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Autore: Usagi    17/02/2013    1 recensioni
Seguito de "Il Richiamo della Terra". Per Hitomi è l'inizio di una nuova vita insieme all'uomo che ama, tuttavia tra responsabilità e una Gaea da ricostruire, il suo destino si intreccerà ancora una volta con quello dell'antico popolo di Atlantide. « E' giunto il momento di sperimentare le potenzialità della Macchina di Atlantide. » Storia revisionata al 05/2017 e attualmente in prosecuzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merle, Millerna Aston, Nuovo personaggio, Van Fanel
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Cieli di Gaea '
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The Vision of Escaflowne

«L’Ultimo Paradiso»

3
Stasi
« La nostra Vita era destinata a Finire.»



Van era pronto ad attaccare, a fermarlo era solo l’interesse a spillare quante più informazioni possibili da quella creatura che sembrava parlare con una sicurezza che non avrebbe dovuto possedere.
« Che cosa stai dicendo!? » ripeté lui, certo d’ aver udite le altrui parole ma non altrettanto di averne compreso il significato.
« Che quella donna è la chiave di volta per il ritorno dei discendenti dei nuovi abitanti della Valle dell’Illusione! »
Van non se ne accorse ma udì chiaramente uno spostamento d’aria. In un attimo lo sguardo dell’uomo camaleonte era vicinissimo a lui e l’istante successivo era stato spinto a terra ad oltre un metro di distanza. Un tonfo sordo e un dolore acuto all’altezza della schiena gli diedero senso a quello che era appena accaduto.
I sensi alimentati dall’adrenalina lo spinsero ad alzarsi il più velocemente possibile consapevole del pericolo che in quel momento Hitomi stava correndo. Fu in quel momento che la vide. Entrambe le mani dell’uomo-camaleonte stringevano le spalle di Hitomi il cui sguardo velato dal terrore, sembrava focalizzato sul viso dell’assalitore. Si accorse solo mentre stava attaccando – con la spada sguainata – che il contatto visivo fra i due era cessato. Avvenne tutto troppo velocemente.
Hitomi lanciò un urlo con occhi spalancati e il viso contratto in un’espressione che suscitò sgomento persino nell’uomo-illusore che, evitando scaltramente la lama recante il sigillo di Fanelia, si allontanò di un paio di metri, avvicinandosi alla finestra.
Van avrebbe voluto inseguirlo se Hitomi non fosse crollata a terra, sulle ginocchia, tremante. L’urlo di lei era stato abbastanza forte da mettere in allerta gli uomini che dovevano essere di sorveglianza in quel momento, in meno di un attimo furono lì.
« Inseguitelo! È uscito dalla finestra! »
Gli uomini, disorientati per un momento, ubbidirono immediatamente, correndo verso i corridoi mentre Van cingeva fra le braccia Hitomi che, tremante, continuava a tenersi la testa.
« Hitomi..! Hitomi che ti succede?! » cercando di sollevarle il viso, vide che gli occhi erano velati di lacrime ed i tremori sempre più forti.
« Io.. li ho visti. Li ho visti morire tutti! » esclamò, con voce rotta.
Van cercò di sorreggerla e di sollevarla ma ne sentì immediatamente la pelle rovente.
« Il fuoco.. lo sento anche io! »
« Hitomi! Era solo un’illusione! » la sollevò in piedi e per un istante credette che sarebbe riuscita a sorreggersi, quando istintivamente finì verso di lui, Van l’abbracciò contro di se, avvertendo il tremito innaturale del suo corpo.
« Fa caldo.. troppo..cal.. »
Van sentì il corpo di Hitomi irrigidirsi e farsi pesante. La chiamò ancora una volta, accorgendosi che aveva perso i sensi e che la sua fronte scottava.
« Ha la febbre alta.. » mormorò, sorpreso ed ancora atterrito. L’appoggiò sul letto, coprendola.
Il torpore del sonno sembrava averla fatta calmare, tuttavia Van si chiese cosa avesse mai potuto vedere di così sconvolgente da farla sentire così male.
Sedendosi sul letto, accanto a lei, le prese una mano osservando il suo viso febbricitante. Aveva ancora delle lacrime impigliate lungo le ciglia ed una, era sfuggita a quella fitta trama per scivolare lungo le tempie. Le guance le si erano arrossate. Van strinse il pugno della mano libera che non stringeva quella di Hitomi; non era riuscita proteggerla. Quell’uomo-camaleonte possedeva una velocità non indifferente, non l’aveva quasi visto quando si era spostato da un luogo all’altro dalla stanza. Ora non c’era tempo per pensare a quello.
Si sollevò in piedi e mosse un paio di passi, aprì la porta ma non l’attraversò.
Chiamò un inserviente ordinando che portasse immediatamente un catino con dell’acqua fresca ed un panno.
L’avrebbe fatto lui stesso ma non aveva intenzione di lasciarla neanche per un minuto, dopo il terrore che aveva scorto nei suoi occhi.
La valle dell’illusione era in fiamme e lei in mezzo a quell’inferno  non sapeva dove fuggire.
