Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: xrunawaywithme    16/02/2013    5 recensioni
“Se entro due secondi non mi dici cosa ti è successo,giuro che impazzisco.” e dal tono della sua voce mi fece capire che sarebbe successo davvero.
“Io te lo dico Justin,ma tu promettimi che mi crederai. Per quello che ti dirò sicuramente non vorrai più vedermi per tutta la vita ma sei stato tu a chiedermi la verità.” dissi calma e cercando un modo per scappare. La porta era vicino a me,che stavo seduta sul letto.
Se lui si fosse distratto un attimo,io sarei potuta scappare. Scossi la testa,mi avrebbe presa subito.
“Avanti,dimmelo” mi incitò lui a parlare. Presi un respiro profondo.
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You know I can change.

 

 

 

 

 

Non potevo concepire una cosa del genere. Perchè, ogni volta che litigavano, doveva ridursi uno straccio?

Afferrai la prima felpa trovata nel caos della mia stanza e scesi le scale molto velocemente.

Rischiai quasi di cadere all'ultimo scalino e il cuore fece un balzo dallo spavento. Arrestai i miei passi per riprendermi e scappando, spalancai la porta di casa. La mia unica preoccupazione erano i paparazzi.

Ero più che sicura che ce ne fossero almeno dieci pronti a fotografarlo, ed in quelle condizioni, avrebbero trovato il loro tanto atteso scoop.

Urlava, imprecava, si disperava. Era fuori di sé, in 18 anni di vita, si fa per dire, non lo avevo mai visto in queste condizioni. Lo afferrai per un braccio.

Justin, vieni dentro.” dissi con un tono di voce fermo, che non ammetteva repliche.

Ma ovviamente lui non mi ascoltò, scosse la testa e continuò a bere quella bottiglia di vodka che era giunta ormai al termine. Mi avvicinai e lo presi per mano, iniziando a trascinarlo verso la porta.
Si staccò da me e iniziò ad urlare cose incomprensibili, era ridotto talmente male che non riuscivo a riconoscerlo.
Tutta colpa di quella.. e non osai continuare la frase.

Sbuffai esasperata quando, dopo averlo preso per mano, per l'ennesima volta si era staccato e allontanato.
“Non ci voglio venire dentro.” urlò, ancora una volta. Aveva ripetuto quella frase una dozzina di volte già.
E finchè non si sarebbe stancato l'avrebbe continuata a ripetere. 

Alzai gli occhi al cielo cercando di trattenere la rabbia che scorreva nel mio corpo, nelle mie vene.

Pensai che il sangue all'interno di esse dovesse essersi tramutato in veleno perchè ormai ero fuori di me.

Non c'era volta in cui si ubriacava che io non scappassi a prenderlo, a portarlo dentro casa e a calmarlo.

Nemmeno Pattie ci riusciva, si era arresa subito. L'unica che era in grado di fare questo ero sempre stata io. Chissà perchè, mi domandai. Avevo tanta pazienza ma lui l'aveva sprecata tutta. Aveva fatto in modo che tutta quella pazienza finisse e non ne rimanesse neanche un singolo accenno. Ero stanca.

Sai cosa, Justin?” iniziai a parlare, piatta in volto e piatta nella voce. Non una sola emozione traspariva, se non la freddezza. E si congelò anche lui vedendomi in quello stato. Zittì ogni suo lamento, ogni suo urlo e si voltò verso di me con sguardo smarrito. Somigliava tanto ad un bimbo quando perde i suoi genitori. Ma questa volta quell'immagine non mi avrebbe addolcita, non mi avrebbe smossa neanche di un millimetro. Mi sentivo frustrata, usata. “non me ne importa niente. Vuoi rovinarti la vita in questo modo? Fallo. Ma fallo da solo, perchè in tutti questi mesi, ogni volta che stavi male e facevi cazzate come queste l'unica che ti aiutava ero io, facendomi del male da sola.
Tutte le volte che mi urlavi contro ubriaco e per portarti dentro ci impiegavo due ore, quando tutto andava bene. Quando litigavate e venivi a piangere da me. E stavo male, diventavo pazza per trovare un modo per farti stare meglio, per farti ridere. Mi preoccupavo per te, nonostante a te non importasse nulla. Io sono sempre quella pronta ad aiutare, quella con tanta pazienza. E allora tutti, tu per primo, con questa scusa usate la mia pazienza per farmi fare di tutto. Ma adesso basta, da questo momento l'Ariel buona e disponibile è morta. E' morta qui, in questo giardino.”
presi fiato, e diversamente da come poteva sembrare la mia voce non aveva preso nessuna sfumatura di ira o quant'altro. Ancora gelida, ancora fredda.
Sguardo penetrante, testa alta. Sospirai per poi continuare.

