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Autore: apple92    16/02/2013    2 recensioni
Akane finalmente apre gli occhi sul mistero che da sempre circondava P-chan. Questa rivelazione sarà la chiave di un cambiamento che porterà tre giovani ragazzi ad analizzare sè stessi e ad affrontare le situazione che la giovane età metterà loro dinnanzi; portandoli a fare delle scelte che solo il tempo giudicherà giuste o sbagliate
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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REVELATION

REVELATION

II. Nel fitto bosco dell’anima

 

La pioggia, l’oscurità, il pianto, la tensione di quella sera si erano attaccate alle sue ossa come un cane affamato. Il segreto di Ryoga era stato svelato e con l’anima piena di amarezza lasciava per sempre la residenza Tendo. Quello non era un addio come spesso ce n’erano stati da parte sua: stavolta non avrebbe permesso al cuore di tornare sui suoi passi.

Ranma questo lo aveva capito e non poteva concedergli di sparire così dopo tutto quello che aveva fatto passare a se stesso e ad Akane. La colpa era sua, totalmente sua e ad Akane erano di dovere una spiegazione e le scuse più sincere e pentite. Se lei poi avesse avuto intenzione di perdonarlo o meno non lo riguardava. Lui si era già subìto le lacrime di un disperato padre di famiglia che, vedendo la sua bambina distesa a terra nel fango, non aveva retto al dolore. Ranma, alla ricerca dell’amico-nemico, aveva intanto lasciato una casa nella quale regnava il caos, il solito che lo accompagnava dal maledetto giorno in cui cadde nell’arci-maledetta sorgente a Jusen.

Mentre cercava di ricordare il vero motivo per cui aveva deciso di seguire Ryoga, mosse verso una radura formatasi presso le sponde del fiume che attraversava la foresta dove si trovava. Non era un luogo particolarmente impervio; la vegetazione comprendeva alberi ad alto fusto e il sottobosco era libero da radici, muschi o piante basse. Vi erano vaste zone dove si intravedeva il cielo ed era impossibile smarrirsi in quel giorno soleggiato. Si sciacquò il viso in quello specchio d’acqua che scorreva gelido nella valle tentando di scacciare dalla mente quei tristi ricordi.

Da quando era partito ogni mattina si svegliava di soprassalto a causa di un incubo. Riviveva ogni notte lo sguardo di amarezza e delusione di Akane, i tratti del suo viso induriti da un sentimento che non era odio, ma sconcerto misto a indifferenza e incredulità, l’apatia di quegli occhi dorati che si spegnevano ed infine lei a terra. Debole, inerte come un giunco calpestato. Durante le ore diurne riusciva a tenere a bada il suo subconscio concentrandosi sugli allenamenti e sulla ricerca del eterno disperso. Era convinto che una volta ritrovato il rivale di sempre e dopo averlo in qualche modo riportato ad Akane, non avrebbe più trascorso notti tanto agitate. Sarebbe bastato rivedere le sue guance piene e colorite per fargli dimenticare quei momenti.

Come ormai faceva da una settimana riscaldò la sua colazione e cominciò a mangiarla rimpiangendo gli squisiti manicaretti della futura cognata. Si rimpinzava con la voracità di sempre sapendo che almeno nella tranquillità di quei luoghi nessuno lo avrebbe disturbato; ma aveva parlato troppo presto.

Un’improvvisa esplosione lo aveva fatto saltare dal masso che era diventato la sua sedia rischiando di farlo soffocare con un innocente polpetta di riso; c’era mancato poco che non fosse morto per soffocamento. Altro che i manicaretti di Akane!

Abbandonato il colore blu puffo che aveva assunto per mancanza di ossigenazione riconobbe in quel esplosione lo shishiokodan di Ryoga. E di nuovo a correre, come la notte in cui dovette abbandonare il dojo si affrettò a fare fagotto delle poche cose che aveva portato con sé, per inseguire le folli traiettorie dell’eterno disperso: stavolta non avrebbe perso le sue tracce. Man mano che si avvicinava all’amico si allontanava dal sentiero e sempre più erano gli alberi abbattuti al suolo. Davanti al codinato ora si apriva un nuovo sentiero, sconosciuto a qualsiasi guardia forestale, non segnalato da alcuna mappa, sul quale era il primo a poggiare i passi subito dopo il suo creatore.

Percorse quel intricato sentiero fin quando non poté scorgere in lontananza la figura di Ryoga.

