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Autore: Ryta Holmes    17/02/2013    8 recensioni
“Se è tardi a trovarmi, insisti, se non ci sono in un posto, cerca in un altro, perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.„ [Walt Whitman]
Spoiler 5 stagione
Fu a quel punto che si inginocchiò per guardare meglio quel vecchio e… non vide nient’altro che un vecchio. Sporco e impaurito. Ed esausto. Con gli occhi di un azzurro vivido che adesso ricambiavano lo sguardo.
“Non dovrebbe stare qui. Quest’uomo va portato in ospedale o in un osp-“ non concluse la frase. La voce gli morì in gola, quando la mano raggrinzita ma forte del vecchio lo arpionò sull’avambraccio. Vide quegli occhi azzurri sgranarsi di sorpresa e poi quella bocca nascosta dalla folta barba bianca spalancarsi come per dire qualcosa.
Ma non ne uscì nulla alla fine. Il vecchio lo guardò iniziando inspiegabilmente a piangere. E lui si sentì a disagio.
“Mi… occuperò io di lui.”
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: Merlin e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, se lo fossero sarei ricca, la serie non sarebbe finita e Ginevra avrebbe sposato Lancillotto.

 

MENTRE TI ASPETTO


 
Capitolo 8
 
Quante volte aveva guardato quel lago? Quanto tempo aveva sprecato, fissando quelle acque nebbiose attendendo un cambiamento che non arrivava mai?

E adesso era di nuovo lì. Dopo tutto il giro che aveva fatto, e che ormai gli appariva inutile, dopo aver sperato di trovare quel cambiamento altrove, era ritornato al punto di partenza. Di nuovo su quelle sponde, a guardare l’orizzonte e ad aspettare.

Ma stavolta era diverso, no? Stavolta Lui lo aveva chiamato, lo aveva avvisato! Arthur, il Re Arthur stava per risorgere, lo aveva visto in sogno.

“Vienimi a prendere”, gli aveva detto, “Io sto arrivando.” E Merlin si era precipitato sulle rive del lago di Avalon, abbandonando tutto, lasciandosi alle spalle quei barlumi di speranza che lo avevano acceso nelle ultime settimane e che lo avevano portato altrove, a cercare. A cercarlo.

Ad illudersi, pensò. Non era un caso che la sua magia non avesse reagito di fronte a quella persona che lui aveva creduto essere la reincarnazione del Re. Perché nell’esatto momento in cui il vero Re lo aveva chiamato, la magia era rinata da sola, lo aveva ritrasformato nel giovane mago che era stato un tempo e gli aveva ridato forze e speranze. Vere speranze.

Dunque era tornato sulle rive di Avalon. E si era seduto lì, ad aspettare. Il Re stava arrivando e lui era pronto ad accoglierlo.

Aveva trascorso tutta la notte sulla spiaggia, incurante del freddo, dimentico del buio e di ogni altra cosa. Soprattutto di ciò che si era lasciato indietro. Di quella persona che lo aveva ospitato e che forse, adesso, si era anche accorta se ne fosse andato. Ma nient’altro aveva importanza, ora che Lui tornava. Ogni cosa gli sembrò inutile e priva di importanza, perché aveva atteso secoli che arrivasse quel momento.

Aspettò, Merlin. Aspettò tutta la notte e anche dopo, quando il cielo si schiarì e lentamente sorse il sole.

Aspettò… ma le acque di Avalon non si mossero. Il vapore fumoso delle nebbie che lievi aleggiavano al centro del lago non rimandò altro che grigio. Nessun mantello rosso a sventolare, nessun filo dorato di capelli, nessun brillio lucente di occhi celesti.

Merlin aspettò. Ma il lago non gli restituì nessun Arthur.

Quando il sole ormai fu alto nel cielo e gli occhi bruciavano per il troppo fissare, impotenza e delusione si mischiarono dentro di lui, trasformandosi in un globo spesso e pesante, che gli strinse il petto quasi soffocandolo.

