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Autore: dreamrauhl    18/02/2013    5 recensioni
"L'unica cosa che sapevo era che volevo solo il meglio per me. E il meglio era lei."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5.

L'ambulanza arrivò pochi minuti dopo. Ricordo solo che mi svegliai in un letto d'ospedale, una flebo attaccata al braccio.
Mia madre era seduta su una sedia ai piedi del letto, sorreggeva il viso con la mano mentre il gomito si appoggiava al ginocchio.
«Figlia mia, finalmente ti sei svegliata»
«Mamma... il ragazzo come sta?»
La sua salute fu il primo pensiero che ebbi.
«L'hai salvato, è vivo grazie a te»
Mi sorrise. Un sorriso materno, comprensivo, innocente.
Sono sicura che ne lei ne quel sorriso sapevano quel che mi legava a quel ragazzo.
Era come se io fossi stata destinata a farlo, come se qualcuno di più grande me lo avesse imposto.
Pur non conoscendolo avevo provato il desiderio di proteggerlo, di salvarlo.
Il mio cuore gliel'avevo messo in una mano, come un amuleto, gridandogli in silenzio “non sei solo, io ci sono”.
Eppure lui non l'aveva capito, avrebbe preferito farla finita che vivere. Il pensiero mi fece venire i brividi.
Come può una persona togliersi la vita? È la cosa più preziosa che ognuno di noi ha e noi non siamo gatti, non abbiamo vite a volontà.
«Posso andare da lui?».
Mia madre annuí e chiamò l'infermiera.
«È nella stanza accanto».

JUSTIN'S POV.
Mi svegliai in un letto d'ospedale. Indossavo una vestaglia bianca, le mie gambe erano coperte da un candido lenzuolo e la mia schiena appoggiava su tre cuscini tenendomi alto.
Sentii l'odore di ospedale, quell'odore che avevo sempre odiato da quando vidi morire mio nonno.
Non dovevo essere morto, io?
Chiusi gli occhi, mi ricordai a pezzi gli ultimi avvenimenti. Ricordo un rumore assordante e un viso da ragazza che mi veniva incontro: un treno e... e chi?
Chissà chi era quella ragazza.
Non la saprei descrivere, i miei ricordi di lei non sono altro che un'immagine sfuocata e un paio di occhi azzurro mare. 
Mi maledii per il mio errore, avrei dovuto essere più intelligente e calcolare i tempi giusti.
Forse qualcuno è contento che io sia vivo, forse qualcuno entrerà da quella porta abbracciandomi e ringraziando il cielo di potermi stringere fra le proprie braccia.
Cosa dico? Non succederà mai.
Basta Justin, chiunque sarebbe più felice se tu fossi morto.
Una lacrima stava per rigarmi il volto quando sentii la maniglia muoversi e allora mi affrettai a ricacciarla dentro.

***'S POV.
Eccolo, finalmente è davanti a me.
Nonostante il volto stravolto, da vicino è ancora più bello.
Ha gli occhi lucidi e un po' gonfi, forse ha pianto.
Chissà quali dolori ha sopportato. Vorrei dirgli che può contare su di me, ma quanto vale detto da una sconosciuta?
Mi sento esagerata a dirlo, ma sento come se il mio sorriso dipendesse dal suo. 
Non scherzo, vederlo così mi stringe lo stomaco in una morsa.
Ricordo di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordo dove. Ricordo di aver conosciuto i fantasmi del suo passato, i suoi spettri, i suoi scheletri nell'armadio.
Sì, ma dove?
Lo guardo con gli occhi sbarrati, il volto incredulo.
I miei pensieri si riversano nelle mie espressioni e le emozioni prendono il sopravvento.
Mi guarda con aria interrogativa.
Vorrei dirgli tutto quello che mi passa per la testa ma decido che è meglio aspettare, perlomeno prima devo sapere dove e quando io lo abbia mai visto.
Lascio parlare le braccia e avvicinandomi lo abbraccio forte, fino a sentire il suo naso sfiorare il mio collo e fra le lacrime, fra i ricordi dello spavento che ho provato nel perderlo, gli sussurrò all'orecchio «meno male che sei ancora vivo».
Dopo svariati secondi sento le sue mani toccarmi la schiena e le sue braccia stringermi in una presa leggera e allo stesso tempo forte.
Piangiamo insieme.
Ci scopriamo così, fra una lacrima e l'altra.
Ci liberiamo della corazza che ci eravamo costruiti con gli sguardi di poco prima e ci lasciamo accarezzare l'uno dai segreti dell'altro.
Scopro che si chiama Justin, che nell'ultimo periodo la sua vita è andata a puttane, che lui per le persone che ama darebbe tutto ma che nessuno invece darebbe niente per lui.
Gli dico che si sbaglia, che c'è qualcuno che lo ama.
Mi riferisco a me, ma non glielo dico.
Gli dico che gli amici e la madre sono fuori ad aspettarlo.

