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Autore: 99revolutions    16/02/2013    0 recensioni
Ventinove anni, troppi sogni non realizzati, una vita da rifare, un periodo difficile, troppo dolore.
Jasmine aveva scelto di ricominciare, di lasciarsi alle spalle il dolore, di andare via e rifarsi una vita.
E aveva una sola persona accanto, Jade. Ce l'avrebbe fatta? Le cose sarebbero peggiorate o no?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Let's start a new life.


Hey, vi avevo promesso di aggiornare prima, invece è passato davvero molto tempo, i know. Scusatemi davvero, ma non ero minimamente ispirata e non ho avuto nemmeno tempo!
Passiamo all'atteso capitolo, grazie per la recensione e il messaggio privato.

 Cate

1. Secondo capitolo: Incontri e ritorni imprevisti.


Driin, strillò la sveglia, sobbalzando sul comodino.
Jasmine brontolò nel sonno, "che nervi, è già ora di alzarsi" pensò.
Era la prima giornata di lavoro e non poteva assolutamente fare tardi. Fece colazione in fretta, si vestì. Jeans stretti neri, una grosso maglione grigio e un filo di eyeliner erano il suo pass di presentazione. In qualche modo, avrebbero influito sulla prima impressione degli alunni, dei colleghi e del preside.
Agitata più del solito, recuperò la borsa a scacchi neri e bianchi a tracolla, dio quanto l'amava. Ce l'aveva da quando aveva diciassette anni, eppure la usava tutti i giorni, ancora.
Scese le scale quasi volando e raggiunse l'auto. Mise Dookie nello stereo e partì. Cominciò Bumout nell'istante in cui lei mise in moto la macchina.
La mattinata trascorse tranquillamente, il liceo era un edificio grande, moderno, pitturato da poco e fornito di laboratori, un bel cortile e aule grandi.
Aveva passato due ore in una seconda liceo, si era trovata bene. Erano un gruppo vivace, ma simpatico.
Poi un'ora in una quarta di ragazzi normali, anche troppo, troppo silenziosi, bah, un'ora tranquilla.
E poi era stata in presidenza dove il dirigente le aveva consegnato l'orario, alcuni moduli; una valanga di scartoffie da firmare, leggere, conservare e infine il suo registro personale.
Le era parso un uomo non eccessivamente socievole, anzi piuttosto freddo e rigido, ma in fondo era stato cortese.
Tornando a casa per pranzo, la chiamò Jade e la invitò ad andare a mangiare qualcosa fuori.
Così si erano trovate in un ristorante giapponese, a mangiare sushi. Si erano raccontate le rispettive mattinate a vicenda. Il giorno dopo era il suo compleanno e Jasmine invitò Jade a cena da lei.     
Ma Jade all’improvviso si fece pensierosa e, con una voce sottile, disse: “Cavolo, Jas ho già un impegno!” Perfetto, pensò Jasmine, perfetto, primo compleanno a New York rovinato, vedrò di divertirmi da sola.
“Okay Jad, fa niente” disse Jasmine, cercando invano di non apparire delusa.
“No dai, mi dispiace bella. Ho un’idea, dai, vieni con me a cena da Kevin, ci saranno dei suoi parenti ma almeno non passerai il compleanno da sola e ne puoi approfittare per conoscere nuove persone, daii” esclamò Jade, accompagnando l’invito con la giusta espressione dolce, che usava per corrompere metaforicamente l’amica.
Jasmine esaminò mentalmente le alternative, a casa da sola o con sconosciuti? No, non erano sconosciuti Jade la conosceva benissimo e Kevin abbastanza. Perché no? Pensò. Devo finirla di farmi tutti questi problemi, vado e cerco di divertirmi.
“Va bene, Jad, ma dimmi chi ci sarà esattamente? “ chiese all’amica.                                                                                                 
“Veramente, non so con precisione, so che sono parenti di Kevin che non sono potuti venire alla festa domenica e che ci tenevano a salutarlo e a conoscermi; mi pare fosse una sorella con il marito e i nipoti” disse Jade, dubbiosa, cercando di fare mente locale.
Una sorella? La sua mente collegò “sorella” ad Adrienne, chissà, magari era davvero lei!
“Non ti ricordi il nome?” domandò, cercando di contenere la sua speranza e l’entusiasmo.
“Ehm, no, davvero, non ne ho idea” disse Jade.
