Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: thenefia    13/02/2013    1 recensioni
Megan era la tipa ragazzaccia di Londra: si ubriacava, si sballava, e faceva sesso molto spesso.
Ma fu costretta a trasferirsi dal padre per l'estate, in un paesino sperduto, dove conoscerà un ragazzo diverso dagli altri, che riuscirà a salvarla dalla sua vita mondana.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                                         photo BANNEREFP2_zps1eaae7ca.jpg" />

                                                                                                                                   
Save me.
                                                           

Discoteca, musica alta, sigaretta sempre in mano, ogni tanto qualche canna e alcool a non finire.
Così passava le nottate Megan Douglas, da quando suo padre si era trasferito in un lontano paesino nel Cheshire, lasciando lei, sua madre e suo fratello minore da soli.
Sua madre l’aveva scoperta un paio di volte, mentre tornava ubriaca marcia da alcune feste. Dopo l’ultima volta l’aveva rinchiusa in camera, e aveva deciso di spedire lei e suo fratello dal suo, ormai, ex marito per l’estate, perché sentiva la necessità di far cambiare aria e amicizie alla figlia.
Megan era la classica ragazza di sedici anni a cui piaceva divertirsi e fare nuove esperienze. Aveva dei lunghi capelli mori con dei riflessi ramati, quasi sempre raccolti in una treccia disordinata, la carnagione chiara, ma non troppo, e gli occhi color ghiaccio, che aveva ereditato dal padre.
Erano ormai due ore che Megan e Richard erano in viaggio sulla piccola utilitaria della madre.
Sulla macchina rimbombavano vecchie canzoni degli anni ’70, mischiate alla flebile voce della signora Smith, che le canticchiava, ricordando la sua giovinezza.
Ma Megan non poteva sentirla, per via della musica troppo alta che riecheggiava nelle sue orecchie. Era assorta nei suoi pensieri, mentre ascoltava ‘Smells like teens spirit’ dei Nirvana –il suo gruppo preferito- e osservava di sfuggita il paesaggio, ricco di alberi colmi di frutti.
La sua famiglia non era una di quelle ricche e potenti di Londra, anzi. Sua madre faceva la segretaria in un ufficio di un avvocato, mentre suo padre aveva lasciato il lavoro di imbianchino per trasferirsi. Vivevano in tre con un solo stipendio di 1200 sterline, e raramente riuscivano ad arrivare a fine mese. Suo padre non gli aiutava dal punto di vista finanziario, chiamava qualche volta e basta, giusto per sapere se stavano bene o no.
Non voleva rivederlo, non voleva rivedere l’uomo che aveva causato la sua ‘caduta’, non voleva perdonarlo. Megan sapeva che quel viaggio non avrebbe cambiato nulla, era convinta che passata l’estate, avrebbe ripreso a fare la vita mondana che faceva prima, avrebbe ripreso a frequentare le stesse amicizie (cattive) di prima, avrebbe ripreso a bere ed ubriacarsi.
 «Abbassa la musica!» i colpi nella spalla e la voce del fratello risvegliarono Megan dai proprio pensieri. Lei si tolse una cuffietta dalle orecchie con fare scazzato.
«Che vuoi?» rispose la mora.
«Abbassa la musica, ti ho detto.» ripeté il piccolo Richard.
«Non rompere le palle.» gli rispose bruscamente.
«Mamma, l’hai sentita?» si lamentò Richard.
«Megan, modera i termini e non rispondere così a tuo fratello.» la riprese la madre. Lei sbuffò sonoramente e riprese ad ascoltarsi i suoi amati Nirvana.
Megan scese dalla macchina, seguita dal fratello. Il lungo viaggio era finito e si sentiva le gambe addormentate. Avvolse le cuffie attorno al suo iPhone 4s e si guardò intorno. Non era mai stata nella nuova casa del padre.
Si trovava proprio davanti al mare, con un piccolo portico che dava direttamente sulla spiaggia. Dentro non era niente di speciale, una semplice casetta senza pretese.
Il padre, dopo aver riposto le valige nelle rispettive camere da letto, andò a salutare i suoi due figli. Richard gli saltò letteralmente addosso, appena lo vide. Gli mancava, era più che evidente. Poi passò alla figlia, la salutò, forse imbarazzato. Megan non rispose, lo squadrò dalla testa ai piedi, con aria schifata, e se ne andò.
Decise di farsi una passeggiata in riva al mare, per sgranchire un po’ le gambe.
La spiaggia era colma di gente, tra cui ragazzi che giocavano a pallavolo, bambini che giocavano a fare castelli di sabbia e fossi, e genitori sotto gli ombrelloni, intenti a leggere, chi i quotidiano, chi i giornali di gossip.
Quella mattina faceva particolarmente caldo, ci saranno stati almeno 30 gradi, il sole splendeva, non c’era una nuvola in cielo, la sabbia era rovente e il mare una tavola, se non per qualche onda provocata dal passaggio di una barca.
A Megan faceva male vedere tutte quelle famiglie unite, che si divertivano tutti insieme. La sua ormai non era più così da un pezzo.
Il caldo torrido le aveva fatto venire sete, e decise di andare a prendersi un frullato alla fragola in un piccolo chiosco lì vicino.
Stava passeggiando con calma nella spiaggia, osservando quella tranquilla cittadina in cui sembrava che si conoscessero tutti, quando qualcuno le arrivò addosso, facendole perdere l’equilibrio, farla cadere rovinosamente a terra, e facendole rovesciare tutto il frullato (appena iniziato) sulla maglietta comprata qualche giorno prima in un negozio nel centro di Londra.
«Scusa, non ti avevo visto.» le disse una voce roca, porgendole la mano.
Megan alzò lo sguardo, trovandosi davanti un ragazzo alto, con dei folti e ricci capelli castani, un paio d’occhi verde smeraldo, il fisico scolpito, un sorriso smagliante e delle adorabili fossette ai lati della bocca.
«Avrei preferito berlo questo frullato.» esclamò lei, alzandosi, ignorando la mano del ragazzo.
«Stavo cercando di prendere la palla e…» tentò di scusarsi il ragazzo.
«Si, si, non mi interessa.» lo interruppe Meg con fare menefreghista, per poi dare le spalle al ragazzo, ed andarsene.