JUSTIN'S POV.
È lei, è lei la ragazza di cui mi ricordavo.
La vedo timida aprire la porta, sussurra tra sé e sé parole senza senso finché mi viene incontro e mi abbraccia.
Avrei voluto cacciarla dicendole che ha sbagliato a salvarmi, che dovevo morire. Ma come si può una cosa del genere di fronte a tale dolcezza?
Piange, ho l'idea che stia versando tutte le sue lacrime.
L'abbraccio, non lo faccio per me, lo faccio per lei.
È lei che ha bisogno di essere salvata, è lei che con annessi e connessi ha il mare dentro, pur dimostrandosi dura come la roccia.
Piango anche io, vederla così mi distrugge.
Le racconto di me, lei mi racconta di sé. Si chiama Amy, non vede mai suo padre. Doveva ritornare oggi, si sta facendo mille sensi di colpa perché non sa se sia arrivato e non si è nemmeno preoccupata di chiederlo alla madre.
Sembra una bambina, mi stringe forte la mano e scansandosi dall'abbraccio appoggia la testa sul mio petto.
Perché lo fai raggio di sole? Perché tutto questo dolore? Non sarà mica colpa mia?
Potrei morirne, ora che mi hai salvato potrei sprofondare nuovamente nell'oblio.
Le sollevo delicatamente il volto, ci ritroviamo occhi contro occhi per la prima volta.
Occhi color miele e occhi azzurri come diamanti che riflettono l'acqua marina. Non ho mai visto occhi tanto belli in diciotto anni di vita.
Mi sorride.
Oh, quel sorriso. D'un tratto il dolore sembra sparire, il nero diventa bianco, non esistono sfumature, compromessi, delusioni.
Le lacrime di poco prima diventano gli uccellini che per primi cantano a primavera, come margherite a cui strappare i petali solo per urlare ai quattro venti "mi ama!".
Le dico che, nonostante ora ci sia lei, tutti sarebbero più felici senza di me.
Scuoto la testa, le dico che non è vero, che nessuno mi vuole bene. Lei mi contraddice, dice che qualcuno che mi ama c'è guardando in basso, schivando il mio sguardo.
Dice che i miei amici e mia madre mi stanno aspettando fuori dalla porta.
Ma io ho bisogno di lei, anche se non glielo dico. Ho bisogno del mio salvagente, dell'angelo che mi ha salvato la vita e mi ha donato una ragione per vivere.
Mi limito ad annuire, ma non a dirigermi verso la porta per aprire.
Sento la maniglia muoversi, ma non sarà una bella sorpresa come quella di un'ora prima. Me lo sento.
Una ragazza, alta, capelli nero corvino e occhi verdi ci guarda allibita.
Io non parlo, Amy nemmeno. Lei non accenna ne un sorriso ne una parola.
All'improvviso mi sento vuoto e apatico.

AMY'S POV.
Ed ora lei chi è?

 

 

  
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