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Autore: Kary91    15/02/2013    9 recensioni
Si fidava di Havenill. Sua madre, un giorno, gli aveva detto che era uno di quei posti in cui tutto va per il meglio e in cui ci si sente sempre al sicuro. Havenill era il nascondiglio perfetto; un riparo durante i temporali estivi nel bel mezzo del mese di luglio. Era il rifugio per quelli come lui, i ragazzini che osservavano il mondo dal basso, schermandosi gli occhi con le mani: per non ferirsi. Per ripararsi. Per nascondersi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Premessa fondamentale. Questa one-shot parte per essere uno spin off di “History Repeating – The Next Generation of The Vampire Diaries”, ma in sostanza credo sia proprio una commune storia originale, perchè da quell contesto ho prelevato solo Mason Lockwood Jr. (e parzialmente Ricki Lockwood), con qualche riferimento a Caroline Lockwood, Lydia Blackwell , Oliver Gilbert e Tyler Lockwood. La one-shot è invece incentata sugli abitanti di Havenill, paesino in cui Lydia è cresciuta.

 

 

Alla mia mamma: quando leggerà, capirà il perchè.

Havenill.



"Somebody told me that this is the place where everything's better and everything's safe."

One Tree Hill.

Quando Tyler  spiegò al figlio Mase che sarebbero rimasti a Havenill per tutto il week-end, un lieve sorriso andò ad arrampicarsi allegro sulle labbra del ragazzino. Havenill era la cittadina in cui sua madre era cresciuta assieme ai fratelli e al suo migliore amico, Dylan. Mason cercava spesso di fingere che fosse solo il posto in cui trascorreva gran parte delle vacanze, e alcuni week-end durante l’anno scolastico. Ma c’era dell’altro; se ne erano accorti tutti. Lo aveva detto perfino a Oliver, una giorno, dopo aver ascoltato il suo resoconto a proposito dell’ultima vacanza a Denver. Havenill era per Mason quello che Denver era per Oliver. Se il suo corpo era originario di Mystic Falls, il suo cuore risiedeva in quella minuscola, tranquilla, cittadina. Era stata la meta della sua prima grande fuga, all’età di sette anni; un pomeriggio di maggio, stanco delle prese in giro dei coetanei, aveva corso fino alla fermata degli autobus più vicina e si era seduto su una panchina ad aspettare. Aveva atteso ad occhi chiusi che il coraggio venisse a fargli visita, guidandolo a salire su uno dei pullman che portavano fuori città; sarebbe stato più facile se ci fosse stato Oliver. Tutto gli veniva più facile quando il suo migliore amico era con lui, ma quella era una cosa che doveva fare da solo. Era la sua fuga: la sua prima vera partita a nascondino contro il mondo. Aveva percorso i gradini dell’autobus di corsa, coprendosi gli occhi con le mani, per paura che se solo per un istante si fosse permesso di aprirli, il coraggio sarebbe fuggito, correndo a dichiarare ‘libera me!’. Una volta sull’autobus, invece, le cose si erano calmate: si era sentito meglio. Si fidava di Havenill. Sua madre, un giorno, gli aveva detto che era uno di quei posti in cui tutto va per il meglio e in cui ci si sente sempre al sicuro. Havenill era il nascondiglio perfetto; un riparo durante i temporali estivi nel bel mezzo del mese di luglio. Era il rifugio per quelli come lui, i ragazzini che osservavano il mondo dal basso, schermandosi gli occhi con le mani: per non ferirsi. Per ripararsi. Per nascondersi. Havenill era il posto che preferiva a il mondo, per una serie di motivi incredibilmente lunga che un giorno aveva addirittura messo per iscritto; il primo motivo era il maneggio dietro casa di suo nonno Aaron. Aveva imparato a reggersi in sella a un cavallo quando era davvero molto piccolo, come da tradizione per i Blackwell. Se la cavava, non tanto bene quanto Caroline, ma prometteva già meglio di Ricki.
Il secondo motivo per cui amava così tanto Havenill era la fattoria degli Scott. Dylan Scott era il migliore amico di sua madre sin dai tempi dell’infanzia, ma era anche il suo padrino. Era una di quelle persone che sapevano sempre di cosa avesse bisogno, anche quando mentiva o cercava di nascondersi dietro ai silenzi. Alle volte sembrava quasi che  il padrino riuscisse a leggerlo dall’interno, interpretando facilmente i suoi pensieri e i suoi dubbi. In quelle occasioni, Mason si sentiva come uno di quei libri con un messaggio nascosto diluito tra le righe; non tutti erano in grado di scovarlo, ma Dylan, ci riusciva eccome. E in parte, ci riusciva anche Jade. Jayden Lydia era la figlia di mezzo di Dylan e sua moglie Vivian. Tra i tre Scott, era quella con cui Mason trascorreva la maggior parte delle sue giornate alla fattoria, essendo di poco più piccola di lui. Ogni tanto, suo fratello minore Davey, cercava di unirsi a loro, ma Mase e Jade erano ormai arrivati a quell’età in cui è difficile tollerare la presenza di persone troppo piccole o troppo grandi nei dintorni. Gli adolescenti sapevano essere davvero strani, alle volte, e i bambini piccoli spesso noiosi.  Non che non si annoiassero mai, loro che si trovavano proprio nel mezzo.

Quel particolare pomeriggio in cui Mase giunse ad Havenill per trascorrervi il week-end, aveva tutta l’aria di esserne un esempio. Dopo aver salutato la famiglia Scott e suo nonno Aaron, Mason era corso ad accoccolarsi sotto un albero, uno dei suoi libri preferiti alla mano. Amava trascorrere i pomeriggi a leggere al riparo dal sole, impigrito dal caldo. Jayden, che si era seduta di fianco a lui con l’intenzione di chiacchierare, non era della sua stessa opinione. Storse di poco la bocca, appoggiando annoiata la nuca contro l’albero. Sbuffò, osservando i filamenti d’erba troppo lunghi che le solleticavano le dita dei piedi. Infine, si sporse oltre la spalla di Mase, sbirciando il contenuto del libro che stava leggendo. Sbuffò di nuovo.

