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Autore: Dimea    04/09/2007    3 recensioni
Una Ragazza corre in contro al suo futuro di regina del Regno delle Cinque Lune.
Sul suo cammino incontrerà molti ostacoli, ma l’amore, l’amicizia, il suo valido destriero e la sua determinazione l’aiuteranno a superarli.
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nel bosco regnava una quiete ultraterrena.Il Rhogolh, il fiume che attraversava l’intero Regno delle cinque lune, scorreva silenzioso ed il sole, filtrando dalle verdi fronde degli alberi, illuminava la liscia superficie dell’acqua creando fiabeschi giochi di luce.
Delle risa ruppero il silenzio e l‘atmosfera…
Una bambina di circa quattro anni correva sulla riva del fiume. I lunghi capelli castani sciolti, ondeggiavano al vento. Poco più indietro un ragazzino di un paio d’anni più grande, con dei cortissimi capelli color nocciola. Giocavano a rincorrersi fino al punto in cui il Moknoh (uno degli affluenti del Rhogolh) si gettava nel Grande fiume.
Il bambino si arrampicò su un albero, con la stessa agilità e facilità nella scalata di uno scoiattolo.
-In guardia Tamiat io ti sconfiggerò…- poi si girò dalla bambina guardandola con occhi sognanti -E poi noi ci sposeremo e vivremo in un grande castello!-…

-Dimea, a cosa stai pensando?-
Una ragazzina di tredici anni si riscosse.Aveva lunghe ciglia nere, che contornavano i grandi occhi color del grano, e lunghi boccoli mogano. Era sdraiata sulla tenera erba primaverile. L’abito bianco le fasciava il fisico esile ma ancora acerbo.Non era altissima ed era snella. Sembrava molto matura per la sua età.
Accanto c’era un ragazzo poco più grande di lei con dei ricci corti e castani e due occhi verdi con striature auree molto svegli. Aveva un fisico asciutto ed una pelle chiara.
-Pensavo a quando, da bambini, giocavamo sulla riva del fiume… Xavid, perché mi guardi così?-
-Così come?-
-Come mi guardavi fino a pochi secondi fa…-
Xavid arrossì ed iniziò a pregare che lei non lo notasse, d’altronde… erano dieci anni che non notava il colore carminio sul suo volto.
-Ti sbagli…stavo solo…non pensar male…-
Dimea gli lanciò un’occhiata interrogativa, ma poi alzò le spalle. Era chiaro che l’amico non avrebbe ceduto.
-Non importa…non importa…-sospirò la fanciulla.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Non voleva che lei lo sapesse così…
-Sei pronta per questa sera? Sostengono che sarai la prima ragazza ad essere iniziata ad Argant…nonché la più giovane!-
-Ho scelto io di essere iniziata qui!Ben pochi maghi avrebbero preso in considerazione la mia città, preferiscono tutti la capitale! Qui sono cresciuta… non celebrare la mia iniziazione ad Argant, sarebbe stato come tradire la persona che si ama…-
-Tu non tradiresti mai una persona che ami?-
-Xavid, che domanda idiota!… mi vuoi dire cos’hai oggi?-arrossì lei come una bambina colta in fallo.
-Ehm…niente, assolutamente niente…-
Lei gli lanciò uno sguardo interrogativo e poi sorrise.
L’amico la guardava. Quanto era bella. Xavid era indeciso se dirle tutto o No. Dieci anni di silenzio erano troppi, ma non se la sentiva di udire la classica frase “sei il mio migliore amico e preferirei che rimanessi tale” oppure “scusa ma m’interessa più tuo fratello”.Odiava dare ragione a sua madre, ma in questo caso le sue parole dicevano il vero: “Per amare si può essere codardi ma per dichiararlo no”.
-Dimea…-iniziò imbarazzato lui.
-Sì…?-
Ce la posso fare…ce la posso fare…
-Volevo dirti…-ma la cosa iniziava ad essere più complicata del previsto…
-Volevi dirmi… cosa?-
-Volevo dirti…- erano pericolosamente vicini…troppo vicini, le loro fronti si sfioravano appena.
Lei sorrideva.Era un sorriso imbarazzato. Le sue gote erano appena macchiate di rosso.
-Allora…-
Allora…allora…
-Vuoi… che ti accompagni a casa?-
                                                                           ****

