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Autore: Luna Argento    17/02/2013    0 recensioni
Questo scritto è un mio esperimento. Racconto in prima persona, la prima parte non è altro che una carrellata di eventi che poi porteranno alle vicende vere e proprie. La vera storia non è ancora iniziata, ma presto ogni cosa diverrà più chiara...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fuoco scoppiettava nel camino.
 
Certe volte, quando ci fermiamo a fantasticare, crediamo che le nostre fantasie esistano davvero, che i nostri pensieri possano prendere vita attraverso il nostro sguardo, la nostra voce, le nostre parole. Ma se non fossero soltanto fantasie? Se ci fosse un fondo di verità in quello che sogniamo?
La nostra vita è piena di enigmi, di segreti, e noi siamo soltanto incapaci di svelarli.
E se la vita che noi conosciamo fosse solo un sogno, per qualcun altro?  Avete mai pensato a questa prospettiva? Non credo, perché essere semplici esseri umani è troppo banale perché qualcuno possa desiderarlo.
Quella che voglio narrarvi è una storia molto singolare, ambientata forse in un mondo parallelo al nostro, in un paese lontano dove neve e ghiaccio imperversano per mesi senza mai dare tregua a chi vi si avventura: Avenset.
Quella era la terra dei Lupi Bianchi e dei Felini Artici, degli Orsi e delle Volpi Polari, dove l’uomo non era giusto definirlo tale. Un mondo a parte dove io, straniero, trovai la mia casa.
Quando giunsi lì la prima volta rimasi subito colpito dalle persone che mi trovai di fronte: alcuni erano alti e massicci, altri magri e longilinei, altri ancora grandi come colossi o minuti come nani. Sembrava non esistere una vera e propria razza, quel luogo sembrava più un ritrovo che un vero paese. Vivevano in case fatte di pietra per combattere le intemperie, e ci misi un po’ a trovare il mio posto in quel luogo all’apparenza così ostile.
 
Si odono voci di bambini.
“Ma che posto era?”
“E’ strano!”
“Non ho mai sentito parlare di una cosa del genere…”
 
State buoni, state buoni, non ho neanche iniziato a raccontare! Sono appena tornato a casa dopo lunghi anni, datemi almeno il tempo di respirare.
All’epoca ero giovane, maturo, e avevo già intrapreso il mio cammino verso il mondo degli spiriti, ma non immaginavo che avrei dovuto dare subito prova della mia sapienza.
“Guardate! Che ci fa qui?”
“Un umano, carne fresca…”
Devo ammettere che ero abbastanza spaventato dal modo di fare della gente del luogo, avevano tutti un odore pungente ed i loro sguardi non erano molto rassicuranti. Lungo la strada però una bambina catturò la mia attenzione, non doveva avere più di dieci anni.
“Signore, dove stai andando?” mi chiese. Aveva due grandi occhi verdi dal taglio allungato, capelli biondi anche se molto sporchi, e sul suo viso si leggevano i tratti di quella che sarebbe diventata una bellissima ragazza.
“Cerco il capo villaggio…come mai porti indosso solo quegli stracci?” le chiesi, vedendola trascurata.
“Vieni, ti ci porto io! E tu perché ti copri con tutte quelle strane pellicce?” replicò, invitandomi a seguirla. In effetti io era abbastanza coperto, tanto che sembravo una volta e mezza più grosso di quello che in realtà ero! Inoltre dalla mia grossa sacca pendevano utensili e ninnoli di ogni genere, non ho mai smesso di conservare ogni cosa che trovo interessante!
“Come ti chiami, piccola? Io sono Swaan.”
“Saber, piacere di conoscerti Swaan! Perché sei venuto in questo posto? Non sei ancora stato chiamato?”
Quella domanda mi lasciò perplesso. “…chiamato?”
“No, Saber, lui non verrà chiamato” tuonò una voce. Dopo poco da una grossa grotta uscì fuori un uomo alto e robusto,  ma che stranamente si muoveva con un’agilità che quasi non sembrava sua. Il fisico era asciutto, sinuoso quasi, e gli occhi che mi vennero puntati addosso erano esattamente identici a quelli della piccola Saber. Poco dopo infatti la piccola corse ad abbracciare il probabile padre.
“Chiedo scusa per il disturbo da me causato, ma ho sentito voce che in questa zona remota c’era bisogno di uno Sciamano…” iniziai a dire io.
“Potevi dirlo subito!” mi interruppe la bambina. “Papà questo è Swaan, Swaan papà” e fece le presentazioni.
Il colosso la ignorò, prendendola però in braccio con una mano “Io sono Reynart, uno dei quattro Capo Famiglia che amministrano il villaggio: Artiglio di Ghiaccio. Piacere di conoscerti, Sciamano Swaan.” la sua espressione era impassibile, ed io rimasi inebetito a guardarlo, finché la piccola Saber non iniziò a dimenarsi tra le sue braccia: una coda! La bambina aveva una coda bianca e sottile che usciva dagli stracci, e quando iniziò ad agitarla freneticamente mi costrinsi a distogliere lo sguardo: questo peggiorò solo la situazione. Passato lo smarrimento iniziale notai che anche Reynart aveva la stessa coda che sfiorava terra alle sue spalle, e mi bastò guardarmi intorno un attimo per notare che di code ce n’erano ovunque! Tutte bianche, potevano essere sottili da felino o pelose da lupo, morbide da volpe o corte da orso! Ero sconcertato, tutte le storie su quel luogo erano vere.
“Papà, perché Swaan ha quell’espressione strana?”
“Perché lui non è come noi, e non ci ha mai visti”
Mi dovetti riscuotere “Scusate! Non intendevo offendere…è tutto nuovo per me, devo solo abituarmi all’idea…”
“Non temere” mormorò l’uomo “presto ti abituerai. Benvenuto Sciamano.” e dopo si rivolse alla gente che si era accalcata per studiare il nuovo arrivato “Questo è lo Sciamano Swaan, appena arrivato da terre lontane! Che gli altri Capi vengano avvisati!” subito la gente si disperse, frenetica “Finché non avrai un alloggio, sarai mio ospite.” concluse Reynart, scacciando una delle sue fluenti ciocche bionde dal volto con un movimento veloce della testa.
La caverna era molto grande e spaziosa, arredata in modo quasi sfarzoso! Mi aspettavo di trovarci modesti giacigli e invece la dimora del Capo Famiglia era addirittura divisa in stanze scavate tra la roccia, letti morbidi imbottiti di piume, stoffe pregiate e tavoli e sedie erano scolpite, un materiale nero-bluastro molto lucido.
Mi venne assegnata la stanza degli ospiti, dove trovai anche lì un comodo letto di piume ad attendermi.
Nelle pareti erano appesi arazzi dipinti con una grande varietà di colori tra cui dominava il verde, simbolo della Famiglia. Infatti Reynart indossava una veste di quel colore, finemente decorata con ricami d’oro, e sul petto aveva impresso l’orma di una zampa di felino.
Mi stesi sul letto e guardai il soffitto scuro, e sospirando chiesi agli spiriti di darmi la forza per sostenere la dura prova che stavo iniziando ad affrontare.
 
Un ceppo venne aggiunto al focolare, che iniziò a scoppiettare.
“Assurdo! Avevano la coda…”
“Chi altri hai conosciuto?”
“Ma come hai fatto a farti accettare da loro?”
 
Ogni cosa a suo tempo, ragazzi miei. La storia non parla di me, ma di tutto quello che è successo intorno a me.
In breve tempo iniziai ad esercitare la mia professione, il mio compito era di leggere i segni che mandavano gli Spiriti: in quelle terre le loro menti si erano fuse a quelli degli uomini, portando alla nascita di quegli esseri che di umano avevano solo l’aspetto esteriore…e nemmeno sempre.
Imparai a distinguerli in base alla loro coda e alla loro statura, e scoprii che non correva sempre buon sangue tra loro. I Lupi Bianchi, uomini in prevalenza alti e robusti, con capelli folti sempre abbastanza chiari ed occhi azzurri, non badavano molto all’apparenza, indossavano per lo più pellicce e non curavano troppo l’aspetto fisico; i Felini Artici invece erano l’esatto opposto, tranne che per la corporatura comunque impostata: sempre eleganti, raffinati, consideravano i lupi inferiori e questo spesso generava piccole risse tra bande. Venni a sapere però, da Reynart, che la loro inimicizia è legata ad una storia vecchia di secoli, quando le due stirpi si combattevano tra loro finché non si riuscì a trovare un accordo per cercare di convivere. Un luogo dove vivere insieme senza dover combattere per il cibo, una collaborazione che in un posto freddo come quello avrebbe garantito la sopravvivenza di entrambi.
Anche gli Orsi e le Volpi Polari presero parte all’accordo. I primi, dei veri e propri omoni, si mantenevano neutrali, mentre i secondi, bassi e mingherlini, erano sempre lì a mettere zizzania pronti a schierarsi con il più forte.
Un quadro generale interessante, eh? Ed io, semplice umano, ci sono andato di mia spontanea volontà! Ovviamente i Lupi erano molto sospettosi nei miei confronti, non si fidavano molto dei Felini ed io ero sotto la loro protezione.
 