“Mase…” cantilenò, incrociando le gambe sull’erba e appoggiandosi le mani sulle ginocchia. Mason continuò a leggere, l’attenzione completamente assorbita dal suo volume de “L’isola del tesoro.”

“Mason Dylan.” ripeté Jade in tono di voce fermo. Mase si passò una mano sulla nuca, sfilandosi dei filamenti d’erba che erano rimasti incastrati nel colletto della T-Shirt.
“Che v-vuoi, Jayden Lydia?” domandò, pur continuando a mantenere gli occhi puntati sulla pagina. Jade gli diede una leggera spallata e strappò un girasole da terra.

“Mi annoio…” mugugnò, incominciando a spogliare il fiore dei suoi petali. Il ragazzino si stropicciò un occhio con la mano sinistra, insonnolito dal sole accecante, e voltò pagina.

“è un problema tuo.” dichiarò infine, proseguendo imperterrito con la lettura. La ragazzina gli diede una gomitata.

“Non fare il noioso!” si lamentò, buttando via lo stelo del girasole e pizzicando i petali rimasti sulla maglietta con i polpastrelli. “Tanto lo sappiamo tutti che sei un secchione, metti un po’ giù quel libro.”

Quelle parole riuscirono finalmente ad attirare l’attenzione di Mase; il ragazzino distolse lo sguardo dalla pagina e la fulminò con lo sguardo. “Non sono un secchione!” si difese a gran voce.

“Come no!” lo prese in giro Jade, tornando a stendere le gambe. “Hai tutte A in pagella; e non riesci a staccarti da quello stupido libro nemmeno in una giornata pazzesca come questa. Io con questo caldo nemmeno ci riuscirei a leggere...”

“Solo perché vado bene a scuola non significa che sia secchione.” sottolineò Mason, voltando nuovamente pagina. Stava ancora leggendo, ma dall’espressione imbronciata che aveva assunto Jade intuì che non ne avrebbe avuto ancora per molto: aveva fatto centro. “Se mi va di leggere anche con il caldo è solo perché sono più maturo di te. Ho un anno in più, in fondo.” aggiunse, con un sorriso soddisfatto.
Jade spalancò la bocca, sdegnata.

 “Sai che roba, ci passiamo due mesi!…” lo rimbeccò. “…Non hai ancora dodici anni, quindi abbiamo la stessa età.” concluse, “E poi non sei nemmeno più alto di me.”

Quell’osservazione sembrò irritare Mason ancor più della precedente.


“Certo che sono più alto di te!” ribattè, chiudendo finalmente il libro. “Dai, vieni qui, misuriamoci!” propose, alzandosi in piedi. Invece di accontentarlo, Jayden si accoccolò ulteriormente a terra, stiracchiandosi sull’erba.

“Se ci fosse Oliver, almeno potrebbe disegnare per me….” commentò, schermandosi gli occhi con le mani per proteggersi dal sole. Mason appoggiò la schiena alla corteccia dell'albero.
“Oliver disegna solo per me” mormorò, prima che la sua attenzione venisse catturata da altro. Rincorse con lo sguardo la traiettoria di uno stormo di uccelli, per poi scendere ad analizzare il capanno per gli attrezzi che si erigeva in solitudine nel bel mezzo della distesa di prato. “Che cosa ci tenete là dentro?” domandò, socchiudendo appena gli occhi per difendersi dal sole. Jade si voltà nella direzione indicatagli dall’amico.

“Di tutto un po’…” commentò infine, tornando a sedere. Si strinse le ginocchia al petto, prima di accennare un sorriso. “Ti va di fare un po’ di grana?” propose. Mase ricambiò il sorriso.

“E me lo chiedi?”

“Se provassimo a vendere un po’ della roba di Mick su  Ebay? Ha un mucchio di cose interessanti in quel capanno…”

Mason fece spallucce; dopo poco, tuttavia, la sua espressione si fece esitante.

“N-Non è c-che poi se la prende?” domandò,  rivolgendole un’occhiata cauta. Jade si alzò in piedi e si spolverò il retro dei pantaloni con le mani. “Ma va, sono cose che nemmeno si ricorda più di avere.” Lo rassicurò, appoggiando una mano al tronco dell’albero. “Almeno andiamo a dare un’occhiata, no?”

Il ragazzino fece nuovamente spallucce.
“Ci sto!” acconsentì infine. Appoggiò il libro a terra e s'incamminò verso il capanno. Jade gli batté una mano sulla spalla e lo superò di corsa.

“Stammi dietro, lumacone!”

Mase si mise a ridere.

“No, tu stammi dietro!” ribatté, incominciando a correre a sua volta. Raggiunsero il capanno nello stesso momento, ma entrambi si fermarono diversi metri prima. Jade si premette l’indice sulle labbra per far cenno all’amico di tacere. “C’è qualcuno dentro…” sussurrò, riferendosi alle voci che provenivano dall’interno.

“Sono Ricki e Mick.” rispose Mase, riconoscendo la parlantina schietta del fratello. “Che ci fanno lì dentro?”

“Di sicuro qualcosa di stupido…” dichiarò la ragazzina, sbirciando a distanza attraverso le fenditure del legno; era troppo lontana per poter riuscire a scorgere qualsiasi cosa. “Dai, andiamo a vedere che fanno…” sussurrò, prendendo a camminare verso il capanno.

“Aspetta!” bisbigliò Mase, trattenendola per la spalla. “…E s-se s-sono c-con delle ragazze?”
Il sorriso della ragazzina si estese.

“Gli facciamo una foto e la mettiamo su internet!” propose, nonostante sapessero entrambi che non avrebbero mai fatto una cosa simile. “Immaginati le loro facce!” Mason ridacchiò, ma a Jade non sfuggì l’espressione inquieta dell’amico.