«porta questo al tavolo cinque.» ordinò Matt a Harry.
Lui prese la tazzina di caffè macchiato dal bancone color avorio e si avviò verso il tavolo accanto alla vetrata che dava sulla spiaggia.
Lui la vide, la ragazza che aveva ordinato il caffè era la ragazza che aveva colpito alla spiaggia, il giorno precedente.
Era intenta a leggere un libro, mentre attendeva la sua ordinazione.
«Tieni.» le disse appoggiando la tazzina di ceramica sul tavolo di legno.
Lei alzò lo sguardo dal libro -che Harry, dal titolo che c’era scritto in piccolo sull’apice della pagina, capì che si doveva chiamare ‘Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino’-  ai suoi occhi.
Harry era sicuro di non aver visto una ragazza più bella di lei, aveva degli occhi color ghiaccio capaci di ipnotizzare chiunque, delle ciglia lunghissime che le sfioravano gli zigomi quando sbatteva le palpebre e una cascata di boccoli ramati le ricadeva sulle spalle nude.
Doveva assolutamente conoscere quella ragazza tanto misteriosa. Pensò Harry.
«Grazie, quanto viene?» rispose semplicemente.
Quella gli sembrò l’occasione ideale per iniziare a farsi apprezzare dalla ragazza.
«Niente, offre la casa.» le sorrise Harry.
La ragazza senzanome –così l’aveva denominata inconsciamente Harry- inizialmente fece un’espressione scettica, per poi lasciar perdere e iniziare a sorseggiare il caffè caldo fumante.
«Come ti chiami?» le chiese Harry ingenuamente.
«Non sono cazzi tuoi.» rispose brusca.
Harry ci rimase un po’ male da quella risposta, ma non demorse.
«Ehm, okay. Senti, stasera ci sarà una festa qui in spiaggia, vieni se ti va, ci sarà molta gente.» le sorrise, porgendole un bigliettino, su cui era scritto l’orario e il luogo della festa.
La ragazza non disse niente, si limitò a finire di bere il suo caffè, riporre il libro nella borsa nera di tessuto, prendere il bigliettino e andarsene, lasciando Harry lì immobile, come un allocco.
 


