine. Ogni migliaio di anni, una covata di nove uova viene sottoposta a un incantesimo. Tali uova si schiuderanno solo al momento della nascita del Cavaliere a cui il cucciolo di drago è destinato. Per esempio, Perce è nato il 18 Agosto, no? Bene, il 18 Agosto di diciotto anni fa, nell'esatto istante in cui Perce è nato, l'uovo di Yarell si è schiuso.- spiegò Luke.
-Perché devi sempre prendere me come esempio?- protestò l'amico, incrociando le braccia sul petto.
-Così.-
-Ci portarono a Draconia- riprese Bianca, ignorando deliberatamente il fatto che Percy avesse risposto a Luke con una linguaccia -Ci portarono a Draconia al tempio dei Cavalieri di Drago. Lì prestammo solenne giuramento e, da quel momento, fummo per sempre legati al nostro drago. E da allora non ci siamo mai separati.-
-Come si chiamano i vostri draghi?- domandò un figlio di Ecate, alzando la mano come a scuola.
-Non siamo noi a dare il nome al drago. Un drago se lo sceglie da solo, in un certo senso. E' complicato da spiegare. Comunque sia, il mio è Atma. Quello di Percy è Yarell e quello di Nico è Rastaban. Poi c'è Chazore, di Charlie, Eltanin di Silena, Aldibah di Luke, Idhunn di Michael, Kuma di Zoe e quello di Bianca è Rekla.- rispose Talia, sorridendo ed elencando i nomi dei bestioni con un tono quasi materno.
-Raccontateci qualcos'altro! Una storia di guerra!- tuonò la cabina cinque, dal fondo dell'arena.
-Che ne dite della nostra prima battaglia da Cavalieri?- chiese Nico, scambiandosi un'occhiata con gli amici e ricevendo un'ovazione in risposta.

Era passata circa un'ora dall'alba quando le truppe si radunarono sul campo di battaglia. Il nemico era, già allora, quello che ora è conosciuto come il Grande Tiranno del Nord. Allora era considerato solo come un Re dalle mire un po' troppo espansionistiche e violente.
Per la prima volta da quando erano diventati Cavalieri, si trovarono di fronte alla linea nemica in una battaglia campale vera e propria. Tra loro e le truppe nemiche c'erano solo pochi metri di terra di nessuno, l'aria era fredda e durante la notte era anche nevicato.
Una lunga linea nera, irta di lance e chiusa di scudi  sbarrava la vista. Era una linea viva. Ondeggiava ed era compatto come un enorme serpente nero. Era un corpo unico di soldati sottomessi al Tiranno, a cui obbedivano ciecamente.
Un generale mai visto passò in rassegna le file e rammentò loro il piano. La prima linea sarebbe partita d'impeto, avrebbe sfondato le linee nemiche penetrando fino alle seconde file, per poi aprirsi in due ali per facilitare l'accerchiamento.
-Al mio ordine, disperdetevi e iniziate questa ritirata simulata- concluse il generale, prima di allontanarsi verso il reparto successivo.
I Cavalieri sarebbero partiti dalla seconda linea. Al suono del primo corno, la prima linea scattò. L'impatto fu violentissimo e, nella confusione, molti soldati caddero a terra. L'ordine della ritirata arrivò quasi improvviso e i soldati ancora in piedi iniziarono ad arretrare. Fu allora che i Cavalieri si alzarono in volo. Piombarono sul nemico come un fulmine a ciel sereno. I draghi sputavano fuoco, i Cavalieri falciavano nemici con le loro spade. Le loro coscienze si erano fuse con quelle degli esseri che cavalcavano, non avrebbero saputo dire se il braccio che mulinava la spada era il loro o se loro erano le fauci che sputavano fuoco rovente.
Ad un certo punto della battaglia, iniziarono a smontare di sella. Si fecero largo fra i nemici, sconfiggendo chiunque si parasse loro davanti per fermarli. Erano costantemente bersagliati da nugoli di frecce, da cui si riparavano con la magia o con lo scudo, e assaliti da nuove ondate di nemici che sembravano non finire mai e moltiplicarsi sempre più.
Dentro di loro, l'adrenalina scorreva come oro fuso, dandogli forza ed energia. Non sentivano il dolore o la stanchezza, non sentivano il peso dell'armatura e della spada o le frecce che si piantavano nella maglia di ferro, solo l'ebbrezza provocata dalla battaglia, come una sorta di ubriacatura frenetica. Avevano sentito dire che la guerra poteva "ubriacare" ma mai avevano pensato che il verbo avesse un significato letterale.
Continuarono a lottare, instancabili, fino a quando i corni non segnalarono la fine della battaglia e, con essa, una prima vittoria per l'Esercito Unitario dopo anni di sconfitte...

