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Autore: maxmin1997    15/02/2013    6 recensioni
Cassie Montgomery è una ragazza sveglia, una in gamba, diciamo. E' bella, timida e aspirante scrittrice. Non si fida dei ragazzi, li tiene lontani come la peste. La sua vita ha un solo difetto: Derek King.
Derek King è quello che si dice 'un ragazzo cool', è una specie di genio temuto da tutta la scuola, e desiderato da tutte le ragazze. E' stronzo, menefreghista e con una certa predisposizione per i guai. Gli piace la sua vita, tranne per una cosa: Cassie Montgomery.
Dal testo:
"Mi fermai, ma senza girarmi. Sentii il suo respiro sul collo, e il suo viso che si avvicinava al mio orecchio.
“Sei finita, Cassie Montgomery”
Sì, ero finita davvero."
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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5. Non puoi essere serio!


"Chi sei tu, che nel buio della notte osi inciampare nei miei pensieri più profondi?"
- William Shakespeare

 

La musica mi perforava i timpani e attorno a me c’era gente che ballava, pomiciava o cantava a squarciagola le canzoni, facendo soffrire ancor di più il mio apparato acustico. Dopo quell’occhiata inquietante Derek era svanito nel nulla, Helena era completamente svanita e Steve… Beh Steve mi stava appiccicato peggio di una cozza, per essere molto poco carini.
“Steve, ma sei sicuro che vuoi stare tutta la serata con me?” gli urlai nell’orecchio cercando di farmi sentire.
Lui mi guardò stralunato e annuì, per non lanciare urli come la sottoscritta.
Scrollai le spalle e mi diressi verso il tavolo degli alcolici.
C’era vodka, tequila, birra, rum… Il signorino si dava da fare in quanto alcool eh. Optai per la vodka alla fragola e me ne riempii un bicchiere.
“Cass sei sicura? Lo sai che con l’alcool sragioni!” mi disse Steve. Io lo guardai male e accostai il bicchiere alla mie labbra. Era una festa, dopotutto, potevo sragionare quanto volevo.
Quando il liquido mi scese in gola mi provocò un bruciore familiare e piacevole. Finalmente intravidi Helena, che stava vicino a una ragazza bassina e dai capelli rosso fuoco. Lei le aveva messo la mano sul braccio, ed Helena aveva sorriso timidamente. Cosa stava succedendo tra quelle due?
Quando mi girai per chiedere a Steve, lui era sparito. Mi guardai attorno agitata quando lo vidi parlare con King. Cosa gli stava dicendo?
Il biondo mi lanciava delle occhiate di sfuggita, e intanto vedevo il mio amico farsi sempre più nervoso.
Alla fine della conversazione, Steve gli disse qualcosa che fece sorridere malignamente Derek.
Venne verso di me rapidamente e mi accorsi che mentre avevo la testa fra le nuvole avevo finito il mio bicchiere.
In effetti mi sentivo leggermente accaldata e non riuscivo a smettere di sorridere.
“Balliamo, Cass?”
“Steve lo sai che non…” ma lui non mi fece finire che mi prese per un braccio e mi portò al centro della mischia.
Smisi di pensare e cominciai a ballare, mi stavo divertendo, incredibilmente. Steve aveva le mani sui miei fianchi e la parte ancora ragionevole del mio cervello pensò che fosse una cosa piuttosto strana, perché la sua stretta era forte e allo stesso tempo leggera, come si tiene un’amante. Ecco perché era strano. Inoltre Steve non aveva nemmeno bevuto… Che ci stesse deliberatamente provando con me?
Purtroppo però nel mio cervellino vigeva la parte inquinata dall’alcool, così intrecciai le mie mani dietro la sua nuca e lo avvicinai di più a me, notai che sorrideva mentre lo facevo. Ballammo per altre tre canzoni, senza fermarci, muovendoci in modo curiosamente sensuale. Non provavo niente per Steve, ne ero più che certa, ma in quel momento avrei davvero voluto restare così per sempre.
Sentii un braccio tirarmi indietro e Steve urlare qualcosa.
“… Stavamo ballando coglione! Che vuoi?!”
Alzai lo sguardo sul nostro rovina-balli e impallidii. Che voleva King?!
“Me la rubo per un attimo, poi è tutta tua, frocio”
Sentii indistintamente il mio amico urlargli qualcosa contro, ma ormai Derek mi aveva già trascinata al piano superiore, dove non c’era nessuno.
“Oh, ma che vuoi! Stavamo ballando, che problemi hai!?” gli urlai liberandomi dalla sua stretta.
I suoi occhi erano stranamente lucidi mentre mi percorreva come una carezza tutto il corpo. Improvvisamente sentii un brivido lungo tutta la schiena e mi accaldai ancora di più. Aveva i capelli scarmigliati dalla festa, le labbra rosse e le guance imporporate dal caldo.
“Eravate molto vicini” si limitò a dire.
“Stavamo ballando” dissi in tono ovvio.
Ma che gli prendeva?
“Eravate troppo vicini” precisò.
Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo e lo fissai con i miei raggi della morte, che purtroppo non volevano funzionare.
“Allora, mi devi aiutare” disse in tono pratico.
Ah, ecco che voleva. Dovevo tornare a essere la sua schiavetta.
Sei delusa, vero? Pensavi fosse geloso eh…
Maledetta coscienza.
“Che altro dobbiamo fare questa volta?”
“Niente di che, ma un po’ più illegale dell’ultima volta” disse con un sorriso che di buono non prometteva proprio niente.
Lo guardai accigliata, facendogli segno di continuare.
“Il mio vicino di casa, stranamente – disse con tono ironico – è il signor Hopkins, quello che si scopa mia madre, ricordi?” disse amareggiato.
Annuii leggermente, era strano che ne parlasse così.
“Penso che abbiano cominciato la loro relazione da un bel po’ di tempo…” disse, stavolta nei suoi occhi lessi quel tipico dolore di quando un genitore delude il figlio.
“E quindi? Hai intenzione di introdurti a casa sua e ficcanasare nelle sue cose e magari mettergli in corto circuito tutto il suo impianto elettrico?” disse scherzando.
Lui si limitò a fissarmi.
Oh.
No.
No.
Ditemi che non era quello che pensavo.
“Non avrai intenzione davvero di…?” chiesi in un sussurro rabbioso.
Lui annuì con l’ombra di un sorriso, di quelli che fanno accapponare la pelle al solo vederli, di quelli che portano solo guai. In quel momento, pensai che fosse proprio Derek King a portare guai.
“Derek, non possiamo, ti rendi conto?! Se ci beccano ci denuncerebbero, e finiremmo in guai molto grossi e…” lui mi prese per le spalle e mi guardò negli occhi.
“Cassie, ti prego. È molto importante per me…” disse con una nota di tristezza nella voce. Capii che non mi stava costringendo a farlo per la storia della registrazione, me lo stava chiedendo come favore personale, e ovviamente perché sapeva che avrei tenuto la bocca chiusa.
“Va bene…” dissi in un sussurro abbassando gli occhi, cercando di non farmi intrappolare da quegli occhi verdi così dannatamente ipnotici.
Lui mi liberò dalla sua presa e mi guardò con gratitudine, gli feci un sorriso sincero, di quelli che riservavo di solito a Helena e a Steve, e lui spalancò leggermente gli occhi e la sua bocca si schiuse in un’espressione di stupore.
“Sei davvero… meravigliosa quando sorridi così” disse tenendo gli occhi ben fissi su di me.
Il mio cuore mancò un battito e l’aria nei polmoni sembrava esaurita. Stavo avendo un infarto, o era semplicemente il mio corpo che cercava di dirmi qualcosa?
“Devo avvertire Steve…” dissi e improvvisamente ricordai.
“Aspetta, ma che diavolo vi siete detti prima che si è incazzato così?” gli chiesi con sospetto.
Lui fece un’espressione innocente.
“E’ lui che è venuto da me, voleva che non ti girassi intorno e cazzate varie” disse apparentemente annoiato al solo ricordo di quel discorso.
Perché Steve avrebbe dovuto dire una cosa del genere?
Derek, come se mi leggesse nel pensiero, rispose alla mia domanda.
“Credo che quel tipo abbia un’immensa cotta per te, Montgomery” disse a denti stretti, come se lo infastidisse.
Beh, non pensava che potessi avere uno spasimante? Che gran coglione.
“Siamo semplicemente amici” dissi con convinzione, non poteva essere altrimenti. Non avrei sopportato se un giorno lui mi facesse qualche strana domanda e io fossi costretta a rifiutarlo. Non mi andava di perdere un amico come lui, uno con cui potevo condividere tutto…
“Comunque, bando alle chiacchiere sciocche e sentimentali, abbiamo una missione” disse cercando di imitare James Bond. Non ci mancava molto, considerato quanto era bello con quel completo e quell’aria determinata in viso.
“Andiamo!” dissi con finta allegria.
Scendemmo le scale e ci confondemmo tra la folla.
Per non perdermi, supposi, Derek mi afferrò la mano e intrecciò le sue dita alle mie.
Il mio cuore perse un altro battito.
Sorpassammo tutto quel mare di gente e arrivammo in uno stanzino buio e stretto, dove però c’era una botola dall’aria moderna.
Lo guardai interrogativamente.
“I miei si preoccupavano di un incendio o di chissà quale altra calamità terrestre, e hanno costruito questa specie di tunnel che porta fino al bunker, così evitiamo di uscire fuori e farci vedere da tutti.
Gli risposi che ormai era troppo tardi, ma evitai, sembrava insolitamente nervoso.
Mentre mi giravo un’ultima volta per chiudere la porta dello stanzino, vidi due occhi familiari che mi guardavano feriti. Steve. Cazzo.
Gli mimai uno ‘scusa’ con le labbra ed entrai nel piccolo spazio.
Una volta dentro, mi accorsi che era completamente buio e provai una fitta di paura.
Il buio era sempre stato il mio punto debole, infatti la notte dormivo con le persiane spalancate.