Megan era indecisa sul da farsi. Continuava a fissare quel bigliettino, stesa sul letto.
Andare o non andare alla festa?
Da un lato ci voleva andare, almeno per vedere se c’era qualcuno di decente con cui fare amicizia, dall’altro però non aveva per niente voglia di vedere il ricciolino del bar.
Era troppo assillante, per i suoi gusti.
Optò per la prima opzione, e iniziò a prepararsi, partendo col farsi una bella doccia rinfrescante.
Non si mise niente di speciale per andarci, un paio di shorts in jeans, una maglietta senza spalline, non troppo scollata nera, un paio di ballerine, sempre nere, con le borchie color oro in punta, e un giubbino in jeans per coprirsi, dato che di sera c’era ancora un po’ di freddo, non essendo ancora pienamente estate.
Prese una borsa a tracolla nera, ci mise dentro il suo iPhone e il portafogli, e si avviò verso la porta di casa.
«Dove vai?» le domandò il padre.
«Ad una festa.» rispose fredda Megan, aprendo la porta.
«Non fare cavolate, sei sotto la mia responsabilità.» le raccomandò lui.
Lei di tutta risposta sbuffò e sbatté la porta di casa.
Raggiunse il luogo della festa e notò che era pieno di gente. C’era chi ballava, chi beveva, chi fumava e chi pomiciava, era una sorta di discoteca all’aria aperta.
Megan, però, notò che la musica che avevano messo non era pe niente nel suo stile –essendo pop- così come la gente, erano tutti troppo ‘figli di papà’ per lei.
Decise di prendersi un bicchiere di roba da bere, che doveva essere vodka, e si mise in disparte, affianco ad una ragazza dai capelli rosso fuoco, la carnagione chiarissima, e delle labbra rosse.
«Ti annoi?» le chiese la ragazza.
«Non è nel mio genere questa festa.» rispose Megan, fissando la gente che aveva davanti.
«Ti capisco.» disse, per poi girarsi verso di lei e porgerle la mano. «Sono Mitchie, piacere.» continuò.
«Megan.» rispose semplicemente, stringendole la mano.
«Quanti anni hai?» le domandò Mitchie, cercando di fare conversazione.
«Sedici, tu?»
«Diciassette.»
Da lì iniziarono a parlare del più e del meno, riscontrando tra loro alcune somiglianze, dal carattere al tipo di musica che ascoltavano.
«Devo proprio andare. E’ stato un piacere Megan, ci si vede in giro.» disse Mitchie dando uno sguardo al cellulare che teneva in tasca e rivolgere un sorriso sincero a Megan.
«Anche per me, ciao.» la salutò di rimando.
Essendo di nuovo sola, Megan decise di andare a fare un giro sulle rive della spiaggia: si tolse le ballerine e iniziò a camminare.
Quella sera la luna era piena, e illuminava il mare, su cui si formavano delle piccole ondine, dovute al leggero venticello che si era messo quella sera.
Sulla destra si potevano benissimo vedere le luci di chissà quale città.
A Megan mancava la vita mondana che faceva prima, le mancavano i suoi amici, le sue serate in discoteca e la sua casa quasi in centro Londra che la madre aveva ereditato dalla nonna.
«Ehi, ragazza senza nome!» urlò qualcuno, risvegliandola dai suoi pensieri.
Per un attimo sperò di aver sentito male e di essersi confusa, ma quando si girò le sue tesi furono confermate dalla figura del ragazzo che si avviava verso di lei.
Pensava di essersi scampata il ‘pericolo ricciolino’ –così l’aveva chiamato-, ma così non fu, dato che l’aveva appena trovata.
Lei non rispose, lo fissò mentre la raggiungeva e basta.
«Alla fine sei venuta, non pensavo.» le sorrise.
Lei annuì e basta.
«Bene, ehm, perchè sei qui tutta sola?»
«Non mi va di stare là, c’è troppa gente.» per la prima volta gli rispose decentemente.
«Uo, mi hai risposto senza aggredirmi. Questa me la segno.» disse con tono sarcastico Harry.
Megan abbassò la testa, lasciandosi scappare un sorriso divertito.
«Hai sorriso, l’ho visto.» la provocò lui.
Lei ritornò improvvisamente seria e alzò lo sguardo.
«Non è vero, io non sorrido mai.»
«No no, l’ho visto benissimo, sono sicuro di non sbagliarmi. Hai sorriso.»
Lei, sorrise divertita nuovamente, ma stavolta senza girarsi, per poi sedersi sulla spiaggia.
«Sei nuova? Non ti ho mai visto da queste parti.» disse lui, sedendosi accanto a lei.
«Vivo a Londra con mia madre, ma mio padre vive qui e sono venuta qui con mio fratello per l’estate.» rispose semplicemente, guardando l’orizzonte.
«Vivi a Londra? Figo. Io ci sono stato pochissime volte.»
«Uau.» esclamò con disinteresse.
Megan controllò l’ora nel suo iPhone. Mezzanotte e trentacinque.
«E’ tardi, devo andare, mio padre mi uccide sennò.» Disse. Non che le importasse davvero cosa dicesse il padre, ma non vedeva l’ora di scappare da quella situazione imbarazzante.
«Ehm, va bene. Ci vediamo questi giorni.» le sorrise lui mettendo in mostra una fila di denti bianchi e perfetti e le fossette.
«Si, certo.» disse lei, andando a casa.



Harry non capiva il comportamento di quella ragazza, era così fredda e cupa. Però avrebbe fatto di tutto per allacciare un rapporto con lei, era così particolare.
Non era uguale alle altre ragazze, a partire dal modo di vestirsi. Non metteva in mostra culo e tette per attirare l’attenzione maschile e aveva uno stile molto rock. E poi non si comportava di certo come tutte le altre ragazze: lei era misteriosa, non lasciava trasparire nessuna emozione, Harry avrebbe giurato che la sua faccia fosse fatta di ghiaccio, se non fosse stato per quel sorriso alla spiaggia, la notte precedente.
Era una ragazza tutta da scoprire, e forse era quello il motivo per il quale Harry era tanto incuriosito da lei.
«Allora, come è andata con la moretta?» lo riportò alla realtà il suo migliore amico, Louis.
«Insomma, ieri sera almeno mi ha parlato. Ma è sempre fredda.» rispose ripensando alla serata precedente.
«Harry Styles che non riesce a conquistare una ragazza? Questo è grave.» lo provocò l’amico, scoppiando in una fragorosa risata.
Harry sbuffò. In effetti non gli era mai capitato che una ragazza lo respingesse così, quelle sue due fossette adorabili, il suo sorriso perfetto e i suoi occhi verdi facevano effetto su chiunque. Non per niente era il ragazzo più desiderato di tutta Holmes Chapel.
 