“Come mai si chiamano così? E’ vero che hanno le code, ma mi fa pensare più ad animali…”
“Già è vero, cosa intendevi prima con ‘legame con gli Spiriti’?”
 
Oh, giusto, non ve l’ho ancora spiegato!
Dovete sapere che loro non avevano solo le code, erano anche in grado di mutare il proprio aspetto nell’animale caratteristico della propria specie.
 
“Eh? Davvero???”
“Ooh…e come?”
“Anche io voglio la coda!”
 
Non diresti così se sapessi cosa comporta avere la coda, ragazzo. La prima volta capita senza che tu possa fare nulla per evitarlo ed il tuo raziocinio non è molto diverso da quello di un animale: diventi una bestia, un assassino, finché uno Sciamano degli Spiriti non viene a placarti.
 
Silenzio.
 
Sì, vedo che avete capito che cosa sono andato a fare lì. Il mio compito era prevedere le trasformazioni, poiché per ognuno era diverso: poteva succedere alla nascita, come poteva non succedere mai. Saperlo con preavviso poteva permettere di prendere provvedimenti, dato che comunque i casi erano sempre più rari. In genere accadeva intorno ai venti anni di vita, ma per fortuna era da tanto che qualcuno risultasse del tutto incontrollabile: mi dissero che probabilmente non sarei servito se non per le previsioni, ma ovviamente furono abbastanza intelligenti da non parlarmi della fine che aveva fatto lo Sciamano prima di me.
 
“Che fine aveva fatto?”
 
A quanto ho scoperto si innamorò di una lupa…e venne mangiato.
Comunque, non è il caso mio! Cominciai subito a darmi da fare, e ben presto presi il ritmo: gli Spiriti erano buoni con me, e mi resero facile il lavoro. A volte mi chiamavano in sogno, e l’indomani erano tutti pronti per accogliere una nuova trasformazione. In genere, se avvertiti, anche i soggetti scelti affrontavano la cosa con più calma.
E così passarono alcuni anni, e ben presto ebbi una grotta tutta mia che si riempì velocemente di visitatori: alcuni mi chiedevano il futuro, anzi quasi tutti, soprattutto riguardo i figli non ancora trasformati; altri invece, di età avanzata, mi chiedevano perché gli Spiriti non gli avevano ancora concesso quel “dono”.
Ma la visita per me più gradita era solo una: la piccola Saber, che cresceva a vista d’occhio. Mi chiamava zio e mi portava sempre doni, era una piacevole compagnia quando veniva a raccontarmi cosa aveva fatto durante il giorno. La madre era morta dandola alla luce ed il padre era sempre impegnato con gli altri Capi, quindi mi si era velocemente affezionata come io a lei.
Ogni anno era sempre più bella, le sue forme iniziavano a mutare ed a farsi più tonde, stava diventando una splendida donna. Già all’età di quindici anni non riuscivo più a chiamarla “piccola”, ma comunque per me restava sempre una bambina. Chi l’avrebbe pensato che proprio lei avrebbe causato così tanti guai!
 
Iniziò tutto una notte, quando in sogno mi apparve lo Spirito Felino:
“Ascoltami Sciamano, ho un compito importante da affidarti. Domani si desterà dal suo sonno l’Artiglio di Fuoco, e tu dovrai starle accanto. Devi accompagnarla nel suo cammino e non diffidare del Caso, la sua storia è già stata scritta.”
Mi svegliai di soprassalto, sudato. Artiglio di Fuoco era il nome affidato a Saber, ma era ancora troppo piccola! Come l’avrebbe presa? Mi vestii in fretta e corsi subito da Reynart, riflettendo sulle parole dello Spirito. La ragazza aveva sempre dimostrato una grande forza interiore, proprio per quello le era stato dato quel nome, ma ero comunque preoccupato!
Trovai il Capo Famiglia sveglio, per fortuna, ed appresa la notizia iniziò subito a dare istruzioni per il giorno seguente, in modo da essere pronti. Si decise di avvertire Saber la mattina dopo, non volendola svegliare nel cuore della notte: ovviamente fu una scelta errata.
 
“Che successe? Si trasformò prima di saperlo?”
 
Sì, e nel peggior modo possibile.
Quella mattina, alle prime luci dell’alba, rumori e schiamazzi mi svegliarono. Corsi subito fuori temendo per Saber, ma quello che vidi mi lasciò sorpreso. Circondato da una piccola folla ringhiante un ragazzo, poco più grande di lei, cercava disperatamente di trovare una vita di fuga. Sarebbe stato un ragazzo lupo qualunque, se non avesse avuto quella folta coda e quei capelli neri come la notte. Anche la sua carnagione era scura, ma sul volto sporco spiccavano quei grandi occhi azzurri tipici della sua razza. Quando raggiunsi la folla sentii la gente che diceva “non è di queste parti”, “è pericoloso” o “è un selvaggio!”, ma ben presto vidi che quel giovane era solo terrorizzato, avendo tra le mani un pezzo di  carne probabilmente appena rubato.
Ben presto i Capi Famiglia accorsero e la folla si fece largo per farli passare, finché il ragazzo non fu circondato. Ci furono lunghi instati di silenzio, poi il Capo dei Lupi parlò.
“Da dove vieni, muso nero?”
Il ragazzo emise solo uno strano ringhio, come se fosse incapace di parlare.
“Te lo dico io da dove viene: il Sud, le foreste dove vivono sono i tuoi cugini selvaggi!” sibilò Reynart. I due si guardarono in cagnesco.
“Suvvia signori, magari si è perso e sta solo cercando un posto dove stare…” disse il saggio Capo degli Orsi, allargando le braccia “Io penso che abbia solo bisogno di imparare le buone maniere, alla fine non è molto diverso da noi”
“Se non fosse per quella coda nera…” mormorò sarcastico il Capo delle Volpi “Adesso i lupi avranno anche un muso nero tra le loro schiere…”
Reynart ringhiò, l’atmosfera stava diventando pesante “Non lo voglio qui.”
“Io sì. È un Lupo, la mia Famiglia sarà lieta di accoglierlo” il Capo dei Lupi sorrise, compiaciuto dall’aria nervosa dell’Artiglio di Ghiaccio.
Fu allora che decisi di intromettermi, non so ancora perché:
“Se permettete, illustri Signori, potrei prendermi cura io del ragazzo, così da insegnargli a vivere tra la gente.”
I quattro si voltarono verso di me, seri.
“Sei sicuro di quello che dici?” chiese Zanna d’Argento, vagamente soddisfatto.
“Sei davvero disposto a prenderti questa responsabilità?” domandò Manto di Neve.
“Perché…?” disse invece Artiglio di Ghiaccio.
“Sì…come avete detto lui non è diverso da voi, cambia solo il colore. È un lupo e come lupo dev’essere accolto, sono sicuro che seguendolo non creerà problemi”
I Capi si appartarono qualche attimo per parlare, poi tre si fecero da parte lasciando la parola al Capo degli Orsi:
“Bene, è deciso. Che sia tua responsabilità”
Il mio fu un sospiro di sollievo misto ad una fitta di terrore, consapevole che quello che avevo di fronte era poco più di un animale in veste umana.
Mi avvicinai cautamente al ragazzo mentre la gente ancora non se ne andava, e allungai una mano verso di lui.
“Non avere paura, mi prenderò cura io di te…” cercai di rendere la mia voce  più rassicurante possibile, e gli lasciai annusare le mie dita senza muovere un muscolo.
Probabilmente però la gente che lo fissava lo innervosiva, e quando mi distrassi un attimo per allontanare un bambino lui si irrigidì e mi morse la mano.
 
“Ti ha morso?! Non ci credo!”
“E ti ha fatto male?”
Appare davanti al fuoco una mano scura e rugosa, con una grossa cicatrice sul palmo, segno di denti.
 
