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Autore: Fragolina84    16/02/2013    1 recensioni
Makani è la parola hawaiana per vento. Ed è un vento nuovo quello che soffia sui Five-0 e sul comandante Steve McGarrett. Questo vento ha un nome, Nicole Kalea Knight, e il volto di una giovane donna dagli splendidi occhi viola. Basteranno questi occhi a catturare un ex Navy SEAL?
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve McGarrett, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei Five-0'
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Capitolo 4
Non siamo sbirri. Siamo i Five-0

 
Erano le quattro del pomeriggio quando si ritrovarono tutti nell’ufficio di Iolani Palace. Ripassarono di nuovo tutto il piano, mettendone a parte anche i membri della squadra di supporto che avrebbe comandato Chin. A lui si sarebbe unita anche Kono mentre Danny e Steve si sarebbero fatti passare per clienti del night e sarebbero stati all’interno, pronti ad intervenire immediatamente in caso di necessità.
Quando ebbero finito, Nicole sparì un istante nel suo ufficio e quando ne uscì indossava un paio di occhiali. Si avvicinò a Steve che abbassò lo sguardo su di lei.
«Carini» borbottò.
Nicole finse di sistemarli meglio sul naso attivando così la microcamera, e l’immagine di Steve apparve sullo schermo centrale.
«Ehi, quella è proprio la faccia da aneurisma!» esclamò Danny e Steve, che non si era accorto di nulla, osservò stupefatto la propria immagine sul televisore.
«Ho nascosto una microcamera in questi occhiali. La squadra vedrà tutto ciò che vedo io. Anche tu, sul tuo iPhone» spiegò Nicole, indicando il cellulare di Steve posato sul tavolo. Lo prese e mostrò a Steve come lanciare l’applicazione.
«Bel lavoro» mormorò. Nicole porse agli altri una minuscola scatolina.
«I vostri nuovi auricolari» chiarì. Erano veramente di dimensioni ridottissime e scomparivano completamente dentro l’orecchio. Nessuno avrebbe potuto notarli. Li provarono e Chin si disse assolutamente soddisfatto della qualità dell’audio.
Il resto della giornata trascorse tranquillamente. Alle otto Nicole si congedò e tornò a casa. Fece una doccia e si truccò con arte, mettendo in risalto gli occhi e le labbra. Aveva visto sul sito la divisa delle cameriere e non era entusiasta di come avrebbe dovuto conciarsi.
Arrivò al Moonlight dieci minuti prima delle nove e, quando affermò di essere la nuova cameriera, uno scimmione di buttafuori la fece dirigere sul retro. Parcheggiò ed entrò nel locale.
Non ebbe molto tempo per guardarsi intorno perché il direttore l’avvicinò subito. Era una vera e propria montagna di muscoli, tutto vestito di nero, con pantaloni e maglietta molto aderenti, che mettevano in risalto i bicipiti ed il torace massiccio.
«Tu sei quella nuova, vero?».
«Makela Akana. Molto lieta» mormorò lei tendendo la mano.
L’uomo le diede poche e semplici istruzioni. Quella sera c’era un incontro speciale nel privée e lei si sarebbe occupata di quello. Il suo compito sarebbe stato semplicemente quello di servire i drink, nient’altro. Gli uomini che dovevano far parte di questo incontro sarebbero arrivati tardi, probabilmente verso mezzanotte, e nel frattempo lei avrebbe dovuto occuparsi dei clienti regolari.
«Se è tutto chiaro, puoi andare a cambiarti. Chiedi alle altre ragazze di darti una divisa».
Nicole raggiunse i camerini e quando entrò c’erano tre ragazze che si stavano preparando. Una sola alzò lo sguardo verso di lei, sorridendole con calore.
«Benvenuta al Moonlight. Sei nuova, vero? Io mi chiamo Ka’eo».
Nicole la trovò immediatamente simpatica e le chiese di darle una divisa che consisteva in un gilet molto scollato che lasciava nuda la schiena e un paio di shorts davvero molto corti. Entrambi i capi erano ricoperti di paillettes nere. Le scarpe erano vertiginosi sandali d’argento con un grosso strass a goccia che brillava ad ogni passo, davvero bellissimi come poté constatare Nicole mentre li legava attorno alla caviglia.
Terminati i preparativi mandò un sms a Steve aggiornandolo su ciò che le aveva detto il direttore. La risposta arrivò pochi secondi più tardi, con Steve che le raccomandava – per la decima volta almeno – di stare attenta. Per tutta risposta Nicole gli inviò una faccina che faceva il saluto militare che lo fece sorridere.