Era ormai da due giorni che Megan non vedeva il ricciolino, e per lei era un sollievo, dato che non sopportava il modo in cui le stava appiccicata, o il modo in cui era riuscito a strapparle un sorriso.
Megan non era abituata ad aprirsi, a sorridere o a parlare con gli sconosciuti, non voleva farsi conoscere. Forse, anche se non lo avrebbe mai ammesso, aveva paura di quello che gli altri potevano pensare di lei; aveva paura di essere delusa e ferita dagli altri, cosa che le era capitata non poche volte. Per questo si era creata un muro tra lei e la gente che le stava attorno. Solo poche persone sapevano come era veramente, solo poche persone conoscevano la vera Megan Douglas.
Era sdraiata sulla spiaggia, c’era poca gente, visto l’orario –erano appena le sei del mattino- visto la brutta giornata. Il cielo era ricoperto da nuvole grigie, e piovigginava.
Il mare era, come sempre, uno specchio, l’unico movimento era creato dalle piccole gocce d’acqua che cadevano dal cielo.
Aveva dormito sulla spiaggia, non dicendo niente a nessuno. Non aveva voglia di rinchiudersi in camera, come tutte le sere. Non si sentiva libera in quella casa. Le mancava terribilmente la sua città e i suoi amici.
Sentì dei passi, che venivano verso di lei, ma non sembravano di un uomo, anzi.
Si girò e vide un piccolo cagnolino venire verso di lei. Era un cucciolo di labrador sul beige e non aveva nessun tipo di collare o segno di riconoscimento.
«Ciao piccolo.» disse accarezzandolo. Era davvero piccolo, magro ed indifeso.
Iniziò a giocarci. A Londra aveva un cane, si chiamava Luna, l’amava tanto, forse era l’unica che riusciva a capirla in casa sua, nonostante fosse solo un cane. Era un pastore tedesco, non molto grande, amava stare e giocare con i bambini; ma la madre fu costretta a darlo ad un’altra famiglia poiché non riusciva a tenerlo per via degli impegni e dei pochi soldi: infatti, a momenti non riusciva a mantenere lei e i suoi figli, avere un cane era davvero troppo.
A Megan mancava avere un cane, lei amava gli animali. Non per niente era animalista.
«Ehi!» alzò velocemente il capo, e riuscì a scorgere la figura del ricciolino, che le correva incontro sorridente.
Nascose uno sbuffo.
Possibile che quel ragazzo riuscisse sempre a trovarla?
Quella cittadina era troppo piccola per i gusti di Megan, tutti conoscevano tutti e tutti sapevano tutto di tutti.
A Londra non era così, Londra era troppo grande per conoscere tutte le persone che ci abitavano, e poi ognuno lì si faceva i cazzi propri.
«Ciao» lo salutò lei secca.
«Hai dormito qua?» le domandò.
«No, i miei capelli sono così al naturale» rispose con acidità, indicando i suoi capelli scompigliati.
«E questo?» le ridomandò il ricciolino, e Megan si chiese se quel ragazzo si sapesse fare i cazzi suoi, o se semplicemente riuscisse a stare un attimo zitto.
«Boh, è arrivato prima.» esclamò con poca enfasi Megan.
«Non ha un padrone?»
«No, non penso, non ha alcuna targhetta, e in giro non c’è nessuno»
«Lo porti a casa tua?»
«No, mio padre non vuole.» ripose Megan, sapendo quanto al padre non facesse piacere avere un cane, diceva che era troppo difficile da mantenere: dargli da mangiare. Portarlo a spasso due volte al giorno. Diceva che era un impegno troppo grande, e che non aveva tempo.
Guardò il castano, che dall’espressione, sembrava essere sovrappensiero. Poi si accorse di aver appena tenuto una conversazione con lui senza attaccarlo o essere particolarmente fredda.
Quel ragazzo le faceva uno strano effetto.
«Lo porto a casa mia, mia sorella voleva da tanto un cagnolino. Ti va di accompagnarmi?»
«Per quale motivo dovrei farlo?» le rispose con una domanda lei, alzando un sopracciglio.
«Non ci so fare con i cani, tu sembri brava a farlo stare buono.»
Megan ci pensò su. In fondo era per una buona causa. E poi doveva portare solo un cane.
«Va bene, ma lo faccio solo per il cane, non metterti strane idee in testa.» sentenziò puntandogli un dito contro.
Salirono entrambi sul fuoristrada di lui, e lei teneva il cane sulle gambe, accarezzandolo, in modo da farlo stare calmo.
«Allora, mi vuoi dire come ti chiami?» le chiese lui.
«Okay, mi chiamo Megan, Megan Douglas» rispose lei.
«uau, bel nome. Comunque, io sono Harry, Harry Styles.» esclamò lui togliendo una mano dal volante e porgendola a Megan, che lei prontamente strinse.
Megan lo fissò, mentre era concentrato sulla guida. In effetti non poteva negarlo, era proprio un bel ragazzo.
E poi quelle fossette erano adorabili.
Quando si rese di conto di ciò che stava pensando, scosse la testa e scacciò via quei pensieri, riprendendo a coccolare il cucciolo che aveva sulle gambe.
Quando arrivarono nella casa di Harry, Megan rimase a bocca aperta.
Era una di quelle case tipiche dei ricconi. Aveva un giardino enorme e ben curato, che si estendeva prima davanti alla casa, alla quale ci si poteva arrivare tramite un vialetto fatto da mattonelle di marmo beige; affianco ad esso c’era un prato verde, e delle piante con dei graziosi fiorellini rossi.
Dentro non era da meno, all’entrata c’era un grande salotto con delle pareti color panna, un divano bianco al centro e una televisione appesa al muro.
Da quella casa, Megan capì che Harry non doveva essere proprio povero.
«Uau, vi trattate bene.» si lasciò scappare Megan, guardandosi intorno. Harry ridacchiò, prendendo il cane in braccio.
Poi Megan si soffermò sul pianoforte, che si trovava alla fine della stanza, proprio affianco ad una finestra.
Era bellissimo, nero lucido, e stava lì, chiuso, senza essere usato da nessuno.
Le mancava suonare quel bellissimo strumento. Ormai era da quasi due anni che non toccava un pianoforte.
Si avvicinò piano piano, sotto lo sguardo dubbioso di Harry.
Lo fissò, lo ammirò.
«Lo sai suonare?» le domandò.
«Si.» rispose lei, semplicemente.
Lo suonava sempre con suo padre, era grazie a lui che si era appassionata a quel meraviglioso strumento, capace di farla emozionare. Aveva smesso di suonarlo quando lui se n’era andato di casa. Non era più la stessa cosa suonarlo da sola, senza suo padre che le batteva il tempo, o che l’accompagnava.
Forse aveva smesso che per evitare di ricordare suo padre, di ricordare quando lui era ancora a casa con lei, quando la sua famiglia era ancora unita e felice.
Aveva smesso di suonarlo per evitare di soffrire di più.
Si risvegliò dal suo stato di trance momentaneo.
Notò che Harry non aveva fiatato, si limitava a fissarla.
Megan apprezzò molto quel gesto, non volava dare spiegazioni.
Andò con passo svelto verso Harry, il quale la portò verso un giardino che si trovava su retro di quell’enorme casa.
Inutile dire che anche esso era curatissimo.
Il riccio, prese la pompa dell’acqua e iniziò a bagnare il cane.
«Che stai facendo?» chiese Megan.
«Gli faccio il bagno.» rispose con ovvietà lui, iniziando a strofinare il pelo del cane, il quale si dimenava.
«Non ci sai proprio fare con gli animali.» esclamò Megan, strappando la pompa dalle mani del riccio, che oppose resistenza, e puntò il tubo verso di lei, bagnandola completamente.
Megan, di tutta risposta, come per volersi vendicare, con uno strattone strappò definitivamente il tubo dalle mani del ragazzo, che rideva a crepapelle, e glielo punto contro, facendogli la doccia.
«Adesso chi ride, eh?» disse provocandolo.
Lui prese un’altra pompa, che si trovava un po’ più lontano, e iniziarono a bagnarsi a vicenda, fregandosene dell’orario.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, Megan riuscì a divertirsi con un ragazzo, senza bisogno di alcol, fumo o sesso.
Riuscì a divertirsi semplicemente essendo se stessa, senza maschere.
Quel ragazzo stava riuscendo a scoprire la vera Megan.
Quando finirono di divertirsi, e di fare gli scemi, erano ormai le dieci, e Megan decise di andare via e tornare a casa, sia per il fatto che ormai era fradicia dalla testa ai piedi, e perché erano ormai più di dodici ore che non tornava a casa, e non aveva avvisato nessuno.
Preso il suo iPhone dalla sua borsa di tela nera, che per fortuna non era stata bagnata, e vide che c’erano ben 23 chiamate e 37 messaggi del padre.
Per un attimo si sentì in colpa per averlo fatto preoccupare, ma scacciò via immediatamente quel pensiero.
L’unico che si doveva sentire in colpa era lui.
Ormai Harry e Megan erano davanti a casa di lei: infatti, lui si era offerto di accompagnarla a casa, dato che abitava lontano e non passavano pullman.
«Senti, che ne dici di venire allo zoo con me, domani sera?» le domandò impacciato Harry.
Non riuscì a spiegarselo neanche Megan il perché, ma accettò l’invito di Harry.
Forse accettò perché con lui la faceva sentire a suo agio. O forse perché era l’unico ‘amico’, se così si poteva definire, che era riuscita a farsi in quella cittadina.
Lui la salutò con due baci nella guancia, e si dileguò.
Quando entrò in casa, Megan, fu letteralmente travolta dalle urla del padre.
Se lo aspettava.
«Cosa ti è saltato in mente? Non torni a casa, dormi fuori, chissà dove e con chi, senza avvisare nessuno?! Non ti è venuto in mente che mi sarei potuto preoccupare? Non ti è neanche passato per l’anticamera del cervello di avvisare?! Non rispondi alle chiamate e ai messaggi. Sei sotto la mia responsabilità. Stavo per chiamare la polizia per venire a cercarti.  Sei un’irresponsabile.» sbraitò il padre.
Dopo quelle parole Megan non ci vide più, e andò su tutte le furie.
«Ah, a me vieni a dire queste cose? A me?! Io sarei l’irresponsabile adesso?!
Se non sbaglio anche tu te ne sei andato di casa senza dire niente a nessuno. Hai lasciato me, Richard e la mamma da soli, pensando solo a te stesso.
E’ vero, anche io sono sparita senza avvisare, ma almeno io sono tornata.
Quindi, prima di urlarmi contro quelle cose, fatti un bell’esame di coscienza.»
Detto questo, si diresse in camera sua, sbattendosi la porta alle spalle.


