AVVISO
Premessa
importante, questa storia nasce qualche annetto fa,
da una mano ancora molto inesperta, forse noterete che lo stile
è cambiato, un
po’ meno farfalloso di quello odierno, ma l’idea mi
piaceva, perciò ve la
propongo. L’ho revisionata velocemente, e vi premetto che
ancora non era finita
la saga di Pain, quando questa fic prese vita, perciò, dopo
questo breve
avvertimento vi auguro buona lettura, nella speranza che vi piaccia. Un
finale
rivisitato eheh
Kiss Kiss Allyn
-Per Naruto-
Mi sono sempre
chiesto come sarebbe stato avere un padre e
una madre…Crescere con qualcuno che ti indichi la giusta
strada da percorrere,
che ti tenda una mano e ti aiuti a rialzarti quando cadi…Ho
sempre provato ad
immaginare quegli abbracci che non ho mai avuto, come sarebbe stato
sentirsi
dire “sono fiero di te, Naruto.
Ancora oggi
qualche lacrima mi sale agli occhi prepotente,
mentre osservo il suo ritratto, il quarto Hokage, il padre che non ho
mai
conosciuto, la persona che, senza sapere chi fosse in
realtà, ammiravo più di
ogni altro a questo mondo…
“Se
adesso sono così, è anche grazie al tuo esempio,
papà…”
Vorrei tanto
poterglielo dire, ma so che è impossibile, così
mi chiudo in me stesso, e nel silenzio di questa stanza contemplo lo
scorrere
del tempo. Ancora un’ora prima che il mio sogno si realizzi,
ma questo vuoto mi
condiziona, condiziona la mia gioia, ingabbiandola.
La scrivania
dell’Hokage, un legno sobrio e solido, dietro di
essa, seduti su quella sedia, susseguendosi, hanno protetto il loro
villaggio,
anche a costo della vita, i migliori ninja. Adesso toccherà
a me.
Apro quei
cassetti mogano uno dopo l’altro, scartabellando
tra documenti,
fascicoli ingialliti,
finché non la vedo, una busta con su scritto il mio nome, la
apro impaziente,
svuotandola sulla scrivania; come sempre la mia impulsività
non mi ha
abbandonato, cadono alcune foto, e due lettere. E di nuovo quelle
lacrime mi
salgono agli occhi, e io le lascio vincere.
Un giorno
d’estate, mia madre, mio padre e Jiraya sorridono
felici, indicando quella pancia
dolcemente rotonda, destinata a crescere ancora. Sorrido, pensando che
in
quella foto sono presente anche io. La poso, asciugandomi gli occhi che
hanno
iniziato a pizzicarmi e apro la prima lettera, riporta la calligrafia
di
Tsunade. Sono poche righe, scritte di fretta, e riportano la data di
oggi, il
mio diciannovesimo compleanno.
Caro
Naruto,
è
doveroso che tu
sappia che avrebbe voluto essere Jiraya in persona a consegnarti questa
busta,
ma data la sua morte sarò io a farlo. Ti chiederai
perché proprio oggi, perché
non prima, quando ne avevi più
bisogno,
quando ti sentivi solo… Fu tuo padre a chiedere
all’eremita dei rospi di farti
avere questa lettera in questo giorno, nel caso gli fosse accaduto
qualcosa. E
come vedi il suo desiderio è stato esaudito. Adesso lascio
spazio alle sue
parole, perché ogni mio commento sarebbe inutile.
Tsunade
Quel vecchio
porcello, è riuscito a
sorprendermi
ancora...
Richiudo
velocemente la lettera della quinta Hokage,
e velocemente mi appresto ad aprire quella busta ingiallita, dove il
mio nome è
stato scritto con tanta cura.
Le mani mi
tremano, e il cuore batte e rimbomba così forte
nel mio petto da darmi l’impressione che possa esplodere da
un momento
all’altro, è lì tra le mie mani,
l’ultima lettera di mio padre, l’ultima
lettera di Minato Namikaze, il lampo giallo della foglia. Una strana
malinconia
e tristezza ha preso il posto dell’iniziale
curiosità che era andata pian piano
caratterizzando il mio animo.
Il silenzio di
questa stanza, adesso mio unico compagno,
sembra assordarmi la mente, a tal punto che quando poso per la prima
volta lo
sguardo sul quell’inchiostro pece, ho come
l’impressione di non saper più leggere.