Hitomi non capiva come un ricordo o un’illusione potesse farle provare il fuoco sulla pelle e il dolore lancinante al petto a causa del fumo e dallo sforzo di fuggire. Indossava le vesti che era solita portare a Fanelia, era la prima volta che questo avveniva nei suoi sogni. Si era rifugiata dentro una grande casa, che aveva più le dimensioni di un tempio, probabilmente lo spazio non era un problema per gli atlantidesi vista la prosperità degli arazzi in fiamme e i mosaici sui pavimenti. Hitomi era allibita e spaventata, le fiamme erano dovunque.
« Van! Dove sei?! » chiamò, ad alta voce, mentre le fiamme facevano crollare una trave proprio sopra di lei. Se ne accorse in tempo e si scansò, correndo verso l’interno dell’enorme edificio in pietra candida. Il senso del pericolo appena trascorso le arrivò allo stomaco, il terrore si tramutò in desiderio di restare in vita.
Tutto questo non poteva accadere, non poteva succedere davvero.
Trovò quella che doveva essere un’uscita laterale, seguì il breve corridoio, finendo poi per giungere ad un giardino la cui bellezza doveva essere notevole ma che adesso era ridotto ad un cumulo di erbacce bruciate e di alberi le cui chiome andavano ancora in fiamme.
Perché sta accadendo tutto questo?  Nella sua mente, continuava a ripetersi quella voce a cui non sapeva rivolgere risposta. Nella frenesia della corsa, una radice sporgente la fece cadere in avanti, finendo fra le fiamme vicine. Sentendo il corpo andare a fuoco, insieme alle sue vesti, Hitomi urlò, cercando di sollevarsi in piedi. Il dolore delle scottature lambì per prima le braccia scoperte e poi s’insinuò fra le pieghe bruciacchiate della veste, minacciando di raggiungere le gambe.
Tentò con le mani di placare il principio di incendio nella sua veste, rendendosi conto che era in trappola nel momento stesso in cui la porta da cui era entrata era crollata sotto il peso dei soffitti. Il calcinaccio si riversò tutto nel giardino e nuvole bianche di polvere sollevata si unirono a quelle scure delle fiamme.
Doveva trovare una via d’uscita da quel giardino o non avrebbe avuto scampo.
I suoi occhi si volsero verso un albero, che sembrava esser stato momentaneamente risparmiato dal calore e dalle fiamme. Correndo oltrepassò cespugli bruciacchianti e sassi bollenti arrivando poi ad abbracciare il tronco. Notando che i rami più in alto sembravano comunicare con il muro bianco decise di provare la sua unica possibilità. Si arrampicò facendo appello a tutti i muscoli delle braccia – che non erano così allenati come quelli delle gambe – di sorreggerla e concederle la risalita. L’adrenalina sembrò esserle d’aiuto poiché si mosse più agilmente di quando in condizioni normali sarebbe stata in grado di fare. Adocchiando il muro poco più in la, si mise carponi, tenendosi con entrambe le braccia lungo tutto il ramo cercando di muoversi quanto più velocemente verso l’ostacolo che doveva aggirare.
Il muro bianco era abbastanza largo da concederle di stare in piedi senza eccessivo pericolo, perciò, tentò con un balzo e le due mani riuscirono ad appigliarsi per un soffio. Quindi facendo leva con le braccia, usò tutta la sua forza per sollevare il proprio corpo mettendosi quindi in una posizione tale da poter vedere cosa v’era oltre lo stesso.
Con suo sgomento, ciò che l’attendeva oltre il muro erano proprio le fiamme. Immobilizzata dalla paura incominciò a tremare, sempre più forte. Socchiuse gli occhi, mentre il tremore non si fermava. Riaprendoli si accorse con sgomento che non era lei a tremare, ma tutta la terra, ed il muro sembrava vacillare pietosamente verso le fiamme.
« Qualcuno mi aiuti! » esclamò, mettendosi inginocchiata, temendo di perdere l’equilibrio. Il terremoto non cessava e comprese che la sua fine stava arrivando nel momento in cui sentì il muro sgretolarsi sotto il suo peso.
Chiuse gli occhi, incapace di vedere la sua stessa fine, mentre il calore delle fiamme le invadeva il corpo.

La freschezza partì dalla fronte fino a raggiungere il collo e le spalle, vincendo il calore e attenuando la pesantezza che sentiva nel petto.
Riaprì gli occhi, trovandosi davanti Van ed una candela accesa accanto a lui. Il panno che le poggiò sulla fronte e poi lungo il collo, tamponando lievemente la fecero sentire meglio e al contempo le fecero capire da dove provenisse quella frescura.
« Hitomi.. come ti senti? » domandò lui, sussurrando per poi chinarsi e sfiorarle la fronte con un bacio.
Hitomi socchiuse appena le palpebre, sospirando pesantemente, il fumo nei suoi polmoni sparito come la sua illusione.
« Me lo ha mostrato.. ho visto e sentito le fiamme che avvolgevano la Valle dell’Illusione.. » solo dopo aver parlato si rese amaramente conto di non essere per niente di aiuto in quella situazione. Tentò di alzarsi per mettersi seduta trovando un Van che ignorava il panno umido sul catino e le cingeva le spalle con le braccia.
« Hitomi.. hai urlato e mentre eri svenuta deliravi. Stai giù. »  la ammonì con tono preoccupato.