Dovete sapere che i denti di quella gente sono più forti dei nostri, ed i loro canini sono più sviluppati: mi ha fatto un gran male infatti!
Ma quello non era niente, in confronto a quello che ha rischiato lui. Un grido poco dopo si è alzato tra la folla, un ringhio che non aveva nulla di umano. Tenendomi la mano sanguinante vidi apparire Saber, il cui volto era lo specchio della sua rabbia.
“Tu HaI mOrSo ZiO sWaAn…?!” la voce era innaturale, tanto spaventosa che il ragazzo smise di ringhiare.
Io compresi subito. Velocemente mi posi tra i due e tirai fuori uno dei miei talismani dalla tasca, puntandolo contro Saber.
“Calmati bambina, non è successo niente!”
Ma lei non mi ascoltava. Il suo corpo cominciò a ingrossarsi ed i suoi denti diventarono zanne, e ben presto anche la folta pelliccia bianca prese il posto della sua pelle chiara. Strisce nere le attraversavano il corpo e gli artigli si conficcarono presto nel terreno, finché il suo ruggito non riempì l’aria. Era una Tigre, giovane e bellissimo felino che mi paralizzò per qualche istante dal terrore.
Ruggì ancora e mi riscossi, mentre si preparava a balzare verso di me totalmente fuori controllo. Nel frattempo i Capi tornarono e vedendo ciò Reynart si preparò a trasformarsi ma io fui più veloce di lui.
“Oh grandi Spiriti dell’Aldilà, concedetemi la forza di placare quest’animo in tumulto!” urlai, e dal talismano si sprigionò una luce abbagliante che avvolse Saber giusto in tempo, la quale si dimenò cercando di liberarsi. Tutti indietreggiarono sgomenti, tranne il ragazzo che si raggomitolò per terra, tremante.
Furono pochi secondi che parvero interminabili, ma alla fine riuscii nel mio intento: quando la luce scomparve Saber era distesa a terra, seminuda e addormentata, nelle sue sembianze umane. Il suo era un sonno sereno e ristoratore, come se nulla fosse successo.
“Grazie, Sciamano.” Mormorò una voce alle mie spalle: mi trovai di fronte  il grosso muso di un’enorme tigre bianca che poi riconobbi come Reynart. L’aiutai a caricarsi la ragazza sulle spalle, e una volta che si furono allontanati la gente riprese a respirare. Mi voltai verso il ragazzo, con la mano ancora sanguinante:
“Ora andiamo nella mia grotta, sempre che tu non voglia restare qui e farti divorare” gli dissi secco, e lui docile questa volta obbedì subito, seguendomi con la schiena curva.
 
Passarono tre giorni prima che Saber mi venisse a trovare di nuovo. La sua trasformazione era stata breve ma intensa, e suo padre non le aveva permesso di uscire fino a che non si fosse ripresa completamente. Quando entrò mi trovò mentre stavo cercando per l’ennesima volta di far parlare il misterioso ragazzo lupo, ma senza successo. In quei giorni aveva dimostrato la sua intelligenza in piu’ di un’occasione, ma qualcosa lo teneva ancora legato al regno animale.
“Zio Swaan…” mormorò lei un po’ imbarazzata entrando nella grotta, prima di fissare la sua attenzione sulla mia mano fasciata “stai bene?” un’occhiata di fuoco invece rivolse al giovane, che sembrò ignorarla.
“Sì…Sì, non preoccuparti” le dissi “e tu invece sembra che ti sia già ripresa, non ne avevo dubbi!” esclamai, tornando sul ragazzo “quello messo peggio sembri tu, possibile che non sai dirmi neanche il tuo nome?”
Il ragazzo scosse la testa, non capendo forse, e lentamente alzò lo sguardo verso Saber. Sembrava si fosse appena reso conto della presenza della ragazza, e riconoscendola si raddrizzò, seduto.
Non mi ricordo bene cosa accadde dopo. Quando i loro occhi si incontrarono sentii l’aria farsi quasi elettrica, come se quel contatto visivo avesse causato una qualche scintilla, e subito mi feci da parte per lasciare modo ai due di studiarsi. Una Tigre ed un Lupo faccia a faccia facevano un certo effetto, e gli occhi verdi di lei erano pieni di curiosità nell’osservare quel ragazzo dalla pelle abbronzata.
Fu Saber a fare la prima mossa “Ehm, senti…scusa per l’altro giorno” mormorò, mettendosi seduta di fronte a lui “non ero in me…però tu hai fatto una cosa cattiva.” aggiunge, indicando la mia mano per poi scuotere il capo, contrariata.
“…” il giovane la imitò scuotendo il capo a sua volta, poi mi guardò la mano. Probabilmente in quel momento capì, perché lo sguardo che mi rivolse fu di dispiacere, e quegli occhi così selvaggi non potevano non essere sinceri.
“Non ti preoccupare, avevi paura. Non è successo nulla, presto con le erbe che sto usando guarirà” gli dissi, sventolando con cautela la mano.
“Non importa, Zio. Dovrebbe chiederti scusa! Hai capito? SCU-SA…” borbottò lei, scandendo lentamente quella parola “…Scu-sa!”
Lui la osservò dubbioso per qualche istante, poi dischiuse le labbra “…Scu…sa…” mormorò, ed il volto della ragazza si riempì di gioia. Io ero stupito.
“Bravo! Scusa!” esclama lei annuendogli, facendo ondeggiale la coda.
“…Scu-sa!” le rispose lui, con un timido sorriso.
Io rimasi in disparte a guardarli, compiaciuto.
“Bene, adesso prova a dire Sa-ber!”
“Sa…ber!”
“Sa-ber”
“Saber!”
“Ottimo! E’ il mio nome!” gli spiegò, indicandosi. “E il tuo?” gli chiese, indicando lui.
Lui si indicò a sua volta, spronato dal fare di lei “Ar-ter. So-no Arter”
“Piacere di conoscerti, Arter!”
“Pia-cere…Saber!” questa volta il giovane sorrise con più convinzione.
“Sì!” era da tempo che non vedevo quella ragazza così contenta. “Vieni, ti faccio fare un giro!” esclamò, prendendolo per mano.
“Aspetta! Non portarlo al villaggio, è ancora turbato…” la avvertii io, vedendo già la riluttanza di lui ad alzarsi.
“Va bene, gli faccio vedere il bosco!” mi rassicurò lei. Cercai di dirle altro, ma ormai erano già spariti.
 
Arter era confuso. Non ricordava nulla, solo il suo nome. Non aveva idea di come fosse finito lì, ne’ da dove venisse, e non riusciva a capire come mai erano tutti così diversi da lui. Anche i lupi gli erano sembrati strani con quelle code bianche e morbide, mentre la sua era nera e dal pelo ispido. L’avevano chiamato selvaggio e non poteva dargli del tutto torto, data la sua inclinazione a stare piegato quasi come se camminasse a quattro zampe. In quei giorni gli parlai della vita al villaggio, degli orsi, delle volpi e dei felini, e rimase stupefatto dalle mie descrizioni. Ma quel vuoto sulla sua identità lo rendeva inquieto, non aveva ancora idea di chi fosse.
L’arrivo di Saber fu come un grosso scossone per lui: lo terrorizzava e lo affascinava allo stesso tempo. Quella trasformazione lo aveva impressionato, e conoscerla nel suo aspetto umano lo aveva incuriosito.
Lasciava docile che lei lo guidasse attraverso il bosco di abeti, ascoltando silenzioso le parole della ragazza.
“Qui vicino ci sono alcune vallate dove spesso si rifugiano i cervi, ottimo posto per cacciare”  spiegò Saber “tu l’hai mai fatto?”
“Non…so…” mormorò lui, dubbioso.
La ragazza gli sorrise “non so? Che vuol dire? Sei strano…” borbottò prima di accelerare il passo “vieni, ti porto nel posto più bello qui vicino!” esclamò lei.
All’inizio seguirla non fu facile. Balzava da una roccia all’altra con agilità felina, veloce, e di tanto in tanto la perdeva di vista, seguendola grazie alla sottile coda bianca che di tanto in tanto scorgeva dietro un albero. I vestiti gli davano un po’ fastidio, sentiva che i calzoni di lana non erano fatti per lui, anche se con quel freddo erano una necessità. Glieli avevo procurati io i vestiti, e si dovette adattare anche alla giacca di pelliccia dall’odore molto pungente.
Saber invece indossava quella che una volta era stata una tunica elegante: i lembi inferiori erano sporchi e strappati, le maniche erano state tagliate ed il verde era abbastanza opaco. Non sembrava fosse un problema per lei, e la sua resistenza al freddo era di gran lunga maggiore di quella di Arter.
Raggiunsero una collina rocciosa senza alberi, dove c’era solo una piccola grotta scavata dalle intemperie. Quello era il luogo più alto del bosco, da dove si vedeva l’intero villaggio.
Il giovane lupo fu stupito notando la grandezza di quello che sembrava solo un piccolo villaggio, e si rese conto ben presto che avrebbe dovuto imparare a viverci il prima possibile.
Saber da lassù gli spiegò molte cose, tra cui la divisione delle zone tra clan, la gerarchia, e molte altre cose che Arter avrebbe dovuto imparare alla svelta.
 
“ma poi Arter riesce a scoprire da dove veniva?”
“ma come facevano ad andare d’accordo un lupo e una tigre?”
 
