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Autore: _Her    17/02/2013    1 recensioni
-Ehi bella!- mi urlò. Feci finta di niente. –Ehi! Sto parlando con te!- disse scocciato. Gli passai accanto, senza rivolgergli nemmeno il più infimo degli sguardi. Però, una delle mani più forti che avessi mai sentito, mi afferrò il braccio costringendomi a girarmi. –Rispondi quando vieni chiamata. Nessuno ti ha mai insegnato l’educazione?- mi urlò il pazzo ad un centimetro dal naso. Il suo alito puzzava d’alcool. Il solito ubriacone del cazzo.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hello, beautiful.




Era il vicolo più buio che avessi mai visto. Era spaventoso non poter vedere i volti delle numerose persone che mi passavano accanto. Ero sola, nonostante mia madre mi avesse raccomandato molte volte di avere un accompagnatore.

Peccato che ora lei non c’era più, era fuggita in cielo. Almeno lì si sarebbe sicuramente trovata meglio che sulla terra, il posto più ingrato dell’universo. Ti spacchi la schiena per poter offrire qualcosa in più al prossimo, e quello che ricevi sono solo schiaffi in faccia. Mia madre aveva capito troppo tardi che mio padre era un bastardo. La sfruttava per i soldi, poltrendo da mattina a sera sul divano, e aspettando solo che gli venisse portato del cibo o una birra. Era finita a lavorare anche di notte, pur di non dover affrontare quella vita da cani. Quando ormai raggiunse il limite, non ce la fece più, e morì in un istante. Non mi diede nemmeno il tempo di rendermene conto. Io, de resto, non volevo finire come lei. Non volevo avere una vita che mi incatenasse. Così me ne andai di casa, ancora oggi non so che fine abbia fatto mio padre, se così lo si poteva chiamare.

Trovai un lavoro, una cameriera di diciotto anni che si occupava di servire ai tavoli di notte. Già, i miei erano turni serali che finivano alle tre di notte. Mi servivano i soldi, per poter pagare l’appartamento in cui sarei andata a vivere. Ancora non l’avevo visto, ma dovevo dividerlo con un coinquilino. L’idea non mi entusiasmava, ma di sicuro avrei ridotto le spese. Era lì dove mi stavo dirigendo ora. I miei erano lunghi respiri affannosi, che facevano battere a mille il mio cuore. Non mi piaceva attraversare luoghi bui e insicuri. Le mie fedeli converse bianche scivolavano velocemente sull’asfalto bagnato dalla pioggia che scendeva prepotentemente in quel momento, e che mi rendeva fradicia ogni minuto di più. Già, perché non mi potevo portare un ombrello come tutte le persone normali, no. Ad un tratto, la luce dei lampioni anche se fioca, illuminarono una figura, alla fine della strada. Stava avanzando verso di me barcollando. “Stai calma” mi dissi “è tutto a posto. E solo un’altra persona normale che deve passare di qui.” cercavo di convincermi. Ma più quella persona si avvicinava, più io mi sentivo maledettamente impaurita. Mi strinsi fra le braccia, e cercai di ignorare il mio timore. Ma tutte le mie sicurezze crollarono quando quella figura mi rivolse la parola.

-Ehi bella!- mi urlò. Feci finta di niente. –Ehi! Sto parlando con te!- disse scocciato. Gli passai accanto, senza rivolgergli nemmeno il più infimo degli sguardi. Però, una delle mani più forti che avessi mai sentito, mi afferrò il braccio costringendomi a girarmi. –Rispondi quando vieni chiamata. Nessuno ti ha mai insegnato l’educazione?- mi urlò il pazzo ad un centimetro dal naso. Il suo alito puzzava d’alcool. Il solito ubriacone del cazzo.