Hitomi prese un respiro profondo, affondando con il capo sul cuscino, riflettendo su ciò che aveva visto.
Van le prese la mano, stringendola.
« Temo che il palazzo non sia un luogo sicuro, si muoveva troppo velocemente. »
Hitomi udì nella voce del Re di Fanelia una sorta di rimprovero, si stava logorando per non essere riuscito a fare niente.
« Se solo avesse voluto, avrebbe potuto ucciderci, non eravamo abbastanza preparati.. »
Hitomi scosse il capo e lo guardò « Non voleva farci del male, voleva che.. capissi. »
Van si fece più curioso.
« Che cosa intendi?
 « Quello che ho detto. Che non voleva farmi del male, voleva semplicemente che acconsentissi a quello che diceva, che comprendessi le sue più intime ragioni. »
Van restò in silenzio, in attesa che Hitomi concludesse, la frase era inevitabilmente rimasta in sospeso. Hitomi intuì e si voltò di lato.
« Voleva che mi unissi per l’obiettivo del suo mandante: ricreare la razza degli uomini-draghi divini. »
« Che cosa?! » la frase, risuonò con disgusto per le pareti della stanza, Hitomi arrossì lievemente: non avevano mai parlato di argomenti del genere, ed anche se adesso era in ballo la sua vita e – inevitabilmente – quella di lui, non avrebbe dovuto mostrarsi così imbarazzata.
« Non lo diceva espressamente, ma è quello che sono riuscita a cogliere dagli ultimi eventi. » poi si interruppe, sollevando appena il capo, come se fosse stata richiamata da un suono esterno, socchiuse appena gli occhi.
« Si sta alzando il vento.. » una constatazione detta con voce sicura e tranquilla.
« I tuoi poteri si stanno amplificando o è una mia impressione? »
Hitomi annuì lievemente. « Sembra di si e sento che sia strettamente condizionato dal tempo che trascorro su Gaea. Fino a qualche giorno fa non ero in grado di sentire il vento. Adesso è come.. » s’interruppe ancora una volta, incapace di continuare. Van sorrise e le mise una mano sulla spalla.
« Non preoccuparti. Lo so, deve essere meraviglioso. E deve essere una cosa positiva. Lo spirito di Gaea è dentro di te. »
Hitomi sorrise a sua volta, « Non preoccuparti. Riusciremo ad arginare anche questa minaccia. »
« Non ti lascerò sola questa notte. » Van si sollevò e fece per mettersi accanto a lei, il letto era abbastanza grande da poter ospitare due persone.
Hitomi arrossì e fece per sollevarsi. « Cosa..? » l’imbarazzo le rese la voce più acuta del solito, il rossore che imporporava le guance.
« Hai la febbre, non posso lasciarti dopo quello che è successo. »
Ma Hitomi non voleva che lo facesse.
Van si accomodò accanto a lei, sopra le coperte, quindi l’avvicinò, facendole poggiare la testa sul suo petto.
Hitomi sospirò pesantemente, appoggiandosi con la fronte contro di lui, adesso si sentiva molto meglio.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, esprimergli un ringraziamento, lodare qualsiasi divinità che le aveva concesso di incontrarlo e di innamorarsene, ma la stanchezza e la sonnolenza la colsero ben presto, troppo. Cercò le sue mani e le strinse, in un gesto che avrebbe voluto mai porvi fine.
Il mattino seguente però, Van non era più accanto a lei, nonostante il suo profumo le fosse rimasto fra le coltri, o forse – rammentò – era perché si trovava lei nella sua stanza e quello era il suo letto. Se non avesse potuto trovarlo all’interno di quello stesso palazzo si sarebbe sentita certamente sola.
Hitomi si voltò, girandosi contro la finestra.
Sbuffando, si chiese che cosa non andasse in lei. Si mise una mano sulla fronte, per constatare che era fresca, la febbre era sparita, la temperatura nuovamente normale. Quanto tempo aveva dormito? Si stiracchiò lievemente, togliendo poi le coperte da sopra il suo corpo.
Tutta quell’immobilità non le piaceva. Non era mai stata un tipo fragile e non aveva mai amato le preoccupazioni che le altre persone potevano riservarle. La sensazione di star lasciando qualcosa di importante da parte, un lembo della sua vita, qualcosa che le appartenesse nel suo intimo più profondo. Sollevandosi in piedi la veste le ricadde lungo le gambe, nascondendole fino alla caviglia. Fino a qualche tempo prima, non faceva altro che indossare la sua divisa, ma adesso si era sgualcita in più punti ed era stato inevitabile riporla, a rammentare tempi per certi versi migliori.
Fuori, la giornata si era rivelata ventosa, così come aveva potuto constatare la sera precedente.
Anche il poter percepire i cambiamenti climatici non la esaltava più di tanto, era indubbiamente qualcosa di positivo – come le aveva detto Van – eppure c’era qualcosa che non tornava, era come se sentiva di star dimenticando qualcosa e doveva essere di estrema importanza, visto il turbamento che le causava.
Improvvisamente qualcosa le attraversò la mente e gli occhi di Hitomi si illuminarono e le labbra s’incurvarono in un sorriso.
Aveva finalmente trovato quello che le serviva per risollevarsi il morale.