«Hai un’agente conosciuta da meno di una settimana in un covo di spacciatori e trovi il coraggio di sorridere?» domandò Danny, ma Steve non rispose alla provocazione.
«Vatti a preparare, tesoro. Si va in scena» esclamò invece.
Steve indossò un completo scuro con una camicia bianca. Non indossò la cravatta e mise la pistola nella fondina ascellare. Lui e Danny arrivarono al club con la Camaro di Steve. Nicole aveva falsificato per entrambi un pass VIP e il ragazzo all’ingresso li fece passare immediatamente.
Il locale era affollatissimo e la musica tuonava quasi assordante. Diverse cameriere sfrecciavano in mezzo ai tavoli. Nicole, che aveva sentito attraverso l’auricolare che stavano entrando, si avvicinò ai due.
«Buonasera, signori. Benvenuti al Moonlight» esclamò e Steve non poté impedirsi di squadrarla da capo a piedi. Con i tacchi era alta quasi quanto lui e la sua mise era decisamente sexy. «Vi accompagno al vostro tavolo» affermò, voltandosi per precederli.
Gli occhi di Steve scivolarono sulla sua schiena nuda e si fermarono sul fondoschiena a malapena coperto dagli shorts. Li rialzò immediatamente, rimproverandosi di una tale indelicatezza e tuttavia accorgendosi stupito di avere il fiato corto. Nicole li accompagnò ad un tavolo d’angolo, proprio in vista della scala che scendeva nel seminterrato che in quel momento era sguarnita ma bloccata da un pesante cordone rosso.
Appena se ne fu andata, Danny diede di gomito all’amico.
«Niente male, vero?» mormorò, ma Steve non rispose.
In compenso fu la voce di Nicole ad arrivare a loro.
«Ti sento, Danny» bisbigliò, ed entrambi poterono avvertire chiaramente che stava sorridendo.
Verso le undici e mezza entrarono nel locale un paio di uomini in elegante completo nero. Si diressero risoluti verso la scala e l’energumeno che era comparso lì davanti da pochi minuti li lasciò passare.
«Nicole, cominciano ad arrivare» la avvisò Steve.
«Ok» confermò lei.
Trascorse una ventina di minuti e Steve la chiamò di nuovo attraverso l’auricolare.
«C’è il nostro uomo, Nicole».
La donna terminò di servire un tavolo e lasciò casualmente vagare lo sguardo nel locale. Alvarez si stava dirigendo verso la scala, ridendo alla battuta dell’uomo con cui era entrato.
Quando Nicole arrivò al bancone del bar, il direttore la prese per un braccio.
«I nostri uomini sono arrivati. Scendi nel seminterrato e occupati dei drink» ordinò e Nicole annuì.
Quando la vide arrivare, il gorilla di guardia sganciò il cordone e la lasciò scendere.
«Bene, è passata». Steve sfilò dalla tasca il suo iPhone e, attraverso l’applicazione che gli aveva installato Nicole, si collegò con la microcamera dei suoi occhiali.
La scala scendeva torcendosi su se stessa finché Nicole sbucò nell’ampia sala sotterranea. C’erano almeno una ventina di uomini in abito elegante che fumavano costosi Avana. Stavano in piedi o si erano accomodati sui divanetti, chiacchierando a gruppetti di due o tre.
Al centro della sala c’era un grande tavolo ovale a cui si era accomodato Alvarez, circondato da alcuni personaggi che Nicole conosceva come i suoi fidati luogotenenti. La donna si diresse decisa verso di lui, esagerando volutamente il dondolio dei fianchi. Si fermò accanto a lui e gli sorrise.
«Buonasera, signore. Possiamo cominciare?».
La voce di Nicole e le immagini arrivarono nitide al piano di sopra, dove Steve e Danny controllavano discretamente l’iPhone.
«Sei nuova, tesoro?». Alvarez fece scivolare la mano sul retro della gamba di Nicole, accarezzandole il polpaccio e salendo in una lenta carezza.
Steve notò il movimento e Danny lo vide stringere la mascella, tanto che temette che si spezzasse i denti. Sul collo gli s’ingrossò la solita vena che spiccava orgogliosa ogni volta che era particolarmente arrabbiato.
«Sì, signore». Nicole fece mezzo passo indietro, ma protese in avanti l’altro fianco, dando l’impressione di avvicinarsi ad Alvarez ma nel contempo riuscendo a liberarsi dalla sua mano. Il sorriso non abbandonò mai le sue labbra, anche se il suo primo istinto era stato quello di spezzargli le dita.