Dimenticati di me, quando starai male. Dimenticati di me, quando ti ubriacherai. Dimenticati di me, quando sarai solo, ti annoierai e verrai da me perchè sono l'ultima scelta che hai. Dimenticati di me, perchè io mi sto già dimenticando di te.” e dopo quest'ultima frase, mi voltai e con passo spedito varcai la soglia della porta di casa sbattendola poi dietro di me. Sapevo che ero stata dura, che avevo infierito perchè stava già male di suo ma io stavo male da tempo ormai e nessuno sembrava curarsene, nessuno.

Mi chiusi la porta della camera alle spalle e mi sedetti all'estremità del letto, sapendo che tra pochi minuti mia madre sarebbe entrata. Probabilmente aveva sentito, insieme a Pattie, tutto il discorso.

Mi alzai subito e affacciandomi alla finestra, posta esattamente sopra il giardino, osservai cosa stava succedendo. Si era sdraiato in mezzo al prato, con la bottiglia vuota in mano, e lo sguardo perso a guardare qualcosa nel cielo.
Fui tentata dallo scendere sotto e abbracciarlo, perchè nonostante tutto mi faceva stare male il pensiero che ciò che gli avevo detto lo stava facendo sentire peggio.

Sempre se, in quelle condizioni, fosse stato capace di reflettere su quello che era successo poco prima.

I passi leggeri di mia madre sul pavimento mi fecero distrarre, portai il mio sguardo su di lei.
Mi sorrise e non parlò, sapendo che l'avrei fatto io molto presto.

Mi sono stancata, mamma.. Per lui esisto solo quando ne ha bisogno. Ma quando ho bisogno io, lui dov'è?” le domandai, anche se non aspettavo nessuna risposta. La sapevo già.

Ho sentito cosa gli hai detto. Tesoro, non posso darti torto però riflettici. Vive una vita dove lo stress è all'ordine del giorno. Aggiungendoci le delusioni che sta avendo in quest'ultimo periodo, puoi vedere tu stessa che sta passando mesi difficili. Prova a capirlo.” e concluse con questa frase un discorso che avrebbe presto scatenato in me una rabbia insolita, mai vista. E pochi minuti dopo, la mia risposta fu esattamente ciò che nessuno si sarebbe aspettato. Ero sempre stata la ragazza modello, quella che non si arrabbiava mai facilmente e non urlava.
Che non sapeva neanche cosa fosse, la rabbia.

Provare a capirlo? Stiamo scherzando, si. Fin'ora non ho fatto altro che capirlo, mettendo me stessa sempre e comunque da parte. Ci sarà mai il giorno in cui io, verrò capita?” e lo urlai, quell'io. Perchè io, proprio io, mi ero stancata di quella vita.


Non c'era giorno in cui qualcuno, e la maggior parte delle volte questo qualcuno era proprio Justin, non avesse bisogno di qualcosa. E chi era a dargli tutto ciò di cui aveva bisogno? Dove andava quando stava male? Chi era che combatteva ore e ore sotto la pioggia, il freddo, il sole, il caldo, per farlo rientrare dentro quando si ubriacava? Fosse stata la prima volta, ci sarei volentieri passata sopra.

Era nella mia natura e non mi piaceva litigare ma ero arrivata al limite, al limite di ogni cosa.
La sentii sospirare e dopo avermi riservato un'ultima occhiata dispiaciuta, aprì la porta della mia stanza e se la richiuse alle spalle, scendendo al piano inferiore.

Afferrai la borsa e il cappotto, buttato sulla poltrona dal giorno precendente, e mi diressi fuori da quella casa.

In quel momento l'unica cosa che volevo fare era vederlo e rimanendo a casa sarebbe stato impossibile evitarlo.
Sulla soglia della porta incontrai due occhi persi, tristi e lucidi. Lo ignorai e gli lasciai la porta aperta. Mi morsi un labbro per trattenere le lacrime, lo sorpassai e a piedi, mi diressi in centro.