E no, le cameriere non l’avrebbero trattenuta, questa volta.
Van aveva appena finito di raccontare gli eventi accaduti la sera precedente ad un interessato Dryden, che era rimasto pensieroso ed attento nell’ascolto per tutto il tempo.
« Non è da sottovalutare, Re di Fanelia » commentò, poco dopo, sollevando il capo.
Van restò in silenzio, lasciandolo continuare.
« Di fatto, ogni attentato ad Hitomi, è un attacco ad ogni regno di Gaea. I cittadini di Fanelia la considerano la cosa più vicina ad una divinità e la sua fama si è estesa anche oltre queste montagne. »
Van annuì, grave. « Questo lo so bene, ma come facciamo? Gaea è stata appena ricostruita, abbiamo bisogno di stabilità, non posso richiamare i miei uomini alla guerra proprio adesso. »
« E chi ha parlato di guerra? » sorrise malizioso il reggente di Asturia, Van l’osservò incuriosito.
« Mi riferisco al fatto che non è necessario – per il momento. Sebbene tu abbia detto che l’uomo-illusore ha cercato di portar via Hitomi, non è stato ancora mobilitato nessun esercito. »
Van sollevò il pugno. « Ma non capisci? Ha detto che agisce per conto di qualcuno, qualcuno che vuole ricreare la razza degli uomini-draghi divini! Hitomi ha avuto delle visioni..! »
Dryden lo fermò con una mano. « Hai detto che i poteri di Hitomi sono cresciuti negli ultimi tempi, non può essere che sia dovuto a questo? Se dopotutto lo spirito di Gaea giace dentro di lei, potrebbe aver accesso anche alle memorie riguardanti il popolo di Atlantide. »
Van tacque in un primo momento, poi sollevò le spalle.  « Sinceramente, non lo so. Lei sembrava così sicura di quello che percepiva: il calore che diceva di sentire le ha fatto alzare la febbre.. ha delirato! Qualsiasi cosa sia in grado di poterle far accadere una cosa del genere non può essere sottovalutata! » Van strinse i pugni. « Ed io non voglio che le accada qualcos’altro di male, ha già sofferto abbastanza a causa di una terra che non le appartiene neanche per diritto di nascita. »
Dryden restò in silenzio, osservando il Re di Fanelia crucciarsi. Per quanto odiasse ammetterlo, la situazione era pressoché impossibile da mutare. A meno che gli eventi accaduti a Fanelia avessero una qualche attinenza con il regno di Basram, non era possibile prevedere eventuali mosse in vista di successivi attacchi.
« Non possiamo fare altro che attendere e proteggere Hitomi. » sancì infine Dryden, sostenendosi il mento con la mano destra. « A proposito, dove si trova adesso? »
« Riposava ancora qualche ora fa, non sembrava avesse più febbre. »
« Questa è una buona notizia, si riprende in fretta! » commentò, sorridendo.
Proprio in quel momento una donna di mezza età entrò all’interno della sala.
« Vostra Maestà perdonatemi! » asserì trafelata, inchinandosi velocemente.
Van si sollevò in piedi. « Che cosa succede? » aveva riconosciuto la donna, era una delle inservienti incaricate di occuparsi di Hitomi.
« La Principessa.. la Principessa Hitomi è uscita dalla sua stanza! Le avevo detto di non farlo ma ha indossato quegli strani indumenti e ha cominciato a correre più lesta del vento! »
Van e Dryden si voltarono giusto in tempo verso la finestra. Quindi il reggente di Asturia incominciò a ridere di gusto, portandosi una mano alla testa come a sorreggersi la fronte.
Fuori Hitomi correva su per una collina, indossando i pantaloncini e la giacca della tuta.
« Mi dispiace, mi dispiace immensamente! » ripeté la donna, mortificata.
Van scosse il capo e sorrise allegro.
« Non preoccupatevi, non è colpa vostra. »
Quindi si voltò verso Dryden:  « Stavo appunto per dirti che proteggere Hitomi, può rivelarsi davvero impegnativo. »
 
Finalmente aveva trovato qualcosa che le aveva dato nuovamente la gioia di essere viva. Correre non le era mai sembrata un’esperienza più emozionante come adesso. Sentiva la terra sotto i piedi e la spinta delle sue gambe darle nuovo vigore, nuova forza.
Non era stato difficile scappare nel momento in cui le donne che dovevano occuparsi di lei stavano cominciando a diventare più ossessive di quel che ricordava.
Dicevano che doveva sentirsi debole, che dopo una notte passata con un febbrone come quello avrebbe dovuto solo riposarsi, eppure Hitomi sentiva di stare meglio ad ogni falcata.
L’aria che le sferzava il viso e le scompigliava i capelli sembrava un toccasana, l’umore di Hitomi era alle stelle. Era passato tanto tempo, troppo, da quando non si era sentita così viva. Certo, stare con Van riusciva a darle meravigliose emozioni ogni volta, ma questo.. era tutta un’altra cosa.
Ciò che la rendeva così viva era sentire la terra sotto di se. Non aveva mai provato una sensazione così intima e gioiosa che le partiva dalla pianta del piede fino a raggiungere la testa. Sentiva che questo era dovuto allo spirito di Gaea dentro di sé, non poteva essere altrimenti. Era tutto così..