 
Harry ancora non poteva credere di essere riuscito a strappare un appuntamento alla ragazza di ghiaccio. Pensava che non sarebbe mai riuscito a ‘smascherarla’. Si, a smascherarla da quella maschera di ghiaccio che aveva sulla faccia.
Ancora una volta, con il suo tenero fascino, Harry Styles era riuscito ad abbordare un’altra bella ragazza.
La stava aspettando fuori casa sua.
Era nervoso. Per chissà quale motivo, aveva paura che ‘l’appuntamento’ non potesse andare a buon fine. Sperava di riuscire a baciare Megan quel giorno.
Quando lei uscì, era vestita come sempre, niente di più niente di meno.
Indossava un paio di shorts di jeans, una maglia dei Pink Floyd, ai piedi dei sandali, e i capelli raccolti nella solita treccia, e non aveva neanche l’ombra di trucco in faccia.
Il look non era niente di speciale, eppure Harry la trovava bellissima ugualmente.
Bellissima nella sua semplicità.
Andarono allo zoo, e dopo aver visto tutti gli animali, e dopo essere rimasti incantati da un’esibizione dei delfini, lui l’accompagnò a casa.
Lei aveva il sorriso sulle labbra, ed Harry fu contento di essere la causa di quel meraviglioso sorriso.
«Beh, sono arrivata.» disse lei, fermandosi davanti al porticato di casa sua.
«Mi sono divertito molto, stasera.»
«Anche io.» sorrise.
Lentamente lui si avvicinava a lei, la quale non si mosse. Era immobile, e fissava i suoi occhi. Harry non aveva mai visto occhi e labbra più belli si quelli della mora davanti a lui.
Gli occhi erano azzurri, e al centro tendevano al verde.
Riuscivano a stregare chiunque.
Sentiva il suo respiro solleticargli le labbra, e decise di annullare quella ridicola distanza che si era creata tra il suo viso e quello della ragazza.
Non era la prima volta che Harry baciava una ragazza, ovviamente, ma era assolutamente sicuro, che nessuna ragazza era riuscita a fargli provare quelle emozioni.
Uno strano movimento si era creato nel suo stomaco, e una lunga scossa di brividi lo pervase.
Quando si staccarono da quel bacio casto, lei gli augurò la buonanotte e scappò in casa.
Come poteva fargli un simile effetto quella ragazza?



