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Autore: Charlene    14/02/2013    8 recensioni
Collaborazione tra me e PichShrooms_BOOM. Le nostre menti si sono unite. Che cosa ne uscirà, chiedete? Leggete e lo scoprirete.
~Dedicata alla forte amicizia che si è creata tra di noi malgrado la distanza che ci separa.
Sento i suoi passi farsi sempre più vicini. Oddio, oddio, oddio! L'ansia comincia a prendere il sopravvento sulla mia ragione e sul mio corpo. Vedo le sue mani strisciarmi addosso rapide e noto una lama sottile e affilata appoggiarsi lentamente sulla mia pelle. Vedo il sangue uscire, sento il dolore annebbiarmi la testa...
Genere: Dark, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Boris, Hilary, Kei Hiwatari, Un po' tutti, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Settimo:

CØMPLICAZIØNI 2.

 

Boris se ne stava piuttosto in disparte, intento a terminare anche l’ultima goccia delle scorte di alcool di Yurij. Hilary lo guardò, preoccupata. Di quel passo, anche uno stomaco d’acciaio come lui si sarebbe sentito decisamente male.

"Ok, ho fatto sei! Che devo fare?" chiese Takao, muovendo la pedina e avanzando di sei caselle. 

“Bevono tutti” lesse Yurij, afferrando il suo bicchiere.
Hilary, iniziando a sentire la testa girare, si chiese perché avesse accettato di partecipare a quel gioco, ma ormai la frittata era fatta. E pensare che lei di solito preferiva non bere, non reggeva affatto l’alcool.
Prese il dado e lo lanciò, uscì il quattro e capitò di nuovo sulla casella “bevono tutti”. Boris non stava giocando, ma effettivamente li stava battendo tutti quanti.

"Sentite, io non ce la faccio più, mi fa già male la testa." protestò Hilary, strofinandosi gli occhi.
Kei la guardò e sorrise. Non era proprio abituata, per fortuna. “Almeno lei” pensò, osservando il resto della compagnia e pensando a Karolina e a Ivan. Un branco di adolescenti alcolizzati, ecco cosa erano.
"Non ha senso." disse Boris all’improvviso. Gli altri quattro si voltarono verso di lui. "Non ha proprio senso, se era triste per la morte di Lisa perché non ha pianto, o non si è lamentata, o…"

"Non tutti esternano i propri sentimenti, lo sai benissimo." rispose Hilary. Provò pena per Karolina. Boris non aveva nemmeno pensato al suo stato d’animo, evidentemente.

"Sono anche andato a cercarla quando quella è morta, ero preoccupato per lei. Ed è così che mi ringrazia." continuò il russo, che sembrava non averla nemmeno sentita. Per la precisione, sembrava starsi rivolgendo direttamente alla bottiglia vuota che teneva in mano.

"Ignoriamolo, non la smetterà mai." consigliò Yurij, prendendo il dado. Hilary alzò le mani e se ne tirò fuori. "Però vi guardo volentieri." aggiunse. Nuovi elementi di ricatto facevano sempre comodo a tutti.