« Hitomi! »
La voce familiare di Van la fece sobbalzare ed interrompere i propri passi, quasi rischiò d’inciampare sui suoi stessi piedi; portando le mani in avanti andò ad appoggiarsi contro un albero, evitando il peggio.
«Van! Cosa ci fai qui? » domandò, assalita dal fiatone.
« Veramente potrei chiederti la stessa cosa. Fino a ieri stavi male.. »
« Eh no! Non ti ci mettere anche tu! »
Van restò un attimo interdetto ed Hitomi capì di aver esagerato.
« Scusa, è che tutti mi dicono la stessa cosa » cercò di rimediare, ma non riuscì ad alzare lo sguardo.
« Sei sicura di sentirti bene? » domandò lui, con tono tranquillo. Hitomi sollevò lo sguardo notando la serenità nel suo volto. « In effetti oggi hai un colorito migliore. » asserì sfiorandole la guancia arrossita per lo sforzo. Hitomi annuì. « Non mi sono mai sentita meglio! » rispose lei, con tono sicuro.
« Bene, però non stancarti troppo siamo intesi? » chiese lui, la sua dolce preoccupazione scaldò l’animo di Hitomi.
« Certo che corri proprio veloce, Signorina! »
La voce del reggente di Asturia attirò l’attenzione di Hitomi, concentrandola oltre le spalle di Van, mentre un affaticato Dryden li raggiungeva con passo pesante.
« Signor Dryden?! » esclamò, regolarizzando il suo respiro.
« Corri più veloce degli arcieri di Asturia! » commentò divertito, chinandosi per afferrare le gambe, ancora con il fiatone.
Hitomi rise lievemente, seguita da Van. Avrebbe voluto che ci fossero anche Allen e Millerna, ma presto sarebbero stati tutti lì, si disse. Ciò che come una minaccia oscura si stagliava nell’ombra di segreti dimenticati da troppo tempo, sembravano solo lontani pensieri nella sua testa. Sarebbe andato tutto bene, avevano combattuto molto e le perdite subìte erano state ingenti su tutti i fronti. Presto, si sarebbe avviato un periodo di pace e armonia, lì su Gaea.
Gaea, il pianeta che aveva condiviso con lei parte della sua vita, il cui spirito conviveva con la sua anima e che riusciva a comunicare con lei attraverso sensazione di affinità con ciò che faceva parte di quel mondo.
La veste candida che indossava aveva assunto i colori del sangue e una mano le stringeva il braccio, tirandola verso qualcuno che l’aveva afferrata per la vita. I suoi occhi erano velati dalla stanchezza e dalle lacrime versate, sentiva che non avrebbe resistito molto.
« Mia.. sei mia..»
Hitomi si ritrovò nuovamente sulla sommità della collina, insieme a Van che ancora sorrideva e Dryden che si era appena risollevato e aveva ripreso fiato.
Cosa.. cosa era successo? Si chiese, mentre sfiorava i capelli, umidi di sudore sulla sommità della propria testa. Era stata una visione? O forse il ricordo di un sogno? Era lei la ragazza vestita di bianco? E soprattutto, di chi era quella voce?
Si riscosse prima che Van o Dryden potessero accorgersi del suo stato.
« Beh allora.. io continuo! Ci vediamo dopo! » esclamò, ritrovando il sorriso più convincente che conosceva e dopo qualche attimo, era scattata in avanti proseguendo la corsa.

« Sembra possedere energie da vendere, quella ragazza » concluse Dryden, vedendola allontanarsi di tutta fretta, Van annuì subito dopo, concorde.
« Potrebbe essere uno dei tanti poteri che lo spirito di Gaea le ha conferito » proseguì lui, volgendosi a guardare il Re di Fanelia che sorridendo, scosse appena il capo.
« No, quell’energia l’ha sempre posseduta sin da quando è arrivata qui. »
Dryden sorrise compiaciuto mentre ritornando sui suoi passi incominciò a discendere la collinetta, l’atmosfera più serena.
« Allora il grande giorno sta arrivando, presto tutta Fanelia sarà in festa. »
« Si, fra qualche settimana cominceranno ad arrivare gli ospiti più importanti. Ho invitato anche i reali di Basram. »
Dryden restò sorpreso, ma solo per qualche istante, prima di assumere un’aria convinta.
« Saggia mossa politica, Van Fanel. In questo modo non potranno sottrarsi al dialogo durante il banchetto. »
« A meno che decidano di non venire. » commentò Van, sarcastico.
« Oh, non credo proprio, sono tutti molto interessati di conoscere Hitomi, a quanto pare. Per settimane non si è parlato d’altro ad Asturia. »
« In vero, le genti di Fanelia erano convinte che Hitomi fosse divenuta una sorta di divinità, lei stessa ha dovuto smentire la voce. »
Dryden restò un attimo in silenzio, momentaneamente assorto.
« Il fatto è che, ispira rispetto e una naturale autorevolezza. Te ne sei accorto? » domandò quindi, incrociando nuovamente lo sguardo del Re.