Era ormai un mese che Megan non parlava con suo padre e usciva con Harry,
Harry…quel ragazzo la faceva stare veramente bene.
Non erano proprio fidanzati, ma neanche amici, quello era sicuro. Forse si stavano…frequentando?
Lei era sdraiata sul suo letto, intenta a messaggiare con il riccio, che stava a lavoro, attendendo che finisse il proprio turno per poter uscire con lei. Un pensiero le sopraggiunse in testa: l’estate stava per finire, e a breve lei sarebbe dovuta tornare a Londra, e avrebbe dovuto lasciare Harry. Lei non voleva questo.
Una cosa che odiava era affezionarsi troppo in fretta alle persone, esattamente quello che aveva fatto con Harry.
Non voleva soffrire di nuovo, forse era meglio stroncare quel rapporto, per evitare di far stare male sia lei, che lui.
Decise di non rispondere più al castano, e non si preparò neanche per uscire.
Doveva riuscire a farsi odiare, non voleva essere lei a lasciare lui.
Dopo un’ora, qualcuno bussò alla porta. Harry.
Il piccolo Rich andò ad aprire, accogliendo Harry in casa con un ‘mia sorella è in camera sua’.
Harry, conoscendo già la casa, si diresse a passo svelto verso di essa.
«Non sei ancora pronta?» le chiese dandole un bacio a fior di labbra, che lei non ricambiò affatto.
«Non ho voglia.» disse con tono freddo e distaccato.
«Che hai?» le domandò lui.
«Niente, ora se permetti avrei fame.» esclamò, uscendo dalla stanza.
«Non è vero che non hai niente, ti conosco. Dimmi che cosa è successo.» disse prendendola per il braccio.
«Te l’ho detto, non ho niente. Lasciami.» disse cercando di dimenarsi dalla presa del castano.
«No, non ti lascio finché non mi dici che cosa diavolo ti prende.» si spazientì Harry.
«Non ho niente, cazzo.» urlò la mora.
«Senti, andiamo fuori a parlare. Non mi va di discutere davanti ad altre persone.» disse il riccio alludendo al padre e al fratello di Megan, che seduti in cucina osservavano la scena in silenzio.
Lei con uno sbuffo lo seguì sul porticato.
«Ora mi vuoi dire che cosa è successo? Andava tutto bene. Che cosa ho fatto? Che cosa ho sbagliato?» le sbraitò contro.
«Vuoi sapere il perché del mio comportamento? Beh il problema è che mi sto affezionando troppo a te, e non ci sono abituata, non lo faccio mai. Non mi affeziono mai alle persone perché poi l’unica a rimetterci sarò sempre io.» urlò lei.
«Ma che cazzo stai dicendo? Chi cazzo ti ha detto che io voglia farti soffrire, eh? Perché non riesci a fidarti delle persone? Perché devi sempre pensare che la gente si avvicini a te solo per farti soffrire? Quello che ho capito di te da questo poco tempo che ti conosco è che pensi sempre male di tutto e di tutti. Tendi sempre ad allontanare le persone. E sai perché? Perché hai paura di soffrire. Anche se non lo ammetterai mai, hai paura. Pensi sempre che la gente stia con te per farti del male, e non perché magari voglia esserti semplicemente amico. Tendi sempre a creare un muro tra te e le persone, e ancora mi chiedo come sia riuscito ad abbatterlo anche sono per un momento. Ma sai cosa ti dico? Che così allontanerai anche le persone che a te ci tengono veramente, e resterai sempre sola.
Ci si vede Douglas.» gli urlò contro Harry.
Megan quasi non lo riconosceva, non lo aveva mai visto così.
Lo vide allontanarsi da lei, e per la prima volta dopo molti anni, sentì gli occhi inumidirsi per un ragazzo.
E la cosa più straziante, è che aveva ragione. Aveva fottutamente ragione su tutto. Lei aveva paura delle persone, lei aveva paura di soffrire.
Sentì le lacrime rigarle il volto, corse in camera, coprendosi il viso per non farsi vedere dal padre e dal fratello. Si chiuse la porta alle spalle, si accasciò sul letto cigolante, e si lasciò andare in un pianto isterico.
Dopo tre ore rinchiusa in stanza, e senza aver smesso di piangere neanche un minuto, Megan sentì la porta aprirsi, e vide il padre sbucare con un vassoio in mano.
«Ehi» esordì il padre.
Lei si affrettò ad asciugare le lacrime, e sussurrò un ‘ciao’.
Lui si sedette sul bordo del letto e poggiò il vassoio sul comodino.
Accarezzò la guancia alla figlia, asciugandole anche qualche lacrima traditrice. «come stai?» le domandò piano.
Megan risentì un groppo in gola e le lacrime re invaderle gli occhi. Seguì il suo istinto: si buttò letteralmente quelle braccia del padre, piangendo.
Lui non esitò neanche un momento a stringerla, a cullarla e a tranquillizzarla.
Solo in quel momento, lei, si accorse di quanto le era mancato stare tra le braccia di suo padre; quanto le mancavano i suoi abbracci.
Erano sempre stati molto uniti.
Rimasero abbracciati per più di un quarto d’ora. Il tempo che lei ci impiegò per calmarsi.
«Quello era il tuo ragazzo?» le chiese il signor Douglas.
Lei si limitò ad annuire.
«Ci tieni a lui, vero?»
«Si.» rispose tirando su col naso.
«E perché l’hai trattato così?»
«Perché non ha senso affezionarsi così a una persona de tanto poi so che tra poco me ne dovrò andare.» disse con tono ovvio.
«Ma non ha senso respingerlo così, Meg.»
«E quello che mi riesce meglio, papà. Io respingo le persone.»
«Scusa, se ci tieni veramente, puoi sempre rimanere qui con me, così puoi stare con quel ragazzo.»
Megan ci pensò su, non era una cattiva idea. Ma lei era davvero pronta a lasciare la sua vita e i suoi amici a Londra, per un ragazzo che conosceva appena da due mesi?......
Megan riabbracciò suo padre.
«Scusa, per come ti ho trattato, non te lo meriti.» sussurrò tra le lacrime.
«No scusami tu. Non avrei dovuto lasciarvi così, come se niente fosse.»
Lui continuò ad accarezzarla, finche Megan non si lasciò andare tra le braccia di Morfeo.