Voleva piangere… ma quante volte lo aveva fatto inutilmente? Certo, avrebbe sfogato tutto quel dolore ma in fin dei conti a cosa serviva? Il lago lo aveva mai ascoltato? Si era mai impietosito di fronte a quelle lacrime?

Ingoiò amaro, imponendosi di non disperare. Arthur lo aveva chiamato, la magia aveva reagito. Non potevano essere futili dettagli, non potevano essere vane speranze. Avrebbe aspettato, ancora. Di nuovo. Prima o poi qualcosa sarebbe accaduto.
 

***

 
La giornata era ormai inoltrata, quando qualcosa avvenne su quelle rive. Nessun Re, però. Nessun Arthur. Solo quel Lucius Chaste che lui aveva scambiato per il suo sovrano reincarnato.

Merlin lo scorse da lontano mentre si avvicinava al lago, l’aria un po’ sperduta ma il passo veloce e marziale, come se una rabbia incontrollabile lo avesse condotto fin lì. Merlin sollevò gli occhi al cielo, sospirando, quasi seccato da quell’intrusione.

Eppure avrebbe dovuto immaginare che l’uomo avrebbe provato a cercarlo. O meglio a cercare quello che lui credeva solo un vecchio.

Si alzò in piedi – non con senza difficoltà, dopo essere stato fermo per così tante ore – e piegò un paio di volte le ginocchia per sgranchirle, mentre Chaste si avvicinava sempre più velocemente appena lo aveva notato.

“Mi scusi!” lo richiamò.

Merlin, nel ritrovarselo davanti ebbe un fremito. Quell’uomo era così simile ad Arthur che davvero era stato impossibile non sperare che fosse lui. Ma Chaste arrivava dal parcheggio, non dal lago, pensò con amarezza.

“Ha per caso visto un vecchio da queste parti? Ha la barba bianca e gli occhi a….zzurri.” Lucius si era avvicinato parlando velocemente e quando aveva incrociato il suo sguardo, aveva di colpo tramutato la sua espressione in una di sorpresa.

Merlin non capì. Per un attimo pensò lo avesse riconosciuto ma poi si chiese come fosse possibile e si diede dell’idiota. Aprì la bocca per parlare ma dovette tossire un paio di volte prima di riuscire a farlo, dopo tutto quel silenzio.

“Vecchio dice? No… non saprei. Non ho visto nessuno.”

Si impose di non dargli del Voi. D’altronde chi era Chaste se non un semplice uomo moderno? Eppure in quel momento, mentre alle sue spalle il lago continuava a tenergli precluso Arthur, avrebbe desiderato fosse lui.

Lucius intanto, lo fissava. Le labbra strette tra di loro tanto da assottigliarsi. “Ne è sicuro? Magari lo conosce… abitava qui prima.”

Perché mai avrebbe dovuto conoscerlo? Insomma, per quel che ne sapeva Chaste, poteva essere un turista a passeggio per la città! Che cosa mai faceva credere a quell’uomo che lui conoscesse il vecchio del lago?

Pensieri veloci che si susseguirono nella sua mente, mentre Lucius continuava a fissarlo con insistenza, lo guardava negli occhi come se lo studiasse e…

Un momento. Lo guardava negli occhi. Gli occhi. E capì.

“Ahhhh quel vecchio! Intende il vecchio pescatore del lago! Io sono suo nipote ma… mi dispiace. Se n’è andato.”

Lucius sgranò gli occhi all’improvviso e Merlin si rese subito conto di cosa aveva capito. Agitò le mani in avanti cercando di rimediare. “No no aspetti! Non se n’è andato a miglior vita! E’ solo… partito.”

“Per dove?” replicò prontamente Lucius, lo sguardo che di colpo si induriva. “Ma soprattutto, perché?”

Quella seconda domanda fu carica di un risentimento che gli causò una violenta ondata di sensi di colpa. Lucius era lì per lui, perché gli si era affezionato in quelle settimane. E in fondo anche Merlin… nonostante quell’uomo non fosse Arthur…

“Mi aveva detto di essere solo! Com’è che adesso spunta un suo nipote?” al silenzio di Merlin, seguirono le domande dell’altro, che adesso non conteneva in nessun modo la rabbia. Allargò le braccia, mentre parlava e poi le incrociò quando fu chiaro che volesse una risposta da lui.

