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Autore: Clars_97    13/02/2013    2 recensioni
"Stavo rovistando nel cappotto in cerca delle mie cuffie, quando sentii una voce.
Era una voce maschile. In treno se ne sentono migliaia, soprattutto nei treni degli orari scolastici, ma quella fu l’unica voce che aveva la capacità di spiccare nel bel mezzo di altre milioni di chiacchiere assordanti."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1.


Camminavo a testa bassa. Come sempre d’altronde, con le cuffie alle orecchie, una canzone e un mare di pensieri in testa. Quando cammino voglio non pensare a niente, ma per me è impossibile, soprattutto quando i miei pensieri sono accompagnati dalla musica. Riesco anche a rovistare nei cassetti più nascosti della mente in quel tipo di tranquillità che amo io.
Purtroppo, però, dato che la maggior parte delle volte non sono sola a camminare, c’è sempre qualcuno che interrompe quella tranquillità. Chiunque sia a darmi noia, mi fa innervosire, perché quello è l’unico momento in cui sto bene con me stessa e nessuno dovrebbe, anzi deve, impedirmi di contrastare la canzone, almeno fino a quando non è finita. Magari appare una cavolata, ma ognuno ha il suo miglior momento della giornata…o almeno io me lo sono trovata. C’è chi non vorrebbe essere interrotto a cucinare, chi a leggere, chi a giocare alla play station o anche chi a guardare la televisione. Io quando esco da scuola; devo camminare per quindici minuti e abbastanza velocemente, ascolto la musica e apro la cassaforte della mia mente, esplorando tutto ciò che ho voglia di pensare e di ricordare. Alcune volte mi capita anche in treno, quando devo prenderlo da sola, perché può succedere che ne prenda un altro rispetto alle mie amiche. Sono quindici minuti della giornata, niente di più in particolare. Un terzo dell’orologio, che io scelgo di sfruttare così.
 
Quel giorno, nonostante non prestai minimamente alcun secondo della mia attenzione alla musica, per la prima volta, i miei quindici minuti non furono sprecati.
Salii in treno, trovai i primi quattro posti liberi e mi sedetti su uno di essi, appoggiando lo zaino sul sedile accanto a me. Bersi un sorso d’acqua e aprii poco il finestrino, perché i riscaldamenti mi stavano facendo diventare la sorella del Sole. Nel frattempo stava arrivando un affollamento di ragazzi e ragazze usciti, anche loro, da scuola. Arrivò anche una donna, non troppo giovane, che mi chiese se i due posti davanti a me erano occupati. Io le risposi di no e si sedette. Acquisì una posizione svogliata in quei due posti, si accasciò, chiuse gli occhi e non diede più “segni di vita”, fino all’arrivo del controllore, per accertare il possedimento del biglietto o, nel mio caso, dell’abbonamento.
Stavo rovistando nel cappotto in cerca delle mie cuffie, quando sentii una voce.
Era una voce maschile. In treno se ne sentono migliaia, soprattutto nei treni degli orari scolastici, ma quella fu l’unica voce che aveva la capacità di spiccare nel bel mezzo di altre milioni di chiacchiere assordanti. Inizialmente guardai chi era seduto sul sedile alla mia sinistra, ma non vedevo nessuno e soprattutto nessun maschio che stava parlando. Mi girai per vedere nel sedile avanti a me, ma c’era solo una ragazza che leggeva. Alla fine provai a guardare nei quattro sedili dietro a me: vidi un ragazzo meraviglioso, mai visto prima e mai visto così straordinario. In generale non era uno di quei ragazzi belli, i quali si sarebbero potuti immaginare da modelli nelle copertine di riviste. No, lui era particolare. Aveva i capelli corti, neri, con un mezzo ciuffo rialzato, che si scostava audacemente ogni tanto. I suoi occhi non erano tanto grandi ma coperti da carbone. Aveva un po’ di barbetta e un naso perfetto. Il suo naso mi colpii particolarmente dell’aspetto: era delineato, né troppo gobbo, né troppo lungo, né troppo appuntito. Poi lo vidi ridere… e lì me ne innamorai. Rideva spesso, ma il suo primo sorriso che riuscii a vedere mi fece brillare. Era contento, vivace, positivo e vigoroso. Non aveva imperfezioni, era solamente il sorriso più luminoso che avevo mai visto.
Persi solamente tre secondi a guardarlo, perché non volevo fare figuracce né con lui, né con gli altri vicino a lui.  In quei pochi secondi, però, vidi il meglio che avrei potuto vedere in ogni caso.
A quel punto scoprii che quella meravigliosa voce apparteneva a lui. Gli stava proprio bene. Era grossa, ma da adolescente, divertente, allegra e chiacchierona. Ok, una voce chiacchierona stona, lo so, ma quella No. Non stonava per niente, anzi! Spiccava! Forse perché era alto il volume, perché riuscivo a sentire solo quella voce o forse anche perché era molto vicino a me.
Insomma, poteva essere acida, gradevole o antipatica, fatto sta che io riposi le mie –amiche-cuffie nella tasca del cappotto e chiusi la cartella della musica del telefono, perché volevo paradossalmente ascoltare quella voce sublime che mi aveva stupendamente colpito.
               
Così non feci niente di che, come rare volte: guardavo il solito panorama del viaggio di tutti i giorni fuori dal finestrino, mentre ascoltavo attentamente. Non mi capitava quasi mai di ascoltare, così rigorosamente, una persona. Stava parlando di andare in discoteca, in una in particolare, dove io ci misi piede solo una volta, perché ne preferivo un’altra. Parlava di recarsi lì il sabato prossimo, dato che aveva voglia di andarci e voglia di svagarsi, perché stanco della tensione scolastica. Stetti ad ascoltarlo senza neanche accorgermi del tempo che passava, e, più parlava, più mi sentivo stupida ad ascoltarlo. In quel caso, però, la stupidità non doveva intromettersi, perché io rimasi affascinata da quella voce e, in tal caso, non doveva importarmi di nulla e di nessuno.
Purtroppo dovette arrivare la fine di quel momento: era arrivato alla sua destinazione. Non lo vedevo, dato che era dietro di me, però capii subito che si alzò e si diresse verso l’uscita seguito dai suoi tre amici. Almeno scoprii a quale fermata doveva scendere e, più o meno, dove abitava.

  
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