"Voi andrete al funerale?" chiese all’improvviso Ivanov, giocherellando con il dado. Gli altri lo guardarono, e fu Kei a rispondere per primo: "Non credo. Insomma, non la conoscevo nemmeno."
"Al funerale di Mao… c’era tutta la scuola." mormorò Hilary.
"Per Mao era diverso, tutti l’hanno cercata per giorni." disse Kei.
"Io credo che andrò. Era a scuola con noi." intervenne Takao, mettendo una mano sulla spalla di Hilary.
"Non è strano?" chiese la ragazza, e gli altri aspettarono che continuasse, incuriositi. "Insomma… che si sia suicidata lì. È un posto assurdo. Nel deposito degli attrezzi, che ci faceva lì?"
Kei ascoltò, interessato. Boris alzò gli occhi al cielo, invece. "Quando ti vuoi suicidare, non credo che ti importi molto del luogo." 
"Non è vero. Ma in ogni caso è troppo strano che fosse là."
"Hilary, non vedrai un omicidio anche qua, giusto?" chiese il russo. Lei alzò le spalle: "Non lo so. Non lo so, insomma, anche lei era una ragazza apparentemente felice. Forse sono l’unica qui a pensare che per arrivare a togliersi la vita ci voglia molto di più che svegliarsi di cattivo umore." disse, con tono amaro. Tutti la additavano come paranoica, ma loro erano i primi a semplificare tutto. Come se fosse normale che ragazze belle, popolari, piene di amici e con famiglie amorevoli si suicidassero a cuor leggero.
"Io la penso come te." disse Yurij. Hilary lo guardò, sconvolta. "Cosa?"
"Io sono d’accordo con te." ripeté. Kei annuì: "È tutto davvero strano. Ma la polizia ha già chiuso il caso come suicidio."
Boris rise in modo insano: "Oh, dai, non mettetevi paranoie. Non conoscevamo Lisa, magari aveva tutti i problemi del mondo!"
"Invece pare proprio di no, per questo tutti i suoi compagni di classe non si danno pace e non capiscono." rispose Takao.
"Non si conosce mai del tutto una persona." insistette Boris, e Hilary si accigliò: "Io conoscevo del tutto Mao. E so benissimo che non si sarebbe mai tolta la vita, di questo sono certa. Su di lei non ho alcun dubbio… e la conoscevate anche voi. So che in cuor vostro anche voi pensate che non sia stato un suicidio."
Erano sempre stati tutti piuttosto ambigui. Perfino Kei certe volte si era mostrato d’accordo con lei, altre no. Era la prima volta che qualcuno le diceva di pensarla come lei, e si sentì grata nei confronti di Yurij. Grata e meno sola.
"Ok, quindi cosa crediamo? Che ci sia un pazzo che uccide le ragazze e fa passare la cosa come un suicidio? Non vi sembra di lavorare troppo con la fantasia?"
Boris sapeva essere veramente fastidioso.
"Non lo so, Boris. Non lo so." concluse Hilary, poggiandosi al tavolo.
"Ciò non giustifica il comportamento di Karolina!"
Yurij roteò gli occhi, stanco di quelle continue ed inutili lamentele. Si era complicato la vita da solo: avrebbe potuto mostrarsi più attento allo stato d'animo di Karolina. Oppure avrebbe potuto semplicemente evitare la discussione scusandosi, anziché fare la parte del cocciuto che voleva sempre avere ragione. Un po' di cervello, insomma!
"Era sconvolta, Boris. Pensi davvero che si sia infuriata così solo per delle chiamate a cui non hai risposto?" domandò Yurij, cercando di farlo ragionare.
"Era isterica, non sconvolta! Una pazza!"
"Già, pazza quanto lo è Julia. Vero?"
L'ironia di quella constatazione ammutolì Boris, lasciandolo privo di parole con le quali ribattere e difendersi.
La discussione morì lì. Anche la serata stava effettivamente morendo, e nessuno era dell’umore adatto per ravvivarla. Boris era andato fuori a fumare, Hilary si era accoccolata in poltrona e si era addormentata. Takao aveva fatto lo stesso, ma sul tappeto.
"Che teneri che sono i tuoi amichetti." disse Yurij, guardandoli con un sogghigno. Kei percepì di nuovo quella nota nella sua voce, e stavolta reagì.
"Yurij, se hai qualcosa da dire perché non smetti di girarci intorno?"
"Non devo dirti niente."
"Ah, no? Ti conosco. Ti dà fastidio questa cosa del viaggio?"
Il rosso rise, forse con una nota di nervosismo: "No, che me ne frega?"
"Hai sempre detto che non ti infastidisce che… stia con Hilary." tentennò sull’uso del verbo “stare”: era sempre stato un rapporto strano. 
"Sì, infatti l’ho detto."
"E allora?"
"L’ho detto." ripeté Yurij, alzandosi dalla sedia.
Kei assunse un’espressione esasperata. "Parla chiaro, accidenti!"
L’altro non attese oltre e lo spinse violentemente contro il muro. "Sei tu che devi chiarirti le idee, Kei." gli disse, a un millimetro dalla sua bocca.
"Parliamone da un’altra parte, che ne dici?"
"Hai paura che la tua ragazza ci veda?"
"Yurij, mi stai urtando profondamente. Spostati."
In risposta il rosso gli afferrò il viso fra le mani e lo baciò. Kei sgranò gli occhi, ma si tranquillizzò vedendo che gli altri continuavano a dormire. Rispose al bacio e mise le mani sulle spalle di Yurij. 
"Vorrei davvero chiarirmi le idee." disse, guardando in basso. 
"Lo so."
Rimasero in silenzio per qualche secondo, si poteva udire solo il russare di Takao. 
"Magari adesso ce ne andiamo a letto anche noi." propose il rosso, ormai calmatosi. Kei annuì e lo prese per un polso, trascinandolo verso la camera di Yurij.