Eh ragazzi, prima di riuscire ad andare veramente d’accordo ne passarono di tutti i colori!
Nei giorni successivi Saber mi venne a trovare ogni giorno, sia per vedere come stavo sia per far parlare Arter. Riusciva sempre a fargli dire qualcosa di nuovo, al punto che io mi sentii abbastanza inutile! Sembrava lo capisse al volo, ma non sempre il giovane era propenso a collaborare.
“Allora, hai detto che non ricordi niente su quello che facevi prima?” gli chiese lei per l’ennesima volta, pensierosa.
“No, niente…” le rispose lui abbastanza stufo. Era intento ad accendere il fuoco per la cena, quella sera avrei preparato uno stufato.
“Magari se andassi dagli altri lupi potrebbero aiutarti a ricordare…”
“Non sono…come me”
“E che vuol dire?!” sapevo anche prima di guardarla quando Saber era alterata “solo perché loro sono bianchi e tu sei nero?”
“No, non vogliono parlare con me…” mormorò lui scuotendo il capo.
“E allora? Insisti no? Hai paura solo perché ti guardano in modo strano?”
“Io no paura!” esclamò lui; sembrava che la ragazza avesse toccato un punto dolente “non voglio problemi qui, sto bene qui” le spiegò, indicandole la grotta.
Lei gli si avvicinò senza preavviso, per essergli faccia a faccia “sei uno stupido! Non ti integrerai mai con loro se resterai chiuso qui dentro!”
Lui inizialmente ringhiò, ma poi abbassò lo sguardo.
“Saber ha ragione, Arter, dovresti provare” gli dissi io, per incoraggiarlo.
“Io già provato. Loro hanno riso di me” disse lui, tornando a guardare Saber “che ne sai tu? Quello che e’ meglio per me lo decido io”
Quella affermazione venne presa come una sfida “Bene, allora fai come ti pare. Io volevo solo aiutarti, ma se hai troppa paura pazienza” borbottò lei, facendolo innervosire.
A quel punto lui le si avvicinò di scatto, facendola rotolare all’indietro per terra: da che erano accovacciati lui la atterrò, fissandola con aria adirata.
“Lasciami in pace” il suo tono era brusco, i muscoli erano tesi. I loro nasi quasi si sfiorarono, e penso che quello fu l’inizio del primo loro litigio.
“Come ti permetti!” esclamò lei, spingendolo con forza lontano da se’ “E’ così che mi dici grazie dopo quello che ho fatto per te?” domandò in un ringhio.
“Non ti ho chiesto nulla” rispose lui al ringhio, ed in quel momento temetti che si stessero per azzuffare.
“E’ pronto, mangiamo!” qui entro in scena io separandoli, ma ormai l’atmosfera era rovinata.
“Ti ringrazio zio ma non ho più fame” mi disse Saber con un sorriso nervoso “penso che andrò a casa” ed uscì: sparì per una settimana.
 
“Non si parlarono piu’?!”
“Lei poteva capire come si sentiva lui…”
“Eh no, lui doveva capire lei!”
 
Buoni buoni, come vi ho detto questa non fu l’unica volta che litigarono. Può capitare di discutere ogni tanto, ma non per questo si smette di volere bene ad una persona. In quei giorni erano diventati amici, e ad ogni litigio la loro amicizia si rafforzava e portava benefici a entrambi.
Saber era diventata più paziente e Arter meno introverso, tanto che durante quella settimana senza la ragazza si decise a presentarsi di nuovo ai Lupi Artici.
Quando arrivò al cospetto di Zanna d’Argento era inquieto ma non spaventato, aveva girato spesso per il villaggio e non lo intimoriva più come prima. A parte Saber però, gli sguardi dei Felini non gli piacevano.
“Dunque, dunque…che abbiamo qui?” disse il Capo Famiglia dei lupi, avvicinandosi a lui. Mentre il ragazzo rimase fermo l’uomo lo studiò a lungo, finché soddisfatto non esordì con “Braccia forti, fisico muscoloso, sarai decisamente molto utile qui, Muso Nero…”
Ormai, si rese conto Arter, quello era diventato il suo soprannome “Cosa posso fare?” domandò all’uomo, speranzoso.
“Prima completa la tua istruzione con lo Sciamano, poi vieni da me e ti dirò cosa fare” spiegò il Capo con aria compiaciuta, mentre altri Lupi si avvicinavano a lui.
“Muso Nero, da dove vieni?
“Hey, Arter, hai mai cacciato?”
Piombarono molte domande sul ragazzo, ma lui non ne fu dispiaciuto. Finalmente i lupi si interessavano a lui, e cerco in tutti i modi di chiarire i loro dubbi. Avrebbe voluto ricordare di più, e sperò che ci fosse solo bisogno di tempo.
 
Nel frattempo, mentre il ragazzo veniva circondato dai suoi simili, Saber lo osservava compiaciuta con le braccia incrociate al petto. Notando quel lento scodinzolio non riuscì a non sorridere, e quando i Lupi si allontanarono decise di farsi vedere anche lei.
“Ma bravo, ci sei riuscito alla fine” mormorò alle sue spalle.
Lui si voltò subito sentendo la voce di lei, e notò immediatamente quel suo sorrisetto soddisfatto “Avevo già intenzione di farlo, non c’era bisogno che me lo dicessi tu”
“Sì, certo…” gongolò lei, girandogli attorno con aria felina “immagino che tu sia già al corrente di quanto ti dovrai impegnare una volta integrato qui”
“Sì, qui tutti fanno la loro parte. Anche io” disse lui con aria decisa, seguendola con lo sguardo.
“Bene, allora prima di tutto dimostrami quanto sei veloce. Bisogna esserlo per cacciare” mormorò lei, sfiorando la coda di lui con la propria prima di schizzare veloce in direzione del bosco.
Lui non se lo fece ripete due volte. Partì subito al suo inseguimento, divertito da quella sfida improvvisa e desideroso di vincere: la inseguì per diverso tempo, tanto che impiegarono quasi tutto il pomeriggio in quel nuovo gioco. Lei era silenziosa ed abile nel nascondersi, lui era bravo a seguire le tracce ed il suo odore; riusciva quasi sempre a scovarla, e verso il tramonto erano entrambi esausti.
Fu proprio la stanchezza a cogliere Saber di sorpresa, facendola distrarre il tempo che bastò ad Arter  per balzarle addosso ed atterrarla.
“Ti ho presa” sussurrò il ragazzo con voce spezzata dal tanto correre, e lei rise divertita.
“Sei stato bravo, ma la prossima volta non sarò così buona” gli disse lei, facendolo rotolare sulla neve un paio di volte. Giocavano come due giovani fiere, ridendo di gusto.
“Ora però sono stanca, forse e’ meglio che andiamo” disse Saber dopo l’ennesima capriola sulla neve “il sole ormai e’ quasi tramontato del tutto”
“Si hai ragione…” concordò lui, mentre si misero a sedere “Grazie” le disse, facendo poi qualcosa di inaspettato: le leccò una guancia.
 
“Che schifo!”
“Ma perche’ lo ha fatto?!”
“E lei lo ha picchiato?”
 
No, incredibile ma non l’ha picchiato. Dovete sapere che in momenti come quello può capitare che si mostrino comportamenti un po’ più animaleschi, e sia lui che lei in quel periodo erano poco più che cuccioli! All’inizio Saber rimase stranita dal gesto di lui, ma poi ricambiò come una qualsiasi dimostrazione di affetto.
 
“Incredibile! E’ il loro modo di baciarsi?”
 
No no, si baciano proprio come noi! Quella era un semplice gesto di affetto, come una carezza ad esempio. Pensate agli animali.
Il problema era che in quel villaggio tutti si comportavano in modo più umano che animale, e questo ad Arter non andava proprio benissimo: lui era prima un lupo e poi un uomo.
Il ricambiare di Saber infatti non gli sembrò così strano, sono più tardi quando venne a chiedere a me si rese conto di aver fatto una cosa davvero strana per quelle parti.
“Le hai leccato la faccia?!” domandai io, perplesso “e non ti ha tagliato la lingua?”
“No, all’inizio era un po’ strana, ma poi lo ha fatto anche lei” rispose lui alzando le spalle.
“Oh per tutti gli spiriti…Arter, ti prego, cerca di comportati piu’ da umano d’ora in poi” gli raccomandai io, volendo evitare le ire di Reynart.
A un mese dal suo arrivo si presentò da Zanna d’Argento ed entrò ufficialmente a far parte del clan dei lupi. Da quel momento in poi Saber lo vide sempre di meno a causa dei continui compiti che gli venivano assegnati.
Lei, da parte sua, non aveva molto da fare. Era la figlia del capo dopotutto, e non era fatta per starsene seduta ad organizzare eventi o a risolvere contese: fondamentalmente voleva stare in giro, esplorare e ovviamente divertirsi. Non sapeva ancora cosa volesse dire essere donna, e quel nuovo amico aveva praticamente monopolizzato la sua attenzione: le piaceva. E non come potete intendere voi da ragazza a ragazzo, ma come persona a persona, tanto che non sentì alcun imbarazzo alla strana dimostrazione d’affetto di lui. In fin dei conti, era stato quasi divertente.
I giorni passati senza di lui la annoiavano, ma dovette rassegnarsi ad avere pazienza se voleva vederlo.
 