Van annuì, divenuto serio. « Sì, è come se quando ci fosse lei, tutti fossimo oscurati dalla sua persona. Non in senso negativo, ovviamente. È come se brillasse, in un certo senso. » 
« È una fortuna che sia una ragazza sveglia e giudiziosa, sarà un’ottima regina per Fanelia. »
« Mia madre era ben voluta, ma non amata. La sua discendenza – la mia discendenza – spaventavano i nostri sudditi. Quando mio padre la scelse come sua sposa, incontrò molte difficoltà al consiglio che gli si opposero con tutte le loro sciocche motivazioni, in realtà lui non gli diede molta importanza. Ma con Hitomi sarà diverso, lei ha già il rispetto e l’amore di Fanelia dalla sua parte e il suo carattere non potrà che fare del bene al futuro del Regno. »
« Hai dimenticato che Fanelia ha anche un Re? Sin da quando c’incontrammo ricordo che il tuo unico scopo era di vendicare il tuo regno. Non avevo mai visto una tale devozione. »
« All’epoca ero ancora accecato dall’odio e dal rancore, se non avessi incontrato Hitomi, probabilmente sarei morto la prima volta che Zaibach mi catturò. »
« Anche tu hai fatto tanto per lei. »
« Si ma lei è riuscita a tirare fuori il meglio di me, e credo che l’abbia fatto con molti. »
Dryden restò in silenzio, facendo un rapido calcolo, ne dedusse che Van Fanel aveva ragione.

Aveva continuato a correre per un’altra mezzora buona, senza fermarsi.
Inutile dire che benché le sue gambe stessero cedendo dallo sforzo, la soddisfazione che provava era notevole. Erano settimane che non correva e lo sforzo causato dalla mancanza di allenamento si faceva sentire. Probabilmente il giorno dopo avrebbe avuto qualche dolore muscolare ma non era quella la sua preoccupazione.
Durante la corsa aveva potuto riflettere lucidamente su quello che era successo. Quello che l’uomo camaleonte le aveva fatto vedere non era un futuro certo o forse era il passato. Ciò che in quel momento la spaventava davvero era l’obiettivo che le aveva comunicato. Volevano lei, perché proveniva dalla Terra e perché lo spirito di Gaea si era unito alla sua anima. Lei non si sentiva cambiata, esteriormente le erano cresciuti un po’ i capelli, ma avrebbe ovviato a quel fastidio molto presto. Internamente però, era diventata molto più ricettiva all’esterno, sapeva quando il tempo subiva un cambiamento e il suo istinto le diceva che presto avrebbe sviluppato la medesima affinità con gli alberi e gli animali. Benché questo fosse di per sé meraviglioso, non era proprio quello a cui aspirava. Sulla Terra, coloro che la conoscevano erano allo stesso tempo curiosi e timorosi nei suoi riguardi solo perché era in grado di leggere i tarocchi – come se fosse una cosa tanto difficile. Su Gaea invece, era trattata con rispetto che rasentava quasi l’adorazione, soprattutto per gli abitanti di Fanelia. L’avevano appellata “Gaea”,  l’avevano identificata con lo Spirito del pianeta. Fortunatamente, le cose erano un po’ diverse. Lei poteva percepire Gaea e venirne influenzata, non viceversa. In lei, restavano le qualità di un normale essere umano, sarebbe cresciuta e sarebbe morta a suo tempo e lo spirito di Gaea avrebbe donato i suoi influssi a qualcun altro.. Qualcun altro?!
Hitomi deglutì, rabbrividendo.
Ritornata nella sua stanza, fece riempire la vasca. Abituata a farsi il bagno in solitudine, imbarazzata dalle donne che volevano aiutarla, aveva potuto riflettere su quel concetto che inizialmente le era parso tanto strano quanto il più ovvio.
Fondamentalmente tornava tutto. Anche il vero motivo per cui volevano lei, proprio lei.
Avrebbe dovuto parlarne con Van, si disse. Anche se era solo una supposizione, era certamente quella più ovvia. Tutto combaciava alla perfezione.
Chiuse gli occhi, lasciandosi andare al rilassamento causato dall’acqua calda e dai balsami profumati che erano stati disciolti in essa. Sarebbe andato tutto bene, si disse. La sua felicità era ad un passo, come ogni volta che una nuova difficoltà si era ripresentata. Questa volta non sarebbe stata inutile come le altre volte.
Come vecchi amici e compagni di avventure, Dryden, Van ed Hitomi mangiarono chiacchierando allegramente, rievocando il viaggio che li aveva portati nella Valle dell’Illusione.
Dopo pranzo, Dryden annunciò che la sua flotta era pronta a salpare, quindi, sarebbe ripartito da lì a qualche ora.
« Se avrete bisogno di uomini da aggiungere alle vostre truppe per la salvaguardia del castello e di Hitomi, sarò felice di mandarti i miei soldati migliori. » disse, accomiatandosi, nel grande spiazzo che ospitava la fortezza volante che brulicava degli ultimi preparativi.
« Ti ringrazio Dryden, terremo conto della tua offerta se ci sarà bisogno! » sancì Van, con un sorriso lieve.
« Non dimentichi di salutarmi Millerna! » ribadì Hitomi, mentre stringeva le mani dell’uomo con affetto.
« Stanne pur certa che insieme ai tuoi saluti sarò costretto anche a sorbirmi tutte le sue domande riguardanti il matrimonio! »
Hitomi ridacchiò, pensando a quanto fosse tipicamente femminile una richiesta come questa.