«Chiamami Tony, dolcezza. Sì, possiamo cominciare. Io prenderò il mio solito whisky on the rocks».
Nicole prese velocemente le ordinazioni e andò verso il fornitissimo bar sul fondo della sala. Gli uomini presero posto e si dimenticarono completamente di lei che armeggiava per preparare i cocktail richiesti. Nicole intuì che la riunione vera e propria sarebbe cominciata non appena lei fosse uscita. Non era un problema, dato che Nicole aveva previsto la soluzione. Nascose una cimice nel bar, celandola dietro il banco, e la attivò.
Quando ebbe finito si avvicinò di nuovo ad Alvarez che cercò di nuovo di allungare la mano verso di lei.
«Puoi andare, dolcezza».
«Grazie, Tony» sussurrò e uscì, sentendo su di sé lo sguardo lascivo di Alvarez.
«Molto bene, Nicole» la complimentò Steve nell’auricolare. «Riusciamo a sentire la conversazione come se fossimo presenti».
Mentre Steve e Danny ascoltavano ciò che accadeva nel seminterrato, Nicole riprese a servire fra i tavoli. Al piano di sotto i discorsi rimasero vaghi ancora per un bel po’, finché finalmente cominciarono ad andare al sodo.
Parlarono di tutto: nomi, luoghi, logistica. Dopo un’ora e mezza, Steve e Danny si reputarono assolutamente soddisfatti. Sapevano che Chin e Kono erano in posizione appena fuori dal club e che Kono, con le nuove apparecchiature di Nicole, stava registrando tutto.
Steve abbassò la testa e si coprì la bocca con la mano.
«Chin, abbiamo tutto ciò che ci serve. Preparatevi all’irruzione. Io e Danny scendiamo a dare la buonanotte a quei signori».
«Ricevuto, capo» mormorò Chin prima di cominciare a dare ordini alla sua squadra.
I due si alzarono e stavano per dirigersi verso la scala quando il gorilla portò la mano all’orecchio. Anche lui portava un auricolare e probabilmente stava ricevendo ordini. All’improvviso annuì e girò lo sguardo nel locale. Sfiorò Steve e Danny senza soffermarsi su di loro, finché trovò ciò che cercava. I due lo videro avvicinarsi a Nicole.
«Tony ti vuole di sotto» borbottò e la donna annuì e lo seguì.
«Danny» sibilò Steve. Danny si accosciò a terra fingendo di allacciarsi una scarpa.
«Chin, sospendi tutto. Hanno richiamato giù Nicole. Ripeto: sospendi tutto» mormorò in tono concitato.
«Ricevuto, Danny. Sospendiamo l’attacco. Restiamo in attesa».
Danny e Steve si appoggiarono con noncuranza al banco del bar e ordinarono una birra. Entrambi avevano l’orecchio teso.
L’invito non stupì più di tanto Nicole; probabilmente volevano altri alcolici. Quando arrivò di sotto, Alvarez le sorrise e le fece cenno di aspettare.
«Signori, a questo punto direi che possiamo sciogliere la nostra riunione. Fate tranquillamente incetta di sigari e brandy».
Spinse indietro la sedia e si avvicinò a Nicole.
«Ho bisogno di parlarti» le sussurrò e sorrise di nuovo. C’era qualcosa in quel sorriso che infastidì Nicole. Alvarez le indicò un corridoio e la donna lo imboccò. Superarono diverse porte aperte, stanze arredate come piccole sale riunioni.
Giunta in fondo al corridoio, Nicole fu costretta a fermarsi di fronte all’unica porta chiusa. Tony la superò, sfiorandole intenzionalmente il fianco con la mano. Abbassò la maniglia e sospinse Nicole all’interno.
Era buio, e Nicole s’insospettì. Alvarez comunque accese subito la luce e lei vide che l’aveva condotta in una camera da letto arredata come un lussuoso boudoir francese. Nicole fece due passi avanti, allontanandosi da lui.
«Non capisco, Tony». Quasi non fece in tempo a girarsi che Tony le fu addosso.
Piombarono sul letto e Nicole si lasciò sfuggire un grido.
Quel grido ebbe su Steve l’effetto di una scarica elettrica. «Chin. Via!» ringhiò nell’auricolare e scattò velocissimo, parandosi davanti all’energumeno che montava ancora la guardia sulla sommità della scala.
«Mi spiace, signori. Questa zona è off limits» mormorò sorridendo.
«Credimi, ti dispiacerà molto di più tra qualche attimo se non mi fai passare».