 
Quel giorno era determinata a chiarire con Harry.
Megan in un paio di giorni aveva capito che provava qualcosa per Harry. L’aveva capito da come era stata male per lui in quei giorni in cui non l’aveva visto, in cui non aveva visto quei due occhi color smeraldo su cui tanto le piaceva perdersi, quelle labbra che tanto le piaceva baciare, quelle braccia in cui si sentiva maledettamente al sicuro.
Le mancava tutto di lui.
Si fece accompagnare dal padre a casa sua, sicura di trovarlo lì.
Suonò il campanello, e venne ad aprirle una bambina sui dieci anni, con dei lunghi capelli biondi e un paio di occhi uguali a quelli di Harry. Doveva sicuramente essere la sorellina.
«Ciao, chi sei?»
«Sono Megan, un’amica di tuo fratello. Lui è in casa?»
La bambina spalancò del tutto la porta, facendo entrare Megan. «Si, è in salone.»
La mora, avanzò piano l’enorme sala, e trovò il riccio sdraiato sul divano, intento a guardare un programma alla tv.
«Ciao.» esordì Megan.
Lui si voltò di scatto, e la squadrò.
«Tu cosa ci fai qui?» le chiese brusco.
«Sono venuta a scusarmi per come mi sono comportata, e a dirti una cosa.»
Harry si alzò dal divano, spense la tv e la raggiunse.
«Sentiamo.» disse.
«Non sono molto brava con le parole…posso?» chiese indicando il pianoforte.
Harry annuì.
Lei si sedette e iniziò a suonare una canzone a lui sconosciuta.