Argant era una piccola città al limitare del bosco, anche chiamata la “Città d’ambra”, perché gli edifici, all’alba, a mezzogiorno e al tramonto, assumevano il colore di tale resina.
. Le case erano disposte circolarmente attorno alla piazza centrale. Questa, non era altro che uno spiazzo con il suolo ricoperto da candidi sassolini.Non possedeva mura ed era una città tutt‘altro che bellicosa, ma attorno era stato scavato un fossato perché, in ogni caso, quelli erano tempi bui: Tamiat aveva trucidato la famiglia reale (il re Bhelt e la regina Ymar) ed era salito al trono, oramai, da quasi tredici anni.
Durante la sua tirannia, il popolo faceva la fame ed era costretta a versargli dei tributi molti dei quali consistevano in fanciulle.
I villaggi e le città erano costantemente perquisiti dalle truppe “dell’Usurpatore”.
All’inizio del suo dominio, Tamiat aveva fatto uccidere tutti i bambini sotto l’anno di vita. Era quindi normale stare sulla difensiva perché prevenire è meglio che curare.
                                                                           ****
Xavid la accompagnò a casa, con il suo dilemma-indelebile stampato nella mente, nel cuore e nell‘anima.
Sono stato un idiota…come potevo anche solo pensare che lei…insomma una bella come lei…
-Ci vediamo stasera … Xavid ci sei?-
-Cosa… non ho sentito…-
-Xavid… a stasera…-
Una volta superata la soglia di casa, la fanciulla corse da Argana, sua madre.
La trovò intenta a rassettare i suoi abiti.
Era una donna magra e non molto alta. I lineamenti erano fini ed i capelli color sabbia.
Aveva poco più di trent’anni.
-Mamma, la veste è pronta?-
-Credo di si, piccola, ma Hannaht non è ancora ...-
Non fece in tempo a terminare la frase che una donna corpulenta si presentò alla soglia di casa di Argana.IIndossava un ampio abito di lino grezzo ed un gran grembiule celeste. I capelli corvini erano racchiusi da una fascia che si avvolgeva intorno alla crocchia di capelli ma un ciuffo ribelle spuntava dal copricapo. Gli occhi erano grandi e blu.Sul volto aveva stampato un gran sorriso. Tra le mani reggeva un fagotto ben piegato: doveva essere il vestito per l’iniziazione.
-Hannaht! Entra pure!- le corse in contro Argana.
Le due donne si abbracciarono. Dimea conosceva bene Hannaht, era la madre di Xavid. Lui, dalla madre, aveva ereditato molto: i ricci castani e i modi cordiali.
La donna guardava la piccola Dimea con occhi simpatici.
-Siete scappati ancora nel bosco, tu e Xavid? Stai attenta a non farlo innamorare…lo dico per il tuo bene… sai come può essere assillante…-Disse ridacchiando.
-Non mi sembra il tipo che s’innamora tanto facilmente… è un ragazzino: la sua unica preoccupazione sono le biglie!-
-Oh, piccola… Mai sottovalutare gli uomini!- Questa volta Hannaht sorrise e le fece l’occhiolino.
-Ora corri a prepararti altrimenti stasera arriverai tardi!- aggiunse Argana.
Dimea salì di corsa le scale ed andò a prepararsi lasciando le due donne sole.
-Hannaht, cosa sai che io non so?-
-So cosa prova Xavid, ma non quello che prova lei…-
-Sostieni che Xavid…-
-Esattamente… ora però è meglio che vada: si è fatto tardi e devo ancora prepararmi per stasera.-
Le due donne si salutarono.
Poco dopo, Argana entrò nella mansarda (dove si trovava la camera di Dimea).
-Mamma, sei tu?…Ascolta…oggi…mentre io e Xavid correvamo…sono inciampata…non sono caduta…ma…mi sono graffiata…appoggiandomi al tronco della Grande Quercia…-  la voce di Ashesis non era minimamente preoccupata. -…dal graffio è uscito poco sangue…ma…era…di un colore strano…blu!- Si fermò perché vide impallidire Argana.
-Lo hai detto a Xavid o a qualcun altro?-il tono della donna era allarmato.
-E per quale motivo: per farmi dare della pazza, della visionaria!-
La donna ora sembrava più sollevata.
-Bene, continua a ragionare così… e …non farne parola con nessuno.-
-Per quale…-
Argana cambiò immediatamente discorso.
-Allora…vediamo come ti sta la tunica bianca…-
Il tono con cui lo aveva detto era calmo, ma il suo sguardo nascondeva una nota di timore.
Dimea non capiva il cambiamento d’umore di Argana, ma non si arrovellò molto. Il tempo era agli sgoccioli: tra due ore al massimo avrebbe avuto inizio la sua consacrazione.Era eccitata.
La tunica era immacolata. La seta le fasciava il corpo snello. Tra poco Xavid l’avrebbe vista, e  chissà cosa avrebbe detto.
Argana la lasciò sola con i suoi pensieri e se ne andò in cucina.Qui si gettò su una sedia. Avrebbe voluto spiegare la verità a Dimea, ma la riteneva ancora una bambina.Il tempo stringeva, doveva dirglielo…prima o…poi.
****
Il sole iniziava a nascondersi dietro gli angusti profili dei monti Bonkier e le cinque lune facevano capolino nel cielo di velluto.
Si raccontava che ogni tredici anni, il 16 maggio, quando i cinque satelliti si allineavano nasceva un bambino dai grandi poteri magici. Dimea nacque proprio in quel giorno.
Mancavano pochi minuti alla cerimonia e le lune erano quasi allineate.
L’aria era piacevolmente calda e profumava vagamente d’incenso e fiori freschi.La piazza era stata sapientemente illuminata con torce che, sotto l’effetto di un incantesimo, emanavano dei bagliori verdi.
La piazza era gremita di gente.Un omino magrolino si fece avanti tra la folla e si posizionò accanto al pozzo.Era coperto da capo a piedi da un grezzo mantello di lino blu, che non celava la fragile costituzione e la statura curva e minuta. Si scoprì il capo ed emerse una testa completamente calva, un viso solcato dalle rughe ed una lunga barba immacolata legata in una treccia. Gli occhi celesti erano colmi di saggezza. Il suo nome era Raamemsin, era il più grande mago vivente. Lui avrebbe celebrato la consacrazione alla magia di Dimea
-È pronta la giovane?-, il suo tono era quieto.
-Credo, eccellenza…ma vado subito a verificare.- Era la voce di Hannath.
La donna corse verso la casa di Argana. Poco dopo ricomparve nella piazza con al seguito Dimea. La ragazza s’inchinò di fronte al grande mago.
Raamemsin guardò in alto: le lune si stavano allineando, era ora di iniziare il rito. Iniziò a pronunciare una cantilena in una strana lingua, Ashesis non la aveva mai sentita in vita sua ma riusciva a comprenderla perfettamente: era una preghiera.