Poggio la
lettera sulla scrivania, e mi stupisco, il Naruto
di un tempo non avrebbe esitato a divorare quelle parole a lui celate
fino a
quel momento, ma ogni battaglia che avevo combattuto, ogni amico che
avevo
visto morire, le lacrime che avevo versato di nascosto per non sembrare
debole,
il team sette, Sakura, Kakashi, Sasuke… E poi Jiraya, un
grande amico, un
grande maestro.
In questo grande
puzzle, composto da centinaia di pezzi,
belli e brutti che siano, e che fino ad oggi mi hanno fatto crescere,
maturare
e che compongono la mia bizzarra esistenza, un tassello è
sempre mancato, quel
tassello sei tu papà, forse è proprio per questo,
che leggere quella lettera mi
fa così tanta paura, la paura di vedere il puzzle completo,
e tracciare le
linee per scoprire chi sono davvero, chi è Naruto Uzumaki.
Apro la finestra
di questa stanza, che ho l’impressione mi
stia pian piano soffocando, e inalo a pieni polmoni l’aria di
Konoha, la mia
amata Konoha, la nostra amata
Konoha
papà, le mani continuano a tremarmi, ma voglio sapere,
voglio conoscere, così
mi siedo nuovamente, questa volta con l’intenzione di non
tirarmi indietro.
E con il cuore
che accelera inizio a leggere.
Caro
Naruto,
quando
leggerai queste righe, vorrà dire che non sarò
sopravvissuto per dirti a parole
quanto io sia fiero di te.
Dovrei
iniziare questa lettera dicendoti che mi dispiace, per tutti i momenti
difficili che avrai dovuto passare, per tutti i vuoti che avrai
provato, per la
solitudine che avrà caratterizzato la tua prima infanzia, ma
ciò che ho fatto
quel giorno, il giorno in cui ho sigillato Kyubi nel tuo corpo,
destando contro
di te il giudizio e l’odio della gente, l’ho fatto
perché guardandoti ho capito
che avresti potuto cambiare le cose, ho visto nell’innocenza
di un bambino la giustizia
che avrebbe potuto riportare l’equilibrio a Konoha, ho visto
in te Naruto un
grande ninja. E se adesso stai leggendo queste righe vuol dire che il
mio sogno
più grande si è avverato, il mio unico figlio
divenuto un grande ninja ed un
nuovo grande Hokage.
Naruto,
il nome che ti porti dietro, quel nome che avrai sentito tante volte
affiancato
ad insulti, ad aggettivi pieni di odio, a quest’idea soffro
immensamente, ma so
che te la caverai, perché come tua madre sei forte e tenace.
Quel nome lo
scelse Jiraya in un bel dì soleggiato, Naruto, come il
personaggio di uno dei suoi
libri, che spero tu legga un giorno.
Sorrido
istintivamente, pensando che quel libro lo tenevo nel
cassetto della mia camera, come un sacro ricordo del mio maestro, come
uno dei
miei più cari tesori, quel libro che come eroe aveva un
ragazzo col mio nome.
Adesso mi stupisco di come in tutto questo tempo io non sia riuscito a
carpire
gli indizi, a scoprire la verità, forse perché
ammaliato dalla grande figura di
quell’uomo, chiamato quarto Hokage, quell’uomo
divenuto leggenda, ai miei occhi
forse troppo grande per avere a che fare col mio passato.
Con il petto che
ancora mi sembra scoppiare, continuo a
leggere quelle dolci righe, quasi come se ogni parola fosse un
abbraccio di
quel padre che non ho mai avuto vicino, se non nel mio cuore, che ora
si
riempie di gioia, sapendo che quello di tre anni fa non fu solo un
sogno,
quella visione che ebbi del quarto Hokage quando provai a togliere il
sigillo
che imprigionava la volpe a nove code dentro di me. Papà,
anche in quel momento
mi eri vicino, in quel momento hai saputo come proteggermi, come non
farmi
perdere quel poco di umano che mi era rimasto, quanto
l’ottava coda prese il
sopravvento, quando Pain aveva ormai disseminato morte e distruzione, e
tu,
papà quella volta eri presente, salvandomi da ciò
che in parte sono, un mostro.
Se
mi odierai non potrò biasimarti, ma sappi che credevo in te
e in quelle
speranze che sempre più forti ardevano in me osservandoti,
piccolo e forte allo
stesso tempo. Tu, che di malvagio non avevi niente avresti potuto usare
la
forza di Kyubi per qualcosa di buono.
