«I will burn the heart out of you».
«I have been reliably informed that I don’t have one».
«And we both know that’s not quite true».
John
Watson non è solito a svegliarsi per il fracasso che fa Sherlock di
notte. Essendo reduce di una lunga permanenza nell’esercito, forse
dovrebbe avere il sonno leggero quanto lo era una volta…
ma non ci fa nemmeno troppo caso. Tutte le sere, quando torna a casa, è
talmente sfinito che crolla sul letto e non si azzarda ad aprire gli occhi fino
alla mattina seguente. Anzi, i rumori di Sherlock praticamente ormai sono la
sua ninnananna, ciò che lo calma e che lo culla verso l’incoscienza…
Eppure, quel giorno di Febbraio, John si rizza a sedere non appena sente il
rumore. Sia chiaro, di esplosioni nel 221B ce ne sono praticamente tutti i
giorni, ma questa è particolarmente forte e John inizia a preoccuparsi.
Butta fuori i piedi dal letto, si alza, fa un passo, si rialza di nuovo con
nonchalance dopo essere caduto per terra e scioglie l’intreccio delle
dannatissime lenzuola dalle sue caviglie. Casa sua potrebbe essere in procinto
di esplodere e lui cade per terra inciampando nelle coperte. Delizioso.
Il medico militare si scuote dai suoi ragionamenti ancora assonnati e scende le
scale con cautela, quasi temendo di sbirciare al piano di sotto. Il salotto
è integro, grazie al cielo, ma forse le scie di cenere che si estendono
fin fuori dalla cucina dovrebbero allarmarlo.
John rabbrividisce ed entra nella stanza.
Sherlock è in piedi davanti al tavolo o, perlomeno, a ciò che ne
rimane. Ci sono vetri ovunque, cenere su ogni suppellettile, sostanze
mucillaginose appiccicate ad ogni mobile. Il cuore di John inizia a palpitare
fortissimo per la rabbia, ma non è niente rispetto a quello che prova
quando scorge la figura del suo amico.
E lì inizia quasi ad aver paura.
È rimasto in piedi, immobile e nella posizione perfetta che aveva quando
ha fatto esplodere mezza cucina. La mano è tesa come se stesse
stringendo qualcosa, ma John ci vede solo il sangue che cola dalle ferite e
pezzettini di vetro appiccicati alla sua pelle. Quasi sviene. Ma no, non
può farlo, perché non ha ancora visto il suo viso.
È strano come i suoi occhi chiari risaltino sulla sua pelle ora nera
come il carbone per la cenere. Sono spalancati in un misto di “non posso
aver sbagliato. È impossibile” e di terrore alla “John
questa volta mi ammazzerà. Sono finito, basta, la mia vita sta per
terminare”, ma John non riesce a fare altro che aggrapparsi a lui e
scuoterlo per le spalle.
«Sherlock? Sherlock? Sherlock, dannazione, ripigliati!».
E lui batte le palpebre, lo guarda per un attimo, reclina il capo. All’inizio
John pensa che gli stia offrendo la gola per ottenere la pena che si merita, ma
più che quello di squartarlo, in quel momento John prova solo il
desiderio di baciargli il pomo d’Adamo e di stringerlo a sé. Poi
capisce che sta guardando in alto, verso qualcosa, ma è troppo impegnato
ad agitarsi intorno alle sue ferite sulla mano per badare a quanto abbia
bruciato il soffitto o a quante gambe del tavolo siano rimaste incastrate nel
muro.
«Dannazione, Sherlock», dice,imponendosi di essere severo.
Perché deve esserlo. Sherlock ha bisogno di regole praticamente
più di quante ne abbia bisogno un lattante. «Ho capito che hai
deciso di voler a tutti costi farmi saltare in aria la casa, ma potresti
perlomeno far attenzione a non far saltare in aria te?».
E Sherlock sorride, proprio come se non ci fosse niente di sbagliato in tutto
ciò che ha fatto. Sorride e lo abbraccia, senza neanche far troppa
attenzione a non urtarsi la mano ferita.
«She-», biascica il dottore, stupito. Ma
lui poi lo lascia, gli posa un bacio sulla fronte e se ne va. Perché
alla fine non c’è bisogno di dire più niente: ha passato
settimane ad architettare un regalo stupendo per il suo ragazzo – e le parole “suo”, “ragazzo”
e “John” continuano ancora a fargli sentire una sensazione strana
nello stomaco - e ha passato notti
intere a cancellare dalla sua lista personale ogni singolo regalo che Molly o
Lestrade o Mrs. Hudson gli avevano consigliato, poiché troppo scialbi. E,
dopo tutto ciò, scopre solo ora che essere sé stessi è
sempre il regalo più bello che tu possa fare alla persona che ami.
Mentre lascia la stanza, osserva intenerito John che sorride alla nuvola di
fumo che aleggia proprio sopra tutte le fialette che Sherlock ha appena fatto
scoppiare.
Una bella e grossa nuvola a forma di cuore.
NdA
Buonccciorno! (:
È tantissimo che non scrivo qualcosa in questo fandom e mi sentivo una
persona orribile, quindi sono corsa a rimediare. Oggi ero in vena di fluff e di
cose pucciose per ovvi motivi, e alla fine ne
è uscita fuori questa cosa. E lo so che tutti odiano San Valentino
tranne me – probabilmente anche voi -, ma io lo faccio comunque: vi
faccio gli auguri e vi mando un cuoricione –
senza esplosione, magari – di fumo a tutti. (:
Grazie per aver letto. Graaaazie, graaaazie,
graaazie!
♥
WJ