“Che c’è Mason Dylan…” lo canzonò, dandogli una gomitata.  “...Mica ti spaventano le donne nude?”  dichiarò, esordendo in una seconda risatina. L’amico ricambiò la gomitata.

“C-certo che no, s-stupida!” sbottò in tono di voce secco, seppur arrossendo in maniera evidente . “Ma che cavolo di idee ti vengono?”

“Però sei tutto rosso!” gli fece notare la ragazzina, sorridendo malandrina. “Scommetto che non hai nemmeno mai baciato una ragazza!”

“Perché, tu sì?” ribatté scontrosamente l’amico. Jade gli rivolse un’occhiata disgustata.

“Baciare una ragazza? No, che schifo!”

I due ragazzini si misero a ridere.

“Sei proprio scema!” la prese in giro Mase, dandole una gomitata.  Ehi, hai sentito?”

L’esclamazione di Mick li raggiunse dal capanno, facendoli scattare entrambi sull’attenti. La voce di Ricki arrivò in risposta subito dopo.

“Non ho sentito niente, rilassati, amico.”

 Jade e Mase si appiattirono dietro un albero, facendo del loro meglio per non scoppiare a ridere. Quando le voci dei due fratelli maggiori tornarono a ridursi a un bisbiglio i due ragazzini si avvicinarono al capanno e sbirciarono attraverso le fenditure del legno. Richard e Michael erano uno di fronte all’altro e sembrava stessero semplicemente chiacchierando.

“Possibile che non avessi mai provato?” stava domandando il maggiore dei fratelli Lockwood. Michael, detto “Mick”, appoggiò la schiena a una parete.

“Una volta a scuola…” rispose, prima di aggrottare leggermente le sopracciglia.

“Che hai?” chiese Ricki, osservandolo avvicinarsi alla sua parte di capanno. Mick sbirciò attraverso una delle fenditure del legno e si trovò di fronte due paia di occhi indiscreti.

“Jayden!” esclamò, indignato, mentre i due ragazzini arretravano in fretta. Ricki li raggiunse fuori dal capanno, trafficando con una delle tasche dei jeans.

Ehy, nanerottoli!” esclamò, appoggiandosi con un gomito alla spalla del fratellino. “Che state combinando qua fuori?”

“Il tuo alito puzza di fumo!” commentò in risposta Mason, respingendo quel contatto.

“Abbiamo visto le sigarette.” rincarò la dose Jade, mettendosi a braccia conserte. Mick li raggiunse fuori dal capanno e rivolse alla sorella un’occhiata di ammonimento.

“Mamma e papà non lo devono sapere.” si raccomandò, mentre Ricki estraeva dalla tasca il pacchetto di sigarette.

 “Non una parola, fratellino…” dichiarò serio, agitando la scatoletta. “Se giurate di non fiatare, potete provare anche voi.” aggiunse infine.

“No, grazie!” ribatté decisa Jayden.

“Andiamocene, Jade…” concluse Mason, incamminandosi verso il fienile.

Ehi, Mase!” lo richiamò ancora il fratello. “Terrai la bocca chiusa, vero?”

Mase gli rivolse un’occhiata scostante, ma alla fine diede una scrollata di spalle.

“Certo…”

Il fratello sorrise.

“Bravo bambino…” dichiarò, scompigliandogli i capelli.

Il minore gli spinse via la mano, riprendendo ad allontanarsi.

“Non sono un bambino!” si lamentò, mettendosi a correre per raggiungere Jade.

“Che facciamo ora?” domandò la ragazzina, sistemandosi un ciuffo di capelli scuri dietro l’orecchio. Mason fece spallucce..

“A me sembra che stiamo andando al fienile…” osservò, canzonatorio.

Jade ridacchiò. 

“Dai, lo sai che intendevo!” lo riprese, dandogli una spallata. “Hai qualche idea?”

Mason scosse la testa.

“Che ne so, sei tu quella fantasiosa!” commentò, prima di voltarsi di scatto, avvertendo un rumore di passi alle sue spalle. Fece appena in tempo ad individuare un bimbetto semi-nascosto dietro un gigantesco fucile giocattolo, che qualcosa colpì in faccia.

“Davey!” fu tutto ciò che riuscì a gridare, prima di venire investito da un secondo getto d’acqua. Un rivolo gelido s’insinuò nel colletto della sua T-Shirt, percorrendogli la schiena e facendolo rabbrividire.

“Beccato!” dichiarò soddisfatto il bambino, caricando il fucile ad acqua per la terza volta.

“Davey Scott!” gli fece eco una stupita Jade, pur non riuscendo a nascondere un sorriso divertito. Scoccò una seconda occhiata incredula a Mason e scoppiò a ridere.

“D-Davey, s-s-sei morto!” dichiarò Mase, asciugandosi il volto con un lembo della maglietta. “E pure tu!” aggiunse, indicando Jayden, che continuava a ridere, nonostante il fratello avesse incominciato a prendere di mira anche lei. Davey rise a sua volta, sparando l’ennesimo getto d’acqua in direzione della sorella.

Mase incominciò a correre in direzione della fattoria. Scavalcò la staccionata che delimitava l’inizio del cortile e attraversò rapido il tappeto di prato che precedeva le stalle degli animali. Ben presto avvertì un echeggiare di passi diverso dal suo, ma riuscì ad essere più veloce. Si fiondò in cantina e tirò fuori i fucili ad acqua degli Scott, scegliendo poi il più grosso, quello di Mick. Quando Jade lo raggiunse per fare altrettanto, lui stava già correndo a caricare il suo. Quindici minuti più tardi, avevano già superato nuovamente la recinzione, ognuno con il proprio Super-Liquidator in mano. Mason prese a cercare Davey per vendicarsi del colpo basso, ma il bambino si era nascosto bene. Mase si spostò in direzione del boschetto dietro la fattoria, ma Jade gli ostruì il passaggio, colpendolo al petto con l’ennesimo getto d’acqua.