Da parte mia le proposi di allenarsi nelle sue trasformazioni.
Inizialmente non ne fu troppo entusiasta, ma con il tempo imparò a conoscere quel lato di se stessa che in fondo non le dispiacque poi tanto. Imparò in fretta a restare lucida nelle sembianze di tigre, e spesso la vedevo a vagare nei boschi con quel corpo di felino possente e veloce.
 
“Doveva far paura, pero’…”
 
Decisamente. La sua forza interiore si rifletteva nella sua forma animale, ed io ne fui orgoglioso quasi quanto suo padre: l’Artiglio di Fuoco divenne preso il guerriero più abile tra i Felini.
Una crescita fin troppo veloce la sua, in pochi anni vidi Saber cambiare ancora: non era più la bambina di una volta, e nel suo viso ventenne c’era ormai la consapevolezza di essere donna.
Nei comportamenti era rimasta praticamente normale, ma dentro di lei c’erano sogni, progetti, pensieri che ormai la portavano a vivere da adulta.
Arter, da parte sua, in quei cinque anni ebbe modo di divenire un forte e valoroso Lupo. Il suo fisico asciutto venne spesso ambito da diverse giovani ragazze, ma lui non smise di seguire i suoi obiettivi: diventare il più forte tra i lupi, riuscendo a distinguersi per il suo valore e non per il colore della sua coda.
Era un gran lavoratore ed ottenne presto la piena fiducia da Zanna d’Argento, tanto che fu il Capo stesso a proporre il suo nuovo nome: Zanna di Pietra, in onore della sua forza.
Arter fu molto compiaciuto da quel titolo, tanto che corse subito da Saber per dirglielo.
I due rimasero amici ovviamente, ed anche se entrambi avevano diversi impegni non mancavano mai ad un appuntamento per scambiare due chiacchiere.
Ogni tanto lui, divenuto spavaldo, andava a fare una visitina alla ragazza direttamente a casa sua, senza preavviso.
“Ciao, fiammetta!” la salutò ironicamente un giorno entrando nella grotta di lei e del Capo Famiglia che fortunatamente non c’era.
“Ciao, pietrino! Entra pure” rispose lei a tono dall’altra stanza, invitandolo.
Il ragazzo ormai aveva una certa familiarità con quell’abitazione, e non rimase sorpreso quando trovò Saber intenta a provarsi un abito da cerimonia: era splendido, verde smeraldo a maniche lunghe e larghe. Alcuni ricami decoravano la gonna che scendeva morbida e graziosi merletti accompagnavano la scollatura tonda che le donava decisamente. I capelli biondi erano tenuti sciolti, lunghi e ondulati, mentre un’altra donna era indaffarata a sistemarglieli anche se con scarsi risultati.
“Sai che così stai proprio bene? Sembri proprio un broccolo” le disse lui ridacchiando, suscitando le ire della sarta che brontolò qualche parola a mezza voce.
“Sempre meglio di un ammasso pulcioso come te!” risposte la ragazza a tono, guardando l’amico con aria di sfida. Lui indossava dei calzoni scuri ed una casacca di pelliccia semi aperta, lasciando semi scoperto il petto abbronzato e muscoloso di lui. I capelli neri gli ricadevano in parte davanti al viso, raccolti in una sorta di codino, ed i suoi occhi azzurri spiccavano sul suo viso dai lineamenti mascolini.
Quando gli occhi verdi di lei incontrarono quelli di lui entrambi sorrisero con aria serena, e quando la sarta ebbe finito la ragazza fece una piroetta su se stessa facendo ondeggiare il vestito.
“Allora, che ne pensi? Lo devo indossare alla festa della Primavera”
“Uhm, che fortuna…” borbottò lui sapendo bene quanto lei non sopportasse quel tipo di vestiti.
“Eh,  non mi va per niente di metterlo, ma mio padre ha insistito!” si lamentò lei, per poi sospirare “tu invece che indosserai? Ti vestirai da uomo delle caverne insieme ai tuoi puzzolenti simili?” chiese lei, sempre con aria scherzosa.
“Eh si, mi tocca…però non è male girare a torso nudo in questo periodo dell’anno, la temperatura e’ piacevole” rispose lui, alzando le spalle.
“Se lo dici tu…”
In quel momento Reynart fece il suo ritorno dal giro mattutino, e non fu troppo contento di trovare Arter in casa sua.
“Zanna di Pietra” lo salutò con aria formale e tono di voce grave.
“Artiglio di Ghiaccio” ricambiò Arter con un cenno del capo, tornando su Saber “penso che adesso andrò ad aiutare nei preparativi ed ad impuzzolentirmi per bene per stasera, ciao!”
“Per favore evita di riempirti di melma come l’anno scorso, le ragazze non ti si avvicinano comunque quindi stai tranquillo!” lo salutò lei, storcendo il naso.
Quando il ragazzo fu uscito Reynart riprese a parlare “Quel ragazzo non mi piace”
“Papà, lo dici sempre…” disse lei, ridendo “quante volte ti devo dire che non hai motivo di essere geloso di lui?”
“Io, geloso? Ma tesoro, io lo dico solo perché una nobile Tigre come te dovrebbe stare con Felini del suo calibro…” iniziò a spiegare lui, ma venne subito interrotto.
“Tipo Arhen, papà?” chiese lei con aria scocciata “ne abbiamo già parlato, decido io chi sono le persone che vale la pena frequentare” sbuffò, infastidita dal vestito.
Il padre le si avvicinò e l’abbracciò con aria affettuosa “lo so, piccola mia, ma sei diventata così bella ormai da farmi venire il timore che qualcuno ti porti via da me…”
“Ma no papà, non me ne andrò. Io voglio divertirmi, non voglio mica quelle sciocchezze romantiche!” esclamò lei, scuotendo il capo “sono grande adesso è vero, ma ho anche un cervello!”
“Sei identica a tua madre” le disse lui con un sorriso tenero.
“Ora fammi andare a cambiare, voglio indossare il meno tempo possibile questo vestito!” disse lei ridacchiando, per poi allontanarsi.
“Si, proprio come Liona…” sussurrò tra sé Reynart, sospirando.
 
“Chissà com’era la mamma di Saber…”
“Sicuramente bellissima!”
“Ma come funziona la festa della Primavera?”
 
La Festa della Primavera era una ricorrenza importante per la gente del villaggio, un momento di ritrovo spirituale dove venivano annullate tutte le differenze tra razze. E’ vero, ognuno indossava i suoi abiti tipici, ma per il resto c’era l’obbligo di dare tregua a tutte contese ed a tutte le antipatie per condividere un momento di comunione con gli Spiriti.
La serata consisteva inizialmente in una cerimonia intorno ad un grande focolare, io ovviamente funge da officiante e si svolgeva in questo modo: uno per volta venivano chiamati a danzare i prescelti di ogni razza, esibendosi durante una nenia che cantavo io insieme ad un piccolo coro.
I primi ad essere chiamati erano i Lupi, il cui ballerino si esibì in alcune tecniche di combattimento corpo a corpo; subito dopo toccò agli Orsi, con una donna che imitò i movimenti delle fronde degli alberi; per le Volpi invece un piccolo uomo fece diverse piroette dando prova di grande agilità…
 
“ma queste sarebbero danze?”
“già, in realtà sono solo esercizi…”
 
In effetti avete ragione. Credo che l’unica vera danza sia stata quella dei Felini.
E indovinate un po’ chi era la ballerina? La piccola Saber, ovviamente.
 
“Che bella! Ecco perché suo padre era geloso…”
 
Non era chiamata Artiglio di Fuoco solo per la sua forza d’animo, ahimè. Aveva una dote particolare per quanto riguarda il ballo, ed ogni volta quel suo ondeggiare ritmato faceva pensare ad una fiamma scoppiettante. Era sinuosa e silenziosa, con gli occhi chiusi mentre ballava.
Non potetti non notare gli sguardo interessati degli spettatori durante la sua esibizione, e non erano soltanto occhi felini. Diversi Lupi la guardavano rapiti e, ve lo devo proprio dire, Arter era uno di quelli. Non riusciva a restare impassibile davanti alla bellezza della nostra Tigre.
 
“Ooh! Ma allora si piacevano?”
“Non l’avevi ancora capito?”
 