In quel momento, Chin e la sua squadra fecero irruzione nel locale. Le cameriere gridarono impaurite, sparpagliandosi nel locale, e la maggior parte degli uomini si alzò in piedi. Gli uomini di Chin circondarono in fretta l’area.
Quando il gorilla si rese conto di ciò che stava succedendo, reagì con una velocità insospettata. Appoggiò una mano sul petto di Steve, cercando di spingerlo via ma lui assecondò il movimento arretrando. Nel frattempo agganciò il suo piede con il proprio e gli fece lo sgambetto, mandandolo a cadere pesantemente sul pavimento. Con un movimento altrettanto fulmineo, Danny gli bloccò le braccia dietro la schiena e lo ammanettò.
Steve si precipitò giù per la scala, estraendo la pistola, seguito da Chin con alcuni uomini e, qualche momento più tardi, anche da Danny.
Nella stanza in fondo al corridoio, intanto, Tony si abbassò su Nicole che si dimenava frenetica anche se lui era molto forte e la teneva bloccata con facilità. Cercò di baciarla ma Nicole piegò la testa dall’altro lato, evitando il contatto.
Tony quindi le afferrò il mento, cercando di tenerla ferma, ma di nuovo lei gli sfuggì.
«E sta ferma, puttana!» sbottò e la colpì con uno schiaffo che le fece schizzare la testa. Nicole sentì il sapore del sangue in bocca e avvertì l’auricolare che per il colpo scivolava fuori dall’orecchio.
«E questo cos’è?» chiese Tony, prendendo in mano il piccolo apparecchio. Capì immediatamente di cosa si trattava. «Sei uno sbirro?» sbottò e lanciò l’auricolare contro il muro dove si frantumò. Nel movimento però si era sbilanciato, liberando per un attimo le gambe di Nicole. Velocissima, lei lo colpì all’inguine con il ginocchio.
Tony gridò di dolore e si accasciò sul fianco. Nicole scattò veloce come un furetto e gli bloccò le braccia dietro la schiena, piantandogli un ginocchio sui polsi per impedire che si muovesse.
Nella sala riunioni, Steve e i suoi uomini non incontrarono praticamente resistenza. Quando gli amici di Alvarez videro Steve con la pistola spianata, alzarono le mani in segno di resa.
«Benissimo, signori. La festa è finita».
Fece cenno ai suoi uomini di occuparsi degli arresti e imboccò deciso il corridoio. Sentì la voce di Tony che accusava Nicole di essere uno sbirro e poi un fischio acuto. Giunto davanti alla porta chiusa si fermò un solo istante e la sfondò con un calcio, entrando nella stanza con la Beretta spianata.
Da quando aveva sentito il grido di Nicole si era immaginato gli scenari peggiori perciò gli ci volle qualche secondo per capire cosa stava guardando. Tony era disteso a pancia sotto sul letto e Nicole gli stava praticamente seduta sopra. Aveva i capelli scarmigliati e teneva un ginocchio saldamente piantato nelle reni di Alvarez che stava cercando senza successo di liberarsi.
«Sta fermo, Alvarez. È finita, amico». Tony volse la testa verso di lui e alla vista della pistola che Steve gli puntava addosso, ogni resistenza da parte sua cessò.
Steve si avvicinò lentamente. Staccò una mano dalla pistola e sfilò un paio di manette da sotto la giacca, porgendole a Nicole.
«Il tuo primo arresto» mormorò.
Nicole lo ammanettò e si chinò su di lui. «Non siamo sbirri. Siamo i Five-0» sibilò.
Danny e Chin entrarono in quel momento e, vedendo che la situazione era sotto controllo, abbassarono subito le armi.
«Ben fatto, ragazza!» proruppe Danny e lei sorrise.
Steve rinfoderò la propria arma. «Portalo via, Danno».
«Oh, lo faccio molto volentieri». Danny si chinò su Alvarez e lo sollevò di peso. «Andiamo, bellezza» e Chin lo seguì.
Nicole rimase seduta in mezzo al letto, ansimando per riprendere fiato. Tutto si era svolto in pochi secondi e Steve sedette accanto a lei.
«Stai bene?» chiese e lei annuì, passandosi una mano fra i capelli.
«Sei ferita». Steve lo notò solo in quel momento e Nicole si toccò il labbro inferiore, ritirando la mano sporca di sangue.
«È solo un graffio» minimizzò.
«Fammi vedere» ordinò, tendendosi verso di lei. Le sollevò dolcemente il mento e le sfiorò la bocca con le dita, scostandole con delicatezza il labbro.