E leggendo
ancora, quelle lacrime ignoranti cadono di nuovo
dai miei occhi, bagnando la carta ingiallita. Appannandomi la vista
senza
permettermi di continuare.
La
cosa più triste è che mi perderò ogni
tuo sorriso, ogni tuo traguardo, ma non
temere, in un piccolo angolo del tuo cuore sarò sempre con
te, pronto a
proteggerti figlio mio, quando arriverà il momento non sarai
solo ad affrontare
Kyubi. E quando sarai in difficoltà, quando non vedrai
nessuna luce, e intorno
a te nessuna speranza, nessun appiglio, guardati allo specchio, e
ricordati che
tu sei Naruto Uzumaki, Hokage di Konoha.
Con
tutto l’affetto che non ho mai potuto darti
Minato
Namikaze
Chiudo quella
lettera sorridendo,
stranamente felice, quasi come se quelle parole fossero state in grado
di
infondermi nuova sicurezza. Finalmente, guardando queste foto che ora
giacciono
sparpagliate sulla scrivania, e ripiegando quei fogli ingialliti, sento
come se
tutti quei tasselli che compongono il puzzle della mia vita fossero
tornati al
loro posto, e quello che vedo mi piace, un nuovo inizio, la prima
pagina, di un
nuovo capitolo, di quel libro che è la mia vita.
Torno ad
osservare fuori dalla finestra,
la mia Konoha attende l’arrivo del suo nuovo Hokage, ed io
finalmente sono
pronto.
Mi appresto ad
uscire da quell’ufficio
nel quale dovrò trascorrere la maggior parte del mio tempo,
quando un rumore
sordo mi obbliga a fermarmi, qualcuno ha bussato alla porta.
“Avanti” grido per
farmi sentire.
La porta si apre
lentamente,
cigolando, e la mia curiosità cresce incredibilmente ad ogni
centimetro che il
legno percorre su quel pavimento di legno intarsiato. Poi nella
penombra di
quella piccola stanza la sua figura compare, bella e aggraziata come
sempre, Sakura.
Come il fiore di
cui porta il nome,
anche lei era sbocciata splendidamente, dopo quella volta di sette anni
fa non
si era più fatta ricrescere i capelli oltre la spalla, ma
quelle ciocche rosa e
scomposte a mio parere le incorniciavano graziosamente il bel volto
illuminato
dagli occhi color giada.
Le sorrido
istintivamente, lei mia
compagna di missioni, mia amica, colei che mi è sempre
rimasta vicina anche
durante quella fase così difficile che fu la ricerca di
Sasuke.
Sasuke, quanti
ricordi...
Ora la osservo,
bella e sorridente.
“Sei
perfetto Naruto” Mi sussurra per
poi abbracciarmi dolcemente.
“Anche
tu sei bellissima Sakura” Rispondo
senza neanche rifletterci tanto, dicendo semplicemente ciò
che penso da sempre.
“Chi
l’avrebbe mai detto!? Quel
ragazzino così testardo, ricordi come ti chiamavano? Testa
quadra!” Scoppia a
ridere, mostrando i suoi denti bianchi e dritti, non posso non
accennare un
sorriso.
“Certo
che lo ricordo, come scordarlo?!”
“E
così il tuo sogno si è avverato...”
Afferma abbassando per un attimo lo sguardo, per poi tornare a fissarmi
negli
occhi.
“Kakashi
sarebbe fiero di noi,
sarebbe soprattutto fiero di te, Naruto. Sei riuscito a dimostrare a
tutti che
quei sogni che teniamo nel cassetto come preziosi cimeli, prima o poi,
grazie
alla forza e alla tenacia, possono realizzarsi davvero”
“Si,
Kakashi-sempai sarebbe orgoglioso
di noi. Mi manca tanto” Ammetto poi abbassando anche io per
un attimo lo
sguardo. A quel punto Sakura mia abbraccia di nuovo, questa volta con
più
forza, fino a quando non si avvicina al mio orecchio e mi sussurra:
“Non
sono morti invano, Naruto. Se
adesso potessero vederti tutti quanti sorriderebbero, e sarebbero
felici di
sapere che il loro villaggio, per il quale sono periti in battaglia,
adesso è
al sicuro, sotto gli occhi vigili di un buon Hokage” E come
sempre le sue
parole mi sono di conforto, mentre nella mente rivedo tutti i loro
volti, i
volti di coloro ai quali le nostre battaglie spezzarono la vita.
