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Autore: Zomi    16/02/2013    6 recensioni
Alzò lo sguardo a rincontrare quello di miele della ragazza, che gli sorrise complice, annuendo lievemente.
-… mi lego a te col voto del Bushido del cuore… sono tuo, ti appartengo, da oggi non sono più Roronoa Zoro ma chiunque tu vorrai…-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL BUSHIDO DEL CUORE



 
Il Palazzo Reale era illuminato a giorno per le innumerevoli lanterne, appese lungo le spesse pertiche colorate dell’edificio.
Una brezza serale leggera soffiava timida nell’aria, scivolando tra le lampade di carta, giocando con le melodiose e intonate musiche che risuonavano nella notte buia.
I Koto e gli Shamisen (strumenti a corda del periodo Edo NdA) vibravano nell’aria le loro note, accompagnando i rochi e tuonanti colpi del Gong nel procedere della solenne cerimonia all’interno del Palazzo Reale.
La notte nera non osava entrare nell’edificio illuminato, retrocedendo in buie ombre al cospetto dei grandi bracieri ardenti di fuoco, che ornavano tutta la sala principale del palazzo, guidando i guerrieri, lì riuniti, lungo il prezioso tappeto in seta rossa.
Vestiti degli stemmi delle loro famiglie, e ornati dalle loro armature splendenti di onore e gloria guadagnata in battaglia, gli uomini avanzavano lenti sull’arazzo color porpora, marciando verso lo Shogun con umiltà e ubbidienza, celando la loro fiera indole di combattenti.
Era la notte del giuramento, il voto di fedeltà ed onore dei Samurai verso il loro nuovo signore.
I 50 Rorin (samurai senza ancora un padrone da servire NdA) avanzavano lenti nella sala, sfilando tra i già numerosi samurai dello Shogun Cocoyashi e i nobili del regno, lì riuniti ad elogiare tale solenne promessa.
Zoro, uno dei più giovani Samurai di quella processione, fissava il fine intreccio di rame e porpora su cui camminava, contando i suoi passi verso il suo nuovo Padrone.
Era il primo a cui si legava attraverso il giuramento del Bushido dopo aver raggiunto un’ottima fama di guerriero valoroso e leale.
Avanzava con passi pensati, mantenendo l’unico occhio sano che gli rimaneva fisso sul suo cammino, tenendo ben salde al suo fianco le tre katane da guerra, lasciando che le cinghie metalliche della sua armatura cozzassero tra loro, risuonando sorde e ferrose tra le melodiose note musicali della serata.
Manteneva i sensi all’erta, ma si permetteva anche di lasciare libero cammino alla sua mente.
Aveva impiegato molti anni per guadagnarsi il valoroso titolo di Rorin, di guerriero invincibile e d’onore, libero da ogni obbligo, e ben presto sarebbe divenuto un Samurai, un guerriero legato da un vincolo di rispetto e fedeltà ad un nobile signore, che l’avrebbe accolto come un figlio, donandogli ricchi terreni e una casa, non costringendolo più ad una vita di guerre e battaglie per la propria sopravivenza.
“In altre parole: una vita tranquilla e lontana dal sangue…” pensò con ghigno sghembo sulle labbra lo spadaccino.
Il ragazzo alzò lievemente la zazzera verde, che lo caratterizzava, contando i pochi uomini che lo precedevano allo Shogun. Doveva mantenere lo sguardo basso per rispettare le regole cerimoniali, secondo cui avrebbe potuto levare gli occhi dal suo cammino in solitaria solo quando, dopo essersi inginocchiato davanti allo Shogun, lui l’avesse sfiorato sul capo con il palmo aperto della mano e stretto il giuramento, concedendogli il permesso di entrare a far parte della sua famiglia, donandogli una casa e la tranquillità di una vita serena in cambio di protezione e fedeltà in caso di guerra.
Ma la curiosità di vedere quel famoso nobile era incontenibile.
Si diceva che fosse un uomo di grande bontà d’animo e indomito coraggio, forte come pochi guerrieri e dall’incredibile senso di giustizia.
Dopo la tragica morte dell’amata moglie, in un agguato teso da un terribile nemico, lo Shogun avesse ucciso di persona l’assassino, per poi bandire ogni forma di violenza dal Shogunato, se non in caso di sola difesa.
Aveva dedicato la sua vita alla crescita delle sue due giovani figlie, e a garantire una vita pacifica e florida al suo popolo.
Ben presto il suo regno era diventato il più rigoglioso e bello di tutte le terre a nord dei confini, elevando il suo nome anche per le meravigliose coltivazioni di mandarini che profumavano e sfamavano le genti del regno.