*

Karolina continuò a piangere a dirotto, abbracciando il cuscino e lasciando Nataliya piuttosto dispiaciuta nel vederla in simili condizioni. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, impegnata com'era a cercare un modo per tranquillizzarla. Ma Karolina quella mattina era particolarmente triste e già stufa di tutto quello che stava succedendo.
Piangere in quella maniera per lei era quasi un insulto, abituata ad essere forte e ad affrontare ogni tipo di situazione di petto. 
Seppure Nataliya non le stesse facendo mancare l'affetto necessario per ritrovare un briciolo di sollievo, in quel preciso istante si sentiva sola. Sola e spaventata. Sola ed abbandonata.
“Può capitare di litigare, Karol. Si risolverà tutto, vedrai.”
Karolina premette ancora di più il viso sul cuscino, come se non avesse più voluto farsi vedere in quello stato imbarazzante. 
“L'ho lasciato, non vorrà più vedermi!”
Nataliya sbuffò: andava avanti così da ore, non riusciva proprio a far niente per tirarle su il morale.
Poi, come per miracolo, ebbe un idea: “Perché non mandi un messaggio a Yurij? Lo ringrazi per averti accompagnato qui e ne approfitti per chiedergli qualcosa su Boris.”
Karolina scosse la testa, per niente convinta. “Lo dirà a Boris, è il suo migliore amico.”
“Ma non fai nulla di male! Anzi, così dimostri di tenere a lui!”
Alzò la testa e restò a guardarla per qualche istante, senza dire niente. Non era una cattiva idea, seppur potesse essere tranquillamente etichettata come un'azione infantile. Tuttavia non le sembrò che ci fosse niente di male nel ringraziarlo per aver sopportato i suoi continui piagnistei per tutto il tragitto. Inoltre era seriamente intenzionata a sapere come stesse Boris, se fosse ancora arrabbiato con lei o meno. Sapeva che -conoscendolo- non avrebbe ottenuto una risposta positiva, ma tentare non poteva nuocerle in alcun modo.
Sospirò. “Va bene, mi hai convinta.” tirò fuori il telefono dalla tasca dei jeans e selezionò il numero di Yurij, pronta ad arrovellarsi per scrivere il messaggio.

*

Yurij stava nel bel mezzo del dormiveglia in condizioni indecenti: stravaccato sul suo letto con Kei affianco, che gli cingeva la vita con un braccio. La suoneria del cellulare lo fece rinvenire del tutto da quello stato confusionario. Si accorse di essere in balia di un forte mal di testa.
Prese il telefono e vide che gli era appena arrivato un messaggio; lo aprì per leggerlo:

Da: Karolina
Ciao! Volevo ringraziarti per ieri sera, da sola non so se sarei riuscita ad arrivare a casa.
Rimanga tra noi: Boris? È ancora lì?

Ci mise un po' a capire che cosa ci fosse scritto, poiché al mattino appena sveglio difficilmente riusciva ad essere dotato di una vera e propria intelligenza. Si avvicinò il telefono al viso, per riuscire a decifrare quelle parole che per un attimo gli parvero scritte in una lingua strana e sconosciuta. 
Sorrise e guardò Kei, assicurandosi che stesse dormendo. Nel caso Boris fosse stato ancora arrabbiato con lei, non gli avrebbe detto del messaggio. Di certo non era il tipo di persona a cui piaceva complicare le cose in una situazione nella quale non c'entrava nulla. Inoltre le dispiaceva per lei, malgrado non fosse favorevole al comportamento che aveva avuto nei confronti di Julia.
D'altronde ognuno era libero di decidere e pensare con la propria testa, e lui non era nessuno per giudicarla.
Cercò di ricordarsi come si scriveva e poi digitò il messaggio, inviandoglielo:

"E figurati! L'importante è che ora stai meglio.
Comunque sì, sta dormendo."

Appoggiò il telefono sul comodino, per poi alzarsi dal letto e affacciarsi alla finestra. Non era esattamente felice, si era svegliato con una certa malinconia. In effetti, vedere Kei con Hilary non gli aveva fatto piacere. Eppure era a conoscenza del rapporto che esisteva tra i due, e ci si era messo in mezzo lui… per quale motivo ora prendeva la situazione così a cuore?
Sentì nuovamente il telefono squillare, così lo riacciuffò prima che potesse svegliare qualcuno -Boris in particolare- che poteva entrare in camera da un momento all'altro. Lesse il nuovo messaggio.

Da: Karolina
Ah...

Che razza di risposta è?!, pensò. Poi intuì che forse non aveva trovato altre parole con le quali rispondere, giù di morale com'era. Pensò che avesse bisogno di qualcuno che l'ascoltasse, che le stesse vicino. Lo aveva capito dall'atteggiamento che aveva avuto la sera precedente. Così spaventata e fragile... 
Peccato che non avessero alcun legame, di certo lui non era la persona più indicata per starle vicino.
… O forse sì? Anche lui aveva bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarsi. Era da tempo che non riusciva più a farlo, nemmeno con Boris o Sergey, che da sempre lo avevano aiutato a superare i momenti della sua vita più critici.
Magari parlare con una persona che conosceva solo di vista lo avrebbe spinto a sentirsi meglio. E i consigli di una ragazza potevano rivelarsi più utili di quelli dati da uno come Boris.
Prese la sua decisione e le rispose.

"Senti, trovo un modo per liberarmi degli zombie che stanno alloggiando in casa e se vuoi ci vediamo. Colazione al bar sotto il comune, ti va?"