“Comunque
non solo il mio sogno si è
realizzato” Le dico poggiando una mano sulla sua pancia
appena rotonda. Sakura
arrossisce notevolmente, per poi poggiare la sua mano esile sulla mia
più grande,
che quasi le prendeva tutta la superficie del ventre.
“Ho un
po’ paura sai?” Mi confessa,
mentre il suo viso si tinge di un’espressione indecifrabile.
Osserva in basso
perdendosi nello scuro legno intarsiato del pavimento. Istintivamente
poggio le
mie mani sulle sue esili spalle, obbligandola a guardarmi in volto, le
rivolgo
un sorriso amichevole, rassicurante. I suoi occhi giada sono velati da
piccole
lacrime, ne asciugo una che pioniera riga per prima la sua pelle
chiara.
“Ho
paura che se ne vada di nuovo…” Ammette
portandosi repentinamente la mano al ventre, carezzando dolcemente il
bambino
che giorno dopo giorno cresceva dentro di lei. “Ogni tanto il
suo sguardo si
perde nel vuoto, rimane così per molti minuti, assente,
lontano…” Continua a raccontarmi
mentre quel verde brillante è ormai completamente offuscato
dalle grandi gocce
salate che copiose hanno preso a scendere prepotenti. “Sasuke
non se ne andrà
più” Affermo con meno decisione di quanto avrei
voluto mettere nel mio tono di
voce. “Come fai ad esserne sicuro? Tu non hai visto il suo
volto vuoto” Controbatte
Sakura con un sussurro.
Ed ecco che in
quel momento riaffiora
alla mia mente il giorno in cui lo ritrovammo. Sakura si sbaglia, io
conosco
quel volto vuoto meglio di chiunque altro.
Faceva freddo,
la pioggia cadeva
incessante, e le tracce che ci avrebbero condotto a Sasuke erano ormai
state
cancellate, ma l’atmosfera era elettrica intorno a noi in
quel villaggio
desolato, sentivo la sua presenza ovunque, come un fantasma
senz’anima che vaga
alla ricerca del niente.
Sasuke era
lì.
Avanzammo tra le
macerie delle
capanne ormai distrutte, Sakura dietro di me come un’ombra. Camminammo per diversi
metri, quando riconobbi
ciò che era stato un campo di battaglia. A indicarlo diversi
kunai, conficcati
nel terreno fangoso, una chiazza di sangue poco più in
là proseguiva in una
lunga scia ormai rosea.
La seguimmo
veloci, conduceva a un
piccolo edificio senza tetto, entrammo, al suo interno
l’orrore.
I frammenti di
una maschera arancione
giacevano sul pavimento, a pochi centimetri di distanza un cadavere
martoriato.
Il nemico era
stato ucciso.
Era semplice
immaginare chi fosse
stato.
“Sakura,
corri al villaggio più
vicino e cerca di metterti in comunicazione con la squadra della
foglia” Le
dissi sottovoce, lo scontro che ci sarebbe stato di lì a
poco riguardava solo
lui e me. Era meglio che Sakura non fosse presente.
Appena la
ragazza si fu dileguata, la
sua risata andò a coprire il leggero scroscio della pioggia.
“E così, mi hai
trovato Naruto!” Esclamò il giovane Uchiha
comparendo dal niente, il viso e le
mani sporche di sangue, gli occhi rossi per lo sharingan. Aveva l’aspetto di
un assassino.
“Sasuke,
sapevo che eri qui. Sono
venuto per portarti a casa” Gli comunicai freddamente.
“Finalmente
l’ho ucciso” Sentenziò,
come se non mi avesse neppure sentito, inginocchiandosi vicino a quel
corpo
ormai privo di vita.
Lo lasciai
parlare, continuare il suo
monologo. Ad ogni parola, il sangue mi si gelava nelle vene.
“Meritava
la morte. Ed è ciò che ha
avuto” Rise, con lo sguardo di un pazzo, estraendo dal ventre
dell’uomo un
kunai.
“Il
tuo obbiettivo non era lui…tu
volevi uccidere Itachi Uchiha, tuo fratello” Sussurrai
osservando quel giovane
ragazzo, il mio unico migliore amico. Un amico divenuto un assassino.
Si
fermò come impietrito, il kunai
gli cadde dalle mani, che portò subito al volto per coprirsi
gli occhi.
“Itachi…”
Mormorò con la voce
tremante. Mi avvicinai per poterlo guardare in viso, mi chinai vicino
al suo
corpo raggomitolato, ma quando tentati di abbassargli una mano, il suo
sguardo
rosso mi invase, non era più il suo sharingan, ma
bensì utilizzava una tecnica
più evoluta, quegli occhi erano nuovi. Quegli occhi non
erano i suoi.
