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Autore: DearCharlie    14/02/2013    1 recensioni
'Louis l'aveva tirato via.
Gli aveva impedito di volare.
Poi si accorse che piangeva, e iniziò a piangere anche lui.
E Louis circondò Harry con le braccia e lo strinse al suo petto.
E Harry capì una cosa fondamentale.
L'unico modo per volare, era stare con Louis.
Perché in quella gabbia, non era da solo.
E non avrebbe mai potuto volare via, senza di lui.'
Fanfiction ispirata dalla bellissima poesia Sympathy di P. Laurence Dunbar.
Genere: Angst, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I know what the caged bird feels, alas!
When the sun is bright on the upland slopes; 
When the wind stirs soft through the springing grass, 
And the river flows like a stream of glass;
When the first bird sings and the first bud opes, 
And the faint perfume from its chalice steals—


I know what the caged bird feels!
 




Harry ricorda tutto di quella giornata di fine settembre.
Anche se chiude gli occhi e serra le palpebre fortissimo, fino a farsi male, le immagini sono ancora lì, limpide nella sua memoria.
Ricorda ogni cosa.
Dalle foglie che si sbriciolavano sotto i suoi piedi per strada alla mano di Louis stretta nella sua, nella tasca del giaccone.
Dagli sguardi bassi degli altri ragazzi alle coppiette innamorate per strada che gli facevano venire il voltastomaco.
Ricorda perfettamente il suono del citofono, il dito indice di Louis pressato sul pulsante dell'ascensore, la scritta modest!management sul campanello in caratteri eleganti.
Si ricorda di ogni singolo uomo in cravatta e camicia, ogni singola valigetta stretta fra dita grassocce, ogni viso mal rasato, ogni occhiata di disprezzo.
Si ricorda perfettamente dell'uomo alto che stava dietro la scrivania, della sua voce calda mentre pronunciava parole taglienti, della mano di Louis che faceva quasi male da quanto era stretta alla sua ora.
E poi Zayn che batteva un pugno sulla scrivania dell'uomo, e urlava qualcosa sull'ingiustizia.
E Harry sentiva di essersi perso qualcosa, di essersi distratto nel momento sbagliato, che l'uomo aveva detto qualcosa di molto importante.
E si ricorda benissimo della ragazza bruna, Eleanor, entrata nella stanza all'improvviso.
Di come l'uomo le sorrideva.
Di come le sue orecchie erano troppo grandi e le sue gambe troppo magre e il suo sorriso troppo falso. Un'attrice, si ricorda di aver pensato.
E poi aveva finalmente capito, la consapevolezza investendolo come un'onda.






 
I know why the caged bird beats his wing
Till its blood is red on the cruel bars; 
For he must fly back to his perch and cling 
When he fain would be on the bough a-swing;
And a pain still throbs in the old, old scars 
And they pulse again with a keener sting—

I know why he beats his wing!

 






Se Harry volesse, potrebbe ripercorrere la sofferenza di quell'anno e mezzo attraverso i suoi tatuaggi.
Non l'ha mai fatto prima, ha sempre cercato di tenere il dolore a distanza di sicurezza, ma ora pensa che non ha niente da perdere e quindi lo fa.
Passa i polpastrelli sull'inchiostro nero, ricalca i disegni ancora e ancora. E anche se ha gli occhi chiusi i tatuaggi sono lì, stampati nella sua mente, nella sua coscienza, nella sua anima.
In due anni e mezzo Louis è riuscito ad amare Harry così tanto da farlo sentire vivo.
E Harry ha sempre avuto il bisogno impellente di condividere le cose che lo rendono felice con il mondo. 
Che sia un libro, una storia, un buon voto, una canzone, Louis. 
Ma con Louis non può.
Perchè, da quello che ha capito del discorso dell'uomo, sono entrambi maschi e sarebbe sconveniente. Harry non capisce quella parola, sconveniente.
Ha provato a giurare all'uomo che il loro amore non è sbagliato, che quando fanno l'amore si sente a posto con il mondo, ma l'uomo l'ha zittito disgustato.
Così Harry ha iniziato a gridare in silenzio.
Tramite tatuaggi, sguardi, mezze frasi.
Ha iniziato a dire tutto senza dire proprio niente.
E gli uomini con le valigette alla fine l'hanno punito, gli hanno dato la bionda Taylor come finta fidanzata.
Da bravo uccello in gabbia, ha provato a battere le sue ali, anche se non ha fatto altro che ferirsi.
Non appena le cicatrici si rimarginano, lui le riapre.
E continua a batterle, quelle ali, incurante di ogni dolore, perché l'unica cosa che desidera è essere finalmente libero di volare nel cielo.

