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Autore: Inquisidora    15/02/2013    2 recensioni
La piccola Vanessa ha un solo desiderio: diventare la farfalla più bella di tutte. Chiusa in una stanza fin da quand'è venuta al mondo, circondata da persone che non si degnano di guardarla, Vanessa non ha nessun'altra ragione di vita, sebbene sia ben consapevole che "non tutti i bruchi riescono a diventare farfalle".
Scritto in occasione di un concorso letterario avente come tema "l'attesa", questo breve racconto originale vuole proporsi come un'analisi introspettiva e, soprattutto, simbolica dell'uomo e delle sue debolezze e paure; utilizzando la metamorfosi del bruco in farfalla come metafora della vita umana.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Crisalide Spezzata

 

Sai, la mia teoria è che devi chiuderti nel

bozzolo prima di diventare farfalla!”.

- “Il Talento di Mr. Ripley”.

 

 

 

 

C'è chi vive senza preoccupazioni, accontentandosi di ciò che gli riserva il presente.

C'è chi vive nell'ansia, terrorizzato da ciò che avrà in serbo il domani.

C'è chi al mattino ringrazia un ipotetico Dio per avergli concesso la grazia di poter aprire gli occhi e continuare a vivere.

C'è chi quel Dio lo maledice, avendo come unico desiderio quello di chiuderli, gli occhi, e non riaprirli mai più.

C'è chi sorride, felice della propria vita, del proprio lavoro, della propria famiglia.

C'è chi la forza di sorridere l'ha persa per sempre, lasciando che rimanesse intrappolata in un passato ingiusto e crudele.

C'è quel qualcuno che dice che non bisogna mai perdere la speranza, che non è mai tutto perduto, e che ogni cosa accade per un motivo ben preciso.

C'è chi a quel tale sputerebbe in faccia, rinfacciandogli di aver perso il lavoro e di avere una famiglia da mantenere.

Poi c'è la piccola Vanessa, rannicchiata nell'angolo più buio della stanza. Non ha idea di cosa l'abbia portata in quel luogo, o del perché sia circondata da così tante persone.

Sono tutti così strani qui”, pensa tra sé e sé la bimba, osservando con circospezione i loro volti scuri, quasi apatici.

Ma Vanessa è una bambina risoluta e, soprattutto, curiosa. Con decisione appoggia le manine sul pavimento e, con una bella spinta, si tira su da terra. Si guarda intorno, seria, determinata ad attirare l'attenzione di uno di quegli individui ai suoi occhi tanto bizzarri. Poi, d'improvviso, si dirige verso uno di loro.

Salve, signore”, esclama tutta contenta la piccola Vanessa, speranzosa di aver trovato la persona che fa al caso suo, “lei sa per caso qual è la durata della vita di una farfalla?”, chiede a un uomo dall'aria seria e indaffarata che le passa accanto, probabilmente sulla quarantina; prima che questo continui per la sua strada, senza degnarla nemmeno di uno sguardo. Vanessa lo guarda allontanarsi, gli occhi fattisi improvvisamente lucidi; poi, amareggiata, torna a sedersi nel suo angolino. Quante volte avrà cercato di farsi notare, da quand'è venuta al mondo?

Gli adulti non ascoltano mai i bambini, Vanessa. Ormai dovresti saperlo”, le dice tutt'a un tratto un'anziana signora, prendendo posto vicino a lei. Lo sguardo di Vanessa s'illumina, esultante.

Signora, lei sa quanto vivono le farfalle?”.

La vecchietta ridacchia, compiaciuta da quella domanda strampalata e al contempo interessante.

Non lo so con precisione, piccolina, credo che dipenda da specie a specie. Ciò che so con certezza, però, è che le farfalle devono riuscire a guadagnarselo il loro posto nel mondo. Questo perché, sai, prima ancora di essere farfalla devi per forza essere un bruco. Ma non tutti i bruchi riescono a diventare farfalle”.

Vanessa si limita a squadrare la signora, i grandi occhi neri ricolmi di curiosità.

E come fa un bruco a diventare farfalla?”.

La vecchia sorride.

Tramite un processo denominato 'metamorfosi'. Il bruco avvolge il proprio corpo in un guscio duro e resistente che servirà a ripararlo dai pericoli esterni, e al suo interno il suo aspetto comincerà a cambiare. Questo guscio è chiamato 'crisalide'”.

Vanessa la guarda estasiata, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. D'altronde è la prima volta che qualcuno si degna di rivolgerle la parola.

Una crisalide... e anch'io un giorno diventerò una farfalla?”.

L'anziana signora si concede qualche attimo prima di rispondere, gli occhi fissi sul pavimento. Poi si volta verso la piccola, regalandole un dolce sorriso.

Certo, Vanessa, lo diventerai di sicuro. Non prima di esserti chiusa nel bozzolo per il tempo necessario alla trasformazione completa, però, non dimenticarlo”.

 

 

Il tempo passa, le cose cambiano; o almeno così dicono. Vanessa cerca di convincersene, inviluppata nel solido rivestimento che la ricopre; che altro non è che la robusta crisalide che si è costruita col passare degli anni, di modo da proteggere il suo debole e fragile animo dal brutale mondo che la circonda. Le parole di quel giorno sono marchiate a fuoco dentro di lei, un tatuaggio indelebile che rappresenta la sua stessa essenza, la sua unica ragione di vita.