Le due passarono un pomeriggio in compagnia davvero speciale e Jasmine si sentiva contenta, sentiva finalmente di star cambiando vita. A New York era tutta un’altra storia.
La sera, però, arrivò una telefonata ambigua. Convinta fosse Jade, rispose al telefono, senza dare un’occhiata nemmeno al display.
“Pronto!”, rispose Jasmine.
“Ciao Jasmine”.
Quella voce metallica e calda, da cui erano uscite parole dolci e allo stesso tempo insulti, la sorprese. Sentì una stretta glaciale all’altezza dello stomaco.
“Merda”, pensò. Iniziò a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare, rispondere? Mettere giù? Iniziò ad ansimare, come se di colpo avesse riscoperto qualche oscuro, ma non così lontano, ricordo.
Ora metto giù.
“Cosa vuoi?”, rispose invece instintivamente.
“Mi manchi, Jas, torna, ti prego”. Matt aveva quel tono vago e leggero post-sbronza.
“Non tornerò mai, smettila”, urlò irritata Jasmine. E chiuse. Il tu-tu-tu del telefono le parve una melodia celestiale.
Si buttò sul divano, afferrò una tavoletta di cioccolato extra fondente e scoppiò a piangere. Quella sera seguirono altre 23 telefonate.
Ogni volta che squillava il telefono, Jasmine urlava, sempre più forte.
Era raggomitolata sul fianco destro del divano, abbracciata al cuscino, sconvolta.
Non era pronta a fare i conti con ciò che si era lasciata alle spalle, o che sperava di essersi lasciata alle spalle. Si addormentò a notte fonda, con gli occhi cerchiati dal trucco nero sbavato a causa delle lacrime. Si addormentò, distrutta, sperando che il sonno le avrebbe scacciato via ogni pensiero, ogni ricordo.
E invece quella notte lo sognò, di nuovo, dopo mesi.
Si svegliò con un suo sms. “Buon compleanno, amore, potevi anche rispondermi ieri sera xx”. Perché? Perché di colpo era tornato? Perché di colpo si era ricordato della sua presenza?
“Bel compleanno, sicuramente”, pensò ironicamente lei.
Restò a letto tutta la mattina, per fortuna quello era il suo giorno libero.
Non si fece più sentire per tutta la giornata e Jasmine, sperando che l’avesse cercata dopo aver bevuto, si riprese leggermente.
Alle sette si vestì per andare da Kevin. Pensò che, in compagnia, magari avrebbe potuto risollevare quella giornata, non troppo piacevole, per il momento.
Si infilò i jeans, una canottiera blu notte attillata, abbinata ad una giacchetta nera e si truccò. Salì in macchina, mise su International Superhits e si diresse verso casa di Kevin.
Arrivò con un lieve ritardo e, una volta entrata, li vide.
Vide la famiglia Armstrong al completo. Vide Adrienne, dai lunghi capelli neri, e poi Billie. Billie la stava fissando incuriosito, “e lei chi sarebbe”, doveva aver pensato.
Vicino a loro stavano seduti Joey e Jakob, i due figli. Lei esitò, restando ferma sulla soglia della casa, senza riuscire a muoversi, né a dir parola.
Nel silenzio più assoluto, si sentì Jade esclamare, con la sua vocina squillante.
“Jasmiiiiiiine, benarrivata! Auguri cara!”
Jas si ritrovò a stringere Jade, che le era piombata addosso.
Si staccarono e arrivò Kevin. “Auguri Jasmine!”, esclamò e le diede un bacio sulla guancia, “ecco, lei è la migliore amica di Jade, appena trasferitasi a New York, e stasera è il suo compleanno per cui ci scocciava lasciarla a casa da sola”.
“Oh, capisco, beh auguri”, disse Billie, avvicinandosi. Le strinse la mano.
“Io sono…”, ma non fece in tempo a finire la frase che Jasmine lo abbracciò, improvvisamente.
“Sei Billie e io sono una tua grande fan, ecco, sono felicissima di vederti”, sussurrò Jasmine, velocemente ed involontariamente.
Sorpreso, Billie le sorrise e le disse: “Piacere mio”.
Adrienne la salutò e con un cenno anche i due ragazzi.
Jasmine era super emozionata, aveva accanto il suo idolo storico. Era sempre stata affascinata da quell’uomo e di persona non aveva che aumentato questa grande stima che lei provava nei suoi confronti. Era l’idolo perfetto. Anticonformista, indubbiamente, bello e simpatico.
Stavano per sedersi a tavola, quando squillò il cellulare di Jasmine.
Scossa da un terribile presentimento, biascicò uno “scusatemi un attimo”, si allontanò dalla stanza e tirò fuori il cellulare.


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