Forse dire di essere suo nipote, non era stata una buona idea.

“Senta, non lo so! In realtà anch’io lo stavo cercando!”

“E allora come sa che se n’è andato?”

Ok, la situazione stava degenerando. Va bene che Lucius non era Arthur ma quell’uomo era esasperante quasi quanto il sovrano in persona!

Sbuffò agitando di nuovo le mani per avvalorare le sue parole. “Sono giorni che vengo qui e non lo trovo più! Se ne deve essere andato per forza!”

“Non se n’era andato via!” sbottò Lucius più esagitato di lui. “Era a casa mia fino a ieri, è adesso che se n’è andato!”

Rimasero in silenzio per alcuni istanti, continuando a guardarsi in cagnesco, entrambi per motivi diversi.

Merlin si sentiva attaccato e si dava dell’idiota per essersi infilato in quella situazione da solo – ma dove era finita la sua saggezza millenaria? Persa con la barba? – Lucius invece, perché si sentiva tradito dall’abbandono del vecchio.

Altrimenti, perché era lì a cercarlo? Nonostante l’orgoglio e la rabbia, era arrivato fino al lago per trovarlo e Merlin a quel pensiero, avvertì un moto di affetto per quell’uomo. E si dispiacque di essersene andato.

Sospirò, rilassando le spalle e chiudendo un attimo gli occhi. “Senti non so dove sia andato mio nonno… ma era una persona buona. Se lo ha fatto, sarà stato sicuramente per un buon motivo.” E in fondo era la verità.

“Sì, ma non doveva farlo…” quando Lucius si rese conto di quello che si era fatto sfuggire, strinse le labbra e arretrò di un passo. Poi scosse il capo.

“D’accordo ti ringrazio. Ora scusa, ma devo andare a lavoro.” Non attese risposta, gli voltò le spalle e si incamminò lungo la spiaggia.

Merlin si sentì uno schifo. Non aveva potuto non notare quella nota di tristezza nella voce. Aveva vibrato un attimo ma lui l’aveva sentita. D’altronde quella voce era così simile a quella di Arthur, che lui ne avrebbe potute riconoscere tutte le inflessioni. E durante quelle settimane in cui aveva vissuto con lui, aveva più volte desiderato che Lucius conoscesse il suo nome, soltanto per poter essere ancora chiamato in quel modo e con quella voce.

“Se vuoi…” quando si rese conto che le parole uscivano fuori da sole, fu troppo tardi. “Se vuoi posso avvisarti quando torna…”

Lucius si voltò, restando alcuni istanti a soppesare le sue parole, poi sorrise in quel modo che tanto somigliava ad Arthur quando invece di rimproverarlo o di lamentarsi di qualcosa, lo sorprendeva dimostrandogli un gesto di affetto.

“Ti ringrazio… ma non c’è bisogno. Tornerò.”
 

***
 

Ed era tornato. Lo rivide il giorno dopo, sempre su quella riva. Di Arthur neanche l’ombra.

Le nebbie avvolgevano il centro del lago imperturbabili e niente aveva smosso quell’immobilità, nessun segno di magia, nessun movimento insolito. Merlin aveva aspettato ancora, tornando nella vecchia casetta muffita in cui si era insediato anni prima, per essere il più vicino possibile, per non dare nell’occhio e per aspettare.

Quella nuova attesa si rivelò ancora più sfiancante, perché un barlume di speranza si era insinuato in lui solo due giorni prima, riaccendendogli la fiducia che si era affievolita nel corso dei secoli e che infine aveva perduto, troppo provata dalle continue delusioni. Adesso quella speranza aveva preso a brillare, assieme alla magia che era tornata a scorrere forte nelle sue vene. Ma furono soltanto quelle a tornare, perché in realtà Arthur ancora non si vedeva e il pensiero che quell’attesa avrebbe potuto prolungarsi ancora, lo dilaniava.