Per strada le coppie felici passeggiavano mano nella mano con quei fastidiosi sorrisi stampati sulle labbra e sembravano dirmi 'sei sola, nessuno ti vuole' lasciando un senso di oppressione si insinuasse dentro me.

La voglia di urlare stava crescendo a dismisura quando la mia attenzione venne catturata da qualcos'altro.
Un vestito rosso, quasi bordeaux, era esposto nella vetrina di un negozio abbastanza famoso.

Più giù, un paio di scarpe di vernice nera facevano bella mostra di sè proprio accanto a quel vestito.

Entrai spedita dentro il negozio e dopo aver provato entrambi i capi, non esitai un secondo, neanche di fronte al prezzo parecchio alto, a comprarli. Per tutto il tempo restante girai dentro i vari negozi, senza comprare nulla però.
Quel vestito aveva spazzato via tutto il malumore e dopo quell'acquisto non ero riuscita a fare a meno di guardare la busta e sorridere per tutto il tragitto che mi portava a casa.
Aveva qualcosa di speciale, o forse come avrei scoperto ben presto, avrebbe portato a qualcosa di speciale.

Infilai la mano dentro la borsa alla ricerca delle chiavi e impiegai parecchi minuti prima di entrare completamente dentro. Notai l'orario, le otto di sera circa, e dopo essermi messa comoda scesi in cucina dove tutti mi stavano aspettando seduti a tavola. Sorrisi a Jazzy e Jaxon e mi sedetti al mio posto, di fronte Justin. Non lo guardai per tutta la cena, parlando con gli altri e sorridendo come se non fosse successo nulla. Mia mamma mi guardò interrogativa, scossi la testa e le sorrisi.

Sapevo avesse capito e sapevo anche che il giorno seguente ne avremmo parlato. Per tutta la sera giocai con Jazzy e Jaxon nel salotto, dove tutti gli altri erano seduti sul divano a guardare qualche film.
Persino Justin rimase lì con noi, a smanettare con il cellulare e verso le undici di sera si addormentò con quest'ultimo sulla pancia.

Sorrisi a quella vista e mi balenò in testa l'idea di mettergli una coperta addosso e spostarlo in modo da farlo stare più comodo. Abbandonai l'idea subito, ricordando che sarei dovuta essere arrabbiata con lui e lo lasciai in quel modo.
Più tardi tutti lasciarono la stanza e rimasi soltanto io, seduta sull'altro divano, ad osservarlo dormire.
Sospirai rassegnata e mi diressi nella mia camera.

Infilai velocemente il pigiama e mi stesi sotto il piumone non troppo pesante che ricopriva il letto.
Dopo l'ennesimo spostamento e l'ennesimo sospiro mi catapultai in salotto. La situazione era esattamente come tre ore prima, niente fuori posto.

Aprii la coperta che avevo portato con me e la stesi su di Justin notando che si era già messo comodo da solo.

Con l'animo più tranquillo risalii in camera e dopo un'ora riuscii a riposare un po'.
Avevo detto che l'Ariel buona era morta ma sembrava che quell'animo così dolce e disponibile trovasse comunque un modo per prevalere su ogni proposito di cambiamento.
La mattina seguente mi svegliai ormai convinta del fatto che non avrei fatto nulla per aiutarlo, tanto meno gli avrei parlato.


Se davvero teneva a me allora avrebbe trovato un modo per farsi perdonare, come sempre.
Ma il punto era, lui teneva davvero a me?

**

Intanto Justin si era svegliato con le parole della ragazza che rimbombavano nella sua testa vuota.
Vuota, si. Perchè se avesse avuto un minimo di intelligenza nel cervello non avrebbe creato tutto quel casino. 
Non aveva mai pensato a quello che lei gli aveva detto il giorno precedente e ora che ci rifletteva non poteva far altro che darle ragione. E si sentiva ancora più male adesso. Entrò in cucina dove Pattie era già intenta a preparare la colazione.