Mi
mostrò gli eventi, uno dopo
l’altro, lo scontro con il fratello, la vittoria, il suo
corpo cadere a terra
inerte, le sue ultime parole. Mi mostrò il momento in cui
l’uomo con la
maschera gli aveva narrato la tremenda verità. Anche per me
fu uno shock,
apprendere che quel rinnegato dalla foglia non era altro che un
martire. Proseguì
il suo strano racconto, proiettando immagini sopra immagini dei suoi
ricordi
nella mia mente, fino alla scoperta di un’altra
verità, Itachi non era altro
che un’inconsapevole pedina nelle mani di Madara. Riuscii ad
avvertire il
dolore di Sasuke, la disperazione nel realizzare che il clan Uchiha e
tutta la
sua famiglia, erano stati sterminati per mano di Madara attraverso suo
fratello. La sua rabbia mi invase come una coltellata. Poco dopo
apparvero le
immagini della sua vera vendetta, la battaglia contro l’uomo
dalla maschera
arancione,ed infine il momento in cui l’aveva ucciso
strappandogli gli occhi.
Caddi a terra
tramortito, il cuore
batteva all’impazzata, avevo vissuto in prima persona tutto
ciò che aveva
subito e affrontato.
Sasuke era
ancora di fronte a me, gli
occhi rossi, spalancati osservavano vuoti il pavimento insanguinato.
“Sa…Sasuke…”
Riuscii a balbettare
dopo qualche minuto. Il ragazzo non mutava la sua espressione, perso in
un
grido silenzioso che pur non udibile riusciva ad assordarmi
l’anima.
Mi
avvicinai cautamente, e poggiai una mano
sulla sua spalla, con tanta delicatezza quasi fosse stato di cristallo.
In quel
momento il mio più grande amico, colui che avevo sempre
reputato come una delle
persone più forti mai incontrate, mi appariva fragile,
terribilmente fragile.
Sembrava non aver neppure notato il mio leggero tocco, quando ad un
tratto si
rivoltò con tanta violenza da farmi ricadere a terra. Lo
guardai stupefatto.
“Non
mi toccare!” Gridò piangendo. “Non
mi toccare, io sono un mostro…” Ripeté
lasciando che le lacrime gli solcassero
le guance, che quegli occhi rossi come il sangue dessero sfogo ad
un’antica tristezza.
Lo lasciai parlare. “Io…Io ho ucciso il mio unico
fratello, per tutti questi
anni ho inseguito un sogno di vendetta che in realtà non
esisteva. Ho gettato
al vento così tanto tempo. Ho lasciato che il mio cuore pian
piano si
congelasse. Ho lasciato che la mia mente diventasse cinica e spietata.
Ho
tradito i miei amici, il mio villaggio…Ho permesso che tutto
ciò mi
trasformasse in un mostro…”. Si interruppe, e
anche le lacrime smisero di
bagnare il pavimento… Era di nuovo sprofondato
nell’oblio, quell’oblio fatto di
ricordi e di sangue.
L’avevo
trovato, dopo tanto tempo
sulle sue tracce, era ora di fronte a me, ma ormai era troppo tardi, in
verità
avevo fallito la mia missione. Non sarei mai più riuscito a
riportare a casa
Sasuke. Quel Sasuke di un tempo, fatto di sorrisi nascosti e di una
pura e
giovane innocenza era ormai morto, aveva lasciato spazio ad un
assassino, ad un
Sasuke tormentato dal rimorso, un Sasuke che nei suoi sogni anche
più
tranquilli non avrebbe visto altro che sangue e dolore…
“Non
ho intenzione di tornare a
Konoha, la voglio veder bruciare” Proferì
riacquistando improvvisamente
lucidità. Si alzò asciugandosi gli occhi con
l’avambraccio. “Che scena
patetica…” Sputò osservando i resti
delle piccole gocce salate sulla sua pelle…
“Andiamo
a casa Sasuke…” Gli porsi
gentilmente la mano, invitandolo a seguirmi. Scoppiò in una
rumorosa risata.
“Smettila
Naruto, non vedi cosa sono
diventato? Perché cerchi inutilmente di ricostruire un
legame che ormai non
esiste più. Tra me e te, così come tra me e
Konoha, non c’è più niente…
Se non
odio” Sentenziò
con un sorriso aspro. “Ficcatelo
bene in testa…E adesso vattene!”