“Sei scarso, Mase!” lo prese in giro, prima di gridare e gettarsi dietro un albero, per schivare un secondo colpo. Mason rise, raggiungendola di corsa.

 “Adesso ti sistemo io!” dichiarò deciso, puntandogli contro il proprio fucile. La ragazzina si addentrò ulteriormente nel boschetto, usando gli alberi come scudo per sfuggire agli attacchi dell’amico.

“Sei spacciata!” dichiarò a un certo punto Mason, bloccandole la strada. Jayden venne investita a pieno dal getto, ma scattò ugualmente in avanti, spingendo con forza il fucile dell’amico. Il giocattolo sfuggì di mano al ragazzino e Jade provò a calciarlo di lato, caricando il proprio Super-Liquidator.

Ehi, ma questo è sleale!” ribatté un imbronciato Mase, correndo a ripararsi dietro a un tronco.

“Chi è quello spacciato adesso, eh?” lo canzonò la ragazzina, puntandogli contro il fucile e prendendo la mira con un sorrisetto soddisfatto. Mason si passò una mano fra i capelli fradici, estinguendo il rimasuglio di un’ultima risatina. Dopodiché si appiattì al tronco dell’albero, riconoscendo di essere in una situazione piuttosto svantaggiosa. Cercò una via di uscita con lo sguardo, ma Jade gli impedì di muoversi, puntandogli nuovamente il fucile contro. Rise dell’espressione disorientata dell’amico, sebbene nel momento in cui fu sul punto di colpire, si scoprì ad esitare. C’erano diverse cose che Jayden Lydia non sapeva, e che forse non era nemmeno poi così interessata a scoprire, almeno per il momento. Ma se c’era una cosa che sapeva di per certo era che non c’erano occhi al mondo che le piacessero tanto quanto quelli del suo amico Mason. Erano talmente grandi e talmente chiari che alle volte, quando la guardava con quell’espressione smarrita, le veniva voglia di caderci dentro. Da piccola, quegli occhi, glieli aveva invidiati molto, ma con il tempo aveva incominciato a trovare piacevole il semplice fatto di saperli a contatto con i propri. Le piaceva quando li sgranava in quel modo senza nasconderglieli. Senza distogliere lo sguardo o aggrottare le sopracciglia, per mostrarsi diffidente o imbronciato. Lo faceva sempre meno spesso e qualcosa le diceva che quello sguardo sarebbe diventato prezioso, un giorno. Ma era ben decisa a non parlargliene, perché sapeva bene che lui, quella cosa, non l’avrebbe mai capita.

Nel notare l’esitazione dell’amica Mase la squadrò confuso. Infine, le sue labbra si incresparono ad accennare un sorrisetto malandrino.

“Che c’è, vuoi baciarmi?” domandò a bruciapelo, appoggiandosi al tronco dell’albero. Quelle parole colsero Jade di sorpresa, facendola arrossire.

“No, stupido!” dichiarò, tornando a puntargli il fucile contro il petto. “Di' le tue ultime parole, sei spacciato!”  dichiarò infine, facendo partire il getto d’acqua.  Mase scartò rapidamente di lato, correndo a recuperare il suo Super Liquidator.

Seh, come no!” la canzonò, incominciando a correre in direzione del fienile. Tagliò per la fattoria e superò velocemente le stalle, puntando a raggiungere la figura di un uomo appoggiato alla staccionata di legno. Dylan, il suo padrino, alzò le mani in cenno di resa, vedendo arrivare i due ragazzini armati di pistole ad acqua.

“Zio Dylan, hai, hai v-visto Davey?” domandò Mase, una volta raggiunta la staccionata. L’uomo finse di assumere un’espressione pensierosa. Infine raggiunse il figlio minore, che ridacchiava nascosto dietro una siepe, e se lo sistemò sulle spalle.
“Cercavi questo, Mason Dylan?” domandò, facendo dondolare il figlioletto che si dimenava tra le sue braccia. Davey rise, cercando di sgusciare via dalla sua presa.
“Lasciami andare!” gridò, mentre i due ragazzini gli puntavano contro il Super-Liquidator. Quando Mase sparò, tuttavia, spostò il giocattolo verso l’alto, indirizzando il getto contro la faccia del padrino.

“Ma cosa…” Dylan lasciò andare il figlio, asciugandosi i volto con una manica della camicia. Davey scappò via, mentre Jayden e Mason ridevano della reazione sorpresa dell’uomo.

Ops!” dichiarò il figlioccio, esordendo in un sorrisetto canzonatorio. “S-sbagliato bersaglio…sono fuori allenamento!”

Mase arretrò in direzione della fattoria. Dylan lo osservò allontanarsi con un accenno di sorriso divertito, il cappello di paglia calcato sugli occhi e i gomiti ancora appoggiati al legno della staccionata.

“Quel ragazzino vuole fare una brutta fine.” commentò infine con voce pacata, facendo l’occhiolino alla figlia. Jayden partì all’inseguimento del coetaneo.

 “Addosso, papà!” dichiarò, caricando il suo fucile ad acqua.

Dylan osservò i due bambini ridersi e rincorrersi per un po’, senza abbandonare la sua posizione. Quando furono nuovamente abbastanza vicini, scattò in avanti e si mise a giocare con loro, inseguendo il figlioccio per il prato.

 

Quella sera, quando fradicio ed esausto, Mason era finalmente corso a rifugiarsi nel fienile per riposarsi un po’, continuò a rimuginare a lungo sul pomeriggio appena trascorso. Ci tornò spesso con la mente anche nei giorni successivi, sorridendo di quelle risate, di quelle corse, dei bei momenti trascorsi in compagnia degli Scott, del suo padrino, di Jayden. In compagnia di Havenill, quell’unico posto in cui non ricordava di essersi mai sentito sperduto o spaventato troppo a lungo. In quella cittadina i cambiamenti non avvenivano mai troppo in fretta, e questo l’aveva portato spesso a credere, che le cose lì non cambiassero affatto. Era un pensiero rassicurante; se le cose avessero incominciato a farsi complicate per lui, avrebbe sempre potuto fuggire un’altra volta e rifugiarsi fra i suoi alberi, i suoi prati, la sua gente. Si fidava di Havenill; non aveva paura di mostrarsi a lei.