Arevh, Koly, Tresa, Poryl e Desdera, Signore delle cinque lune,
Grande Asmert, dio della terra,
Seryn, Dea delle acque,
Ymar e Bhelt, ultimi sovrani di questo regno
Prima di Tamiat l’Usurpatore,
A voi presento questa fanciulla
Che vi prega affinché possa diventare maga

La ragazza non ebbe bisogno dell’incoraggiamento dell’uomo, senza averla mai sentita terminò la preghiera.

Vi prego accogliete la mia richiesta

-Adesso farà un po’ male….- il timbro di voce del mago aveva una nota dispiaciuta. Brandì il pugnale d’argento che un ragazzo gli stava porgendo. Quell’arma era di una fattezza elegante ma sobria allo stesso tempo, Dimea lo fissava rapita.
Successe tutto nell’arco di un secondo: Raamemsin appoggiò la punta sul palmo della mano destra della ragazza. Sussurrò qualcosa e dal pugnale fuoriuscì un lampo che si posò sulla mano. La giovane sentì un dolore acuto poi guardò l’incisione sanguinante che le era apparsa sulla mano: era una stella. Anche l’uomo stava fissando il simbolo che aveva appena iniziato a sanguinare. Qualcosa nell’incisione lo aveva colpito: il sangue era color zaffiro. Sorrise a quella vista, poi si alzò in piedi.
-Miseri uomini, prostratevi e baciate la terra su cui ella cammina…-.
 I presenti rimasero interdetti: il rituale non prevedeva tale fase.
Vedendo i volti sconvolti, il vecchio riprese.
-… poiché ella è Hidola, la prescelta, la futura regina! Ed ora inchinatevi al suo cospetto!-.
Un mormorio invase la folla. Le loro espressioni erano sorprese ed alcune incredule.
-La profezia afferma che Hidola è un ragazzo…-
-Non afferma questo! Conosco la profezia…dice che Hidola è, o meglio, sarà un cavaliere. Ricordiamoci che la stessa regina Ymar, era un cavaliere dell’esercito del regno! A proposito… notate la somiglianza con l’ultima nostra grande e splendida sovrana.-
Tutti i presenti si prostrarono.
La folla taceva, ora era ufficiale: Hidola non era più una leggenda.




Questo è il primo capitolo di un racconto che vorrei pubblicare...mi fareste un enorme favore commentandolo...
   
 
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