Non mollare”, continua a ripetersi, nella speranza di vivere anche solo quel giorno in più che sarà in grado di fare la differenza, “devi solo avere pazienza, ormai manca poco al giorno della schiusa. E tu diventerai una bellissima farfalla, la più colorata di tutte”.

Eppure Vanessa è ancora lì, immobile, in quella stanza caotica e ricolma di uomini che uomini ormai non sono più. Lei li guarda, mossa da invidia e compassione al tempo stesso. Vorrebbe poterli raggiungere, vorrebbe essere in grado di far qualcosa per loro. Ma ormai ha imparato che, fintanto che resterà nel suo stato attuale, loro non l'ascolteranno mai. L'unica cosa che può fare è aspettare. Attendere che la metamorfosi sia completa, che quella fredda corazza che la protegge si spezzi, finalmente, così che una Vanessa più forte e più coraggiosa possa farsi strada tra i resti e andare a colmare il vuoto nei cuori di quelle maschere glaciali e impassibili che continuano a sfrecciarle accanto, veloci, incuranti, troppo assorbite da quelli che ai loro occhi paiono essere problemi di prim'ordine.

Quanto tempo impiega una crisalide a schiudersi?”, mormora Vanessa, più a se stessa che agli altri.

Solo... quanto tempo?”. Si guarda intorno, con la flebile speranza che qualcuno si sia effettivamente fermato ad ascoltarla, nonostante sia del tutto consapevole che ciò non accadrà, almeno per il momento.

Quanto ancora devo aspettare?”, continua, la voce che è poco più che un bisbiglio sommesso, mentre le prime lacrime cominciano a solcarle le guance.

D'un tratto, ecco che il suo corpo sembra volersi muovere da solo, portandola a fare un passo avanti a sé, e poi un altro, e un altro ancora, fino a farle raggiungere la vetrata dal lato opposto della stanza. Vanessa non crede di averci mai fatto caso, era convinta che il luogo in cui si trovava fosse privo sia di porte che di finestre, ma ora come ora la cosa non sembra preoccuparla più di quel tanto. Realizza, però, che quella probabilmente sarà la sua unica occasione: deve approfittarne prima che sia troppo tardi. Si decide quindi a spalancare le imponenti ante della grande porta a vetri, benché la cosa le costi non poca fatica, a causa della sua esile corporatura e della sua modica forza fisica. Poi, finalmente, si ferma a contemplare il frutto dei suoi sforzi: l'azzurro del cielo, più brillante che mai, è la prima cosa che viene catturata dal suo sguardo, sguardo che successivamente va a posarsi sulle vaste pianure, i ruscelli cristallini e le alte montagne che compongono il paesaggio. Vanessa chiude gli occhi, inebriandosi del profumo dei fiori appena sbocciati, dei sempreverdi, dell'erba selvatica; del profumo di libertà.

Ce l'ho fatta!”, grida a pieni polmoni, quasi volesse annunciarlo al mondo intero, “ce l'ho fatta, guardatemi! Sono una farfalla! Sono la farfalla più bella di tutte!”.

Vanessa ride, ride di gusto come mai aveva fatto in vita sua, cercando di assaporare pienamente ogni singolo momento della libertà appena raggiunta.

Poi, un rumore sordo.

Una crepa.

Due, tre, quattro.

Decine, centinaia di crepe prendono a costellare quella protezione che fino a poco prima pareva essere indistruttibile.

Ma Vanessa non ci fa caso, lei ormai è una farfalla, d'altronde, ciò che ne sarà del suo vecchio guscio è del tutto irrilevante. Tuttavia, tuttavia quello stesso guscio la mantiene coi piedi serrati per terra, incapace di poter muovere anche solo un passo verso quella splendida prospettiva di vita che le si presenta.

Sono qui”, grida nuovamente lei, mentre l'aria comincia a mancarle nei polmoni, “sono sempre stata qui! Per favore, guardatemi!”.

Nessuno, però, sembra intenzionato a voltarsi nella sua direzione. Vanessa si lascia cadere a terra, il corpo fattosi improvvisamente fiacco, privo di energie.

Sono qui...”, sussurra ancora debolmente, ma già sa che nessuno può sentirla.

 

 

Un'anziana signora si fa strada in mezzo alla folla, dirigendosi verso quell'unica, maestosa vetrata che, a dispetto della mole, nessuno sembra notare. Ai suoi piedi giacciono le spoglie di una fragile fanciulla, di una giovane crisalide morta prima del tempo.

Eppure io te l'avevo detto, Vanessa”, proclama d'un tratto la vecchia, “ci vuole del tempo perché la metamorfosi sia completa. Non hai avuto la pazienza di aspettare che le cose accadessero al momento opportuno, e queste sono, purtroppo, le conseguenze. E pensare che, se solo ne fossi stata in grado, saresti diventata la farfalla più bella e più rara di tutte”.

Con queste parole l'anziana signora s'inginocchia di fianco al cadavere, per poi stendergli sopra un velo, mossa dalla commiserazione. Successivamente, senza dire altro, si alza e si allontana; lasciando che quella crisalide spezzata, così come le è stato imposto dal fato, ritorni al nulla a cui è sempre appartenuta.

 

 

 

 

 

Note: ci tengo a specificare che ho scelto il nome “Vanessa” principalmente per due motivi: innanzitutto perché le “vanesse” sono un genere di farfalle, quindi mi è giustamente sembrato più che appropriato al contesto del racconto; poi perché “Vanessa” viene talvolta associato al nome “Vana”, che, per l'appunto, significa “vuota”, proprio come ciò che resta della crisalide della giovane protagonista.

   
 
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