Continuò. Il suo sguardo era tornato gelido e
calcolatore, se prima una piccola fiammella di speranza si era accesa
in me,
adesso si era spenta inevitabilmente, Sasuke non mi avrebbe mai seguito
di sua
spontanea volontà.
Ricordai lo
scontro avvenuto qualche
anno prima, la valle dell’epilogo. La scena si stava
inevitabilmente ripetendo.
L’unica differenza era che adesso non dovevo salvare il mio
amico da
Orochimaru, stavolta dovevo salvarlo da se stesso e dal suo oblio.
“Torna
a casa Sasuke…” Ribadii
consapevole che le mie parole sarebbero state vane. “Naruto,
non ho intenzione
di ucciderti, perciò ti chiedo di lasciarmi andare per la
mia strada, senza
ostacolarmi…” Mi disse con una certa tristezza,
forse certo che non avrei mai
desistito dal compiere la mia missione.
“Sai
che non mollerò” Gli risposi
avvicinandomi.
“Immagina
il dolore che deve aver
provato mio fratello nell’uccidere il suo migliore amico per
acquisire quegli
occhi maledetti. Cerca di pensare alla sofferenza quando ha ucciso i
nostri
genitori...Era stato obbligato…E adesso, perché
Naruto vuoi darmi questo stesso
dolore? Come se aver tolto la vita ad Itachi non fosse bastato a
rendere la mia
vita invivibile…Vuoi aggiungere un altro peso? In modo tale
da farmi affondare?
A te la scelta…” Terminò sospirando,
guardandomi dritto negli occhi.
“Non
riuscirai ad uccidermi…Io ti
riporterò a casa, anche a costo di spezzarti tutte le
ossa…Ricordi?” Risposi,
con l’adrenalina che cominciava a pulsarmi nelle vene.
“Come
preferisci…” Sibilò. Ci
guardammo per un paio di secondi che parvero infiniti, poi feci la mia
mossa,
mi scaraventai su di lui con tutta la forza che avevo, premendo le mie
mani
sulla sua gola. Si liberò velocemente dalla presa, e
caricò un colpo che mi
colpì in pieno stomaco togliendomi l’aria.
Arrancai per qualche attimo, poi
travolto da una nuova scarica di adrenalina lasciai che il mio corpo
fosse
invaso dal chakra della volpe a nove code.
“Come
vedo continui ad affidarti a
quel demone…Con le tue sole forze non ce la fai a
sconfiggermi?” Mi provocò. “E
il tuo segno maledetto? Che fine ha fatto?”Controbattei.
“Sparito, al contrario
di te, io non uso trucchetti!” Rispose divertito, mentre i
suoi occhi si
coloravano di un rosso ancor più scuro.
Dovevo
controllarmi. Sapevo che fino
alla quarta coda sarei riuscito a mantenermi lucido, oltre quella, la
mia
ragione si sarebbe smarrita inevitabilmente, lasciando spazio ad un
mostro,
lasciando il posto alla distruzione totale.
In quegli ultimi
anni Sasuke era cresciuto,
le sue tecniche erano divenute perfette, precise e letali, il suo
chidori avrebbe
fatto invidia a Kakashi , ma quegli occhi, quelli erano il suo punto di
forza.
Anche io ero
migliorato, avevo
appreso tecniche che neanche poteva immaginare, il controllo del mio
chakra era
pressoché eccellente, e combinazione tra volpe ed eremita
sarebbe stato il mio
asso nella manica.
Sferrò
un nuovo e veloce attaccò che
andò a colpirmi in pieno volto spaccandomi il labbro
inferiore. “Sei lento
Naruto….” Sussurrò pulendosi il viso
dal mio sangue che era schizzato ovunque. “Sasuke,
non pensi che la cosa più giusta sarebbe rivelare la vera
storia di tuo
fratello, torna a casa…” Tentai nuovamente di
persuaderlo. “Taci, tu non sai
niente, non sai cosa sia il vero dolore! Tu che vivi nelle tue stupide
favole,
che sogni di diventare Hokage…Ma fammi il piacere e
taci…” Mi gridò contro.
“Sasuke,
come puoi dire una cosa del genere, quando sei la prima persona a
questo mondo
che può capire il dolore che ho provato, e che tuttora
provo?” Risposi.