***

A quasi quattro anni di distanza da quel pomeriggio di luglio, Mason si trovò a ricordare ancora una volta quella giornata della sua infanzia. Stava sfogliando un libro anche in quell’occasione, ma la sua attenzione era completamente assorbita da una figura poco distante, appoggiata alla staccionata.

Dylan Scott aveva come sempre le maniche della camicia a quadri arrotolate sui gomiti, e il fido cappello di paglia a nascondergli gli occhi, riparandoli dal sole pungente di luglio. Aveva la solita espressione rilassata che Mase da bambino aveva provato ad imitare più volte, appoggiando i gomiti alla staccionata come lui.

In quei momenti, osservando il suo padrino, gli capitava spesso di tornare con la mente alle corse di qualche anno prima. Le risate che si erano fatti entrambi, bagnati fradici e senza fiato. Ci ripensava perché ,da qualche anno a quella parte, Dylan non avrebbe più potuto corrergli incontro, e se avesse provato a raggiungerlo, l’avrebbe fatto zoppicando. Era uno spettacolo davvero bizzarro; un uomo di mezza età aggrappato a un bastone, che zoppicava come un vecchietto. Due anni prima, in seguito a un grave incidente, Dylan aveva rischiato la paralisi totale, e ancora ne risentiva, non avendo mai recuperato del tutto ciò che aveva perso. Era stato solo dopo quell’incidente che Mase aveva incominciato a considerare Havenill semplicemente come un posto come tanti; le cose cambiavano anche lì. E lo stesso valeva per le persone; lui ne era un perfetto esempio.

“A cosa stai pensando?” qualcuno gli bussò sulla spalla. Jade prese posto vicino a lui e si cinse le ginocchia con le braccia. Mase si voltò brevemente verso la ragazza, per poi tornare a spostare lo sguardo verso le pagine del suo libro.

“Non sto pensando…” spiegò, voltando pagina. “…Sto leggendo.”

Jayden rimase tranquilla per un po’, ma dopo poco gli chiuse il libro con uno scatto secco. Il ragazzo le rivolse un'occhiata interrogativa.

“Mi annoio!” si giustificò l’amica, allungando le gambe di fronte a sé. Mason tornò ad aprire il libro come se nulla fosse, cercando il punto in cui era rimasto.

“Non è un problema mio…” dichiarò asciutto. La ragazza roteò gli occhi.

“Il solito noioso…” borbottò, prendendo a strappare qualche filo d’erba, giusto per fare qualcosa. Le labbra di Mase si arricciarono in maniera appena percettibile, a formare un mezzo sorriso.

“Va’ a giocare con quelli della tua età.” la canzonò con un ghigno, voltandosi finalmente verso di lei. Jayden gli rivolse un’occhiata contrariata, prima di sfilargli il libro di mano. “Ti ricordo che sei tu quello della mia età” esclamò, sistemandoselo dietro la schiena e intrecciandosi le mani sul grembo, sorridendo candidamente. Mase la spinse con delicatezza verso destra e si riappropriò del libro.

“Forse, ma adesso posso effettivamente dire che sono di gran lunga più alto di t.” Le fece notare. Jade sospirò.

“Touché!” esclamò, prima di incrociare le braccia sul petto, mettendosi a fissare a sua volta il padre dall’altra parte del prato. Il breve silenzio che si stabilì tra i due ragazzi andò a sottolineare ulteriormente i rumori di sottofondo; il fischiettare allegro del vecchio Aaron Blackwell, il nonno di Mase, che proveniva dal retro. Gli schiamazzi dei due Blackwell più piccoli, Damian e Ruby, che giocavano con Davey nel fienile. E il rumore di zoccoli in lontananza, dalle parti del maneggio, dove Caroline e Lydia avevano deciso di impiegare il pomeriggio. Tyler, invece, aveva preferito restare in casa. Mase riusciva ad udire distintamente la sua voce più spiccia, in contrasto con quelle più concitate dei cognati. Suo padre cercava sempre di tenersi a debita distanza dai cavalli, perché la sua presenza li rendeva irrequieti. Mase si era trovato spesso a domandarsi non sarebbe successa la stessa cosa anche a lui, ora che aveva scatenato la maledizione: non aveva ancora trovato il coraggio di fare un tentativo.  

  “Ti ricordi di quella volta in cui abbiamo beccato Ricki e Mick a fumare nel capanno?” esordì all’improvviso Jayden, interrompendo quell’assenza di dialogo. Il ragazzo aggrottò leggermente le sopracciglia, prima di annuire.

“Ci ho pensato di recente.” ammise, tornando a spostare lo sguardo in direzione del padrino, ancora appoggiato alla staccionata. “Quel giorno sono stato pagato profumatamente per tenere la bocca chiusa…” commentò infine, abbozzando un sorrisetto sghembo. Jade gli rivolse un’occhiata scettica.

“Ci credo poco.” ribatté, dandogli una spallata e ottenendo un’occhiata torva in risposta dall’amico.  “Eri un tenerone da piccolo, non avresti mai permesso a tuo fratello di pagarti.”

“Beh, fortuna che sono cambiato, allora.” commentò asciutto il ragazzo in risposta, prima di esordire in un sorrisetto malizioso. “Tu volevi baciarmi…” ricordò a quel punto. Jayden si finse scettica, scuotendo rigorosamente il capo.

 “Ti sbagli!” ribatté, sorridendo divertita al ricordo.

 “E vuoi ancora baciarmi…” rincarò la dose Mase, decidendosi finalmente a chiudere il libro. Jade roteò gli occhi, seppur continuando a sorridere.