 

“Ehi amico. Fermati!” disse con imperativa arroganza, arrestandosi alcuni metri dietro Ryoga, il quale di tutta risposta non lo degnò di fermarsi. Raggiuntolo e poggiatagli una mano sulla spalla come per farlo voltare, Ranma stava per gridargli contro qualcos’altro ma non fece in tempo che la veloce mano del avversario si trovava già sul suo addome per scagliare un potente attacco a sorpresa. Solitamente, un colpo del leone di tale intensità avrebbe chiesto molto più tempo e concentrazione di quello che Ryoga aveva impiegato. Senza nemmeno potersene rendere conto il codinato si era ritrovato con la schiena conficcata nel fusto di un albero a quasi un ventina di metri di distanza, con almeno un paio di costole incrinate.

Non è da Ryoga colpire così “alle spalle” e con tutta questa forza, pensò il ragazzo con la casacca rossa lacera sul davanti; avrebbe potuto ucciderlo. Ucciderlo? Erano forse queste le sue reali intenzioni? Quelle che gli comandava l’istinto? Ryoga continuò imperterrito il suo cammino senza neppure fermarsi ad accertare le condizioni di quello che fino a pochi giorni prima era stato il suo onesto rivale e al tempo stesso il suo amico più caro, compagno di tante avventure e che ora giaceva intontito in terra.

Tutto ciò che impediva al ragazzo con la bandana di dimenticare Akane veniva eliminato. Purtroppo però l’immagine di quel umiliazione rimaneva indelebile impressa nel suo orgoglio come un coltello nella piaga, una ferita infettata che non può essere curata. Continuava a ripetere il nome di quella ragazza che con le sue gentilezze e i suoi sorrisi lo aveva portato alla perdizione. Gli rimaneva solo la sua determinazione e per salvaguardare quel poco di dignità rimastagli sceglieva la fuga; sembra un controsenso. Nemmeno le provocazioni di Ranma lo avevano riscosso dalla sua catalessi, non aveva voglia di uno scontro leale; lo voleva distruggere. Perché era Lui, era quello che Akane amava, era quello che non sapeva fare tesoro di questo amore e la insultava quotidianamente offendendo il suo spirito femminile.

Aveva due occhiaie da far paura. Chi lo avrebbe mai ospitato in quelle condizioni? Non conosceva neppure la sua meta; tornare alla fattoria di Akari non era nemmeno da considerare; non aveva intenzione di prendersi gioco dei suoi sentimenti. Lui sapeva cosa significava costruirsi castelli in aria, privi di fondamenta, che restano in piedi solo grazie alle illusioni di un sognatore; ma quando le nuvole della fantasia si diradano soffiate via dal vento della realtà, puoi solo accorgerti che le tue mura hanno basi inesistenti e tutto comincia a crollarti addosso, precipitando nel vuoto, schiacciato verso l’oblio.

Voleva molto bene ad Akari ma rimaneva sempre Akane: una ragazza difficile da dimenticare.

Ma a quale scopo tornare? Dove avrebbe ritrovato poi il coraggio di farsi per sempre da parte?! Per sempre, era un’eternità di tempo e non era più sicuro di essere capace di starle lontano così a lungo. Le sue certezze cominciavano a vacillare e proprio in quel momento Ranma riuscì a colpirlo; non con un pugno, non era tanto vigliacco da attaccare il nemico mentre era assorto nelle proprie congetture, ma con le parole.

“Sai bene che il tuo senso dell’orientamento prima o poi ti riporterà da lei. Non credo tu riesca a vivere sapendo che la tua amata Akane ti odi. Mettiamo le carte in tavola; ti sfido! Se vincerai allora potrai sparire per sempre, se è questo che desideri; ma non ti dovrai far più vedere. Altrimenti, tornerai insieme a me dai Tendo e chiariremo una volta per tutte questa situazione. Ti assicuro sarà così.”

Sapeva bene di rischiare la vita, aveva già il fiatone. Era rimasto allibito da come un solo colpo lo avesse ridotto uno straccio e sapeva che la depressione di un cuore infranto avrebbe potuto dar vita a colpi ben peggiori.

Ryoga si voltò con un sorrisetto maligno: finalmente avrebbe avuto la tanto agonista vendetta; su tutti i fronti.

 

Akane aprì gli occhi lentamente, era tutto così offuscato, sbatté alcune volte le palpebre, aveva la vista ancora annebbiata, ma capì subito di trovarsi nella sua stanza. Si sentiva sudata, anzi proprio bagnata, ancora fradicia dal temporale di quella notte. Si alzò in piedi, era sola, cercò con lo sguardo P-chan senza trovarlo, si accostò alla finestra e scrutò il cielo. Misterioso manto stellato, perfetta cornice a quella luna. Il temporale? Un ricordo o un sogno? Si convinse di aver vissuto solo un terribile incubo, per fortuna irreale. Scosse la testa e sorrise. Controllò la sveglia e tornò a dormire.

   
 
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