“Le lande del mandarino” era chiamato in ogni angolo della terra, e non più Shogunato Cocoyashi, in onore della famiglia che lo governava, elogiando il sovrano con canzoni e poesie sulla bontà e la generosità del buon “Genzo dei Cocoyashi”.
Zoro ghignò, mantenendo lo sguardo fisso sul tappeto.
Si sarebbe trovato bene lì, se lo sentiva.
Levò il passo con decisione, seguendo il Samurai che lo precedeva, e che si stava cingendo ad inginocchiarsi ai piedi del suo futuro patriarca.
Si fermò, appena pochi passi dietro la lunga elsa della spada del guerriero, aspettando il suo turno.
Non badò molto alle celebri parole del rito che si stavano scambiando il guerriero e lo Shogun, concentrandosi nel sorreggere nel miglior modo la sua armatura, facendo ben mostra delle sue katane e del valore che esse racchiudevano.
L’uomo si alzò da terra, raggiungendo, con una rapida camminata, il resto dei suoi nuovi fratelli di spada, che lo accolsero con cenni fraterni del capo e sorrisi felici.
Zoro deglutì, inchinandosi ai piedi del suo Signore.
Addossò tutto il peso del corpo sul palmo aperto sinistro posato a terra, reggendo con la mano libera le impugnature delle spade affinché non cozzassero rumorosamente tra loro.
Mantenne lo sguardo nero e buio sul tappeto, aspettando che l’uomo parlasse.
Una possente e muscolosa mano si posò sul suo capo, schiacciandogli gli scompigliati capelli contro il profilo del capo.
-Come ti chiami guerriero?- domandò baritonale lo Shogun.
La sua voce vibrò solenne e profonda nelle orecchie del verde, così forte da sovrastare il rombare frastornante dei Gong. Sembrava il tuonante suono di un lampo, ma nascondeva una nota di bontà profonda e rispetto verso tutti i guerrieri che lo servivano.
-Zoro dei Roronoa…- rispose con sguardo chino il verde.
-Sei giovane…-
Una battuta fuori protocollo, sussurrata per non farsi sentire dai ministri che sorvegliavano la cerimonia dietro di lui, e che fece sogghignare il ragazzo.
-Saprò servirvi bene mio signore, nonostante l’età…-
-Oh ne sono certo…- aveva ridacchiato quello, smuovendo il palmo sul suo capo, spettinandolo ancora di più.
Zoro abbozzò un sorriso impacciato.
-Bene dunque… Zoro Roronoa, affida le lame dalle tue katane al mio volere, sottometti i tuoi bisogni ai miei, asseconda ogni mia bramosia…-
La presa sul capo dello spadaccino venne più leggera, concedergli il permesso di alzarlo e levare lievemente lo sguardo, mentre la voce baritonale ripeteva, per l’ennesima volta nell’arco della serata, le litanie cerimoniali.
-… porta onore al nome del tuo nuovo Shogun…- continuò Genzo, mentre Zoro alzava gli occhi su di lui vedendolo per la prima volta.
Era un uomo anziano, cieco dell’occhio sinistro come lui, bronzeo di pelle e dai corti capelli neri, accompagnati da due baffi sottili e scuri.
-… proteggi i miei cari…-
“Un guerriero…” decretò, distogliendo lo sguardo dalla sua imponete figura e osservando, con poca attenzione, il lungo kimono imperiale che indossava. Era lungo fino ai piedi, ricamato in oro e argento nei simboli della regione, che risaltavano brillando sul tessuto rosso dell’abito. Sul fianco sinistro era legata la sua magatama, che giungeva con la sua elsa fino a terra, sfiorando un altro tessuto di colore diverso, che svolazzava a lato del kimono reale. Il verde spostò lo sguardo al fianco dell’uomo, notando solo in quel momento la presenza di un’altra figura.
-… difendi le mie terre…-
Era una giovane ragazza, della sua età più o meno.
Aveva lunghi capelli rossi fuoco raccolti in uno chignon stretto sulla nuca, intrecciato a due bacchette fini e blu, dello stesso cobalto intenso e puro del kimono che indossava. Si ergeva nella sua delicata e femminile figura al lato di Genzo, stringendo le mani sul ventre mentre lo accompagnava nella cerimonia, annuendo alle sue parole trite e ritrite ma sopportandolo con sorriso bonario. Istruita, accompagnava in silenzio lo Shogun, non facendo trasparire la sua noia o stanchezza per la lentezza della liturgia, ma sopportandola con sorriso composto e sottile.
