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Autore: Dani85    12/02/2013    3 recensioni
Raccolta incentrata sul rapporto tra Anna e Luca. A cominciare dal loro primo incontro, seguirà lo sviluppo dei fatti così come DdP li ha fatti conoscere e vi ci si inserirà arricchendoli e magari cambiando qualcosina.
Partecipa al The Itten Challange indetto sul Forum di EFP.
Dal I Capitolo:
«Mmm sei capitata in un momento un po' incasinato ma, di solito, c'è sempre un sacco di gente qui! Avrai modo di conoscerli tutti e sono sicuro che ti piaceranno!»
Anna avrebbe voluto dirgli che dubitava che la gente che l'aveva ignorata potesse piacerle ma non lo fece. Il sorriso pieno e gli occhi amichevoli di Luca, mentre le offriva un caffè, le stavano chiedendo di dare una possibilità anche agli altri. Gliela avrebbe concessa, decise, intanto che portava il bicchierino di carta alle labbra. Ma sarebbe andata male comunque, lo sapeva.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto , Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Per andare avanti
Autore: Dani85 [Dani85° sul forum EFP]
Fandom: Distretto di Polizia
Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto, un po' tutti
Paring: Nessuno
Genere: Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Tabella: Blu
Prompt: A scelta - Fiori
Note: Storia scritta per il "The Itten Challenge" indetto da Edelvais Verdefoglia sul Forum di EFP.
Quarta shot e si pone più o meno a metà di Distretto 6, subito dopo la morte del padre di Luca.
Non c'è molto da dire se non che la storia non è venuta per nulla come l'avevo immaginata, ma va bene XD
Il titolo e i versi iniziali di questa shot sono presi da "Polaroid" di Eros Ramazzotti.
A Sara, come sempre ♥♥
Buona lettura a tutti :*

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Questa nostra stagione

Per andare avanti

Per andare avanti

A volte la malinconia
Ci serve per andare avanti
Ci ricorda che siamo importanti
[Polaroid – E. Ramazzotti]