Fu preso da questi tormenti, che lo trovò Lucius, quando tornò sulla riva di Avalon appena il giorno dopo. Merlin lo vide e si innervosì, dimenticando tutti i sensi di colpa. Lui voleva il suo re, non la sua copia fasulla.

“Ma tu non lavori?” gli chiese, seccato, quando lo vide avvicinarsi. Sedeva su una panchina di legno appena fuori la catapecchia che lui chiamava casa.

Lucius aggrottò la fronte, sorpreso da quel benvenuto e lo guardò con sospetto. “Potrei farti la stessa domanda.”

“E’ affar mio cosa faccio.” Replicò Merlin, stizzito. Odiava sentire la sua voce, odiava vederlo con quelle espressioni che gli ricordavano ciò che desiderava e non poteva avere. Lo odiava, perché era lui ma non era Lui. E odiava se stesso, perché il suo corpo e il suo cuore reagivano in maniera incontrollata al suono di quella voce e alla vista di quella faccia.

Lucius incrociò le braccia, improvvisamente innervosito. Anche il carattere insopportabile e irascibile era come il suo. Maledizione.

“Guarda che potrei farti arrestare per vagabondaggio, visto che io un lavoro ce l’ho e sono un Ispettore Capo.”

Persino la presunzione! Lo odiava, lo odiava!

Merlin sollevò gli occhi su di lui, guardandolo arrabbiato, un po’ come se fosse colpa di quell’uomo se Arthur non arrivava.

“Fino a prova contraria, io sono venuto a trovare mio nonno.”

A quelle parole, Lucius sgranò gli occhi e lasciò andare il nodo di braccia. “E’ tornato?” domandò velocemente, sorprendendo Merlin per quel repentino cambio di espressione. E dire che un momento prima era pronto alla guerra, poi d’un tratto sembrava un bambino in attesa di Babbo Natale.

“No…” quasi gli dispiacque dovergli dare una risposta negativa. Difatti, leggergli la delusione in viso fu un gioco da ragazzi.

“Anch’io sto aspettando qualcuno…” forse doveva attivare da qualche parte il filtro bocca-cervello, perché diamine se ne usciva con quelle rivelazioni a uno sconosciuto? Ok, un estraneo con la faccia di Arthur ma pur sempre tale! Forse era la somiglianza che lo fregava…

Eppure rivelandosi gli sembrò quasi di consolarlo, di fargli capire che non era il solo che aspettava.

Lucius gli lanciò un’occhiata, scrutandolo in volto, forse per capire se dicesse o meno la verità. Sicuramente lesse sincerità nei suoi occhi, perché li fissò a lungo prima di sorridere e di lasciarsi andare a un sospiro.

“Tutti e due aspettiamo qualcuno… quindi?” si sedette accanto a lui sulla panchina. Merlin strinse le labbra infastidito, nonostante gli avesse fatto posto. Ma perché non se ne andava, invece di accomodarsi senza nemmeno chiedere il permesso?

“Così pare.” Sentenziò di nuovo, seccato.

Se Lucius si rese conto del tono di voce, non lo diede a vedere. Però guardò fisso verso il lago e gli occhi si persero lontano, tra le nebbie che celavano la vista al centro.
“Buffo… e quindi secondo te, dovremmo starcene qui buoni in eterno aspettando che torni chi potrebbe anche… non voler tornare?”

La domanda lo spiazzò. Nel momento in cui ne registrò il significato, si costrinse a voltarsi per guardarlo e si chiese se parlasse di se stesso o di lui… o di tutti e due. Ma poi cosa ne poteva sapere di lui e di chi aspettava?

“Beh… no. Non penso… no! Voglio dire, io so che chi sto aspettando vuole tornare.”

“E come lo sai?” gli domandò a bruciapelo Lucius, poi scosse il capo concedendosi un sorriso venato di amarezza. “Ti ho osservato per un po’, prima di avvicinarmi, scusa. Ma guardi il lago con una tale intensità che quasi mi dispiaceva disturbarti.”