Quasi automaticamente cominciai ad ansimare e sentii King imprecare.
“Dove accidenti è quella chiave…?!”
Intanto vedevo delle lucine ogni volta che sbattevo le palpebre, il che non era un buon segno.
“Montgomery, ehi, che ti prende?”
Sentii le sue mani prendermi i polsi e non riuscii a rispondere.
 Volevo una fottuta luce. Troppi ricordi mi collegavano al buio. Non ce la facevo.
“Soffri di claustrofobia? Perché diavolo non me lo hai detto?!”
Volevo rispondergli con qualche frase acida, ma vedevo solo buio. Sentivo solo il buio.
“Dai Montgomery, ora c’è l’aria, dai…” sentii il suo braccio cingermi la vita, mentre mi accompagnava in un tunnel che doveva essere decisamente più ampio. Ma era buio. Com’era possibile?! Perché era tutto così buio?
“Ti senti meglio?” mi sentii chiedere. Ma sentivo quella voce ovattata e una parte della mia testa registrò che si trattava sicuramente di Derek, così riuscii a parlare a fargli capire che non era quello il problema.
“N-no. Non è la claustrofobia…” riuscii a sussurrare.
La presa sul mio fianco si era fatta più forte e ora sentivo anche una mano accarezzarmi il volto.
“Il buio…” riuscii a dire.
“Cazzo” non passò nemmeno un minuto che la luce invase il mio campo visivo.
Luce. Luce. Luce!
Improvvisamente rividi tutto, compreso Derek che mi fissava preoccupato.
Aveva tra le mani una piccola torcia, di quelle che si attaccano alle chiavi di casa o ai cellulari.
Gliela presi e ma strinsi al petto, come se fosse la mia salvezza.
“E così hai paura del buio, eh?” disse ironicamente.
Lo guardai male e gli diedi una piccola spinta.
Attraversammo il tunnel senza dire una parola e sbucammo in un bunker freddo e non molto accogliente. Però aveva tutto quello che serviva a un rifugio d’emergenza. Letti, una piccolissima cucina a gas, lampade, un minuscolo bagno e un armadio.
Scossi la testa pensando che probabilmente non ne avrebbero mai avuto bisogno per il semplice fatto che se fosse scoppiato un incendio o chissà quale altra calamità terrestre, uno dei loro aggeggi super elettronici e super costosi avrebbe risolto tutto.
Lui aprì la porta del rifugio e mi fece cenno di passare per prima. Wow, un perfetto gentiluomo.
Ora che le luci del giardino illuminavano la strada potevo spegnere la torcia.
King mi fece cenno di seguirlo e scavalcammo un piccolo recinto che divideva le due abitazioni.
Se ripensavo a cosa stavamo per fare, sentivo un vuoto allo stomaco. Se ci fossimo fatti beccare probabilmente mia madre mi avrebbe uccisa, o rinchiusa in un qualche collegio per suore.
La villa era molto grande, ma niente in confronto a casa King. Ai piedi della casa c’erano delle piccole finestre, il che probabilmente suggeriva uno scantinato.
Il biondo si accovacciò e, con una forcina presa chissà dove, aprì la finestra rettangolare.
Stendendosi si infilò dentro e cercai di capire come diavolo aveva fatto a passare, non sembrava molto grande.
“Vai, muoviti” mi disse in un sussurro.
Non me lo feci ripetere due volte e mi accovacciai anche io, per poi stendermi e passare sotto l’apertura. Sperai solo di non rovinare il vestito, altrimenti me l’avrebbe pagata cara.
Sentii le sue mani prendermi i fianchi in una stretta decisa e sentii un’altra fitta allo stomaco, ma stavolta era diverso. Erano farfalle. Dannazione.
Mi affidai a lui, che mi tirò abilmente fuori e quando alzai la testa avevo il suo viso a circa due centimetri di distanza. La luce soffusa faceva apparire i suoi occhi ancora più verdi, e i capelli avevano un tono ramato. Non ricordavo di averlo mai visto così bello e attraente. Era una specie di calamita, non potevo fare a meno di guardarlo, come se una forza misteriosa mi portasse sempre ai suoi occhi, alle sue labbra.
Lo sentivo sospirare e per un attimo credetti che mi avrebbe baciato, ma poi la sua espressione, da desiderosa, cambiò in circospetta.
Mi lasciò e si girò verso il resto del seminterrato. Nonostante le luci del giardino illuminassero una piccola parte, non si vedeva quasi niente.
Lui accese la sua solita torcia.
Trattenni il respiro. Non potevo credere a quello che vedevo. Ogni parete, ogni mobile, era tappezzato da varie foto scattate di nascosto di Derek King.


 

Saaaaaalveee! Scusate il super mega iper ritardo, ma a scuola ci hanno dato così tante verifiche che non avevo nemmeno il tempo per mangiare c.c
Anyway, per farmi perdonare ho scritto questo capitolo, che spero troverete emozionante tanto quanto mi sono emozionata io nel scriverlo!
Love ya all, xoxo <3

  
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