Irene entrò di corsa in ufficio e le suole di gomma strisciarono sul pavimento lasciando due strette scie nere.
«Sono in ritardo, sono in ritardo, sono in ritardo...» cantilenò affannata mentre si sgonfiava senza fiato sulla prima sedia che le era capitata a tiro, la borsa rovesciata senza riguardi sulla scrivania a cui lavorava Anna.
«Mmm, 28 minuti di ritardo: complimenti Irene! È il tuo nuovo record!» ridacchiò Luca dall'altra scrivania, le mani incrociate su un mucchietto di fogli.
«È stata una mattinata devastante, non puoi capire: sono già stanca!» sbuffò gesticolandogli contro, per poi riafferrare la sua borsa. Se la tirò addosso trascinandosi dietro il portapenne, il calendarietto e un'impeccabile colonnina di post-it colorati. Anna sussultò intanto che si lanciava ad arginare il disastro causato dalla collega.
«Ire!» la richiamò, tra il divertito e l'esasperato.
«Ops!» rise lei e tuffò una mano a rovistare nella borsa, sprofondando quasi fino al gomito. Qualche istante dopo ne tirò fuori, vittoriosa, un elastico nero con cui raccolse in fretta e furia i capelli in un corto codino. Scoccò un'occhiata indagatrice prima ai due colleghi e poi alla sua scrivania così da valutare quanti danni aveva già fatto il suo ennesimo ritardo al suo lavoro. Per una volta però sembravano davvero inesistenti visto che, a parte il discreto numero di fogli davanti a Luca, l'ufficio sembrava decisamente tranquillo: nessuna fila di post-it appuntati sul suo computer, nessuna minacciosa pila di fascicoli ad aspettarla, nessun richiamo in vista dunque.
Irene sospirò scivolando un po' di più sulla sedia, intimamente sollevata.
«Oh, sei arrivata finalmente! Un altro po' e venivo a cercarti con una volante!»
Alessandro fece capolino dalla porta, il tono vagamente spazientito.
«Ale! Ciao!» saltò su lei scattando in piedi come una molla.
«Sì, ciao! Roberto vuole che controlliamo una delle attività di Carrano!» la informò, intanto che le indicava l'orologio e il tempo già perso.
«Bene, andiamo!» esclamò aggirandolo sulla porta, l'inquietante tintinnare della sua borsa come sottofondo. Alessandro guardò Luca, perplesso dalla foga della Valli, e lo vide stringersi nella spalle mentre Anna inclinava la testa affinché i capelli nascondessero il sorriso un po' troppo divertito.
«Allora Ale, ti muovi? Siamo in ritardo!» urlò Irene dal portone e Berti boccheggiò in una perfetta imitazione di un pesce. Lei stava rimproverando lui? Per l'attesa di un minuto? Lui che la stava aspettando ormai da mezz'ora?
«Alessa', hai tutta la nostra comprensione!» lo consolò Luca e Anna si affrettò ad annuire con convinzione. Berti scosse la testa rassegnato e si avviò a seguire la collega più casinista che avesse mai avuto.
«Certo che Ire ha una faccia tosta!» scoppiò a ridere Anna e Luca ridacchiò piano tornando alle sue carte. La ragazza lo guardò: non aveva voluto che lo aiutasse a rivedere quei fascicoli e sospettava che lo facesse per tenersi impegnato il più a lungo possibile. Più lavoro e meno penso, era questa la filosofia che Luca aveva adottato in quei giorni con il risultato di passare il tempo chino su qualsiasi tipo di carta che gli passasse per le mani. Anna aveva provato a distrarlo, persino punzecchiandolo sull'esame da ispettore che aveva mandato a monte ma aveva ottenuto poco e niente. Aveva avuto un attimo di cedimento in ospedale, subito a ridosso della morte del padre, ma poi si era rimesso in piedi e si sforzava di far finta che tutto andasse sufficientemente bene. Ovviamente non andava bene nulla, Anna lo sapeva; glielo leggeva addosso il rimpianto per quel rapporto appena recuperato e subito perso, per tutto il tempo sprecato, per quella guerra da cui alla fine non si era salvato nessuno. Né lui, né suo padre. Anna si accigliò mentre picchiettava con una penna sulla scrivania: voleva davvero aiutare Luca ma non sapeva come. Non era brava in quelle cose, lì decisamente l'esperto era lui. Sbuffò rabbuiandosi: quanta strada avrebbe dovuto ancora fare per riuscire ad aiutare qualcuno tanto quanto Luca aveva aiutato lei? Si sentiva un po' inutile, concluse.
«Che hai?» le chiese lui, curioso. Lei prese a ragionare freneticamente cercando di imbastire una risposta ma poi notò lo sguardo aggrottato e interrogativo del ragazzo e si distrasse seguendolo. Fece mezzo giro sulla sedia e assunse la stessa identica espressione. Attraverso le listarelle della persiana si vedeva una donna, una signora forse un po' in là con gli anni ma dalla figura elegante e impettita, che stringeva tra le braccia un gigantesco mazzo di fiori.
La osservarono finché non sparì nell'ufficio denunce, con il lontano e leggerissimo fruscio di qualcosa che si abbatte su un tavolo.