Sentitasi osservata, la ragazza spostò gli occhi dall’anziano uomo al giovane guerriero che la fissava, osservandolo dritta negli occhi.
Zoro deglutì imbambolato nel fissarla sconvolto, non tanto per la sua compostezza e l’educazione che esibiva, quanto per i suoi profondi occhi color nocciola, che lo osservavano.
-… gioisci delle mie gioie…-
Zoro spalancò bocca incantato.
Non aveva mai incrociato occhi tanto belli.
Miele, miele puro, dolce e cristallino.
Quegli occhi erano dolci e profondi, puri e luminosi di vita.
Il verde si sentì trapassare l’anima da quello sguardo seducente e gentile, così dannatamente bello da togliergli il fiato e fargli accelerare allo stesso tempo il battito del cuore.
Mosse le labbra provando a dire qualcosa, ma era ammutolito da quegli occhi così dannatamente belli. Si sentiva al cospetto di un angelo, un meraviglioso angelo dai capelli infuocati e dallo sguardo magnetico.
-… allontana i nemici dalle mie terre…-
Ormai non ascoltava nemmeno più le blateranti frasi cerimoniose che il suo signore ripeteva con noia, totalmente rapito da quegli occhi incantevoli. Abbozzò un sorriso soffocato, facendo sorridere la giovane ramata, che arricciò solo per lui le sue carnose labbra di seta in un soave sorriso.
Perse un battito, forse due, arrotondiamo e facciamo 1000.
Quelle labbra si erano arricciate solo per lui, sorridendogli dolcemente.
Non riusciva a credere che una ragazza di tale bellezza sprecasse certe meraviglie per lui, guerriero sanguinoso e incivile.
Si sentiva un ladro, Zoro, a ricevere quel sorriso, a rubarlo a qualcuno di più degno di lui, ma non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, ringraziando i Kami che quelle labbra gli sorridessero ancora.
-… donami onore e gloria…-
Fissava quell’incanto estasiato e senza fiato, desideroso di poterla sfiorare, conoscere e baciare quelle labbra di seta, godendo da vicino di quegli occhi color miele.
Oh Kami, non si era mai sentito così…
Era come se avesse finalmente raggiunto il paradiso, come se ogni suo dubbio avesse trovato risposta e che tutto fosse finalmente a suo posto. Il suo cuore batteva all’impazzata, tamburellando imperterrito nel suo cranio, suonando solo per quella ragazza.
Zoro deglutì ancora, ascoltando quella sua musica interiore.
Il suo cuore non aveva mai palpitato così forte, nemmeno in guerra o contro un terribile nemico, non aveva mai battuto in un modo così, così… così… innamorato?
-… glorifica il nome del tuo Shonugato…-
Accidenti!!!
Uno sguardo.
Gli era bastato uno sguardo per innamorarsi di lei, per capire che l’avrebbe voluta al suo fianco per il resto dei suoi giorni, che altro non gli serviva se non poterla amare totalmente. E dire che non ne conosceva nemmeno il nome…
-… giura Samurai, giurami fedeltà e rispetto…-
 “Giuro…” promise tra se Zoro “Giuro di fare tutto ciò che è nelle mie capacità per farti sorridere… giuro di amarti come ti sto amando ora… giuro, mia signora dai capelli rossi, che ti farò sempre sorridere…”
-Legati a me col voto del Bushido, Samurai Roronoa Zoro…-
All’ordine, il verde si alzò da terra, per baciare la mano che lo Shogun gli porgeva, in segno di servilismo e rispetto, ma preso da una forza superiore alla sua, da una natura improvvisamente risvegliatasi in lui, il ragazzo scattò verso la giovane ragazza ramata, afferrandole con entrambe le mani una delle sue, delicata e piccola, così morbida e fresca da sembrare neve, reggendola davanti ai suoi occhi e piegandosi ai suoi piedi.
S’inginocchiò di fronte a lei, che retrocedette spaventata da quel fuori programma, arrossendo ma non sottraendosi alla sua delicata presa, permettendogli di sfiorarla.
Il verde ghignò compiaciuto del tacito permesso della ragazza a sfiorarla, e preso da coraggio, posò le labbra sul dorso della sua mano, baciandola debolmente.
-Mi lego a te…- biascicò con le labbra posate a sfiorarla sulla candida pelle della mano, abbassando lo sguardo sulle sue piccole dita piegate a ricambiare la sua stretta-… mi lego a te col voto più grande che conosco, non un semplice giuramento di fedeltà e lealtà, ma uno ancor più profondo e sincero…-
Alzò lo sguardo a rincontrare quello di miele della ragazza, che gli sorrise complice, annuendo lievemente.