“Zitto
e combatti…” Mi sferrò
velocemente un calcio che evitai. Risposi all’attacco con la
tecnica della
moltiplicazione del corpo. Lo avevo circondato. Sasuke sorrise per
niente
preoccupato, sentii l’aria divenire più
secca,pochi secondi dopo era già
padrone del chidori. Cercai di evitare il maggior numero di attacchi,
finché
non decisi di affidarmi totalmente alla volpe. Il chakra mi invase
ancor più
prepotente e schermò l’attacco nemico, per
scaraventare Sasuke a terra. Andammo
avanti in questo modo per molti minuti, finché esausti non
ci guardammo negli
occhi. Il moro mi osservò sorridendo, poi attivò
il suo nuovo sharingan, e
intorno a me tutto divenne nero.
Sapere che
quello che vedevo non era
altro che un’illusione creata da quegli occhi diabolici
avrebbe dovuto
rassicurarmi, ma essere a conoscenza che in quel mondo lui era il
padrone
indiscusso della mia realtà mi destava un’angoscia
indescrivibile. A suo
piacimento poteva farmi vivere qualsiasi terribile esperienza. Arretrai
cercando invano uno spiraglio di luce. Sentii una voce fuori campo,
ridere. “Hai
paura Naruto?” Mi chiese. Non risposi. “Adesso
sperimenterò i miei nuovi occhi…”
Proferì. Il nero intorno a me, mutò velocemente
prendendo l’aspetto di Konoha. “Questo
campo di battaglia ti piace?” Mi domandò.
“E’ solo
un’illusione…” Continuai a
ripetermi per svariate volte. Ad un tratto il moro comparve alle mie
spalle
soddisfatto. “Arrenditi e lascia che prenda la mia strada,
prima di soffrire realmente”
Mi propose. Feci cenno di no con la testa. “Come
preferisci” Sospirò, poco dopo
sentii il mio corpo essere perforato da mille aghi.
La mia Konoha
bruciava sotto i miei
occhi, ed io non potevo salvarla, un dolore, dal quale sarei volentieri
fuggito
con la morte, mi inchiodava al suolo.
“Arrenditi
Naruto, non puoi salvare
più nessuno ormai”
Mi alzai,
dolorante dal terreno
polveroso, mossi qualche passo tra le vie del nostro villaggio, sempre
meno
consapevole di trovarmi nella mente di Sasuke.
“Cavolo
Naruto, scava nel suo
subconscio...un’illusione avrà pure da qualche
parte un buco, una falla” Mi
dissi mentalmente, mentre un nuovo lancinante dolore mi dilaniava il
petto.
Mi mossi tra
quelle strade che
conoscevo come i palmi delle mie mani, e a quanto pare care anche a
Sasuke, perché
le aveva conservate nelle sue memorie con una nitidezza tale da sembrar
vere.
“Non
puoi più salvare nessuno”
Continuò Sasuke, mentre la sua figura si materializzava
davanti a me, la katana
ben stretta tra le mani.
Cominciai a
combattere contro quel
fantasma, sentivo il dolore di ogni pugno, di ogni ferita che mi
infliggeva. Ci
muovemmo tra le fiamme e il fumo del nostro villaggio.
Poi capii. Lui
voleva esser salvato,
inconsciamente si era riportato a casa con le sue stesse mani.
Evitai il
fantasma di Sasuke, che mi
rincorse incredulo di quella fuga.
“Ti
arrendi Uzumaki?” Mi richiamò la
voce fuori campo.
No, non mi ero
arreso, era lui che lo
aveva fatto fin dall’inizio. Cercai di evitare le fiamme, poi
la vidi lontana,
casa Uchiha. Mi scaraventai all’interno
dell’abitazione, sicuro di cosa avrei
trovato.
La camera di
Sasuke, qualche foto
della sua famiglia, di quel padre e quella madre che non
c’erano più, i vecchi
kunai dell’amato fratello.
“Piccolo?!
Dove ti sei nascosto? Sono
venuto a salvarti dall’incendio”
Chiamai.
“Chi
stai cercando, Naruto?!” Urlò la
voce di un Sasuke adulto e adirato.
Perfetto, il mio
piano stava
funzionando.
“Esci
fuori, non sei da solo, ci sono
io con te, sono venuto solo per te...” Continuai urlando.
Il fantasma del
mio nemico era alle
mie spalle, mi osservava incredulo.
Poi li sentii,
nel silenzio di quella
stanza piena di giocattoli, tra il fumo e le fiamme. Un respiro
affannato,
provenire dall’armadio.
“Chi
sei?” Mormorò la vocina.
L’avevo
trovato.