Merlin si chiese per quanto tempo lo avesse guardato, visto che lui era tutta la mattina che stava lì a fissare le acque immobili.

“Io sto aspettando qualcuno.” Ripeté, come per chiarire l’importanza del suo fare. “Ed è qualcuno di molto speciale.”

“Anche per me è così. Ma forse non voglio fare come te…” Merlin sentì una morsa all’altezza dello stomaco nel sentire quelle parole. “Forse se sono importante per quella persona, quando tornerà sarà lei a cercarmi.”

Si alzò in piedi, ignaro di cosa avesse appena scatenato nell’animo di Merlin. Quelle parole gli erano scivolate addosso come una doccia fredda e gli avevano lasciato un vago senso di inquietudine.

“Beh, io torno a lavoro… visto che ce l’ho. Anzi, adesso ne ho addirittura due.” Gli sorrise ancora e poi sollevò velocemente una mano in segno di saluto. “Ci vediamo.”

Merlin rimase lì, seduto alla panchina. Lucius se ne andò e la quiete tornò a circondarlo, assieme al silenzio che lo aveva accompagnato per anni. Le acque di Avalon continuavano a restare immobili, senza dare alcun segno del Re. Rimase lì, mentre il sole si spostava lungo il suo arco naturale, fino a iniziare la sua discesa verso il tramonto. Quando la luce aranciata colorò le acque e le ombre si allungarono, Merlin si alzò in piedi.

Mosse alcuni passi verso la riva, si avvicinò e lanciò un lungo sguardo per tutto l’orizzonte. Poi voltò le spalle allo specchio d’acqua e si incamminò verso l’acciottolato che portava sulla strada principale. Lontano.

Nella mente le parole di quell’uomo e un solo altro pensiero.

Perdonami, Arthur.
 

***

 
Non sapeva cosa ci facesse lì. Ad essere sinceri non sapeva proprio cosa volesse in quel momento. Si era soltanto alzato dalla panchina della casa sul lago e aveva camminato fin là; e adesso guardava il portone d’ingresso senza muoversi di un passo.

Non aveva avuto grandi difficoltà a trovare la centrale di Polizia dove si trovavano gli uffici del Distretto. Conosceva Glastonbury, perché l’aveva vista nascere e ingrandirsi nei secoli in cui era andato e tornato dal lago di Avalon.

Un tempo, quando aveva compreso che ci sarebbe voluto del tempo perché il Re del passato e del futuro rinascesse, aveva deciso di spostarsi da quel luogo e allora era tornato a Ealdor, poi a Camelot. In seguito, aveva viaggiato in lungo e in largo, conoscendo l’Inghilterra e guadagnandosi da vivere come cantastorie delle gesta del mitico Re Arthur e di Merlin il mago e cercando di far passare più in fretta quegli anni. Poi, quando aveva compreso che anche il suo tempo era finito e che la Gran Bretagna iniziava a vivere una nuove epoca la cui importanza seppelliva la sua fama e la sua storia, decise di tornare lì, dove tutto era finito e dove un giorno avrebbe ricominciato.

Si era stanziato sulle rive del lago, in una casetta di legno e vi era rimasto per anni e anni, aspettando e studiando i tempi, illudendosi che in quelli più bui Lui potesse rinascere e poi restando deluso perché ciò non avveniva.

Ma ora tutto cambiava. Ora aveva deciso di non aspettare più. Aveva deciso che il Re, se mai fosse risorto, lo avrebbe raggiunto in qualche modo. In fondo era sempre lì che restava, solo aveva smesso di fissare così insistentemente il lago. Gli aveva voltato le spalle e si era diretto dall’unica persona che – strano a dirsi visto viveva lì praticamente da sempre – conoscesse.

Quando si era ben reso conto di cosa stesse facendo, già entrava in centrale e chiedeva dell’Ispettore Capo Lucius Chaste. I suoi piedi si erano mossi da soli.
“L’ispettore Chaste dice? Gli uffici sono al secondo piano ma le avviso che deve avere un appuntamento.”

Merlin sorrise annuendo e assumendo l’espressione più convincente che conoscesse. “Sì sì, certo che ce l’ho.”