-
Perché una prima vittoria?- chiese qualcuno dalle fila dei semidei appollaiati sulle gradinate.
-Il Tiranno aveva iniziato la sua opera di invasione circa due anni prima di allora- spiegò Beckendorf -Ma senza i Cavalieri e, in seguito, gli Elfi, l'esercito che vi si opponeva era stato a malapena in grado di rallentare la sua avanzata.-
-Modestamente, chissà cosa avrebbero fatto senza di noi!- esclamò Percy, scatenando l'ilarità generale.
-Un altro! Un altro racconto per favore!-
-Ho un'idea! Vi racconto il primo incontro fra Percy e Lysar!- esclamò Silena, facendo assumere una tonalità peperone al sopracitato Cavaliere.
-Silena, ti prego...-
-Taci tu, Jackson! Allora...-

-Cavalieri, state per essere presentati alle loro maestà, la famiglia reale elfica. Ricordate ciò che vi ho detto sull'etichetta.-
-Sì, Maestro.- risposero con aria annoiata. Era da giorni e giorni che Miraval tormentava i nove con l'etichetta, con le buone maniere e con mille e mille raccomandazioni di vario tipo. Inchinatevi così, salutate cosà, parlate solo se siete interrogati dal re, non contraddite nessun membro della famiglia reale, e bla bla bla.
Ci mancava solo che si raccomandasse di non dimenticarsi di indossare i pantaloni e sarebbero stati a posto.
Un elfo vestito da araldo uscì dalla sala del trono, tutto impettito, e si fermò davanti al Maestro Miraval.
-Sua maestà Re Elrond è pronto a ricevervi, Lord Miraval. Sua maestà è molto ansiosa di incontrare i nuovi Cavalieri.-
-Seguitemi- disse il maestro, facendo cenno ai nove ragazzi di andargli dietro, e varcò la soglia da cui era appena arrivato l'elfo.
Rimasero tutti a bocca aperta. Si trovavano in una sala immensa, completamente decorata da marmi e da arazzi variopinti. Alle pareti, le finestre di vetri colorati riflettevano giochi di luce sui pavimenti di marmo bianco.
Calò un profondo silenzio. I nove attraversarono la sala, passando fra due ali di cortigiani impegnati ad analizzare ogni singolo dettaglio del loro aspetto, del loro portamento, delle loro potenzialità. In fondo alla sala, un trono riccamente decorato sembrava dominare l'intera corte. Su di esso, sedeva l'elfo dall'aria più maestosa dell'intera sala. Le vesti erano riccamente decorate e rifinite con ricami d'oro, ma non erano troppo sfarzose. Sul capo, indossava una corona sobria ma regale. La sua espressione era neutra mentre osservava i Cavalieri, ma nei suoi occhi sembrava danzare la luce della saggezza e della lungimiranza.
Giunto al suo cospetto, Lord Miraval si inchinò e i Cavalieri si affrettarono a imitarlo.
Gli elfi che li circondavano si lasciarono andare a un mormorio sommesso.
-Sono solo ragazzi...-
-No, sono solo umani...-
-Sarebbero dovuti essere elfi. Non vinceremo mai la guerra.-
-Forse i draghi si sono sbagliati.-
-I draghi non sbagliano mai. Forse in loro c'è più di quanto appare...-
-Silenzio!-
Il re degli elfi si alzò dal suo trono e scese i gradini che lo separavano da Miraval e dai Cavalieri, ancora inginocchiati e col capo chino.
-Alzatevi, Cavalieri. Era molto tempo che attendevamo di incontrarvi. Siate i benvenuti qui, nella mia reggia. Spero che questo sia l'inizio di una lunga e fruttuosa alleanza.-
-Questa è la speranza di tutti noi, vostra maestà.- rispose Lord Miraval, alzandosi in piedi.
-Posso avere l'onore di presentarvi uno fra i più grandi generali degli elfi, mia figlia Lysar?- chiese il re, dopo i soliti convenevoli di rito.
Una fanciulla eterea dai lunghi capelli biondi e dagli occhi dello stesso azzurro della veste che indossava si fece avanti, esibendosi in una graziosa riverenza. Percy, e con lui la maggior parte dei ragazzi, rimase a bocca aperta. Per quanto riguardava il figlio di Poseidone, non aveva mai visto ragazza più bella.