 






I know why the caged bird sings, ah me,
When his wing is bruised and his bosom sore,—
When he beats his bars and he would be free;
It is not a carol of joy or glee,
But a prayer that he sends from his heart’s deep core, 
But a plea, that upward to Heaven he flings—

I know why the caged bird sings!

 







Ora Harry è in piedi sul cornicione, e un po' si sente felice.
Può vedere tutto, sentire l'aria che lo attraversa.
Un passo, due, tre.
Si sporge un po', non abbastanza. 
Non è ancora il momento.
Ma non ha molto tempo, fra poco Louis rientrerà dal supermercato.
Gli viene quasi da piangere al pensare quanto Louis soffrirà per la sua morte. Quanto dolore causerà a tutti quelli che ama.
Cosa dirà il vecchio Nick? O Anne? O Gemma? O i ragazzi? Forse loro sopravviveranno.
Ma Louis? Può farcela Louis senza di Harry?
'A cosa serve una bussola senza una nave da guidare?' gli ha detto Louis una volta, dopo che avevano fatto l'amore per tutta la notte. Era poco più di un sussurro, ma a Harry era giunto forte come un grido.
E aveva risposto: 'Come può una nave trovare la giusta direzione senza la sua bussola?' e poi avevano fatto l'amore di nuovo e ancora e ancora.
Harry non si era neanche accorto di stare canticchiando, lì in piedi su quel cornicione nell'aria fredda di Febbraio.
Un canto sommesso, patetico, inutile, perché nessuno l'avrebbe mai sentito.
Creato in un attimo, e portato via dal vento l'attimo dopo.
Improvvisamente Harry diventò immensamente triste.
Era quello il momento per saltare?
Finalmente avrebbe potuto spiegare le sue ali e volare.
Uscire dalla gabbia.
Da solo, ma ce l'avrebbe fatta.
Si, era quello il momento.
Prese un grosso respiro.
E poi contò.
Dieci.
Addio, musica. Sei stata la mia vita.
Nove.
Addio, Londra, madre grigia che mi ha accolto nel suo ventre.
Otto.
Addio Nick, sei stato un grande amico.
Sette.
Addio Gemma, ti vorrò sempre bene.
Sei.
Addio mamma, scusa se mi tolgo la vita che mi hai dato, ti voglio bene.
Cinque.
Addio, Niall, sono sicuro che non capirai.
Quattro.
Addio, Liam, spero che capirai.
Tre.
Addio, Zayn, so che capirai.
Due.
Addio Louis, ti amo.
E poi... e poi una mano lo spinse via, tirandolo indietro sul balcone.
Harry si ritrovò sulle mattonelle fredde, incredulo.
Louis.
Louis l'aveva tirato via.
Gli aveva impedito di volare.
Poi si accorse che piangeva, e iniziò a piangere anche lui.
E Louis circondò Harry con le braccia e lo strinse al suo petto.
E Harry capì una cosa fondamentale.
L'unico modo per volare, era stare con Louis.
Perché in quella gabbia, non era da solo.
E non avrebbe mai potuto volare via, senza di lui.
E sotto le prime gocce di pioggia di quella giornata di febbraio, subito dopo aver tentato il suicidio, Harry Styles capì che usciva da quella gabbia nel momento in cui era libero di amare Louis.
E che quindi in quella gabbia non c'era mai stato, in realtà.






(Poesia tratta da Sympathy di P. Laurence Dunbar, all rights reserved.)
  
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