-… mi lego a te col voto del Bushido del cuore… sono tuo, ti appartengo, da oggi non sono più Roronoa Zoro ma chiunque tu vorrai…-
La rossa assottigliò il sorriso, alzando una mano a fermare i Samurai accorsi intorno a loro per proteggerla per ordine del Shogun, che rosso di rabbia sbraitava contro il verde, trattenuto a forza, dal saltare alla gola del ragazzo, da numerosi suoi ministri.
-Voglio che tu sia te stesso…- sussurrò la ragazza, liberando la mano da quelle del guerriero e accerchiandogli il volto con entrambi i palmi -… voglio che tu sia Roronoa Zoro…-
Il ragazzo boccheggiò incantato, ammaliato dalla melodiosa voce di quella ninfa dei mandarini. Sembrava una canzone suonata dal vento, un semplice soffio di note che accarezza le cime dei ciliegi nelle mattine di primavera.
E la sua pelle, sul suo bronzeo e duro viso, era così morbida da risanare ogni cicatrice, rinfrescandolo e facendolo fremere di piacere.
-Ma… ma… ma tu chi sei?- riuscì ad ansimare preso dal piacere di essere sforato in viso da quelle dolci mani.
-Io?- ridacchiò con una risata cristallina lei, abbassandosi a sfioragli le labbra con il suo respiro, fissandolo dritto negli occhi -… io sono la principessa Nam…-
 
 
-… IIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
Si svegliò di soprasalto, scivolando di lato dal tronco del mandarino su cui sonnecchiava.
-MIA AMATA: SEI MERAVIGLIOSA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- starnazzava odiosamente la voce del cuoco, che seppur lontano sul ponte, sembrava urlargli nelle orecchie con quella sua orrida vociaccia.
-Stupido sopracciglio a ricciolo…- sbottò Zoro, alzandosi dall’agrumeto della navigatrice e stiracchiando sgraziatamente le braccia verso il cielo, che lentamente stava imbrunendo diventando sera.
Posò pigramente il dorso della mano contro l’elsa delle katane, avanzando verso il ponte della Sunny, deciso a tagliare, una volta per tutte, quelle maledettissime corde vocali del biondo cuoco, che strillavano ad ogni ora del giorno in lamenti idioti e vomitevoli.
-Sei una meraviglia divina, mia cara!!! Un miracolo con le gambe… e che bel paio di gambe!!!! WHAAAAAAAAAAAAA!!!!! I love you!!!!!!!!-
-Maledetto cretino…- borbottò tra se, nauseato dalle sue urla.
-Un angelo ramato sceso dal cielo!!!! Una fata!!!! Una sirena!!!!-
Grugnì, assottigliando lo sguardo mentre svoltava l’angolo del castello di poppa, giungendo sul ballatoio che dava sul ponte, preparandosi mille appellativi irriverenti e scontrosi da ghignare contro Sanji, ma il fiato gli si bloccò in gola, strozzandogli ogni parola.
Ma stava ancora sognando?!?
Era ancora nel sontuoso palazzo del Shogun o sulla Sunny?!?
Perché nel caso fosse stato sveglio sul serio, cosciente e pienamente, o quasi, in possesso delle sue facoltà cognitive, allora proprio non si spiegava la presenza della bellissima principessa delle sue fantasie nel pieno centro del ponte navale, accerchiata da tutti i suoi Nakama e sommersa dalle riverenze del cuoco.
-Nami-swan!!!!! Sei incantevole!!!!- piroettava in semi cerchio Sanji, emanando mille cuoricini di fumo nell’aria –La regina delle sirene!!!!-
Zoro si strofinò l’occhio sano, contando fino a 10 e pizzicandosi le guance, prima di posare nuovamente lo sguardo sulla figura femminile ferma nel centro della nave.
Spalancò bocca, riuscendo solo a boccheggiare.
Era meravigliosa.
Una musa.
Una ninfa delle acque.
Le forme delicate e floride del suo corpo erano ricoperte da un prezioso tessuto orientale di color blu chiaro, arricchito da graziosi ghirigori in indaco, che disegnavano su tutto l’abito dei graziosi fiori e i loro steli, che, come a sottolineare la soavità della ragazza che li indossava, si univano delicatamente sull’obi del kimono, invitando l’osservatore a dirigere tutta la sua attenzione al volto dell’indossatrice, e a non sprecare altro tempo sui ricami del vestito.