-SILENA!-
-Sta' zitto, Perce, e lasciami raccontare!-

-Lieta di fare la vostra conoscenza, Cavalieri. Sarei onorata di accompagnarvi nella vostra visita qui alla reggia.-
Dopo il cenno affermativo di Miraval, i Cavalieri seguirono la principessa fuori dalla Sala del Trono, attraverso i corridoi e le terrazze che componevano la reggia elfica. L'intero palazzo era luminoso e fresco, i muri erano costellati da finestre e arcate che si affacciavano sui giardini, sul fiume e sulla foresta.
-E, infine, questa è l'arena- concluse la principessa, fermandosi in cima a una scalinata e indicando lo spiazzo davanti a loro.
-E' qui che vi allenate, vostra maestà?- chiese Zoe, rispettosamente.
-Sì, Cavaliere. Mi alleno qui da quando ero bambina.-
-Impossibile- commentò Percy, sottovoce, mentre Luke annuiva accanto a lui.
La principessa si voltò e lo fulminò con un'occhiata. -Volete una dimostrazione, Cavaliere?-

-E come è finita?- esclamò Katie Gardner, a bocca aperta.
Percy avvampò e incrociò le braccia, borbottando qualcosa che assomigliava a "di tutte le storie che potevi raccontare, proprio questa dovevi scegliere", mentre tutti gli altri Cavalieri ridevano di gusto ricordando la scena.
-Oh, è finita con Percy seduto per terra, con la spada di Lysar alla gola. Ed è pure finita che se l'è legata al dito e che ogni volta che può cerca di sconfiggerla.- rivelò Talia, scatenando l'ilarità generale a spese del povero figlio di Poseidone, ormai paonazzo.
-E sottolineiamo che ancora non ce l'ha fatta.- aggiunse Nico, scuotendo la testa e dando una botta scherzosa alla spalla del cugino, ricevendo un grugnito non meglio identificato come risposta.
-Vi odio. Vi odio con tutto il cuore- borbottò Percy, imbronciandosi. Talia si avvicinò e lo prese a braccetto, sbattendo le ciglia -Andiamo, bambinone, lo so che ci vuoi bene. Che amici saremmo se non ti sputtanassimo un po', ogni tanto?-
-Ogni tanto? Sputtanarmi è diventato il vostro sport preferito!-
-Ehi, così ci ferisci, Perce!- Nico si portò una mano sul cuore, simulando un'espressione offesa, e guardò il cugino con aria scandalizzata.
Chirone sbatté lo zoccolo, richiamando l'attenzione un'altra volta, ma non poteva fare a meno di sorridere. Quei ragazzi gli erano mancati tantissimo.
-Possiamo dire che per stasera sia sufficiente. Grazie davvero ragazzi. Buonanotte a tutti.-
Lentamente, i semidei si alzarono e lasciarono l'arena, mormorando fra loro commenti su quanto avevano sentito. Quando Chirone rimase solo con i Cavalieri, si avvicinò e posò una mano sulla spalla di Percy.
-E' bello avervi di nuovo qui, ragazzi. Il campo non era lo stesso senza di voi.-
E, con questo, galoppò fuori dall'arena.

  
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