La risposta arrivò in un batter d'occhio, come se fosse stata incollata allo schermo del cellulare in attesa che lui la degnasse di attenzioni. Lesse il contenuto del messaggio a bassa voce: “Ok! Alle nove e mezza al bar.”

Kei si era svegliato ormai da qualche minuto, e aveva notato Yurij particolarmente impegnato a scrivere al cellulare.
"Con chi stai parlando a quest’ora?" gli chiese, infatti.
“Con Karolina. Voleva ringraziarmi per ieri.”
“Uh. Non pensavo fosse così gentile” osservò Kei, mettendosi seduto sul letto e guardandosi intorno per ripescare la propria maglietta. E tutto il resto. 
Non fece in tempo a rispondergli, perché fu interrotto dall'ultimo dei rumori che avrebbe voluto sentire: la porta di casa aprirsi.
Il rumore dei passi accompagnato dal ticchettio di un paio di tacchi lo fece immobilizzare da un improvviso senso di inquietudine. Kei lo guardò, senza riuscire a decifrare l'espressione del rosso: stupore, preoccupazione e, infine, terrore.
Aprirono la porta della stanza, chiusa a chiave per evitare intrusioni notturne, si precipitarono in sala e davanti a loro apparve la figura di un corpo esile, incorniciato da una folta chioma di capelli rossi. Due occhi azzurri caratterizzati da un'espressione promettente ben poco di buono: il classico sguardo psicopatico alla Ivanov.
"Yurij Ivanov!" gridò la ragazza che aveva appena rincasato, guardandosi intorno, sempre più adirata per via del caos che regnava nell'intera stanza. Hilary e Takao si svegliarono sobbalzando, spaventati da quell'urlo improvviso e inaspettato. Nella stanza non c'era una sola cosa che fosse al proprio posto: bicchieri sul tavolo, bottiglie vuote abbandonate al pavimento, paia di scarpe lasciate un po' qua e un po' là, un cadavere in balcone... No, questo era decisamente troppo!
"Ehm... Ciao Diana!" 
Yurij cercò una qualsiasi via di salvezza per evitare la ramanzina della sorella. Ma Diana, ormai fuori controllo, si sfilò una scarpa e la lanciò contro il fratello. "Se ti prendo ti uccido!" 
Iniziò a rincorrerlo per tutta la casa, scavalcando il divano e lanciandogli appresso ogni tipo di oggetto che si ritrovava a portata di mano. Cominciarono a girare intorno al tavolo, entrambi con il fiatone. "Diana, calmati!" le disse Yurij, alzando le mani in segno di resa.
"Calmarmi?! Aspetta che ti prendo!" e così dicendo, iniziò a gattonare sopra il tavolo, cercando di raggiungere il fratello e di ridurlo in poltiglia. Questa volta gliela avrebbe pagata cara!
Takao non staccò gli occhi da loro neanche per un misero secondo, rimanendo piuttosto sconcertato. Hilary si appoggiò una mano sugli occhi: Ma dove sono capitata?!, pensò.
Kei non sapeva come reagire di fronte ad una situazione simile - piuttosto comica, doveva ammetterlo. Conosceva Diana da anni ed era al corrente di quanto fosse stato difficile per lei mantenere Yurij, visto lo stipendio misero che riceveva. Ammesso e non concesso che il suo capo la pagasse, perché spesso e volentieri trovava scuse assurde, rimandandola a casa senza neanche un soldo in tasca.
Avevano ereditato una cifra piuttosto generosa dalla morte dei loro genitori, ma Diana era una ragazza realista: quel denaro non sarebbe durato in eterno.
Diana riuscì finalmente ad acchiappare Yurij, ma quest'ultimo si liberò dalla sua presa e la spinse sul divano. La intrappolò sotto di lui, guardandola con aria divertita. "Ho vinto io!".
Lei si accigliò e se lo tolse di dosso, alzandosi e cercando di ricomporsi. Si accorse solo in quel momento della presenza dei tre ragazzi che la fissavano, e a quel punto il suo viso si imporporò di un rosso piuttosto vistoso, perfettamente paragonabile al colore dei suoi capelli. 
"Oh! Ci siete anche voi!" disse imbarazzata.
"Ciao!" la salutarono contemporaneamente loro, ancora non del tutto sicuri di aver davanti agli occhi una persona sana di mente.
Yurij si accorse che all'appello mancava qualcuno. "Dov'è Boris?".
Hilary e Takao si guardarono. In effetti non lo avevano più visto far ritorno dalla sua scappatella in balcone. 
"Magari se n'è andato mentre dormivamo." ipotizzò Takao, scrollando le spalle.
Kei scosse la testa, capendo dove si fosse cacciato quella sottospecie di alcolizzato. "Scommetto che si è addormentato in balcone." disse, infatti. Aveva sghignazzato appagato dall'immaginarsi l'amico morto assiderato dal freddo.
A Yurij venne un terribile sospetto. "Kei, non ho chiuso la finestra ieri, vero?"
Kei annuì. "Sì che lo hai fatto!"
Il rosso nemmeno rispose, corse ad aprire la finestra e quando vide Boris non poté fare a meno di scoppiare in una risata che, di quel passo, si sarebbe protesa all'infinito. Era sdraiato vicino alla finestra, completamente ricoperto di neve. Era persino rannicchiato in un angolo, probabilmente per coprirsi dal freddo.
Hilary si spaventò, trovando inopportune le risate di Yurij. “È... morto?"
"Nah!" rispose Yurij, toccandolo con la punta del piede e facendolo voltare: russava beatamente! "Sta solo dormendo!"
La brunetta si lasciò scappare un sospiro di sollievo: non avrebbe sopportato di vedere un altro cadavere.
Takao non riuscì più a trattenersi: scoppiò a ridere senza alcun ritegno, tenendosi la pancia.
"Ora che avete ritrovato l'uomo ambiguo, raccattate la vostra roba e uscite immediatamente da casa mia!" ordinò Diana, indicando la porta d'ingresso.

