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Autore: Nemainn    13/02/2013    3 recensioni
L'oscura Dama senza età che domina sui mortali, il suo segreto, il suo gelido cuore di neve. Un racconto breve che parla della Oscura Dama senza Pietà.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Oscura Signora


 

Le danze si aprono nell’immensa sala dagli sfocati confini, illuminata da mille e mille candele di bianca cera profumata.
Velluto nero alle finestre buie che si aprono sul nulla, festoni di seta viola decorano pareti dai colori sbiaditi, arazzi scuri e incomprensibili si alternano a specchi vuoti.
Il passo dei ballerini che, aritmicamente, toccano il pavimento di legno color miele, il suono di quei piedi calzati di scarpe eleganti è solo un sommesso sottofondo.
La musica aspra e discorde l’annuncia e lei entra, fredda e altera.
La nostra padrona, ospite d’onore in questa festa oscura che mai finisce e mai finirà, finché il tempo avrà corso e la vita fiorirà.
Abiti di taffettà nero e viola, ricami d’oro e d’argento, eleganti pizzi e merletti bianchi come il ghiaccio, rigidi come il cuore della nostra signora.
Lunghi colli candidi e sinuosi che si piegano con eleganza al passaggio di Lei, inchini e riverenze profonde e rispettose, la musica ironicamente più viva.
E gli occhi di lei, immote polle viola e nere, mi guardano e mi chiama.
Mi avvicino, avvolto nell’abito da lei scelto per me: merletti, trine, velluto e pelle morbida come la gola di una fanciulla.
Prendo la mano sottile e flessuosa come un giunco che mi porge, mi inchino, sfiorando con le mie labbra fredde la sua mano, ancora più gelida.
L’ombra della falce sfiora il mio viso.
Ormai non mi spaventa più, ora sono suo. Per servirla, non per amarla.
Lei non ha bisogno di amore in queste immense sale gelide, ma solo delle danze che compiono la sua volontà, anime in eterno bagordo che la omaggiano, senza scopo alcuno se non divertirla.
Il giro di una danza, le mani gelide tra le mie, la corona sul capo della mia signora brilla di pallido argento e di perle nere come la notte senza stelle che ci tiene prigionieri.
Al passo della mia oscura padrona danzo, senza mente o ricordi, finché lei, sorridendo con le labbra livide, mi regala l’ennesima immagine di colei che ho dovuto lasciare per rispondere alla convocazione di Lei, che è Regina, Signora e Padrona, di noi tutti.
Il cuore si colma di amarezza e dolore e, solo il potere che Lei ha su di me, mi fa continuare la danza, come un burattino senz’anima.
La musica risuona strana, lontana e le lacrime, che non dovrei essere capace di versare, bagnano il mio viso.
Lei sorride, con il volto di una bellezza tale che più di un uomo è morto per essa, per seguirla anche se non era ancora giunto il suo tempo, agognando quella bellezza, sognando di possederla.
Ma io no, io la ho rifiutata sempre e, per questo, Lei mi tiene presso di sé, tra coloro che la divertono, nella eterna parodia di festa che è il suo gioco.
Lontani cembali, violini, liuti e flauti continuano la musica che scorre sempre uguale.
E la mia coscienza improvvisamente rivive.
La sua falce è sempre lì, accanto a Lei.
Lei è crudele, talmente potente e dura, che neppure il tempo ha avuto il coraggio di affrontarla e la Dea stessa le ha dato l’eterna vita, il compito di portare via le anime di chi aveva finito il suo tempo e compiuto la sua opera.
Ma io non ho compiuto la mia opera, lo so.
Una giravolta, un altro passo di questa strana danza, e il ricordo si fa strada in me, ridandomi la mente e la coscienza.
Lei mi sorride e io so cosa vuole, ora, da me.
Vuole che io sia il suo angelo nero, colui che la accompagna nell’eterno mietere che mai avrà fine.
Mi inchino al suo volere, non ho scelta alcuna.
La musica ora mi frastorna, le movenze della mia regina avvolta in morbide vesti nere e argento mi affascinano, il fruscio delle sete viola della sottogonna e della fodera dell’abito, i capelli d’ebano lucidi come uno specchio di onice, mi ipnotizzano.
Sono suo servo, ma una parte di me è libera e lei non la avrà mai, né la desidera.
L’amore non le serve a nulla, lei ama se stessa, è fine a se stessa.
Esiste da sempre e sempre esisterà, cosa le importa dell’anima di un suo servo, che solo in parte non le appartiene?
La musica si ferma e i ballerini sono di colpo indistinti, mentre lei mi prende per mano, la sua pelle fredda e perfetta come il marmo più candido emana il profumo dei gigli.
Vaghiamo, la tenebra si fa illusione e la luce colpisce i miei occhi, mentre vago assieme a lei che ora è coperta da un manto di tenebra che la avvolge e nasconde, su campi di battaglia dove il terreno è intriso di sangue. Dentro case dove famiglie piangono la perdita di una persona cara, nelle strade dove la gente muore per mille motivi, sola.
Raccoglie le anime, le prende con sé.
E scopro che la tenerezza con le quali le avvolge è fatta dell'amore più puro.
Allora non è priva di amore quella donna eterna che miete le anime, l’amore che ha la porta alla misericordia, una misericordia tale da dare alle anime senza più uno scopo una casa dove vivere, una nuova possibilità.
Mi rendo conto che ora lei mi ha mostrato il suo vero viso.
La morte è solo un lato dell’amore.
Un parte della vita, non la fine di tutto.
La morte è il lato incompreso, la faccia dolorosa, il sacrificio più grande, il compito che solo lei ha accettato.