In realtà, a quel tempo, non lo sapevano neanche loro.
Quando Saber finì di ballare la nenia terminò e tutti si alzarono in piedi per far spazio a chi voleva ballare.
“Ed ora, in onore degli Spiriti, apriamo le danze!” dissi io, invitando l’Artiglio di Fuoco. Indossava quell’abito verde che aveva provato la mattina, e devo dire che le stava meravigliosamente. Feci l’occhiolino al padre che mi guardò orgoglioso, per poi portare la ragazza vicino al focolare per iniziare a ballare.
“Sei stata bravissima” le dissi.
“Grazie, Zio! Ma lo so che lo dici solo per farmi sorridere” brontolò lei, sorridendo.
“Se pensi questo allora non ti farò più complimenti” risposi scherzando, facendola ridere.
Nel frattempo Arter se ne stava in disparte, guardandoci. Anche durante il ballo se ne stava nascosto, e ben presto scoprii il perché: come abito da cerimonia i Lupi indossavano un paio di calzoni neri ed eleganti ed una striscia di pelliccia marrone che copriva solo parte del petto e della schiena, con sopra appuntato lo stemma della famiglia, un’impronta di lupo. Alcuni però erano soliti decorarla nei modi più strani, ed in genere il nostro Zanna di Pietra optava sempre per qualcosa di disgustoso o puzzolente per allontanare ‘le scocciatrici’, come le chiamava lui.
Quella sera invece era stranamente in ordine, senza strani muschi o muffe, e non c’era neanche un vago odore di melma. Aveva sicuramente provato a dare un certo ordine ai capelli ma con scarsi risultati, e lo sguardo puntato su Saber mi fece facilmente intuire qual’era il suo scopo.
Non feci neanche in tempo a finire di ballare che tre ragazze si fiondarono da lei con aria eccitata, una di loro era una Lupa.
“Saber! Arhen ti sta cercando!” esclamò una Gatta.
“Avanti Saber, vieni con noi!” la incitò una Leonessa.
“Puoi parlare con Arter, per favore? Non vuole ballare con nessuna però è così carino…” disse la Lupa, alla quale prestò più attenzione delle altre.
Gli occhi verdi di Saber vagarono subito in cerca di Arter, trovando ben presto i suoi occhi azzurri tra la folla. Lo osservò sorpresa per qualche istante, per poi sorridere con aria beffarda nel raggiungerlo, seguita dalle ragazze.
“Toh, vedo che questa volta hai cercato di darti una sistemata! Con scarsi risultati certo, ma comunque ci hai provato” lo punzecchiò subito lei.
Il ragazzo rise “anche tu oggi hai provato a ballare ma con scarsi risultati, peccato che alla fine non sei caduta quando hai messo un piede nel fango!” le rispose a tono, sorprendendola.
“Te ne sei accorto? Pensavo che nessuno ci avesse fatto caso…” mormorò lei un po’ imbarazzata, ma lui non fece in tempo ad aggiungere altro che la Lupa vicino a Saber si fiondò su di lui prendendolo per un braccio.
“Per favore balla con me! Ti prometto che ci divertiremo!” lo implorò, cercando di non farlo divincolare.
“Lasciami stare…” brontolò lui, infastidito.
Saber lo guardo con aria incuriosita, poi esclamò “Suvvia, che ti costa? Sciogliti un po’! Posso capire che non sai ballare, ma almeno prova!”
“Non è questo, io so ballare!” si lamentò lui, sospirando.
“Bene, dimostramelo ballando con Sheyla” disse Saber, in un tono che non ammetteva repliche.
“Uff, va bene…” cedette lui, prendendo per mano la Lupa “andiamo”
“Grazie Saber, finalmente potrò realizzare il mio sogno!” esclamò Sheyla, attaccandosi ad Arter.
La Tigre li guardò andare verso il focolare ed iniziare a ballare, di tanto in tanto si lasciava sfuggire qualche risatina quando Arter le lanciava occhiatacce.
“Stanno bene insieme però, chissà forse finalmente Arter ha trovato una compagna…”
“Sì, è sempre così scontroso…”
I commenti delle altre due ragazze fecero andar distorta la saliva a Saber, non avendo minimamente considerato la parte sentimentale della situazione. Sheyla sembrava davvero aver preso una cotta per il ragazzo, e lei nel suo fare scherzoso le aveva consegnato il Lupo tra le braccia.
Avrebbe dovuto esserne felice, ma invece non lo era affatto.
“Saber? Posso avere l’onore?” la voce di Arhen le giunse alle spalle, e subito si voltò verso di lui.
“Va bene, ma solo per poco. Sono stanca” rispose lei, mentre il Giaguaro le prese la mano. Era un tipo dai capelli corti e biondi e gli occhi azzurri, fisico snello e scattante.
Vedere Saber ballare con qualcuno che non era lui fece andare Arter su tutte le furie. Stava per chiederle di ballare quando Sheyla si era messa in mezzo, ed non aveva più avuto il coraggio di farlo. Anche mentre ballava con Arhen lei continuava a guardarlo con aria strana, misteriosa, che ben presto divenne uno sguardo di sfida. Lei era fatta così, e lui decise di raccogliere la sfida: i suoi passi si fecero più ritmati e precisi, dimostrando davvero di saper ballare.
Dopo Sheyla altre ragazze vollero ballare con lui e lui accettò tutti gli inviti, lasciando ben presto Saber a bocca aperta. Spesso le sfrecciava vicino con aria altezzosa, ammiccandole di tanto in tanto.
Per la nostra Tigre quel ballo fu interminabile. Era davvero stanca, ma non smise di ballare con Arhen per potere tenere d’occhio Arter e le sue corteggiatrici, si lasciava quasi trascinare dal Giaguaro, che da parte sua se ne approfittava per tenerla stretta a sé.
 
“Ma come! Che stupidi…!”
“Hanno passato tutta la sera così?”
 
Esatto, li ho osservati a lungo. A fine serata erano entrambi esausti, avevano ballato fino al completo spegnimento del focolare. Quando tutti furono andati via Saber si avvicinò strisciante all’amico, quasi barcollando.
“Alla fine hai imparato…” mormorò lei.
“Sì, ho chiesto alla compagna di Zanna d’Argento di insegnarmi. Sono bravo, vero?” le domandò lui con aria trionfante, gonfiando il petto.
“Ora non esagerare, ho detto che sai ballare, non ho detto che sei bravo…” puntualizzò lei, sorridendo.
“Scommetto che so ballare anche meglio di te. Vuoi vedere?” le chiese, offrendole la mano.
“Meglio di me? Non scherzare col Fuoco…” gli disse lei divertita, prendendogli la mano “però non c’è più la musica” notò subito dopo, dispiaciuta.
“Non sei in grado di immaginarla, fiammetta?” domandò lui con aria di sfida, avvolgendola con le sue braccia forti.
Lei sorrise, per poi iniziare a ballare in modo veloce e ritmico, seguita subito dopo dal giovane.
 
Sembrava che la stanchezza fosse scomparsa in loro mentre roteavano ridendo intorno al focolare ormai spento. I movimenti sinuosi di lei venivano accompagnati da quelli corposi di lui, e ben presto trovarono una certa sintonia che li aiutò a sincronizzarsi. Seguivano entrambi la stessa musica, e solo quando la stanchezza gli ripiombò addosso smisero finalmente di danzare lasciando si cadere su delle foglie secche, ancora abbracciati.
“Va bene, lo ammetto! Sei bravo” disse lei, divertita.
“Anche tu non sei male, dopotutto” mormorò lui, appoggiando la fronte sudata sulla spalla di lei “mamma mia che stanchezza…”
“Sei appiccicoso!” esclamò lei spostandogli la testa con le mani “ed i tuoi capelli sono fradici!”
“Neanche tu scherzi in quanto a sudore…” disse lui brontolando, per poi socchiudere gli occhi.
“Anche io sono stanca…” aggiunse Saber, sbadigliando.
“Però è stata una bella serata…grazie” mormorò lui, avvicinandosi al lei. Le si raggomitolò vicino, con tutta l’intenzione di addormentarsi.
“Che fai? Non possiamo dormire qui…” lo sgridò lei, mentre le sue palpebre si chiudevano sempre più.
“Perché, che ci fa?” disse lui, per poi avvicinare il viso a quello di lei: prendendola alla sprovvista, le sfiorò con la lingua un punto tra la guancia e le labbra, teneramente.
Lei non disse nulla, rabbrividendo a quel gesto. Fece per scostarlo ma si accorse che si era appena addormentato, così si convinse che il gesto del Lupo era stato semplicemente affettuoso come cinque anni prima. Ricambiò un po’ indecisa per poi chiudere gli occhi, abbandonandosi anche lei al sonno ristoratore.
Arter finse di dormire finché Saber non fu assopita. Nel sentirla ricambiare il suo gesto lui aveva subito capito che lei non lo aveva compreso appieno ma non gli importò, tenendola stretta tra le braccia. Rimase a guardarla per un po’ prima di crollare addormentato, ascoltandola respirare con aria serena e rilassata. Forse a lei non erano molto chiari i suoi sentimenti, ma a lui sì.
 
