Grace uscì di casa che erano le sette e mezza di sera. C’era ancora
luce e aveva obbligato Jeremy ad aspettarla a casa sua, nonostante lui avesse
insistito per andarla a prendere. Finché il sole illuminava l’ambiente
circostante, per lei non c’erano problemi. Poteva spostarsi tranquillamente
senza scomodare nessuno, poi passeggiare da sola le piaceva. Lo aveva sempre
amato perché poteva infilarsi le cuffie e ascoltare la sua musica, mentre
osservava le strade srotolarsi attorno a sé.
Quando giunse di fronte a casa del suo ragazzo, però, per lei
l’intensità della luce era già troppo bassa. Quindi, si sentì orgogliosa di se
stessa, per essere riuscita ad arrivare sana e salva a destinazione.
Jeremy, invece, non fu dello stesso avviso. Infatti, la stava aspettando
con ansia affacciato alla finestra e, non appena la vide arrancare all’inizio
della via, scese precipitosamente le scale e le andò incontro, furente.
“Grace, dannazione! Sei testarda come un mulo, ti avevo detto che
sarei venuto a prenderti e tu mi hai assicurato che non ce n’era bisogno. E
invece, guardati!” sbraitò, raggiungendola.
Lei ridacchiò, fiondandosi tra le sue braccia. “Non te la prendere,
per favore. Non sai quanto sono felice!” esultò, per niente turbata dalla
preoccupazione del ragazzo.
“Felice per cosa?” si informò lui, per poi scostarla da sé, in modo
da guardarla in viso.
Grace si agitò tra le sue braccia, euforica. “Non vedi? C’è quasi
buio e io ce l’ho fatta lo stesso! Mi sento un dio!”
Jeremy si perse a guardare la sua espressione, trovandola
tremendamente dolce e tenera. Improvvisamente, non riuscì ad essere arrabbiato
per l’irresponsabilità della sua ragazza, così sorrise. “Oh, Grace” mormorò,
commosso, stringendola forte al petto.
Grace rise, felice come non mai per quell’obbiettivo appena
raggiunto. Forse per gli altri poteva sembrare una futilità, ma non per lei.
Per lei quello era il Paradiso e viverlo con Jeremy rappresentava la perfezione
assoluta.
“Andiamo dentro” proferì lui, trascinandola dolcemente verso casa
sua.
La aiutò ad entrare e, non appena si chiuse la porta alle spalle,
la spinse contro la parete e la intrappolò in un bacio carico di tutta la
passione che aveva in corpo.
Dal canto suo, Grace ricambiò di buon grado e gemette sulle sue
labbra, come se stesse respirando una boccata di aria fresca dopo essere
rimasta chiusa in casa troppo a lungo.
Si aggrappò alla sua maglietta, mentre lui le stringeva
possessivamente i fianchi.
“Mi sei mancata” sussurrò lui, scendendo a baciarle il collo.
“Anche tu, anche tu… non sai quanto.”
Jeremy la prese in braccio e la trasportò nella sua camera, per poi
adagiarla sul letto.
Grace sorrise, pregustando quello che, di lì a poco, sarebbe
accaduto. E lo voleva, desiderava disperatamente quel ragazzo dentro di lei. Ad
accentuare quel desiderio era stato il lungo periodo di distanza tra loro e per
lei era ancora difficile credere che lui fosse là, con lei, tra le sue braccia.
“Ti prego” lo implorò, accarezzandogli il petto attraverso la
t-shirt.
Jeremy annuì e, in poco tempo, si ritrovarono avvinghiati l’uno
all’altra, stretti in un’agonia che li trasportò nel luogo in cui il loro amore
risiedeva, solitario e splendente.
La mattina dopo, Grace si svegliò presto, pronta per il fantastico
evento che la attendeva.
Lei e Jeremy avevano fatto l’amore così tante volte, la sera prima,
che il solo pensiero la fece sentire in imbarazzo. Non aveva mai fatto nulla di
simile, ma pentirsene era impossibile. Amava quel ragazzo e amava le sensazioni
che lui riusciva a farle provare.
In seguito, avevano cenato insieme e poi lui l’aveva riaccompagnata
a casa.
Le sarebbe piaciuto risvegliarsi stretta a lui, ma questo non era
possibile. I suoi genitori sapevano che loro avevano dei rapporti sessuali, ma
non per questo erano d’accordo che lei dormisse fuori casa. E questo, Grace, lo
capiva. Riusciva a mettersi nei loro panni, quindi non le passò nemmeno
nell’anticamera del cervello di avanzare una simile richiesta.
Quella mattina, mentre riviveva infinite volte i momenti appena
trascorsi con il suo amato, si gettò sotto la doccia e si preparò per la
partenza.
Lei e Jeremy dovevano affrontare tre ore di viaggio in treno prima
di giungere al luogo del concerto.
Sua madre, prima di uscire, le preparò qualche panino da portarsi
appresso e le lasciò dei soldi.
“State attenti, va bene?” le domandò.
Grace aveva accompagnato la donna alla porta e le sorrideva. “Sì,
certo. Ti chiamo per qualunque problema.”
“Spero che non ce ne sia bisogno!”
“C’è Jemy con me, non permetterà che mi capiti qualcosa di male.”
La donna sospirò. “Lo so. Mi fido di quel ragazzo.”
“Grazie, mamma. Allora… ci vediamo domani, va bene?”
“Sicura che avete un posto dove stare?”
Grace annuì. “Jeremy ha pensato a tutto.”
“Okay.”
Le due si abbracciarono e si salutarono, poi Grace chiuse la porta
e finì di prepararsi.