“Un
tuo amico...puoi fidarti di
me...esci da lì” Sorrisi, avevo vinto.
L’anta
dell’armadio si aprì un poco. Una
manina pallida uscì allo scoperto, saggiando
l’aria calda attorno a sé.
L’aveva
tenuto chiuso là dentro per
chissà quanto tempo...quel bambino.
“Vieni...piccolo”
Lo incitai ad
uscire, porgendogli la mia mano sporca di sangue. Il dolore non mi
abbandonava,
ma il Sasuke fantasma e quello originale rimanevano in silenzio.
“Smettila!”
Irruppe la voce fuori
campo.
“Cosa
pensi di fare idiota?” Mi
ammonì isterica.
“Ehi,
piccolo, di cosa hai paura?”
Domandai ignorando l’Uchiha.
“Mia
madre e mio padre sono morti... ”Pianse.
“Io sono solo, mi hanno sempre detto che quando avevo paura
potevo nascondermi
nell’armadio” Continuò, la vocina
infranta dai singhiozzi.
“Sas’ke...io
sono qui per te, non ti
lascerò mai solo, vieni” Dissi dolcemente,
piangendo anch’io.
L’anta
dell’armadio si aprì
totalmente, rivelando un Sasuke bambino, poco
più di sei anni, il volto pallido, i capelli
neri ad incorniciargli il
visino pieno di lacrime.
Si
avvicinò con piccoli passi, lenti.
Allargai le
braccia per accoglierlo,
ma un dolore nuovo mi colpì alle spalle. La Katana del
Sasuke adulto mi aveva
trafitto da parte a parte, dritto in mezzo al cuore.
Il bambino
cominciò a piangere di
nuovo, fissando la punta dell’arma sporca di sangue sporgere
dal mio petto.
“Ehi
tu, non sono ancora morto”
Rantolai, le braccia ancora aperte.
“Ti
voglio bene, Sasuke, ricordatelo”
Gli dissi, gli occhi pronti a chiudersi, ad abbandonarsi a quella morte.
Il bambino
fissò il mio nemico, poi
si avvicinò al mio corpo, e mi strinse forte.
Quando riemersi
dall’illusione dell’Uchiha,
mi sembrò di essermi risvegliato da un sonno eterno come la
morte.
Aprendo gli
occhi mi resi conto che
la mia vista era offuscata da qualcosa, capelli.
Sasuke mi
stringeva debolmente, gli
occhi rossi sanguinavano.
Sorrisi, avevo
vinto.
“Chiudi
gli occhi Sasuke, torniamo a
casa” Gli dissi poco prima che svenisse.
Conosco bene lo
sguardo vuoto di
Sasuke, e il segreto che si porta dentro il cuore.
Rassicuro Sakura
con un abbraccio dei
miei, un giorno le avrei raccontato quella storia, o forse sarebbe
stato
proprio Sasuke ad aprirsi con lei.
“E’
il momento di andare” Una voce
familiare interrompe il mio gesto affettuoso.
Gli occhi
d’ossidiana, le occhiaie
marcate di chi dorme poco, il volto del mio migliore amico. Ci
raggiunge a
grandi passi, il cappello da Hokage tra le mani, me lo posa in testa,
le labbra
curvate in un sorriso.
“Contro
ogni aspettativa, ce l’hai
fatta Naruto” Sospira, e in quegli occhi neri mi sembra di
scorgere il velo di
una lacrima.
“Anche
grazie a voi...” Rispondo
abbracciandoli entrambi, i miei due migliori amici, la mia famiglia.
Sii fiero di me
papà, ho consacrato
la mia vita al nostro villaggio, ho salvato il mio migliore amico da se
stesso
e dal suo oblio, ho reso un compagno a Sakura, ho combattuto a fianco
di amici,
che ho perso in battaglia, e di cui ogni giorno onorerò il
ricordo...Sii fiero
di me, papà, perché da oggi la mia famiglia
sarà Konoha.
Per una volta,
una mia storia su
Naruto che non parli della relazione amorosa e scabrosa tra il TEAM 7
...Ehehe
ehm... se siete arrivati fin qui beh, spero abbiate gradito questo
vecchio
sclero, che naturalmente non rimane fedele agli ultimi avvenimenti del
manga,
in quanto successivi alla stesura della fic.
If
you Want leave a WORD about this story!
Se
siete invece amanti del tripudio di follia inerente al SASUSAKUNARU,
fate pure una visitina alla mia fanfic a capitol su questo pazzo,
pazzissimo
trio.