“Lo sai vero che questa osservazione la rifili praticamente a tutte?” lo canzonò, incominciando a picchiettargli il pugno sulla spalla. Mase la scansò e tornò a sfogliare le pagine del suo libro. “…O forse farei meglio a dire “tutti”.” Si corresse. “Ho giusto fatto una chiacchieratina con Oliver, di recente…”

 “Sei solo gelosa, perché Oliver preferisce me a te.” commentò asciutto il ragazzo, accennando un sorriso presuntuoso. “E comunque non è vero che la rifilo a tutte.” Aggiunse, prima di guardarsi attorno, come se fosse alla ricerca di qualcosa. “Hai presente la vecchia Millicent?” domandò infine, indicando con un cenno del capo la casa adiacente alla fattoria; ci viveva l’ormai in pensione maestra elementare di Havenill. Jayden annuì.  “Non le passa nemmeno per l’anticamera del cervello di volermi.”

“E ci credo! è decrepita!”

“Ma ti assicuro che quella vuole darci dentro con mio padre, altroché!”  commentò Mase, accennando un sorrisetto malizioso. A quel punto fu Jade a mettersi a ridere.

“Ma che schifo, dai!” lo rimbeccò, spintonandolo verso sinistra. Il giovane riprese a ridere a sua volta, passandosi una mano dietro la nuca. Le seppur rifilò comunque l’ennesima occhiata torva, quando tornò ad appoggiare la schiena all’albero. “La pianti di mettermi le mani addosso?” la rimbeccò. Jayden finse un’espressione confusa. “Non ho sentito bene, che cos’è che dovrei fare?” gli chiese, incominciando a scompigliargli i capelli. Mase si ritrasse, scacciandola con un colpo secco della mano.
“Piantala…”

“Vuoi un abbraccio, ho capito bene?”

Sbuffando, il ragazzo cercò di liberarsi dalla presa dell’amica. Jayden ridacchiò, riprendendo a scompigliargli i capelli.

“Jade, giuro che ti ammazzo…”

 “Provaci e poi Mick ammazza te.” dichiarò a quel punto la ragazza, decidendosi finalmente a lasciarlo stare.  “E ti avviso che ha messo su un bel po’ di muscoli da quando ha incominciato ad andare in palestra.”  aggiunse, prima di lasciarsi sfuggire una seconda risatina, nel notare le sue guance rosse per via del fastidio, e l’espressione furibonda.

“Mi vuoi dire a cosa stavi pensando poco fa?” domandò infine, tornando a voltarsi in direzione della staccionata. Mason si passò con nervosismo una mano dietro il collo.

“Poco fa quando?”

 “Quando sono arrivata; stavi guardando papà con quell’aria da ‘ho uno dei miei pensieri profondi alla Mason Dylan’.”

Il ragazzo sbuffò, prima di voltarsi in direzione del padrino.

“Ho sempre pensato a Havenill come l’unico posto in cui le cose restano sempre le stesse.” ammise infine, tornando a rivolgersi a Jade.  “Un posto in cui non si avvertono i cambiamenti. Questa stabilità mi faceva sentire al sicuro…E tu lo sai bene;  quando scappavo di casa venivo sempre a nascondermi qui.”

Jade annuì.

“Questo, fino a quando papà non ha avuto l’incidente.” concluse per lui. Mase si strinse nelle spalle. “Quando successe quello che successe, ho perso quella convinzione.” spiegò. “Ho capito che non esistono dei luoghi sicuri o immobili. Tutti prima o poi cambiamo e spesso le cose si evolvono in qualcosa di peggiore. A Mystic Falls, tanto come a Havenill.” aggiunse, prendendo a tormentare un filo d’erba con le dita. “E mi manca quella sicurezza che provavo un tempo venendo qui.” Ammise infine, “Mi manca ricordare che, qualunque cosa stia passando, c’è sempre un posto che rende le cose un po’ più facili…e che quel posto è anche casa mia.”

Jayden aggrottò le sopracciglia, ascoltando con attenzione sulle parole dell’amico

“Per come la vedo io…” esordì infine, mettendosi a gambe incrociate e voltandosi in direzione di Mase, “Non c’è nulla di poi così diverso, rispetto a quel pomeriggio di quattro anni fa. Pensa a come eri una volta e a come sei adesso. Sei davvero convinto che ci sia così tanta differenza?” lo interrogò, fissandolo con insistenza. Di fronte all’espressione cinica dell’amico, gli prese il libro dalle ginocchia e glielo agitò di fronte al volto.

“Quattro anni fa, arrivai a scocciarti mentre leggevi un libro, esattamente come ho fatto prima.” dichiarò decisa, lasciandogli cadere il volume sulle gambe. Mase roteò gli occhi, piuttosto reticente a condividere il suo punto di vista.

“..E papà? Papà, dov’era? Appoggiato alla staccionata, nella stessa identica posizione di adesso.  E sempre con quel ridicolo cappello di paglia in testa, oserei aggiungere.”

“Questo, perché zio Dylan si veste praticamente sempre allo stesso modo…” le fece notare Mase. La ragazza sorrise con fare scaltro.

“Appunto. Non è cambiato nulla, no? E pensa a tua madre e a Caroline. Probabilmente erano al maneggio anche quella volta. E ci metto la mano sul fuoco nel dire che tuo nonno Aaron fischiettava come sempre. Di sicuro la vecchia Millicent già si mangiava tuo padre con gli occhi!” aggiunse, riuscendo a strappare un sorriso al ragazzo. Infine, sorrise a sua volta. “Se ci presti veramente attenzione, ti renderai conto che nulla è poi cambiato più di tanto.” aggiunse, azzardando una carezza sul capo del ragazzo. “Nemmeno tu, sapientone.” concluse, estendendo il suo sorriso.