L’uomo a cui l’aveva chiesto – un poliziotto stempiato dell’ufficio informazioni – lo guardò poco convinto ma poi smise di dedicargli attenzione. Merlin salutò cortese e si incamminò verso le scale, zigzagando tra il caos della centrale in pieno giorno.

Superò un paio di prostitute che gli fecero gli occhi dolci, un accattone che cercava di spiegare agli agenti che non aveva voluto rubare quegli alcolici di proposito “ma solo perché mi era presa una sete tremenda!” e una signora pienotta che camminava a passo spedito reggendo una scatola coi propri effetti personali e che borbottava stizzita.
“Non riesco a crederci! E’ una schiava che vuole, non una segretaria!”

Merlin la osservò, mentre prendeva le scale, poi dedicò completamente attenzione ai gradini e raggiunse il secondo piano in pochi istanti. Quando fu arrivato nella sezione del Distretto, fu costretto nuovamente a chiedere dove fosse l’ufficio di Chaste e solo quando fu davanti la sua porta, pensò che avrebbe potuto non esserci, visti i suoi impegni di neo leader del partito laburista.

Provò comunque a bussare, dopo aver notato che la scrivania accanto all’entrata solitamente occupata dalla segretaria, era vuota. La mano non toccò il legno della porta, perché all’improvviso l’uscio si aprì e Chaste comparve nella sua visuale, in mano un plico di fogli e sulle labbra una serie di improperi poco felici.

Quando Lucius si accorse di lui, quasi si scontrarono. Si fermò appena in tempo, sgranando gli occhi e spalancando la bocca emettendo un “Oh!” sorpreso.

Merlin strinse le labbra improvvisamente in imbarazzo. Esattamente, cosa era andato a fare lì? Se lo chiese sentendosi immensamente ridicolo.

“Ehm…”

Per alcuni istanti calò il silenzio, poi Lucius decise di far qualcosa e si fece indietro per lasciarlo passare. “Vieni dentro.”

Lasciò che chiudesse la porta e una volta entrato, che facesse il giro della scrivania, per sedersi alla grande sedia imbottita di pelle. Poi fece segno a Merlin di accomodarsi a sua volta su quella più piccola lì davanti. Visto così, gli parve come su un trono. Scacciò quel pensiero e si umettò le labbra cercando le parole giuste da dirgli… o meglio, cercando qualcosa di sensato da dirgli.

“Sono venuto qui.”

Oh, perfetto. La cosa più sensata, proprio.

“Per caso è tornato tuo nonno?” chiese poi Lucius e Merlin non poté non notare ancora la speranza nella sua voce. Ma quando scosse il capo, dovette poi far fronte alla delusione che lesse negli occhi. Scostò lo sguardo, infastidito da quanto quel viso e tutte le sue espressioni gli ricordavano Arthur in una maniera che era dolorosa e attraente assieme.
Lucius non commentò alla sua risposta, ma continuò a fargli domande. “Come mi hai trovato?”

“Mi hai detto tu di essere un Ispettore Capo.”

“Ah, giusto. Hai ragione. Quindi? Come mai qui?”

“Non conosco nessuno…”

Dove volesse arrivare non lo sapeva nemmeno lui. Sperò che fosse Lucius a trovarsi da solo una spiegazione qualsiasi a cui si sarebbe potuto aggrappare, ma scoprì con sgomento che quell’uomo assomigliava ad Arthur anche in intuito.

“E la persona che stavi aspettando?”

“Quando arriverà potrà cercarmi, tanto resto qui vicino.”

Lucius sorrise e annuì. “Dove hai deciso di fermarti?”

Merlin non sapeva cosa dirgli. Fu tentato di alzarsi in piedi e di andarsene, scusandosi per l’intrusione ma all’improvviso la porta si spalancò ancora e questa volta comparve sulla soglia una donna dai ricci bruni. Merlin si ricordò di lei, perché era l’addetta stampa di Lucius: Jennifer Fawr.