Si svegliarono il mattino dopo al sorgere del sole, fui io a trovarli ancora abbracciati. E fu una fortuna per loro, non so Reynart come l’avrebbe presa altrimenti! Li svegliai con grande dispiacere, ma non era il caso che qualcuno li vedesse.
Quando Saber riaprì gli occhi si sentì come intontita, e per qualche istante non riuscì a spiegarsi perché si trovasse lì. La vista di Arter ancora addormentato accanto a lei però la riportò subito alla realtà, liberandosi dalla stretta delle possenti braccia del Lupo.
Il ragazzo si svegliò poco dopo, e la prima cosa che fece fu sorridermi.
“Buongiorno Swaan” mi disse, stiracchiandosi “Buongiorno Saber”
“Buongiorno…” lei non era tranquilla come lui, evidentemente imbarazzata, invece lui sembrava la persona più soddisfatta del mondo.
Si ricomposero in fretta mentre io controllavo che non ci fosse nessuno in vista, non era il caso che qualcuno sapesse che un Lupo ed un Felino avevano dormito insieme. Tra i Clan non c’era mescolanza di razze, anzi, un atto simile veniva considerato quasi un reato.
“State tranquilli, nessuno vi ha visti” dissi loro con calma, prima di iniziare a incamminarci.
“Meno male…non che fosse successo qualcosa!” esclamò Saber scuotendo il capo.
“Già, peccato…” mormorò lui solo per me, affiancandomi.
“Non ti facevo così spavaldo, Arter” gli dissi io decisamente divertito “ti ho sempre visto come il lupacchiotto ubbidiente che non infrange le regole”
“Nella vita, a volte, arrivo a un punto in cui sei stufo delle regole, e tutto ti sta stretto” mi disse lui, facendo capire di essere cresciuto.
“Hai trovato la tua strada allora. Se avrai bisogno di me sai dove trovarmi” gli risposi ammiccando, attento a non farmi udire da Saber.
 
“Accidenti!”
“Lo sapevo!”
“Ma perché non si possono incrociare le razze?”
 
Rispondere a questa domanda è difficile, credo che tutto si possa ricollegare ai tempi in cui le razze erano in continuo conflitto: gli scontri erano terribili, e nessuno veniva risparmiato.
Il razzismo è sempre stato molto forte tra i popoli, e la mescolanza tra razze era una cosa che neanche veniva concepita. Diciamo che dopo la pace semplicemente preferirono mantenere le cose com’erano, anche per evitare ulteriori conflitti.
Pensate ai felini, ad esempio. Come la prenderebbe un orgoglioso Leone sapendo che il figlio ha come compagna una Lupa? Purtroppo non v’era mai stata una completa uguaglianza tra le genti.
 
Sempre su questo argomento c’è una leggenda a proposito. L’ho sentita dagli anziani del villaggio, ed è ambientata diversi prima, quando ancora la guerra non era iniziata.
Era un tempo in cui tutto era in armonia, dove Lupi, Orsi, Volpi e Felini convivevano in pace gli uni con gli altri. Voi penserete ad un’Utopia, ma secondo i racconti era proprio così.
Non esistevano distinzioni tra razze e spesso si formavano coppie miste tra le diverse specie.
 
“Ma allora non è del tutto impossibile!”
“Si ma è solo una leggenda…”
 
Questa storia narra di una coppia di amanti, una Pantera ed un Lupo, ma anche di un Orso ed una Volpe, che insieme formavano un gruppetto di quattro amici inseparabili.
Erano anche i capi dei loro villaggi, ed il loro legame affettivo permetteva a tutti di vivere in pace tra di loro. Ma ahimè, la Volpe tramava qualcosa.
Era da sempre segretamente innamorata del Lupo ma esso aveva occhi solo per la Pantera, così passava le notti a tramare per farli dividere. Quando scoprì che anche l’Orso pativa le stesse pene d’amore per la Felina escogitò un piano perfido ed impeccabile, ingannandolo.
Un giorno, quando tutti e quattro si trovarono nel bosco per cacciare, la Volpe convinse l’Orso a dichiarare i suoi sentimenti alla Pantera, convincendolo che lei in realtà era innamorata di lui. Ovviamente era tutta una menzogna, ma quando la Volpe avvertì il Lupo del tradimento lui andò su tutte le furie, trovando la sua amata e l’amico dove gli era stato indicato.
La giovane Pantera cerco in tutti i modi di spiegare il malinteso, ma accecato dalla rabbia lui uccise l’amico Orso, distruggendo l’armonia  che si era creata tra le razze. La sua amata, spinta dalla delusione e dal forte orgoglio, lo respinse e quello scherzetto tirato dall’astuta volpe porto all’inizio del guerra conosciuta.
 
“Maledetta Volpe!”
“Ma perché le fanno vivere nel villaggio?”
“E’ colpa solo sua…”
 
Suvvia, è solo una leggenda dopotutto. Vogliamo tornare alla nostra storia?
Ogni anno, dopo la Festa della Primavera, al villaggio cominciava la stagione della caccia. Tutti i clan si riunivano nominando i loro migliori cacciatori per un’importante battuta di caccia oltre le montagne, nella zona più a Nord che l’inverno è impossibile da raggiungere. Quando la neve si scioglieva la selvaggina popolava le vallate, quindi era l’occasione migliore per raccogliere provviste.
Ogni clan nominò cinque di loro in modo da formare un gruppo eterogeneo, uno di quei rari casi in cui tutti si decidono a collaborare per il bene del villaggio. C’erano spesso battibecchi è vero, ma erano disposti a scendere a compromessi pur di sopravvive in quel luogo così remoto.
Ovviamente Arter fu uno di quelli che venne scelto, Saber invece no: ovviamente per questo andò su tutte le furie.
“Padre, perché non sono stata scelta?!” chiese la ragazza alla prima occasione a Reynart.
“Non sei ancora pronta, sei troppo giovane…e poi mi servi qui”
“Ma Arter andrà, ed io non ho nulla meno di lui! Lo stai solo facendo per proteggermi, ma io non sono più una bambina!” protestò la ragazza a voce alta.
“Basta!” tuonò l’Artiglio di Ghiaccio “Tu resterai qui, chiuso l’argomento”
La nostra Tigre non la prese affatto bene. Non rivolse più la parola a suo padre, andando dritta dritta a cercare Arter: il giorno dopo sarebbe partito, infatti lo trovò nella sua grotta occupato dai preparativi. Lui si accorse del suo arrivo immediatamente, ma quando si girò a guardarla non vide la stessa espressione compiaciuta che aveva lui.
“Non è giusto! Perché tu si ed io no?! Mio padre non capisce!” si lamentò subito, scostando bruscamente la mano che Arter cercò di metterle sulla spalla. Dalla sera della festa non si erano praticamente più visti avendo ripreso i vecchi ritmi, ma sembrava che non fosse cambiato nulla almeno per lei.
“Magari non è ancora il tuo momento, no? Sono sicuro che l’anno prossimo ti sceglieranno, i Capi sanno il fatto loro!” le disse lui, cercando di rassicurarla.
Lei però non la prese bene, anzi, tirò fuori tutto il suo caratteraccio “Smettila di difenderli solo perché ti hanno scelto. Hanno preferito te a me, e pensare che non sai neanche trasformarti!” sbottò lei, ma subito si morse la lingua.
Era già troppo tardi, quella semplice frase bastò a far infuriare Arter “Io non ho bisogno di trasformarmi per essere forte, a differenza di te” ringhiò lui, fissandola “se mi hanno scelto è solo perché in questi anni non ho fatto altro che impegnarmi, hai idea di come mi sia potuto sentire? Io ho faticato per diventare quello che sono adesso, a differenza di te che hai sempre camminato su un tappeto rosso!” sembrava proprio che volesse rigettare su di lei tutto il suo risentimento, e lei si ritrovò spiazzata. Non aveva mai veramente pensato a quanto potesse fare male ad Arter ricordare quello che era stato all’inizio e soprattutto il fatto che non riusciva a trasformarsi: era considerata una forte debolezza, ma lui era stato scelto comunque. Invece di essere orgogliosa di lui l’aveva invidiato, e le parole di lui confermarono soltanto il suo errore.
“Se sei venuta qui per criticarmi ti prego di andartene, ho un viaggio da affrontare e nessuna voglia di discutere con una Felina viziata!” sbottò lui infine, facendo irrimediabilmente scattare Saber. La ragazza infatti fece istintivamente partire la mano destra verso il volto di lui, colpendolo con un sonoro schiaffo.
“Benissimo! Me ne vado subito!” sibilò lei irritata ma con le lacrime agli occhi “Spero tanto che tu ti perda lì in mezzo alle montagne!” esclamò prima di lasciare la grotta.
Questa volta fu Arter a rimanere spiazzato. Quello schiaffò bastò a scacciare via tutta la sua ira e lo sguardo triste della ragazza fece il resto. Si sedette sul suo giaciglio portando il volto tra le mani, sospirando lentamente.
“Ci mancava solo questa…” sussurrò tra sé, scoraggiato.
 