*


Irene e Alessandro erano rientrati al Distretto nel primo pomeriggio con sottobraccio uno scatolone ciascuno che avevano depositato davanti ad Anna e Luca.
«Noi li abbiamo recuperati e voi li spulciate!» aveva sbuffato la Valli prima di svanire, rapida come non mai, dietro a Berti in direzione dell'ufficio di Roberto.
Anna aveva sbarrato gli occhi alla vista della sua scatola, dove le carte e i fascicoli giacevano in un disordinato garbuglio. Si era poi allungata a sbirciare Luca e lo aveva visto tirare fuori un paio di sottili raccoglitori e un mazzetto di buste rettangolari perfettamente ordinate per grandezza. Figurarsi se a lei non capitava la scatola messa insieme da Irene.
Smozzicando borbottii di disappunto si era comunque messa a setacciare le sue carte, alla disperata ricerca di qualcosa che potessero usare contro Carrano.
Due ore di ricerca dopo erano ancora ad un punto morto.
«Qua dentro non c'è assolutamente niente!» sbottò Luca sbattendo malamente le mani sulla scrivania. Un'altra giornata persa! Ed era così frustrante non riuscire a combinare nulla mentre il responsabile della morte di Mauro continuava a girare indisturbato a piede libero.
Sconfortata, Anna scivolò a braccia aperte sulla scrivania, una guancia schiacciata su un fascicolo aperto.
«Ma cos'è? Siamo diventati un fioraio?»
L'esclamazione stupita di Luca risuonò in un tono così buffo che Anna scoppiò istintivamente a ridere, ancora prima che si girasse e vedesse alle sue spalle la stessa signora di quella mattina, con lo stesso gigantesco mazzo di fiori tra le braccia.
«Oh, dove vai? Aspetta!»
Anna rideva ancora quando si lanciò al piccolo trotto dietro a Luca che, a grandi passi, aveva imboccato l'atrio. Si fermarono entrambi dopo pochi metri, in piedi all'entrata dell'ufficio denunce. La misteriosa signora se ne stava seduta a braccia incrociate e con un piede pestava nervosamente a terra; dall'altra parte della scrivania c'era Ingargiola, così schiacciato contro la sedia da essere ad un passo dal ribaltarsi.
Luca e Anna, abbarbicati allo stipite della porta, passarono i dieci minuti più divertenti che ricordassero da giorni. La signora aveva strepitato oltraggiata contro i fiori che aveva portato, la prova del delitto per cui chiedeva giustizia, il segno di un'offesa che andava sanata. Giuseppe era stato uno spettacolo con le sue sopracciglia ininterrottamente aggrottate e la battuta sarcastica smorzata ogni volta da Vittoria, dai suoi pizzicotti sul braccio, dai calcetti che gli rifilava al riparo della scrivania.
Anna la pensava assolutamente come Giuseppe e capiva alla perfezione come faticasse a rimanere serio in quella stramba situazione.
Insomma, la signora voleva denunciare uno spasimante perché le aveva regalato dei fiori e, onestamente, lei una cosa del genere non l'aveva mai vista.
«Ma i fiori, di solito, non fanno piacere?» chiese infatti a Luca, un sussurro solleticante contro l'orecchio del ragazzo, le spalle che si toccavano.
«Eh, di solito sì! Ma la signora qua contesta il significato!» bisbigliò lui di rimando, attento che il loro scambio di battute passasse inosservato.
«Ma perché, quelli che significano?» si incuriosì
Anna, lo sguardo puntato sull'amico. Luca si strinse nelle spalle a mimare un Boh, intanto che se la tirava addosso per un braccio e la allontanava così dalla traiettoria della signora che, a passo di marcia, li aveva superati in uno svolazzo del lungo cappotto.
«Adesso ce lo spiega Giuseppe che significano!» sorrise Luca, l'eco tiepida della sua voce che si infrangeva contro una tempia di Anna.
«Significa ch'a signora è pazza!» esclamò Ingargiola mentre con un dito si picchiettava la testa a dar forza alle sue parole cadenzate di napoletano. I due ragazzi risero e solo allora Anna si accorse di essere appoggiata a Luca, le mani aperte sul suo petto che sussultava piano, al ritmo di quella leggera risatina. Si scostò velocemente e avvertì Luca mollarle le braccia con la presa che sfumava in una mezza carezza.
Ecco, paragonato al modo delicato in cui si il ragazzo si era appena staccato da lei, il suo era risultato decisamente troppo brusco. Alzò gli occhi a guardarlo per cercare di capire come avesse interpretato il gesto ma lui si era già girato verso Ingargiola, il solito sorriso accennato sulle labbra: non sembrava nemmeno aver fatto caso al suo precipitoso distacco. In compenso, chi sembrava averci fatto caso era Vittoria. La Guerra aveva seguito ciascuno istante di quella piccola scena e ora aveva incrociato lo sguardo della collega con un'espressione strana. Anna ne fu leggermente inquietata ma evitò accuratamente di farsi troppe domande su cosa significasse.
In fin dei conti, la malagrazia con cui si era liberata da quella sorta di abbraccio era giustificata per lei: faticava ancora a dare così tanta confidenza ad uomo. Nonostante l'uomo in questione fosse Luca. Tutto qua. E Anna non aveva nessuna intenzione di indagare su quali strane idee si fosse invece fatta Vittoria e sul perché adesso la stesse guardando così dolcemente. Deviò la sua attenzione e tornò a concentrarsi su Luca. Giuseppe gli aveva piazzato in mano un libricino e gli stava spiegando che la signora voleva - anzi, pretendeva! - che loro arrestassero questo suo corteggiatore. La sua colpa? Averle regalato dei fiori con un orrendo significato, un oltraggio, un'offesa. Ingargiola si era profuso in una terrificante imitazione della signora che gli era valso un sonoro scappellotto da Vittoria e Anna aveva scosso la testa e si era avvicinata a Luca, sbirciando da sopra la sua spalla il libricino che stava sfogliando. Si trattava di un manuale al linguaggio dei fiori e Luca era intento a leggere la descrizione delle campanule.
«Cioè, fammi capire, la signora ha denunciato il tipo perché sostiene che con 'sti fiori le ha dato della vanesia?» riassunse lui accennando con la testa al cestino pieno di piccoli mazzetti di campanule blu che campeggiava sulla scrivania. Giuseppe annuì con teatrali cenni del capo mentre Anna inclinava la testa a studiare il cestino e la sua aria stropicciata.
«Quante scemenze!» sentenziò e Luca la spinse gentilmente col gomito.
«Ma dai, sta scritto qua, guarda! Significato della campanula: vanità! C'ha ragione la signora!» ridacchiò allungandole il manuale.
«Ma per favore, Lu'! Sono tutte un mucchio di sciocchezze!» insistette incocciando con una mano contro il libro mentre Giuseppe concordava con lei.
«Come sei cinica!» le borbottò addosso Luca; lei rispose con un'alzata di spalle.
«Secondo me, l'unica cosa che non va in questi fiori è che sono blu. Insomma, io non regalerei mai dei fiori blu... Il blu è un colore così freddo...» disse, pungolando con un dito una piccola campanella dall'aspetto patito.
«Ok, diremo anche questo allo spasimante!» si intromise Vittoria, agguantando Ingargiola per un braccio. «Andiamo a fargli capire che deve cambiare fiori!» aggiunse mentre l'uomo le sbuffava dietro, scocciato.
«E così, il blu non è un colore adatto alle dichiarazioni d'amore eh? Magari meglio un bel rosso, che dici? Mmm mi sai che non sei così cinica come ti sforzi di apparire!»
Luca la stava evidentemente provocando, come faceva spesso quando voleva che lei abbattesse una delle tante, troppe, barriere che si era costruita attorno.
«Ti piacerebbe!» si ritrovò a ribattere, un'inedita inclinazione maliziosa nella voce.
Anna non era abituata a scherzare in quel modo eppure l'ampio sorriso con cui Luca accolse quella battuta era il chiaro segno che con lui poteva permetterselo: non avrebbe frainteso nulla.
«Comunque il blu è un gran bel colore!» chiosò alla fine lui gesticolando col libricino ancora in mano, un dito a tenere il segno tra le pagine. Aveva l'aria di chi ha appena deciso di combinare qualcosa, il sorriso arrivato finalmente ad illuminargli gli occhi. Anna aveva imparato a sospettare di quello sguardo perché aveva capito che Luca lo riservava solo a lei, quasi fosse un guanto di sfida a tutte le sue resistenze.
Per quella volta decise che lo avrebbe lasciato fare senza opporsi, qualunque cosa avesse in mente. Del resto, pensò, ne valeva la pena per quella scintilla di allegria tornata a balenargli negli occhi dopo giorni di dolore.