*

Bisognava ammetterlo: la puntualità non era proprio il punto forte di Karolina. Era stata lei a dargli appuntamento alle nove e mezza ed era già in ritardo di mezz'ora. Yurij aveva una buona capacità di mantenere la calma e di portare pazienza, ma le aveva già chiesto più volte dove si fosse cacciata. 
Era uscita da casa di Nataliya in fretta e furia, senza neanche degnarsi di darsi una sistemata. Decise di buttarsi immediatamente sotto la doccia, una volta tornata a casa. Ne aveva proprio bisogno, poiché le sembrò di avere l'odore dell'alcool impregnato nei vestiti. Storse il naso e cercò di non pensarci. Arrivò davanti al bar, osservando Yurij: sempre composto in quel suo portamento impeccabile, quel viso diafano e quegli occhi talmente freddi da procurare un brivido anche solo incrociandoli. Era capace di farla sentire a disagio solo con uno sguardo, il che le fece capire che la conversazione non sarebbe iniziata nei migliori dei modi.
"Sei in ritardo." le fece notare Yurij, facendole segno di entrare dentro il bar. Si sfilò prima la sciarpa, poi il giubbotto e in fine i guanti. Posò tutto sul tavolo, adagiando i capi ordinatamente su un angolo. Lei fece lo stesso con la sua giacca, appoggiandola allo schienale della sedia. Rimase per qualche istante in silenzio, alla ricerca di una scusa che avrebbe giustificato il suo ritardo.
Poi ci ripensò: dire la verità sarebbe stato più comodo, decisamente.
"Ho fatto un salto sotto casa di Boris, e..."
La frase le si spense in gola. Yurij notò i suoi occhi diventare lucidi. Non aveva molta voglia di subirsi altri piagnistei quella mattina, ne aveva già sopportati abbastanza la sera precedente. Tuttavia era stato lui a chiederle di vedersi, di sedersi ad un tavolo e di iniziare a parlare dei propri problemi. 
Il viso ancora assonnato di lei lo aveva intenerito, portandolo ad accennare un lieve sorriso, che però a Karolina sfuggì.
Cominciò a riflettere su cosa dirle. "Puoi smettere di lambiccarti il cervello per Boris."
Quella frase lasciò a Karolina un retrogusto amaro che fin da subito non le piacque neanche un po'. "Cosa vorresti dire?"
"Hai visto anche tu come si è comportato con Julia. Facendoti vedere mortificata e dispiaciuta per l'accaduto, gli dai solo modo di prendersi ulteriore tempo per i suoi comodi."
Karolina annuì: aveva capito ciò che stava cercando di dirle. "In poche parole mi stai dicendo di lasciarlo sbollire per conto suo." constatò, guardandosi intorno alla ricerca di un cameriere.
Yurij seguì il suo sguardo, poi tornò a concentrarsi sui suoi occhi color menta. "Te lo sto consigliando, poi sei libera di fare come meglio credi."
"Beh, ti ringrazio." 
Lui in risposta scrollò le spalle, iniziando a sentire l'imbarazzo prendere sopravvento del momento. Non avevano mai avuto occasione di parlare così apertamente, faccia a faccia. Non l'aveva mai ritenuta una stupida, ma nemmeno una ragazza intelligente. Andare con Boris e stare ad ogni suo capriccio -esattamente come aveva fatto Julia- lo riteneva un sinonimo di ingenuità, nonché di stupidità. Con un ragazzo come Boris bisognava andarci con i piedi di piombo, non lasciargli alcuna prevalenza, altrimenti se ne sarebbe approfittato in men che non si dica. Aveva imparato a conoscerlo dopo anni, ma aveva capito fin dal primo istante che bisognava andarci cauti con il suo caratteraccio imprevedibile e testardo.
Si accorse che lei aveva detto qualcosa, ma non ci fece caso. Perso com'era nei suoi pensieri, si era persino dimenticato che in quel momento fosse in sua compagnia. 
La fissò con aria vacua, facendole intendere che in quel momento era presente solo fisicamente, ma non mentalmente.
"Qualcosa non va?" gli chiese, con un tono che aveva cercato di rendere dolce. Purtroppo però il suo animo in collera aveva fatto in modo che risultasse semi-acido. Yurij lo notò, ma non ci diede importanza. Scosse la testa in un "no" non del tutto sicuro, che lasciava traspirare mille preoccupazioni e pensieri tristi e malinconici. 
Non le diede il tempo di porgli un'ulteriore domanda, perché l'anticipò: "Anche io ho i miei affari sentimentali."
Lei sorrise nell'udire quell'affermazione. Non aveva mai considerato Ivanov un ragazzo che pensasse a spassarsela con una ragazza, lo vedeva quasi asessuato. Eppure c'era un lato di lui che glielo faceva ritenere dolce, forse quasi romantico. Sapeva, però, che quel lato di Yurij era assai difficile da conoscere.
"Sai, Yurij, voglio essere sincera con te: mi hai dato più l'impressione di essere interessato a correre dietro ad Hiwatari, anziché conoscere una ragazza e..."
"E portarmela a letto giusto per divertirmi?"
Era rimasto sorpreso della perspicacia di lei: aveva colto nel segno. Non pensava che la sua infatuazione per Kei fosse così evidente, visto che lui era sempre stato un maestro nel mascherare e nascondere i propri sentimenti.
Le cose erano due: o era lei a capire fin troppo bene lo stato d'animo di una persona o era stato lui troppo poco furbo nel rendere la cosa così ovvia.