“Hai capito.”

Non avevo mai udito la sua voce, ma ora che la sento so che non potrei esistere mai più senza quel suono.
So che non è la nera e oscura padrona di tutti noi, ma solo colei che, unica, ha accettato l’ingrato compito di raccogliere le anime ferite, curarle e poi restituirle nuovamente alla vita.

“Ora so.”

Le dico solo quello, mentre con la mia presenza mitigo il suo dolore di mietitrice.
Viene accolta con accettazione o rabbia, alcune volte perfino con gioia.
Rassegnazione e dolore segnano le anime dei più, mentre vengono accolti in lei, fino a quando non sarà ora di tornare a vivere.
Ma allora perché le danze? Perché quella parodia di vita?
La guardo, perdendomi nelle orbite talmente antiche da essere senza tempo, lei capisce e mi mostra la sala.
Solo chi non vuole tornare alla vita è lì, in attesa.
In attesa dei figli, delle mogli o degli amanti, dei fratelli o dei genitori.
Come me che aspettavo la mia amata, che non volevo andarmene verso un nuovo cammino senza di lei.
Piango, rendendomi conto che l’avrei aspettata in eterno, invano, perché mi aveva dimenticato.
Mi porta alle porte della sua nuova casa e vedo che, nel suo cuore, persino il ricordo del nostro amore è svanito.
Guardo la mia signora e piango, dolorose lacrime, sul seno freddo della morte, trovandovi finalmente il conforto che mi sono negato.
Lacrime calde, brucianti come il dolore, scorrono sul mio viso, scavando sentieri d'agonia.
La mano che le asciuga è fatta di ghiaccio e tenebra, ma ora so che non è vuota e terribile, è solo dolorosamente sola.
Con un ultimo sguardo a lei, a colei per il quale il mio cuore batteva, chino il capo davanti alla sua falce, accettando di essere al suo fianco, finché lei vorrà la mia anima a tenerle compagnia, finché la mia anima non desidererà una nuova vita.



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Grazie di leggere e, se vipiace, ricordate che i commenti fanno bene all'autostima dell'autrice! XD

 

   
 
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