“Insomma, ti chiamo da un’ora! Devi far qualcosa per questa storia della segr -“ si fermò quando notò un’altra persona nella stanza. Dopo un attimo di silenzio però, invece di scusarsi per non aver bussato, sorrise e si avvicinò alla scrivania allegramente.

“Perfetto, vedo che stai già risolvendo!” entrò nell’ufficio sbatacchiando la cartellina sulla scrivania e porgendo la mano a Merlin. “Piacere, io sono Jennifer, sei già stato assunto?”

“C-come?” Merlin balbettò un po’ confuso, mentre Lucius si alzava in piedi.

“Aspetta! Non voglio mica lui…” non finì la frase perché Jennifer di nuovo lo interruppe.

“Oh, Chaste, non hai tempo per fare lo schizzinoso!” poi si rivolse di nuovo a Merlin. “A occhio e croce mi sembri un bravo ragazzo e io per queste cose ho intuito!”

Merlin sorrise al complimento ma continuava a non capire. “La ringrazio ma io…”

 “Giovanotto, hai un lavoro?”

“No…”

“Ne hai bisogno?”

“Beh… ssssì… in teoria…” rispose ancora, titubante. Ok, forse in effetti era lì per un lavoro, ma non immaginava di trovarselo così su due piedi! 

Vide Jennifer sorridere con una strana luce negli occhi, poi la sentenza. “Perfetto, sei assunto!”

 “Jennifer aspetta!” Lucius provò a lamentarsi ma la donna già raccoglieva la cartellina, dopo aver lasciato alcuni fogli e spariva verso l’uscita.

“Chaste lì c’è la lista dei tuoi appuntamenti della settimana! In bocca al lupo, giovanotto! Ne avrai bisogno!”

Merlin rimase interdetto, folgorato da quel ciclone che in un attimo aveva deciso il suo destino per lui. O forse era sempre il destino che decideva sotto forma di altre persone?
Rivolse uno sguardo un po’ confuso a Lucius che fece spallucce, rassegnato più di lui. “E’ fatta così… ma d’altronde abbiamo mille cose da fare ora…” non capiva se parlasse a lui o a se stesso, ma poi lo guardò e lui represse un altro fremito cercando di non darlo a vedere. “Ma davvero vuoi questo lavoro?”

“Beh… ne avrei bisogno in effetti…” era vero ma all’improvviso si rese conto che non aveva capito di che lavoro si trattasse. Stava quasi per chiederlo, quando Lucius si alzò in piedi e si avvicinò a un tavolo dove erano ammassate due pile di documenti.

“Se è questo che vuoi… benvenuto a bordo allora.” Afferrò una delle torri e la portò alla sua scrivania, facendola cadere pesantemente sul piano di legno. “Direi che potresti iniziare subito.”

“In che… senso?” all’improvviso una strana sensazione si impadronì di lui. Come di… inquietudine.

“Questi sono da riordinare e inserire in archivio. E tra dieci minuti voglio il caffè, bollente, mi raccomando! E sbrigati perché tra un’ora ho un dibattito in tv!”

Merlin sgranò gli occhi interdetto, registrando appena quelle parole e iniziando a collegare varie cose: la segretaria che scappava via, la scrivania vuota, gli improperi di Lucius con i documenti in mano… di colpo si sentì come finito… in una trappola.

“Aspetta un attimo ma cosa ho accettato di fare esattamente?!” esclamò alzandosi in piedi a sua volta.

E Lucius sollevò le spalle come se avesse appena fatto una domanda stupida. “Ovvio, il mio assistente.”

“Un momento… che intendi con assistente?”

Lucius ridacchiò colpevole sollevando una mano. “Ah giusto giusto, dimenticavo di dirtelo. Io sono un Ispettore Capo sì, ma sono anche un politico adesso e per un po’ dovrò fare entrambi i lavori. Purtroppo adesso non posso delegare nessuno qui, perché lederebbe alla mia campagna politica – ordini di Jennifer – per cui avrò bisogno di un… sostegno. Di un assistente, insomma!”

“Cioè di un servo.” Replicò subito Merlin.