Merda!, pensò.
Karolina abbozzò un sorriso malizioso. Yurij capì nell'immediato il perché se la intendesse alla grande con Boris, il re dei pervertiti. 
"Esatto!" rispose annuendo.
Lui sembrò pensarci su. "Temo che tu mi stia confondendo con Boris."
“È il tuo migliore amico, eppure mi sembra che tu non abbia una buona opinione di lui."
"Gli voglio un gran bene, ma ciò non mi impedisce di avere una visione chiara del tipo di persona che è."
Karolina rise di gusto, notando il patetico tentativo di Yurij nel divagare e nel deviare il discorso che lei aveva intenzione di affrontare. "Non cercare di cambiare discorso. Avrai capito che sono interessata a vederci chiaro."
Yurij le sorrise di rimando, prendendo quelle parole come una sorta di sfida. "Non capisco che cosa ci sia di così interessante nel farti gli affari miei."
"Le ragazze della mia classe ti sbavano dietro e tu non le degni neppure di uno sguardo." gli fece segno di interrompere per qualche istante la conversazione, adocchiando una cameriera che si era avvicinata a loro per prendere le ordinazioni. Chiese di farsi portare due caffè, senza neppure domandare a Yurij che cosa preferisse. 
"...E questo mi fa pensare che tu non sia esattamente attratto dal sesso femminile." continuò riprendendo parola. Aveva assunto uno sguardo compiaciuto, come se nella sua mente si stessero proiettando una marea di idee e pensieri perversi.
Lui si sporse verso di lei. "Non guardarmi con quegli occhi, Karolina. Non sono del tutto immune ad uno sguardo provocatorio di una ragazza. Boris è il mio migliore amico e non vorrei essere costretto a trattenermi per colpa tua."
Lei sorrise, ma afferrò il messaggio.
"Dunque ci ho preso: tra te e Hiwatari c'è qualcosa." 
Yurij annuì, per niente imbarazzato. "Sì." 
"Ed è un segreto?"
"Diciamo che è meglio che non si venga a sapere, Hilary ne è all'oscuro."
Il discorso stava prendendo una piega fin troppo soddisfacente per Karolina. Il suo viso era occupato da un sorriso continuo, che non dava segno di sparire neanche per un misero istante. 
Il suo telefono iniziò a squillare e nello schermo apparsa la voce "Numero sconosciuto". Si lasciò attraversare da un fremito.
"Non rispondi?" le chiese Yurij, guardandola con sospetto.
Lei lo guardò, senza dire niente. Sentì lo stomaco farsi improvvisamente dolorante.
"No. Meglio di no."