« Mi raccomando, abbiate cura di voi! » salutò infine, con un inequivocabile cenno della mano, poco prima che il portellone venisse chiuso e la flotta si sollevasse da terra.
« A proposito! » incominciò Van, guardandola con uno sguardo indecifrabile.
Hitomi si volse, osservandolo perplessa.
« Quando mi farai vedere il tuo vestito? »
Hitomi avvampò quindi scosse il capo. « Il giorno del Matrimonio! »
« Sono curioso, perché vuoi farmi aspettare così tanto?! » ribadì il ragazzo, afferrandola per la vita con l’intenzione di sollevarla.
Hitomi non si oppose ma mantenne l’aria di chi la sapeva lunga. « Sulla Terra è una tradizione che mi ha sempre affascinato, quindi faremo così! O vuoi forse che dica a Millerna di occuparsi anche del tuo di vestito? »
Una luce attraversò gli occhi di Van « No no! Le insegne reali andranno bene per me: anche quella è tradizione del Regno di Fanelia! » Quindi le fece compiere una breve giravolta che suscitò le sue risa, quindi, poggiandola a terra, le diede un bacio leggero a fior di labbra.
« Verrò a spiare! » concluse lui, divertito.
« Eh no! Lo sai che porta sfortuna! » ribatté lei.
« Proprio tu dici queste cose? »
Hitomi sembrò pensarci su, poi gli diede un altro bacio.
« Facciamo che non spii perché te lo sto chiedendo io, d’accordo? » e gli rivolse uno dei suoi sguardi più teneri ed irresistibili che fosse in grado di fare.
Van si costrinse a girarsi di lato, fingendosi invulnerabile.
« D’accordo? » ripeté lei, muovendo la testa per cercarne lo sguardo.
Van sembrò resistere per qualche secondo di troppo, quindi abbassò il capo e le sorrise.
« Promesso! Ma non guardarmi così!! »
Hitomi lasciò le sue braccia con non curanza, ridacchiando.
Van le vide quella luce negli occhi che gli riscaldava il cuore e seppe che non aveva bisogno di nient’altro per essere davvero felice.

Erano passati già dieci giorni da quando Dryden era venuto a far loro visita ed insieme alla sua flotta mercantile anche l’uomo-camaleonte si teneva lontano dal Castello.
Nel regno di Fanelia si erano aperte le ricerche con scarsi risultati.
Di tanto in tanto qualche suddito riferiva che aveva visto un uomo-camaleonte nel bosco e allora si avviava lo stato di allerta, tutto al solo scopo di proteggere la Principessa Hitomi, che sarebbe diventata a meno di tre settimane, la nuova meravigliosa Regina di Fanelia.
Una principessa impegnata nell’organizzazione del proprio matrimonio.
Se non ci fosse stata Millerna, probabilmente sarebbe collassata nel giro di qualche giorno.
Per Hitomi fu una vera e propria manna dal cielo. Era arrivata tre giorni prima, carica di bellissimi vestiti e di gioielli preziosi, aveva portato un’aria di novità non indifferente.
Il matrimonio della reggente di Asturia si era svolto non troppo tempo addietro e questo la rendeva ancora pienamente consapevole di tutte le incombenze che erano necessarie per uno svolgimento perfetto dello stesso.
Hitomi vide l’impegno profuso dalla donna e pensò che probabilmente, tale dedizione derivava dal fatto che non solo il suo matrimonio le era stato imposto, ma che non era comunque finito bene, a causa dell’attacco di Zaibach che aveva interrotto la cerimonia sul più bello.
« Che ne pensi di questo? » domandò Millerna, mostrandole un disegno di un abito bianco, con rifiniture dorate e un meraviglioso arabesco che risaliva da un lembo del vestito e s’inoltrava per il corpetto.
Hitomi l’osservò, sfiorando la veste. « Il tessuto di cui mi hai parlato mi piace, è abbastanza leggero, ma.. il vestito è troppo.. elaborato. »
Non era di certo uno dei modelli che aveva visto sulla Terra. Anzi, fogge simili le ricordavano il periodo Edo occidentale, il Medioevo. Sorrise, pensando che in fondo, anche Asturia assomigliava ad una città di cui aveva tanto sentito parlare in Europa. Gaea e la Terra non erano così diverse, si disse.
« Potremmo fermarci un momento? » domandò Hitomi, quando le fece vedere l’ennesimo schizzo.
« Hitomi che ti succede? » ribatté la donna. « Mancano meno di tre settimane e le sarte stanno fremendo, non possono cucire tutto in una sola notte. Oggi devi scegliere per forza, altrimenti non ci sarà più tempo! »
Hitomi annuì, benché fosse davvero sfinita. Erano giorni che non riusciva a scambiare una sola parola con Van e, nonostante fosse felice che presto l’avrebbe sposato, non poteva comunicargli la sua gioia, non poteva raccontargli di quanto era stancante organizzare la musica, il menù, i fiori e tutto il resto; anche lui aveva degli impegni, che si sommavano a quelli quotidiani dell’amministrazione del regno, il che significava che avevano pochissimo tempo per vedersi e certe volte entrambi erano così stanchi che non si vedevano nemmeno per cenare.