Sei stata tu? Intendo ad avermi messo la coperta addosso.” specificò lui, dopo aver visto lo sguardo perplesso di Pattie alla prima domanda.
Oh no tesoro. E' stata Ariel, ieri sera è andata via per ultima dal salotto e quando noi siamo saliti tu eri ancora scoperto.” disse la donna, sorridente. Sapeva come stavano le cose tra lui e la ragazza ma non voleva dirgli niente finchè non fosse stato lui a farle capire di poterlo fare.
Justin sospirò e si sedette sulla penisola della cucina. Pochi minuti dopo anche Ariel arrivò.
Buongiorno” disse distratta, senza riferirsi a nessuno in particolare. Pattie le sorrise e lei ricambiò per poi guardare Justin, ancora seduto lì e che ora stava con lo sguardo basso.

**

Entrai in cucina e trovai Pattie ai fornelli e Justin seduto sulla penisola.
Avrei sinceramente preferito che stesse ancora dormendo così avrei fatto colazione e sarei uscita ma non avrei potuto evitarlo a vita. Mi rassegnai al fatto che prima o poi avremmo dovuto parlare e sapendo com'era fatto sarebbe stato più prima che poi.

Buongiorno” esclamai, e fu riferito a Pattie ma non feci nomi perchè non mi sembrava giusto escludere anche lui. Teneva lo sguardo basso e aveva il viso stanco e pensieroso.
Mi domandai a cosa pensasse, cosa gli passasse per la testa e mi ritrovai troppo interessata.
Dovevo smetterla di pensare a lui o non ne sarei più uscita viva, tutto ciò che mi ero prefissata dieci minuti prima sarebbe svanito nell'aria.

Mi sedetti su una sedia libera e aspettai che Pattie finisse di scaldare il latte, nel silenzio di quel giorno che di sereno non aveva assolutamente nulla. Un senso di angoscia e tristezza mi divorava l'anima e non ne sapevo il motivo. Non pensai minimamente potesse essere legato alla 'distanza' che si era creata tra me e Justin, non lo pensai affatto. E forse se lo avessi fatto subito avrei smesso di scervellarmi per capire da dove provenisse tutto quel malessere improvviso.

Alzai lo sguardo dal tavolo di legno lucido nello stesso istante in cui Justin con un balzo scese giù dalla penisola e si sedette dall'altra parte del tavolo, il più lontano possibile da me.

Picchiettai nervosamente le dita sul legno mentre Pattie abbandonava la stanza. Dannazione, perchè doveva andare via proprio ora?

Justin fece per aprire la bocca e dire qualcosa ma la richiuse pochi istanti dopo, frenato dal suo telefono che vibrava o dallo sguardo poco dolce che gli avevo riservato subito dopo aver capito che stava per rivolgermi la parola.

Afferò il telefono e lo scrutò attentamente. Gettò una rapida occhiata all'orologio e premette la cornetta verde, il tutto accompagnato da un'espressione confusa.
Hey Scoot” esclamò dopo aver avvicinato il telefono all'orecchio. Scooter iniziò a parlare velocemente e ad urlare talmente forte che potei sentire ogni singola parola.
Dannazione Justin. Nella vita, ne farai mai una giusta? Non ti bastava avere una ragazza, no. Dovevi soddisfare le tue voglie. Complimenti, non ti facevo così bambino, pensavo avessi un minimo di intelligenza in quella testa da cretino che ti ritrovi ma evidentemente ti ho sopravvalutato.” urlò senza fermarsi un attimo. L'espressione di Justin era ancora confusa e ben presto anche la mia lo divenne. Cosa diavolo era successo?

