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Autore: Tennant_is_a_puppy    18/02/2013    4 recensioni
EMA 2012. Francoforte. Volevo andare a vedere Carly Rae Jepsen. Non immaginavo nulla di tutto questo. Si faceva chiamare Gotye. Era straordinario.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua!! LO SO CHE CI HO MESSO TANTO! Il nuovo capitolo mi gusta molto ma mi piacerebbe comunque sapere che ne pensate! E niente, proverò ad essere più veloce...ci siamo quasi !! se non mi odiate per quanto vi ho fatto aspettare, grazie, ma se mi odiate non è problema perchè francamente non è che io mi voglia bene...ok, la smetto di delirare e vi lascio alla storia ;)





La notte non riuscii a prendere sonno. Continuavo a pensare a tutti gli avvenimenti che si stavano accavallando, sovrapponendosi tra me e lui.
Era l’alba e solo allora mi addormentai, anzi, in pratica svenii dal sonno. Mi venne ad alzare appena un’ora dopo Bielikov, avvertendomi che quell’oggi avrei dovuto raggiungere il tribunale per il processo. Fantastico, l’ultima cosa di cui avevo voglia! 
Mi era parso di capire dai numerosi telefilm e film che avevo visto che in tribunale bisognasse andare abbastanza eleganti. Scelsi il maglione più comodo che avessi, scoprendo con piacere che lo avevo rubato a Wouter. 
Anche se gelavo, lo presi tra le mani e prima di infilarlo ci affondai il volto. Aspirai il suo profumo e per un momento mi sembrò che tutto andasse bene, ma poi un colpo di vento mi fece rabbrividire svegliandomi da quel momento e costringendomi a indossarlo.
Entrai in aula accompagnata da Olivia e Bielikov, che mi scortarono lungo due file di banchi da cui curiosi, spettatori, giurati e chiunque avesse un motivo per essere lì mi piantarono gli occhi addosso. Mi sentivo in imbarazzo e mi pentii di aver messo quel maglione. Finchè, al banco della difesa, vidi Wouter. Anche lui mi osservava, ma non come gli altri. Mi osservava come quel giorno a Berlino, nel parco di Franoforte o come il giorno degli EMA, il suo modo di guardarmi. Stavolta però lo faceva con timidezza, come se temesse di commettere un grosso peccato nel farlo. Esattamente come lo stavo facendo io. 
Mi sedettero accanto a mia madre, notai il tipo con la cartellina, quello di ieri, he mi scrutava. Mi resi conto che voleva capire cosa avrei fatto.
Sollevai appena un sopracciglio e feci quello che si aspettava. Girai meccanicamente il collo verso Wouter e gli sorrisi. Un sorriso un po’ rassegnato, ma pur sempre un sorriso. Poi il processo cominciò.
Il processo era mezzo in inglese di alto livello e mezzo, ta-da, in olandese, e non capivo quasi nulla. Quello che capivo era che anche se io non facevo che spostare lo sguardo da avvocato a giudice, da giudice ad avvocato, tendando di capire cosa dicessero, il tipo con la cartellina non mi staccava gli occhi di dosso. Lo osservai. Non doveva essere molto più vecchio di Wouter e in un’altra situazione avrei detto che era abbastanza carino, ma adesso mi faceva una tale antipatia che non mi interessava per niente il fatto che avesse il naso alla francese, i capelli lunghi  castano cioccolato e i denti decisamente bianchi e regolari. Troppo, bianchi e regolari. Bianchi e regolari da far schifo, decisi. Così come tutto il resto. Mi dava fastidio, punto. Abbassai lo sguardi sulle scartoffie che erano buttate sul banco e tra esse riuscii a trovare un foglio bianco. Stappai una penna vagabonda che si trovava nelle mie vicinanze e scrissi : chi è il tipaccio con la cartellina? Lo diedi ad Olivia che lo lesse divertita, poi riscrisse velocemente si chiama Samuel Terrankles ed è un assistente sociale. Perfetto, anche un’assistente sociale! Qualcos’altro? Mi interruppe la voce di Wouter che parlava in olandese, a voce molto alta, anche se in modo calmo, come se il fatto che lo stessero accusando di aver rapito una ragazza lo sfiorasse appena. Il giudice lo ascoltò in silenzio e ci fu un mormorio di avvocati. Richiamai l’attenzione di lui e feci un cenno interrogativo. Scosse la testa rassegnato. 
Voltai il viso verso Samuel Comesichiamava e lo fulminai con lo sguardo.
Il processo durò ancora a lungo, e la prima cosa che feci appena finì fu gettarmi verso l’assistente sociale.
-Salve- feci. Quello mi squadrò –Salve. Che posso fare per te?-
Intanto, avrebbe potuto togliere quella cartellina prima che gliela infilassi dove sapevo io
-Io..ha un minuto?- lui si strinse nelle spalle –Sentiamo- inglutii
-Perché l’hanno chiamata?-
-Prego?-
-Perché l’hanno chiamata? Lei è un’assistente sociale, perché si occupa di questo caso?
-Perché io non sono un assistente sociale
-E cos’è?
-Sono uno psicologo- questo mi suscitò una risata
-Che fa, scherza?- lui aggrottò la fronte –No-
-Lei non ha la faccia da psicologo- dissi –Non è quello che mi hanno detto al ritiro della laurea con bacio accademico- wow, permaloso
-Ok- feci –Posso sapere perché è qui?-
-Per capire cosa hai nella testa-
-Mi sta spaventando-
-Dobbiamo capire qual è il tuo problema. Abbiamo ricevuto una testimonianza secondo la quale tu sei sotto ricatto morale da parte di Wouter, e siccome è la sua parola contro quella del testimone, osservare il tuo comportamento per capire chi ha ragione sarebbe utile-
-E lei cosa ha osservato?-
questo lo lasciò in silenzio per un po’. Poi stringendo i denti mi disse:
-Una ragazza perfettamente stabile- gli sorrisi per la prima volta
-Lei...lei mi crede?-
-No. Io sono neutrale- 
-Ma non crede neanche che Wouter sia un pazzo, è già qualcosa- feci 
-Ci vediamo oggi pomeriggio, signorina-
-Ma..-
-Si prenda cura di sé- 
  
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