-Senti, lasciami andare.- strattonai il polso, per liberarmi dalla sua presa, ma non ci riuscii. Mi spinse a terra, battei la testa. Mi allungai la mano destra sulla botta, perdevo sangue. –Bene, adesso ti farò io una bella lezioncina, troia.- le sue parole erano cariche di disprezzo. Non riuscivo a vedergli la faccia, ma intravidi solo i suoi occhi. Due pupille del color del ghiaccio mi immobilizzarono. Erano piene di rabbia e dolore. Cercai di rialzarmi, ma lui con un calcio mi rispedì sull’asfalto, che in quel momento mi sembrava più duro di quanto mi ricordassi. Tentai di urlare, ma la mia voce era soffocata dal pianto. Grandi lacrime che si confondevano con la pioggia, che batteva sul mio viso. –Lasciami ti prego!- dissi implorante, ma l’uomo afferrò i miei capelli, procurandomi un dolore allucinante. Mi portò davanti alla sua faccia. –Ora non fai più così tanto la spavalda eh?- la sua risata malvagia mi fece rabbrividire. I miei singhiozzi lo fecero irritare.

 –Smettila di piangere! Sembri quella stupida puttana di mia figlia. Lo sai che mi ha abbandonato, vero?- Cosa c’entravo ora con la sua famiglia? Se la stava prendendo con la persona sbagliata. Ma non riuscivo a reagire.
 Mi diede un calcio nello stomaco, per poi gettarmi ancora una volta per terra. Urlai per la prima volta. Era un urlo di disperazione, di dolore. Volevo che qualcuno si accorgesse di me e della situazione in cui mi trovavo. Il maniaco iniziò a sganciarsi i pantaloni. –Ora si che avrò la mia vendetta. Non avevi il permesso di andartene così, stronza!- ancora riferimenti con sua figlia. Urlai una seconda volta, ma lui mi schiaffeggiò –Zitta devi stare! Capito??- si avvicinò a me, e iniziò a spogliarmi. Approfittai del momento di vulnerabilità per sferrargli un pugno nel viso e scappare, ma l’uomo mi afferrò, tirandomi a se. –Cosa pensavi di fare, eh? Da qui non scappi..- continuavo a piangere. Gli tirai una gomitata nello stomaco, per poi allontanarmi. Lui tossì, massaggiandosi sia la faccia che la pancia, dovevo averlo colpito per bene. Iniziavo a vedere doppio, la ferita alla testa doveva essere peggiorata. Mi accasciai per terra. Poi i miei occhi, scorsero un’altra figura che emerse dal buio. Sperai solo che non fosse un altro pazzo maniaco.

 –Ehi bello, che ne dici di andartene? Sto concludendo un affare qui- sputò il mio aggressore contro il tizio. Ma quello non si muoveva, anzi. Si avventò contro l’ubriacone, riempendolo di calci e pugni.  –Ehi, ma che cazzo fai! Ahi, basta, mi fai male!- strillò.
-Allora capisci come hai fatto sentire lei ora? Sparisci pezzo di merda.- si limitò a dire il mio salvatore. –Ehi, amico, calmati, se vuoi ce la dividiamo- disse con un sorriso sghembo. Io stavo solo sperando di riuscire a sopravvivere quando:-Perché non te ne vai a fanculo, pezzo di idiota? Al mondo non ci servono i tipi come te, quelli che picchiano le donne.- riprese a picchiarlo. Poi il maniaco si alzò, mentre continuava a ricevere botte, e se la diede a gambe. Il tizio si avvicinò a me.

-Ora va tutto a posto, ci penso io a te. Scusa se non sono arrivato prima.- solo in quel momento riconobbi un ragazzino della mia età. Capelli neri come la pece e due occhi color nocciola profondi come non mai. Mi stava prendendo in giro? Perché sarebbe dovuto arrivare prima? Cosa intendeva con questo? Quello sguardo mi rapì per i minuti che passarono prima che svenissi a causa della ferita, lasciandomi con troppe domande e troppe poche risposte.  







Nuova Fanfiction per  meeeeeeee! yeeeeeeeeeeey :33
Molto diversa dal solito, ma sspero anche più appassionante! ;))
Buona lettura girlss <3 <3
xoxo
Elisa.

  
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