«Sì, è solo un taglietto» borbottò, mentre la sua mano indugiava in una lenta carezza sul bordo della mascella. Le accarezzò la guancia con il pollice. «Ma è probabile che qui ti spunti un livido» sussurrò, e la sua mano si posò con leggerezza sul viso di Nicole.
Lei, che era rimasta perfettamente immobile fino a quel momento, si appoggiò alla sua mano, tenendo gli occhi fissi nei suoi, in quel momento di un rassicurante verde mare.
Uno scalpiccio in corridoio li riscosse ed entrambi si scostarono un po’ l’una dall’altro.
«Ehi, stai tremando» constatò, mentre Danny entrava nella stanza.
«È solo una reazione alla scarica di adrenalina, tranquillo» lo rassicurò lei, ma Steve scese dal letto e la fece alzare. Si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle. Poi, con estrema naturalezza, la cinse con un braccio e lei gli si appoggiò. Frugò nella tasca dei pantaloni e le porse un fazzoletto.
«Premilo sulla bocca, arresterà il sangue». Poi si rivolse a Danny. «La porto a casa. Recupera le sue cose dal camerino, per favore. Ti aspetto nel parcheggio».
La condusse fuori lentamente. Ben presto il calore di Steve penetrò attraverso la camicia e la giacca e Nicole si rilassò nella sua stretta, mentre il tremore si calmò. Da troppo tempo non permetteva ad un uomo di entrare nella sua vita. Dopo Patrick non c’era stato nessun altro. Era bello lasciare a Steve il comando, almeno per questa volta.
Chin stava coordinando gli uomini del dipartimento ma Steve non si fermò a controllare. Salì le scale e uscì sul retro. Kono la vide e si precipitò al suo fianco. «Tutto bene, sorella?».
«Sì, sto bene». Sorrise e scosse la testa e Steve la guardò con espressione interrogativa.
«Mi sembra di far parte dei Five-0 da sempre». Nicole spiegò il suo sorriso e Steve annuì.
«L’hai detto tu stessa pochi minuti fa. Non siamo sbirri. Siamo i Five-0. Siamo una famiglia, prima che una squadra. E sappi che potrai sempre contare su di noi».
«Mahalo [1]» lo ringraziò commossa.
Finalmente Danny arrivò con la roba di Nicole.
«Guido io», annunciò Steve e Danny alzò gli occhi al cielo.
«A questo dovrai abituarti, piccola. Steve deve sempre avere il controllo della situazione».
«Non è in grado di guidare, Danno. Ora fa’ il bravo». Gli lanciò le chiavi della Camaro. «Seguici con la mia macchina».
Le aprì la portiera dalla parte del passeggero e quando anche lui fu salito ed ebbe messo in moto, si girò a guardarlo.
«Sarei perfettamente in grado di guidare, ma so che muori dalla voglia di provare la mia macchina».
Lui le sorrise in modo irresistibile. «Beccato!».
Gli diede le indicazioni necessarie per arrivare a casa sua e si raggomitolò sul sedile. La tensione di quella giornata le piombò addosso all’improvviso. Steve guidò con calma, diversamente da quanto era abituato a fare di solito.
Quando arrivarono davanti al palazzo dove abitava in Waykolu Way, gli indicò di posteggiare l’Audi nel parcheggio coperto, nel suo posto riservato.
«Ferma lì» intimò lui prima di scendere dall’auto ed aggirarla per aprirle la portiera. L’aiutò a scendere, trattenendo la mano nella sua più del necessario.
«Sei stata grande, stasera. Ora è meglio se vai a riposare».
La Camaro argentea si fermò in strada e Danny abbandonò il posto di guida. Nicole fece per restituirgli la giacca, ma Steve la bloccò.
«Me la restituirai lunedì in ufficio. Non preoccuparti. Piuttosto, pensi di riuscire ad arrivare in casa?».
«Non sono moribonda, comandante». Nicole raddrizzò le spalle e lo guardò negli occhi. «Grazie ancora, Steve».
Lui si strinse nelle spalle e la osservò mentre raggiungeva l’ingresso del palazzo. Lì giunta si voltò e lui la salutò con la mano, prima che sparisse nell’androne.
Le rimase solo la forza per infilarsi sotto la doccia ma il getto d’acqua bollente spazzò via le sue ultime energie. Si buttò a letto e, mentre scivolava nel sonno, risentì sulle labbra il tocco delicato di Steve e rivide il suo sguardo che le accarezzava il viso. Era forse tenerezza quella che aveva visto dipingersi sul volto del comandante Steve McGarrett?

 


[1] Grazie, in lingua hawaiana
  
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