Scooter, calmati e respira. Di cosa stai parlando? Non capisco.” rispose Justin incrociando il suo sguardo con il mio. Abbassai immediatamente gli occhi e continuai a fare colazione.
Scooter aveva ripreso ad urlare e non sembrava molto propenso a smettere.
Non capisci? Peccato che tutto il mondo capisca, e anche bene. Hai deluso tutti, ognuno di noi. La fama ti ha dato al cervello” e continuò a farneticare cose del genere finchè il biondo seduto di fronte a me non sbuffò.
Basta” tuonò Justin alzandosi improvvisamente “o mi spieghi tutto senza urlare o ti chiudo il telefono in faccia. E sai che lo faccio.” continuò passandosi una mano tra i capelli.
Alzai lo sguardo e incrociai nuovamente i suoi occhi senza mettere fine, questa volta, a quell'incontro.
Oh, questa è bella. Non ricordi niente? Chissà quant'eri ubriaco mentre tradivi Selena. E con sua cugina pure.” urlà ancora una volta Scooter, lasciando trasparire nella sua voce un filo di ironia.
Io e Justin spalancammo gli occhi insieme e un sorso del latte che stavo bevendo mi andò di traverso facendomi tossire immediatamente.
Scooter dimmi che stai scherzando. Chi ti ha detto una stronzata del genere?” disse il biondo nella totale incredulità.
Oh, a me non l'ha detto nessuno. Ma Selena l'ha detto al mondo intero. INTERO.” continuò ad urlare alzando maggiormente il tono sull'ultima parola.
Justin rise nervosamente mentre mi fissava e mi accorsi soltanto in quel momento che non avrei dovuto guardarlo. Con un semplice sguardo riusciva a farmi dimenticare ogni cosa e dopo quello che stava succedendo sapevo che se solo mi avesse chiesto un aiuto, io gliel'avrei dato.

Scossi la testa e tornai a bere il mio latte, focalizzandomi soltanto sulla voce di Scooter e capire meglio.
Che cosa? E' stata lei a tradirmi e non solo una volta. Ieri sera l'ho lasciata perchè ho scoperto tutto. Non credi a lei, vero?” esclamò Justin.
Scooter non rispose. “No, tu non le credi. Tu non puoi crederle. Dopo 6 anni se non di più che mi conosci, come puoi credere a lei e non a me? E' stata lei a tradirmi, io non ho fatto niente.” urlò disperato il biondo, lasciandosi crollare sulla sedia. Scosse la testa e si passò un'altra volta la mano tra i capelli.
Lo ha detto a tutti i giornali, ha rilasciato un'intervista dove c'è sua cugina che testimonia. Come posso non crederle? Lo dice anche sua cugina.” affermò Scooter.

E' inammissibile. Mi conosci da una vita. Sai quanto amo Selena e sai che non l'avrei mai tradita. Chiedi a mia madre, chiedi a chi vuoi. Ieri sera sono stato male come un cane e ancora adesso sto male ma in questi due giorni non sono uscito di casa un attimo. Mi spieghi come avrei fatto a tradirla?” disse Justin con un tono di voce ancora più alto di prima. La vena sul collo si faceva sempre più evidente, la delusione traboccava dai suoi occhi.

Tua madre sta sempre a difenderti e sarebbe pronta a mentire per fartela passare liscia. Mi dispiace ma non ti credo.” ribattè l'uomo dall'altre parte del telefono.
Seguii ogni movimento del biondo. Si passava una mano tra i capelli e si mordeva il labbro inferiore mentre nei suoi occhi l'incredulità, lo sgomento e molto altro ancora, si alternavano.
Prese un respiro prima di parlare. “D'accordo Scooter, non credermi. Ma quando capirai come stanno veramente le cose sarà troppo tardi. Non voglio vederti per il resto del mese e forse dell'anno.” sputò pieno di rabbia e non gli diede nemmeno modo di rispondere perchè aveva già chiuso la chiamata. Mi guardò un secondo prima di abbandonare la stanza e sentii il cuore rompersi alla vista dei suoi occhi. Era triste, glielo si leggeva in faccia.

Selena, io e adesso Scooter.

Stava andando tutto male e mi sentii in colpa per tutto quello che gli avevo detto il giorno prima.
Scossi la testa e sospirai.







SWAG.

E' passato più di un mese e mi dispiace da morire, mi ero ripromessa che avrei aggiornato presto ma non ce l'ho fatta. 
Sarei dovuta tornare con un capitolo fantastico dopo un mese per non deludervi troppo ma nemmeno in questo ce l'ho fatta. La scuola mi ha tenuto impegnata e l'ispirazione è andata a farsi un giro (lo si può notare dallo schifo di capitolo che è venuto fuori). Ci tenevo tanto a questa storia ma ho fallito ancora una volta. Spero possiate perdonarmi, giuro che cercherò di aggiornare prima e scriverò cose migliori di questi orrori a cui vi ho abituate. Ora scappo.

spero di trovare qualche recensione anche se so che molto probabilmente vi siete stufate di aspettare e avete abbandonato tutto. mi si spezza il cuore al pensiero.

un bacio enorme,
Giulia.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: xrunawaywithme