*

“Da quando hai ricevuto quella chiamata, non hai fatto altro che startene in silenzio.” constatò Yurij, sorridendo divertito a Karolina. Lei scosse la testa un paio di volte, come se avesse voluto scacciare dalla propria mente pensieri preoccupanti. Lo guardò e si sforzò di assumere un portamento tranquillo, cercò anche di sorridergli: “Ti sbagli.” 
Yurij, per tutta risposta, scrollò le spalle con indifferenza, continuando a camminare al fianco della ragazza per le vie del centro. Aveva da poco iniziato a nevicare e le temperature si erano abbassate, facendo provare ad entrambi un freddo indescrivibile. Karolina continuava a massaggiarsi le braccia con entrambe le mani per riscaldarsi, ma non era sufficiente: in quel momento avrebbe voluto trovarsi sotto il piumone invernale nel letto, oppure in una vasca da bagno piena fino all'orlo d'acqua calda e bollente. Il gelo le si stava insinuando persino nelle ossa.
Yurij, al contrario, sembrava risentire poco del freddo, ma si accorse del disagio di Karolina. “Che ne dici di andare da qualche parte al caldo?”
La ragazza sembrò pensarci su. “E dove?”
“A casa tua sarebbe un disturbo?”
Karolina si irrigidì e smise di camminare. Yurij si accorse dopo essere andato avanti di qualche metro che lei non lo stava più seguendo. Si girò e tornò in sua direzione, inarcando un sopracciglio: “Ed ora che ti prende?”
“N-niente... Non possiamo andare da te?”
Yurij le studiò il viso e a quel punto non ebbe più dubbi: ci doveva essere qualcosa che la preoccupava parecchio. Non disponeva della confidenza necessaria per porle una domanda così riservata. Capì che a renderla così non era solo il litigio con Boris.
“D'accordo, andiamo da me.” 
“Però devi promettermi che mi farai fare un bagno! Ne ho bisogno!”

Ci misero un'ora precisa prima di arrivare a casa.
Karolina si era presentata a Diana, ed entrambe avevano manifestato una certa complicità. Ciò non fece altro che suscitare piacere in Yurij, poiché ritenesse che la sorella avesse bisogno di un'amica con la quale parlare o sfogarsi. 
Le riempì la vasca con dell'acqua calda, esagerando con la quantità di bagnoschiuma. Karolina entrò in bagno, con solo l'accappatoio addosso e chiuse la porta.
“Oh, finalmente! Non vedevo l'ora!” esclamò in preda ad enfasi forse fin troppo esagerata, liberandosi dell'accappatoio spudoratamente davanti a Yurij, che arrossì vistosamente. “Ma... che fai?!”
Lei sembrò non curarsi dell'imbarazzo di lui e si immerse nell'acqua senza troppi problemi. “Hai mai visto una ragazza nuda, Yu?”
“S-sì! Ma che cosa c'entra?!” 
Le sue guance non avevano ancora abbandonato quell'imporporamento rossastro. Cercò in ogni modo di mascherare il suo imbarazzo, ma fu tutto inutile. Si tirò nervosamente il colletto della t-shirt.
“Ti svelo un segreto: siamo fatte tutte alla stessa maniera!”
“M-ma cosa vuol dire?! Anche noi uomini siamo fatti alla stessa maniera, ma ciò non mi autorizza a girare nudo davanti a te!”
Karolina ridacchiò divertita, mentre si stendeva nella vasca pronta a rilassarsi. Immerse la testa e poi la riportò a galla, scrollandola un paio di volte. Schizzò Yurij involontariamente.
“E chi ti ha detto che non puoi farlo?” 
Yurij si appoggiò una mano sugli occhi: “Tu mi metterai nei guai.”
Karolina neppure rispose, chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel momento di pace e di tranquillità. Yurij uscì dal bagno, dicendo che l'avrebbe aspettata in camera. Estrasse dalla tasca dei pantaloni il cellulare, con il quale stava comunicando via messaggio con Boris. Pareva non aver preso tanto bene il fatto che Yurij fosse in compagnia di Karolina, per quanto il rosso si fosse premurato di spiegargli che la ragazza gli era parsa strana e in crisi, ed era solo preoccupato per lei.

Da: Boris
D'accordo! Fai come vuoi! Scopatela pure, visto che ci sei!

Sbuffò stanco e stufo di quella patetica e alquanto inutile discussione. Si limito a freddarlo con un secco “pensala come vuoi!” e spense il telefono, abbandonandolo ad un angolo del comodino.