Mason rimase in silenzio per un po’, accostando mentalmente le sue riflessioni alle parole della ragazza. Jayden lo lasciò fare, tornando ad appoggiare la schiena contro l’albero; lo conosceva abbastanza bene da sapere che quei momenti di riflessione, per lui, erano tanto importanti quanto la conversazione che li precedeva. L’attimo di tranquillità venne smorzato ben presto da un risolino infantile; Davey, Twister e Ruby avevano abbandonato il fienile e in quel momento sembravano concentrati nel fare un gioco da tavolo sul tavolino di fronte casa.

Ehy, Jade…” mormorò in quel momento Mason, spostando lo sguardo in direzione dei tre bambini. “Ti ricordi dov’era Davey, quel pomeriggio?”

La ragazza ci pensò su per un po’.

“Era con noi.” esclamò infine, annuendo per confermare le sue parole. “Abbiamo giocato con le pistole d’acqua.”

Un lieve sorriso prese ad arricciare le labbra di Mase, spazzando via l’espressione pensierosa di poco prima.

“Esatto.” Concluse infine, appoggiando il libro a terra ed alzandosi in piedi. “E  se non sbaglio, c’è un favore che devo rendergli…”

Qualche minuto più tardi, i due adolescenti avevano raggiunto il gruppetto di bambini. Davey aveva un espressione annoiata, e in quel momento stava riprendendo Damian per qualcosa che doveva aver fatto. Mase e Jade scoprirono che stavano cercando di giocare a monopoli, ma che Damian continuava a rubare i soldi dalla banca del gioco, facendo innervosire il maggiore dei tre.

“Twister, quei soldi non puoi prenderli!” stava esclamando a gran voce il ragazzino, raccogliendo i mazzetti di banconote di carta schierati di fronte al bambino.

 “Scherzetto!” esclamò Damian, esibendo un sorriso furbetto. Afferrò altre due banconote dalla scatola del gioco e le nascose dietro la schiena. “Sono ricco, sono ricco!” dichiarò, incominciando a saltellare.
“Davey, Davey, tocca a te!” stava cantilenando nel frattempo Ruby, tirandolo per un lembo della maglietta. Il ragazzino sbuffò, lasciando cadere a terra le poche banconote che era riuscito a riprendersi da Twister.

“Mi sono rotto!” dichiarò infine, allontanandosi dal tabellone del gioco. “Siete troppo piccoli per giocare a monopoli!”

Ehy, Davey!”

L’esclamazione di Mase lo raggiunse alle sue spalle. David fece appena in tempo a voltarsi che un getto d’acqua improvviso lo colpì in pieno volto, subito susseguito da un secondo.

 “Beccato!” dichiarò il ragazzo intercettando lo sguardo di Jade, prima di mettersi a ridere. Davey rivolse loro un’occhiata sconvolta, asciugandosi il volto con un lembo della maglietta. Tuttavia, si riprese quasi subito.

“Questa me la pagate!” esclamò,  dimenticandosi all’istante del monopoli e correndo in direzione della cantina, cercando di schivare i colpi dei due ragazzi. Ruby, al contrario di Davey, sembrava piuttosto turbata dall’episodio.

“Avete bagnato tutti i soldi!” strillò, appoggiando a terra le banconote chiazzate d’acqua. “Adesso vado a dirlo alla mamma!” concluse decisa, fiondandosi in casa. Twister, d’altro canto, sembrava completamente conquistato dai quei fucili ad acqua.

“Guerra, guerra!” esclamò, per poi correre a nascondersi dietro un cespuglio, ridendo come un matto, quando il cugine finse di caricare il Super-Liquidator per colpirlo.

Quando Davey tornò con il suo fucile ad acqua, ebbe inizio una seconda, interminabile, battaglia  che si estese fino ai dintorni della fattoria.

 

Mentre correva, Mason non poté fare a meno di sorridere, ricordando come un pomeriggio di ormai diversi anni prima, un ragazzino molto simile a lui aveva fatto altrettanto.  In quel momento, caricando il suo fucile d’acqua e schivando per un pelo il colpo di Jayden, si accorse di sentirsi esattamente come si era sentito quella volta, vagabondando per gli stessi prati: sereno e protetto, come riusciva a sentirsi solo lì. Non aveva mai avuto paura a Havenill; finalmente tornava ad ammetterlo. Sua madre, un giorno, gli aveva detto che era uno di quei posti in cui tutto andava sempre per il meglio e ci si sentiva sempre al sicuro. E solo in quel momento, dopo aver fatto a pugni con i dubbi, aveva incominciato a rendersi conto di quando fosse vero. Perfino quando le cose erano cambiate, molte volte in peggio, la sicurezza che avvertiva in quel posto era rimasta integra. Havenill era un posto come tanti, ma per lui era qualcosa di diverso: sapeva come farlo sentire protetto, anche quando tutto ciò che avrebbe voluto fare era fuggire da se stesso.

Nel frattempo, in lontananza, qualcuno stava osservando con fare divertito, le corse dei ragazzi. Il vecchio Aaron Blackwell smise di fischiettare quasi senza accorgersene, raggiungendo con un po’ di fatica la staccionata che delimitava il terreno degli Scott.

“Stanco, Aaron?” domandò Dylan, quando il vecchio si sistemò al suo fianco. L’uomo sospirò, portandosi una mano sulla schiena. “Altroché. Un giorno o l’altro i miei figli dovranno tenermi assieme la schiena con il nastro adesivo.” scherzò. Dylan accennò un sorrisetto.

“Posso capirti.” ribatté, decidendosi finalmente ad abbandonare la solita posizione con i gomiti in fuori. Infine sospirò a sua volta. “Siamo proprio due rottami, eh, vecchio Blackwell?” lo canzonò, dando una pacca sulla spalla all’uomo. Aaron assunse un’espressione contrariata.