*


Dannazione, Irene stava avendo una pessima influenza su di lei. Anna poteva contarle sulle dita di una mano le volte in cui era arrivata in ritardo in quel suo primo anno al X e, guarda caso, erano tutte successive all'arrivo di Irene: la stava contagiando!
Rallentando il passo, aveva varcato il portone del distretto e si era quasi scontrata con Alessandro e Luca.
«Un controllo!» le aveva sillabato Luca a bassa voce, una carezza di sfuggita su una spalla, e poi era uscito con Ale che se ne stava letteralmente incollato al cellulare.
Anna li osservò andare via per poi fiondarsi in ufficio. Come volevasi dimostrare, Irene non c'era: era in ritardo anche quella mattina.
Nel vuoto della stanza la macchia di colore sulla sua scrivania spiccava intensa e sfacciata. A bocca aperta, Anna raccolse un delicato mazzettino di fiori blu tenuti insieme da un nastrino della loro stessa identica tonalità. Sotto di essi c'era un foglietto a righe piegato in due.

Iris: trasmette assoluta fiducia, affetto, amicizia; è promessa di speranza; incoraggia nell'affrontare la vita e le difficoltà.
È il fiore perfetto per te, per noi. Ti rappresenta, ci rappresenta!
Luca

Anna lasciò che ognuna di quelle parole le scivolasse addosso, rivelandole il loro vero significato. Luca l'aveva ringraziata, per qualcosa che lei nemmeno riteneva di aver fatto. E invece, in qualche strano modo, era riuscito ad aiutarlo davvero.
Anna guardò di nuovo gli iris. Rise. Luca era riuscito a dimostrarle che il blu non era affatto un colore freddo, aveva vinto anche quella sfida e lei era contenta di aver perso. Sì, le piacevano i fiori, credeva nel loro significato e non era cinica come appariva.
In fondo, non era un gran problema ammetterlo realizzò Anna mentre accarezzava piano i piccoli petali degli iris.
«Fiducia, affetto, amicizia... incoraggia nell'affrontare la vita...» mormorò sorridendo e scoprì che le piaceva essere importante per Luca; intensa come sentiva diventare la loro amicizia, delicata come quell'iris, stoica come un fiore nato tra le rocce.

  
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