*

Kei rimase a fissare il suo caffè fumante, senza iniziare a berlo. Era seduto in quel bar da un’ora, in una deprimentissima domenica sera, la testa imbottita di pensieri che non riusciva a scacciare. E tutti riguardavano la sua situazione con Yurij e Hilary. Come accidenti ci si era ficcato? Cercò di ricapitolare il tutto, ma si accorse di non averne la minima voglia. In compenso la sua attenzione fu attirata dalla coppia presente dall’altra parte del bar. Inghiottì il caffè in un sorso e si avvicinò al tavolo.
“Ehi”- disse. Julia si voltò verso di lui: “Ciao Kei!”
“Ciao.” aggiunse Brooklyn. “Anche tu fai tutto tranne che studiare per domani?”
Kei aprì leggermente la bocca. “Per cosa dovrei studiare?”
I due scoppiarono a ridere: “Kei, c’è il compito di storia domani. Deduco che te ne fossi dimenticato.” spiegò Julia.
Hiwatari ridacchiò istericamente: “Farò tutto stanotte.”
“Siediti con noi.” propose Brooklyn, indicando una sedia libera. Kei accettò, dopotutto l’alternativa era tornare a confondersi e scervellarsi da solo. Pessima prospettiva.
“A che ora è il compito domani?” chiese.
“Alla prima. Non hai scampo.” rispose Brooklyn, e Kei imprecò. Che palle, un’altra insufficienza all’orizzonte.
“Non pensiamoci. Nemmeno io ho studiato, mi chiedo come pretendano di fare finta di niente dopo tutto quello che è successo a scuola.” intervenne Julia, sorseggiando il suo cappuccino. Poi cambiò discorso: “Indovinate cosa ho visto stamattina.”
I due la guardarono, ormai interessati. 
“Salima e Chris, quel tizio alto dell’ultimo anno.”
Kei si mise una mano in fronte: “E stavano solo parlando. Vero?”
“Insomma. Almeno, se lei le stava dicendo qualcosa, glielo stava dicendo in bocca.” spiegò, poco finemente.
“Corna. Corna ovunque.” Pensò Kei. Sapeva di essere l’ultima persona a poter parlare, ovviamente. Ma cavolo, che casino!
“Ma dai, cazzo. Sta con Rei.” Sbottò. E quella se la faceva con un altro in pubblico, incurante del proprio ragazzo, la cui precedente fidanzata era morta poco tempo prima. Kei si sentì veramente seccato dalla notizia. Rei era suo amico, anche se si erano allontanati parecchio nell’ultimo periodo, e sapeva bene che non meritava una cosa del genere. Era pronto a mettersi spudoratamente in mezzo e a dirne quattro a quella ragazzina fastidiosa.

*

Il compito andò male praticamente a tutti, e alla seconda ora del lunedì nessuno aveva voglia di spiccicare parola. C’era anche chi –come Ivan- non aveva ancora nemmeno smaltito i postumi della sbronza del sabato sera.
Boris aveva ignorato Yurij dal momento in cui aveva messo piede in classe, e sembrava totalmente per i fatti suoi. Nessuno andava mai a cercarlo quando era in quello stato d’animo, probabilmente perché nessuno voleva essere picchiato o insultato.
Yurij chiese di andare in bagno e uscì dall’aula, credendo di sentire lo sguardo di Kei sulla sua schiena. Percorse il corridoio e vide in lontananza una figura di spalle. I capelli scuri sembravano quelli di Karolina. Accelerò il passo e la affiancò.
“Ehi!” salutò, ma la ragazza sobbalzò e si fermò.
“Yurij! Mi hai spaventata.”
“Scusa. Come stai?”
Lei alzò le spalle: “Tutto bene, più o meno. Grazie.”
Non la vedeva e sentiva dalla mattina prima. Dopo che le aveva prestato il bagno, avevano pranzato insieme a Diana, per poi parlare per quasi un’ora. Le due andavano veramente d’accordo. Alla fine Karolina aveva salutato e ringraziato, e infine tolto il disturbo. Aveva bofonchiato qualcosa sul fatto che stesse tornando da Nataliya.
“Sei tornata dalla tua amica, alla fine?”
“Sì. Sto da lei per qualche giorno.”
Yurij fu stanco di non capire a fondo cosa nascondesse. “Senti, mi spieghi perché non vuoi tornare a casa?”
“Ok… senti, non prendermi in giro.”
Il rosso annuì, iniziando già a sorridere.
“I miei non ci sono, e l’altro giorno mi è arrivata una chiamata anonima.”
“Che genere di chiamata?”
“Una voce inquietante. Mi ha detto che…” esitò un secondo, poi perse ogni freno: “Mi ha detto che sono stata cattiva, mi ha dato della puttana. Ha detto che mi stava osservando, che vedeva che tremavo. Non… non credo che mi stesse osservando davvero, forse ha capito che stavo tremando e l’ha detto per spaventarmi.”
Yurij non parve divertito dalla cosa, e Karolina ne fu sollevata. Si sentiva già abbastanza stupida senza che qualcuno la prendesse in giro per le sue paranoie.
“Hai detto che la chiamata era anonima?”
“Sì. E anche la voce non credo di averla mai sentita. Era… era orribile:”
Lui le mise una mano sulla spalla: “Io credo che fosse uno scherzo. Però se succede di nuovo, dimmelo. Se insiste, andremo alla polizia.”
Karolina fece sì con la testa, sentendosi tremendamente meglio.

  
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