“Io sono un rottame, figliolo.” lo corresse, chinandosi lentamente e sedendosi sull’asse più basso della staccionata.  “Tu invece guardati, sei un ragazzetto!” esclamò, dandogli una colpetto sulla gamba. “Un giorno o l’altro ti  vedremo correre di nuovo dietro a quegli altri ragazzetti lì.” aggiunse, indicando i ragazzi con un cenno del capo. “Crescono sempre troppo in fretta.” concluse, prima di sospirare ancora una volta. Dylan annuì, tornando ad osservare i figli e il figlioccio.

“Chissà…” esordì ancora Aaron, interrompendosi per schiarirsi la voce. “… se torneranno ancora a trovarci, quando io e te saremo vecchi e bacucchi. Dobbiamo tenerceli stretti finché possiamo, Dylan .”

“Sta’ tranquillo, vecchio Blackwell.” Lo rassicurò l’uomo in tono di voce pacato, sistemandosi il cappello di paglia sul capo. “Torneranno. Torneranno sempre.”

E di quello, Dylan ne era convinto. Quel paesino di campagna poteva anche essere un posto come tanti, in apparenza, ma non era così per la sua famiglia. Non era così per i Blackwell, e sapeva anche che non lo era nemmeno per Mase.

Lo aveva capito una notte di qualche anno prima, poco tempo dopo l’incidente, in cui Mason era rimasto a dormire alla fattoria. Dylan e il figlioccio avevano chiacchierato a lungo, perché nessuno dei due riusciva a prendere sonno Quella notte, Mase gli parlò di un posto in cui tutto andava sempre per il meglio e in cui ci si sentiva sempre al sicuro. Fu in quell’occasione che Dylan decise per la prima volta che un giorno sarebbe tornato a camminare. Perché il posto di cui Mase gli aveva parlato si chiamava Havenill.

Ed era casa sua.

There is only one Tree Hill. And it’s your home.”

One Tree Hill.

 

Nota dell’autrice.

Bene, l’ho pubblicata. Quindi, non ho tirato indietro nessuna mano dopo aver lanciato il sasso e.e (chi di dovere, sa XD)

Ho un mucchio di cose da dire su questa storia. Anzitutto, mi scuso per la smisurata lunghezza: inizialmente doveva essere una cosa molto più semplice, legata solamente ai due ricordi al passato e al presente di Mason. Successivamente, mi sono accorta che alla storia mancava un vero e proprio personaggio: mancava Havenill. E ho deciso di modificare il tutto aggiungendo dettagli in merito a questo paesello e a quello che rappresenta per Mase. In realtà nella storia doveva fare comparsa una scena nel fienile con Mase e sua sorella Caroline, ma ho dovuto tagliarla >.< Per quello vedete tante menzioni al fienile.

Il nome del paesino l’ho coniato unendo due parole: Haven e Hill. Haven per tre ragioni: a) Significa ‘rifugio’ e quindi trovavo si accostasse perfettamente all’idea di ciò che rappresenta Havenill per i suoi abitanti e per Mase. b) è una parola a cui sono molto affezionata, perché mi infonde un senso di protezione e sicurezza pazzesco. c) Ho scoperto che l’attore che ho scelto come pv di Dylan (Josh Duhamel) è il protagonista del film (adattamento del libro omonimo Sparks) Safe Haven (in italiano: vicino a te non ho paura), quindi c’è un ennesimo collegamento, anche se questo libro non l’ho mai letto >.< . Per quanto riguarda “–ill”, è un omaggio a One Tree Hill, così come il cognome della famiglia Scott; questo perché sto incominciando a seguire il telefilm ed è stato una delle fonti di ispirazione per questa storia e per il piccolo mondo di Havenill in generale.

1.      A proposito di One Tree Hill: le citazioni. La prima è citazione è la frase affissa a una parete del locale di Karen nel telefilm. Nel testo l’ho inserita diverse volte volutamente; all’inizio, nel presente quando Mason riflette e alla fine, sotto-forma di ricordo di Dylan. Mi piace la ripetizione, perché sottolinea un po’ questa sicurezza che Mase sente di aver trovato in quel paesino tranquillo e sempliciotto di campagna. La seconda citazione del racconto è sempre una delle frasi topiche di OTH: viene menzionata sia nell’ultimo episodio della prima stagione che nell’ultimo della nona. Devo citare assolutamente Ely 91 per questo, perché mi ha fatto un regalino meraviglioso legato a Havenill che conteneva quest’ultima citazione, e probabilmente è stato lì che ho deciso di volerla usare a mia volta.

2.      Ho tagliato degli elementi descrittivi in merito alla famiglia Blackwell, ma li riporto qui che magari può aiutare a far quadrare tutti questi nuovi personaggi. Lydia è cresciuta a Havenill nella fattoria di fianco a quella degli Scott. Con lei c’erano il padre (nonno Aaron), la madre Edith (che ora non c’è più) e i quattro fratelli, Simon, Harris, Jesse e Dorian. Dorian è il papà di Damian e Ruby. Dylan, essendo il vicino di casa, è praticamente cresciuto con i Blackwell, per questo li vediamo tutti assieme, piccoli e grandi, da nonno Aaron ai tre mocciosetti, Davey, Twister e Ruby.

3.      Chiudo con un breve (?) blablabla a proposito degli Scott. Ci sono tante cose solo menzionate e lasciate in sospeso, perché conto di trovar e chissà, prima o poi, un giorno, forse (?) il tempo per tornarci. Cose come l’incidente di Dylan, o Mick che è a malapena comparso, e il fatto che Dylan sia il padrino di Mase e la sua amicizia con Lydia. Magari arrabbattandomi con qualche mini prequel di HR tipo Pyramid ma legato a Lydia e Tyler, e quindi al passato dei Blackwell e anche di Dylan Scott. Vedrem! Il fatto è che ormai questi qui si sono costruiti da soli sotto i miei occhi e ci tenevo a parlare di loro.

Credo di aver concluso! Grazie di cuore per avere letto questa storia, che, chi mi conosce bene potrà intuire il perché, contiene una piccola parte di me.

Un abbraccio!

 

Laura

   
 
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