Lucius sorrise amabile, sembrò quasi divertito da quella storia e la cosa lo infastidì. “Assistente, servo, chiamalo come vuoi. Anche valletto personale, se più ti piace.”

Merlin non sapeva cosa dire. Era indeciso più che altro tra lo scoppiare a ridere oppure il mettersi a urlare. In entrambi i casi però, avrebbe fatto la figura del pazzo e dubitava sarebbe servito a qualcosa. Anche perché quel Lucius non avrebbe mai potuto capire quanta ironia ci fosse in tutta quella storia.

Allora fece la cosa più sensata da fare. Restò in silenzio, ingoiando improperi contro quel destino che proprio non riusciva a capire e che trovava si divertisse in maniera alquanto grottesca, e afferrò la pila di documenti trovandola particolarmente pesante.

Era quasi uscito dalla stanza però, quando Lucius lo aveva richiamato. “Aspetta un attimo! Non mi hai ancora detto come ti chiami!”

Lui si voltò e vide quegli occhi celesti tingersi di curiosità. E questo, unito al fatto che lo aveva appena nominato valletto personale, non fece altro che scatenare in lui un desiderio morboso. Il motivo forse principale per cui aveva resistito in tutti quegli anni e con cui si era fatto forza per andare avanti. Voleva sentire quella voce chiamarlo per nome. E allora decise.

“Merlin. Mi chiamo Merlin.”

Lucius non rispose. Rimase a fissarlo per alcuni istanti senza reazione. Poi annuì un po’ titubante.

“D’accordo, piacere Merlin.”
 
Continua…
 
 
////////
 
Ehilà!! Buona serata a tutti e buona domenica! Contenti dell’aggiornamento anticipato? ^^ Domani ho una giornata pienissima e dovevo scegliere tra l’anticipare oppure pubblicare martedì. Considerate le minacce di gente di cui non faccio nome (Asfo*coof*), ho deciso di farlo oggi u_u

Spero che il capitolo, bello lungo lungo pure :D vi sia piaciuto! Come sempre vi esorto a commentareeee!!! Sono piacevolmente sorpresa dal successo che sta avendo questa storia, il ritmo delle letture è altissimo e ogni volta aumentano i preferiti! Io vi ringrazio, davvero di cuore! ^_^ spero di essere all’altezza fino alla fine!

Un ringraziamento speciale fa però, alla mia beta Emrys, che adesso si becca anche i miei dubbi esistenziali! E poi a chi ha commentato! (e scusate se non vi ho risposto a sto giro ma un po’ non vi ho risposto, un po’ temevo di darvi troppe anticipazioni e mi spiaceva XD) Grazie quindi ad AsfodeloSpirito (come stalkeri te non lo fa nessuno u_u), Strangerinthistown (grazieee e benvenuta! Sono contenta che mi leggi!! ^^), Parre (nooo piangere addirittura! XD), Gosa (dai, pensa sei quella che ha aspettato di meno! XD), Jaya (hahaha leggere la recensione in contemporanea mi ha fatto morire! Perché sapevo come finiva e temevo i commenti! Hahahaha).

E ora…. L’anticipazione!!

Salì le scale e si diresse subito verso la stanza di Lucius, aprì la porta e la trovò al buio, con le imposte chiuse. Non ci mise molto a capire che quell’idiota non aveva sentito la sveglia e continuava a dormire beato, come se al mondo non ci fosse nient’altro che il suo letto.

Sbuffò esasperato, conscio che il risveglio brusco non avrebbe di certo giovato al suo carattere irritabile e che di sicuro per questo si sarebbe sfogato con lui, l’unico a sopportarlo al mattino.

Ma a quel punto, tanto valeva fare a modo suo, perciò si avvicinò alle imposte per aprirle e far entrare la luce, poi si accostò al letto e avvicinatosi sussurrò dolcemente.

“Buongiorno, Raggio di Sole! E’ ora di svegliarsi.”

 
Sto buona oggi, pure l’anticipazione lunga! XD

E’ tutto! A Lunedìììììì
Baci
Ryta
   
 
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