Give me love, like her
Cos lately I’ve been waking up alone
The pain splatter tear drops on my shirt
I told you I’d let them go And that I find my corner
Maybe tonight I’ll call you
After my blood, turns into alcohol
No, I just wanna hold you
Give a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow
My my my my give me love
My my my my give me love
My my my my give me love
My my my my give me love


Quella canzone l’aveva scritta col padre, prima che lui se ne andasse di casa.
Mega sentì gli occhi inumidirsi nuovamente, e le lacrime rigarle il volto e cadere sulle mani che si muovevano velocemente tra quei tasti, producendo una fantastica melodia.

Give me love like never before
Cos lately I’ve been craving more
And It’s been a while but I still feel the same
Maybe I should let you go
And you know I’ll find my corner
Maybe tonight I’ll call you
After my blood, is drowning in alcohol
I just wanna hold you
Give a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow
My my my my give me love
Give a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow
My my my my give me love
My my my my give me love
My my my my give me love
My my my my give me love.

Harry era sicuro di non aver mai sentito una voce più bella e soave di quella di Megan.
Inoltre era bravissima a suonare il piano, accarezzava i tasti come se si potessero rompere.
La mora si alzò, si asciugò le lacrime con un gesto rapido e si avvicinò a lui.
«Scusa, per tutto. Avevi perfettamente ragione: ho paura delle persone, ho paura che gli altri mi possano far soffrire, perchè l’intento di tutta le gente che ho conosciuto era quello. Ma ho capito che tu non sei uno di quelli. Ma sono testarda, e l’ho capito solo dopo averti perso. Mi dispiace, Harry.»
Megan alzò lo sguardo, che durante tutto il discorse era rimasto puntato a terra, e lo puntò sugli occhi di Harry, e notò che erano lucidi.
«Sono stato male questi giorni senza di te, non lo nego. Sono contento che tu sia qua.» le sorrise, contagiando anche lei.
Per la prima volta, Megan, si sua spontanea volontà, prese il viso del riccio e fece combaciare le loro labbra, dando inizio ad un bacio casto.
«Ma insomma, come farai? Tra due settimane tu dovrai tornare a Londra.» disse il castano una volta essersi staccati da bacio.
Megan sorrise. «Mio padre mi ha detto che posso rimanere qua con lui.»
Harry, stupito, le sorrise come non aveva mai fatto, le prese il viso e la baciò dolcemente, lasciandosi scappare quelle due parole, che Megan non si sarebbe mai e poi mai aspettata.
«Ti amo.»
Megan rimase un po’ scioccata, ma decise di lasciarsi andare.
«Ti amo anche io, Harry.»
E per la prima volta, Megan, era davvero felice.
Era felice grazie a lui.
Era felice con lui.




Hugmejawi's corner.
Salve gente!
Allora, parto col dire che questa è la mia prima OS, quindi siate buone.
E' tipo la 'storia' più lunga che io abbia mai scritto: ben 13 pagine di word e cinquemilanovecentosettantatre parole. :o
Sono abbastanza soddisfatta, tranne per il fatto che secondo me è decisamente troppo lunga, infatti stavo persino per dividerla in capitoli e farci una mini FF. lol
E' una storia totalmente inventata, ed come avrete capito è ispirata a 'The Last Song', come potrete capire dal banner (di cui sono molto soffisfatta, tra l'altro lol) la protagonista è, niente popo di meno che, la mitica Miley. wohoo
E' ambientata a Holmes Chapel (u don't say?!), ma non ho la minima idea se ad Holmes Chapel ci sia il mare, però mi serviva per alcune scene. lol
Boh, fatemi sapere con una recensione cosa ne pensate, potete dirmi anche che è una merdata colossale, non mi offendo. lol
Per quanto riguarda la FF su Zayn, siamo fermi alle sei recensioni, io ne ho chiesto nove e quindi non aggiorno lol
Mi dileguo e vado a fare una torta c:
By, gentagliaaa.
-hugmejawi

Se volete chiedermi qualcosa:

Ask: http://ask.fm/zaynsblazer 
Twitter: @hugmejawi (chiedete per il followback)

FF su Zayn: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1400357&i=1




  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: thenefia