Il giorno dopo Saber non venne neanche a salutarlo. Il nostro Lupo la cercò a lungo ma di lei nessuna traccia, anche Reynart ignorava dove si trovasse.
“Sai com’è fatta, è orgogliosa” gli disse il Capo clan, un po’ infastidito.
Arter alla fine decise di lasciar perdere, dopotutto tra due settimane al massimo sarebbe tornato. Ufficializzai io la cerimonia alla partenza, e vedere quel ragazzo partire con quell’espressione triste in viso mi fece ripensare a quando era ancora un bambino: dopotutto non era poi passato così tanto tempo.
Fui io a trovare Saber quel pomeriggio, o almeno fu lei a trovare me mentre ero intento a raccogliere alcune erbe nel bosco.
“Perché non sei venuta a salutare Arter?” le chiesi sorridendo.
“Non mi importa nulla di lui” borbottò subito lei, probabilmente ancora arrabbiata.
“Sai che non è vero, mia piccola Fiamma. Lui ti vuole molto bene come gliene vuoi tu”
“Hai ragione…ma non lo sopporto lo stesso! Non è colpa mia se lui non ricorda il suo passato!”
“Lo so mia cara, ma tu sei l’unica che può capirlo davvero. Avete condiviso tante cose in questi anni, ed anche se non sembra lui ha ancora bisogno del tuo sostegno. Sei molto importante per Arter, lo sei sempre stata!”
Saber sospirò. Sapeva che avevo ragione, ma mettere da parte il suo orgoglio era difficile per lei “Ho due settimane per capire come scusarmi, nel frattempo vedrò di farmi passare l’arrabbiatura” mi disse  con una punta di imbarazzo che mi fece intenerire.
“Non preoccuparti, lui capirà in ogni caso” la rassicurai ammiccando, riuscendo anche a strapparle un sorriso.
“Grazie, Zio Swaan” mormorò la Tigre prima di allontanarsi.
 
“Sei sempre stato dalla loro parte, vero nonno?”
“Non vedo l’ora che Arter torni a casa!”
 
Anche Saber non vedeva l’ora, sapete? Ma purtroppo non sapeva che qualcuno avrebbe messo loro i bastoni tra le ruote. Passati dieci giorni dalla partenza di Arter ebbi infatti una visione, un sogno che sembrava terribilmente reale:
Mi trovavo al centro di un accampamento, di notte, ma non ero veramente lì. Ero solo una sagoma trasparente, come se la mia mente fosse stata proiettata fin lì. Attorno a me c’erano le tende del gruppo di caccia con vari focolari spenti, tranne uno grosso al centro che ancora era semi acceso. Tutti dormivano tranne uno, un ragazzo in piedi che fissava dell’unico fuoco acceso con sguardo perso: era Arter. Cercai di chiamarlo ma un tremendo ululato ruppe il silenzio e decine di occhi rossi scintillanti emersero dal buio della boscaglia: erano Lupi, dal pelo nero come la notte. Ringhiavamo come belve affamate ed erano grossi come leoni, con uno sguardo che celava completamente un’eventuale esistenza umana, se mai l’avessero avuta.
Tutti si svegliarono di soprassalto a causa di quell’attacco a sorpresa, come se quegli esseri fossero apparsi dal nulla. Il fuoco si spense dopo pochi istanti, ed io non vidi più nulla. Sentivo solo urla e grida di dolore, divenuti poi ringhi e ruggiti, in un combattimento dove il sangue veniva sparso velocemente. La sagoma di Arter era ancora vicina a me, ma ancora immobile con lo sguardo perso nel vuoto.
“I lupi ci attaccano! Traditori!” urlò quello che credo fosse un Leone, mentre azzannava il fianco di un lupo.
Solo in quel momento il ragazzo sembrò riscuotersi, ma quello che successe dopo mi fece venire i brividi: mi guardò. Si, mi stava sicuramente fissando, ma nel suo viso non c’era traccia della sua solita espressione mansueta: i suoi occhi brillavano di un rosso acceso, proprio come quelli di quegli sconosciuti lupi piombati dal nulla. Ebbi paura, sentire quel suo sguardo su di me mi paralizzò all’istante. Però fu ancora più terribile quello che accadde dopo: iniziò a mutare. Accompagnato da un ululato straziante, Arter si piegò in avanti mentre una folta pelliccia nera ricopriva il suo corpo. In pochi secondo mi trovai davanti un Lupo di dimensioni enormi, con zanne candide e affilate. Era finalmente riuscito a trasformarsi, ma quelle sue sembianza animalesche non mi ispiravano nulla di buono. Era selvaggio, senza controllo, tanto che si avventò sul primo orso che gli passo davanti.
Fu terribile, ne rimasi così sconvolto che mi svegliai di soprassalto.
Poteva essere solo un sogno, mi dissi, non avevo mai divinato prima tutto quello non poteva essere vero. Dopo alcuni giorni il gruppo sarebbe tornato sano e salvo e con le provviste, non aveva senso far preoccupare i capi villaggio per niente. Peccato che quello non era stato solo un sogno.
Dopo due giorni, i pochi superstiti tornarono. Solo le Volpi erano riuscite a rimanere indenni, fuggite al momento giusto e poi tornate a riprendere ciò che restava dell’accampamento: Arhen. Solo il Giaguaro era rimasto vivo anche se gravemente ferito, ed il loro ingresso al villaggio mandò subito la gente nel panico: io ero senza parole, incapace di parlare. Mi dedicai subito alle cure del giovane, e dopo aver radunato tutto il villaggio le Volpi raccontarono la loro storia: erano stati aggrediti dai lupo nel cuore della notte, al buio e in netta minoranza.
“Non è possibile!” esclamò Zanna d’Argento, furibondo.
“E’…vero…” sussurrò Arhen, mentre lo medicavo “Sono apparsi dal nulla, traditori..!”
“Maledetti…a che gioco state giocando?” ringhiò subito l’Artiglio di Ghiaccio, furibondo “siete senza orgoglio, vigliacchi!”
“Io non ho comandato nessun attacco, chi mi dice che invece questo sia tutto un trucco di voi Felini? Potreste essere d’accordo con le Volpi!” ribatté il Capo dei Lupi, furente.
“In realtà, era così buio che non si capiva molto. Noi abbiamo visto solo Lupi e Felini battersi, morendo e facendo morire anche gli Orsi” disse subito una delle volpi, facendo sobbalzare tutti: nessuno si era ancora reso conto della fine che avevano fatto gli altri.
“…Tutti morti?!” domandò subito il Capo degli Orsi, con un’espressione addolorata in viso.
“Sì, e siamo sicuri di aver visto il Lupo Arter mentre si trasformava: è stato lui ad uccidere un orso proprio sotto i nostri occhi”
“Maledetto!” ruggì Arhen, gemendo per il dolore delle sue ferite “Sapevo che era un traditore!”
“Io non ci credo!” la voce di Saber emerse prima di lei dalla folla “Arter non è cattivo, non lo farebbe mai!” esclamò, ma forse fui l’unico ad udirla davvero.
“Da oggi, dunque, è Guerra” decreto Reynart, puntando il dito contro Zanna d’Argento.
Il lupo ringhiò “Non mi darò pace finché la mia gente non verrà vendicata!” e con lui il resto della folla cominciò a trasformarsi, e solo in quel momento mi resi conto di dover intervenire.
“State tutti calmi, con la violenza non si risolverà la questione! Dobbiamo investigare, dobbiamo capire cosa è accaduto davvero tornando lì dove è avvenuta l’imboscata” urlai alla gente, sperando di essere ascoltato “ho fatto uno strano sogno che potrebbe indicarci la verità, ma devo recarmi lì per capire davvero!”
Fu Reynart a rivolgermi parola mentre tutti mi fissavano “Io non sono impulsivo e animalesco come i Lupi, quindi ti concederò non più di tre giorni per capire cosa è accaduto davvero” mi disse, iniziando subito ad allontanarsi “allo scadere del tempo concesso, i lupi verranno sterminati”
“Saranno i felini a morire, e con loro tutti quelli che ci metteranno i bastoni tra le ruote!” furono le parole del lupo, mentre tutti si disperdevano: in poco tempo il villaggio si disgregò, ed ogni Clan andò a prepararsi per l’imminente battaglia. Le Volpi si schierarono subito dalla parte dei Felini, invece gli Orsi restarono in disparte, nella speranza che io risolvessi presto quel grosso enigma.
 
Saber, intanto, era già partita in cerca di Arter…


*Fine Prima Parte*
  
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