E l’occhio di Zoro ubbidì a quell’invito, posandosi estasiato sul roseo viso sorridente di Nami, che rideva divertita dalle svenevoli moine del cuoco, chiudendo a mezza luna gli occhi e lasciando che solo una ciocca dei suoi infiammati capelli, raccolti in uno chignon sulla nuca con due forcelle, le scivolasse a lato del volto per accarezzarglielo.
Ok, erano due le cose: o stava ancora sognando, o la sua buona stella si era messa in azione per realizzare quel suo sogno proibito.
Fatto stava, che la sua mocciosa era lì, sotto i suoi occhi e vestita come sempre l’aveva sognata, e mai Nami gli era apparsa tanto bella ai suoi occhi.
Si, certo, per lui lo era sempre, ma mai quanto quella sera, e, maledizione, Sanji aveva dannatamente ragione ad elogiarla a quel modo.
-Mia diletta!!!! Sembri proprio una principessa!!!!- le si inchinava ora davanti il biondo, prendendole una manina tra le sue e portandosela alle labbra –E se vuoi io, per stasera, poteri essere il tuo prin…-
-Il suo principio di nausea? Allora ci stai riuscendo cuocastro…- saltò sul ponte con forza Zoro, avanzando verso la ciurma e attirando su di se l’attenzione di tutti.
La navigatrice lo fissò avanzare verso di loro, assottigliando lo sguardo verso di lui.
-Oh eccoti Zoro!!!- lo accolse gioioso Rufy, saltellandogli attorno –C’è una festa sull’isola, e abbiamo deciso di andarci… vieni con noi?-
Lo spadaccino ghignò, mettendosi di fronte alla navigatrice, che lo fissava con sorriso sornione e malandrino.
-Una festa…- mormorò il verde, osservando dritta negli occhi la bella rossa.
Quegli occhi lo rapirono nuovamente, come nel suo sogno, mozzandogli il fiato e costringendolo a sorridere con fare ebete, facendogli boccheggiare anche il cuore.
La rossa ridacchiò per il suo occhio languido, avanzando di un esile passo verso di lui. Sbattè sensualmente le ciglia, sorridendogli monella.
-Si… una festa…- lo incalzò -… per l’occasione ho preso anche questo kimono… ti piace?-
Fece una leggera giravolta su se stessa, facendo bella mostra dell’effetto avvolgente e delicato che l’abito le donava, mandando in overdose Sanji, che iniziò a sbavare indecorosamente.
-Uhm… carino…- ghignò Zoro, incrociando le braccia sopra il suo yukata -… ti manca solo una cosa…-
-Cosa?- alzò un sopracciglio sorpresa la rossa, fissandolo curiosa.
Zoro mosse un solo passo, quello giusto per annullare le distanze tra i loro corpi, afferrandola con un braccio per la vita e strattonandosela contro, costringendola a addossarsi al suo petto e impedendole ogni forma di protesta o difesa.
Agile, abbassò il viso contro il suo, posando le labbra su quelle socchiuse per lo stupore di Nami, baciandola passionalmente.
Da lento, il contatto divenne più rapido e ricercato da entrambe le bocche, che si separarono solo per assenza di aria e disturbate dal sbraitare rabbioso di Sanji e delle risatine divertite del resto della ciurma.
-Ti manca un samurai legato a te tramite il Bushido del cuore…- le soffiò sulle labbra lui, ignorando i commenti dei Nakama e facendola arrossire -… e se vuoi io sono libero…-
Nami divenne dello stesso colore dei suoi capelli, abbassando lo sguardo alle sue mani aggrappate con forza estrema allo yukata del verde, che stringeva con bramosa possessione.
-Bhè… visto che non ci sono altri samurai in giro…- borbottò impacciata, sentendosi per la prima volta disarmata dallo sguardo serio e sghignazzate del verde.
Zoro ghignò, accerchiandole la vita con un braccio e incamminandosi dietro a Rufy e Usop giù per la passerella della Sunny, iniziando a passeggiare sul molo, diretti alla festa.
-Ehi, Nami-swan!!!! Anch’io sono libero!!!! Noooo!!!! Mia diletta!!!!- gli rincorse Sanji, ma ahimé il giuramento era ormai stretto e niente e nessuno lo avrebbe mai potuto sciogliere.
Parola di samurai.
 
 


ANGOLO DELL’AUTORE:
Per lo Zonami Day, ma soprattutto per Principessnami, la più creativa delle principesse - michelangeli dello Zonamismo…

Zomi

   
 
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