« Hitomi, cosa c’è che non va? » domandò infine la donna, posando il blocco degli disegni che le erano stati dati.
Hitomi sollevò lo sguardo e scrollò le spalle, il vestito che indossava represse un altro respiro profondo. « Sono solo un po’stanca, è tutto il giorno che non ci fermiamo un momento. »
Millerna sorrise, « Vedi il lato positivo, oramai ci mancano pochissime cose da decidere. I fiori sono stati commissionati, gli alloggi per gli ospiti sono stati approntati, il castello fra una settimana comincerà ad essere agghindato, manca solo che una certa sposa scelga il suo abito e abbiamo finito. »
Hitomi spalancò gli occhi, rendendosi effettivamente conto di quanto erano stati pesanti quei giorni e in particolare l’ultima settimana. Istintivamente allargò le braccia e strinse a se l’amica.
« Millerna! Non so come ringraziarti! Se non ci fossi stata tu sarei ancora alle prese con quei matti dei musicisti, per non parlare dei fiorai! » cominciò ad elencarli sul punto di piangere dalla gioia. Era euforica, quando la consapevolezza che tutto questo sarebbe stato presto uno dei ricordi più stressanti della sua vita si era fatta finalmente razionale.
Millerna ricambiò l’abbraccio e cominciò a ridere. « Sì sì, lo so che senza di me non ti saresti mai sposata, avevi proprio bisogno dell’aiuto di una donna esperta come me. » si finse un po’ snob e questo aiuto l’atmosfera a sciogliersi e a distendersi.
Hitomi dopo qualche minuto sorrise. « Mi piaceva questo qui, comunque. » ed indicò uno degli schizzi che era stato lasciato fra quelli più interessanti.
A Millerna le si illuminarono gli occhi. « Speravo proprio che scegliessi questo, ti starà d’incanto! » quindi con un cenno, lo fece vedere alle sarte.
« Adesso arriva la parte più divertente, cara Hitomi. Sù! In piedi! » disse prendendole le mani e facendola sollevare in piedi.
Subito due sarte le furono accanto, con degli strani rotoli nelle mani che ben presto vennero sciolti.
« Dobbiamo prendervi le misure del corpo, Principessa! »
Hitomi lanciò uno sguardo di fuoco a Millerna che rideva divertita.
A quello non aveva proprio pensato.
Van passava in rassegna insieme ad un alto ufficiale gli uomini che avrebbero issato il picchetto d’onore con le loro spade. Stavano in posizione marziale davanti a lui, vestiti con l’alta uniforme e dallo sguardo fiero e orgoglioso di poter adempiere ad un simile compito.
« Questi sono i ventiquattro che avete scelto. Mi sembrano uomini forti. » cominciò Van, osservandolo ad uno ad uno.
« Certamente Maestà, e come da voi richiesto saranno anche la prima linea difensiva per la coppia reale nel caso di pericolo. » annuì l’uomo alla sua destra, che camminava insieme a lui.
« E l’Escaflowne? » Domandò lui, serio.
« Sarà dove avete ordinato di posizionarlo. » ribatté lui, preparato.
« Bene.. » concluse, compiaciuto, quindi si voltò verso gli uomini.
« Fratelli! Non dimenticate che il vostro Re scenderà a combattere al vostro fianco se sarà necessario, per questo vi chiedo di proteggere la Principessa e il popolo prima di chiunque altro. »
« Si, Signore! » risposero tutti all’unisono.
Anche l’ufficiale chinò il capo. « Sarà fatto, vostra Maestà. »
Van con un saluto militare lasciò la stanza, per niente tranquillo.
Non c’erano stati più strane apparizioni notturne, il castello era regolarmente sorvegliato notte e giorno e benché tutti fossero presi dalla gioia delle nozze imminenti, Van non si sentiva affatto contagiato dall’aria di festa che si respirava già a Fanelia.
Era agitato, preoccupato e in certi momenti la tensione gli faceva tremare le mani quando teneva la sua spada. Era da tempo che non si sentiva così: da sempre l’idea della minaccia in agguato non lo aveva intimorito più di tanto, ma questa volta, forse a causa degli abietti propositi del suo nemico che ancora non conosceva, sentiva che doveva fare del suo meglio, che il pericolo era fin troppo vicino e la sensazione che se non si fosse fatto trovare preparato gli avrebbe causato un danno immenso, era pressante nella sua mente.
Si fermò, contemplando fuori dalla finestra, grosse nuvole si avvicinavano, annunciando un altro temporale primaverile. Proprio in quel momento, un lampo squarciò il cielo e la sua luce illuminò i corridoi del castello adombrati dalla mattinata grigia.
Van sgranò gli occhi ed il cuore gli sussultò in gola.
In una zona ombrosa, scarsamente illuminata, la luce del lampo aveva fatto luce su una figura che lo stava osservando immobile.




Buongiorno a tutti! E' da un po' che non ho pubblicato a causa di impegni che mi hanno tenuta fisicamente lontano dal pc per qualche settimana, ma ecco qui il terzo capitolo della fanfiction. Aspetto commenti e recensioni :) 
Un bacio e a presto.
Usagi.
    
  
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