Il viaggio in treno fu estremamente rilassante e divertente.
Grace si mise a cantare tutto il tempo, mentre Jeremy le rideva in
faccia quando si inventava parole in patois giamaicano che mai erano esistite.
“Non ti mettere a cantare al concerto, per carità!” la schernì lui,
mentre scendevano dal treno, giunti a destinazione.
Si diressero mano nella mano verso l’uscita della stazione e si
fermarono ad aspettare l’autobus.
“Come, scusa?” lo apostrofò Grace, fingendo di offendersi.
“Sì, ecco… tutti i presenti ti prenderebbero in giro, se lo
facessi!” Jeremy scoppiò a ridere, osservando il broncio sexy della sua Grace.
“Ti odio!”
“Ah, no, questo non è vero!” ribatté lui, per poi baciarla.
Nel frattempo l’autobus arrivò e loro salirono a bordo, continuando
a ridere e scherzare per tutto il tempo.
Giunsero alla loro meta che erano le tre del pomeriggio. Il sole
batteva su migliaia di persone che attendevano con impazienza l’apertura dei
cancelli.
Passarono un sacco di ore prima che ciò accadesse, ma poi si fecero
le nove di sera e la security lasciò entrare tutti.
Tra spinte, corse folli e urla, Grace e Jeremy si aggiudicarono la
prima fila.
La ragazza esultò, abbracciandolo forte. “Almeno potrò vederlo!”
affermò, emozionata.
“Lo so. Non avrei mai permesso che ti perdessi anche il poco che
puoi goderti” disse Jeremy, accarezzandole una guancia.
Grace non rispose e scoppiò a piangere a causa di tutte le
bellissime emozioni che stava vivendo.
Rimase stretta a Jeremy finché non entrò il suo grande idolo:
Alborosie.
Prese a gridare e a dimenarsi a ritmo di musica per tutta la durata
del concerto, trascinando anche il suo ragazzo in quella gioia immensa che la
investiva e la faceva stare divinamente.
Il ritmo della musica reggae e la voce di Alborosie furono capaci
di catapultarla in una dimensione parallela, nella quale esistevano solo lei,
Jeremy e il mitico rastaman.
Ma tutte le belle cose, si sa, tendono a durare troppo poco.
Così, anche quella serata si concluse, lasciando in Grace un
ricordo indelebile e meraviglioso.
Lei e Jeremy ebbero la fortuna di ottenere una foto e un autografo
dal cantante, che fu ben felice di accontentarli.
Allegri e innamorati, raggiunsero il motel in cui Jeremy si era
premurato di prenotare per quella notte. L’ultimo treno era passato da un pezzo
e loro non potevano certo tornare a piedi.
Una volta dentro la loro camera, Grace si gettò nel letto, ridendo
a crepapelle. “Non ci credo! Non ci credo! Abbiamo fatto una foto con
Alborosie!” gridò, rotolandosi sul materasso.
Jeremy la raggiunse e la sollevò di peso, divertito. “Credici,
credici!”
“Ehi, mettimi giù! Dove mi stai portando?”
“In bagno. Ti va di fare la doccia con me?” le chiese, serio.
Grace smise di ridere e sentì le guance in fiamme per l’imbarazzo.
Non riusciva a vedere Jeremy, ma sapeva per certo che non stava scherzando.
Non avevano mai fatto nulla di simile, ma Grace non desiderava
altro, in quel momento. Aveva voglia di coccolare un po’ il suo uomo e lavarlo
poteva essere divertente.
“Okay!” saltò su. “Però… ad una condizione.” Ghignò, sentendosi
eccitata all’idea che aveva in mente.
“Quale condizione?”
“Voglio lavarti. E voglio che tu tenga le mani a posto. Stavolta
comando io.” L’audacia con cui pronunciò quelle parole sorprese per prima se
stessa, ma in quel momento in lei si era innescato il desiderio di giocare un
po’.
Jeremy ridacchiò, scuotendo il capo. “Va bene, come vuoi.”
Raggiunsero la doccia e, dopo aver regolato l’acqua ad una
temperatura non troppo calda, si spogliarono e si gettarono sotto quel getto
rigenerante.
Grace si divertì ad insaponare per bene il ragazzo, sentendolo
rabbrividire e irrigidirsi sotto il suo tocco. Più di una volta dovette
esortarlo a tenere le mani a posto, ma alla fine tutto si concluse come
previsto.
Si esplorarono l’un l’altra e fecero l’amore, stringendosi e
accarezzandosi con bramosia.
Poi, sfiniti, rimasero abbracciati sul letto.
“Grazie” disse lei, spezzando il dolce silenzio che si era creato
tra loro.
Jeremy si mise su un fianco e la osservò. “Per cosa?” Le accarezzò
la schiena nuda.
“Per tutto questo. Perché ci sei. Perché…”
“Non mi devi ringraziare, piccola.”
Grace sospirò. “Sì, invece. Tu mi stai vicino e mi accetti per
quello che sono. Nessuno lo aveva mai fatto prima.” Anche lei si mosse,
accoccolandosi al suo petto. “Grazie.”
Il ragazzo la strinse a sé e le accarezzò i capelli. “Di niente. Lo
faccio perché me lo sento, tutto qua.”
I due rimasero in silenzio ad ascoltare il battito cadenzato dei
loro cuori.
“Perché ti amo” aggiunse Jeremy, in un sussurro.
Grace, sotto shock, credette di aver sentito male. Si scostò da lui
e raggiunse il suo viso con le mani, vagando con lo sguardo nell’oscurità.
“C-cosa?” balbettò.
Jeremy le prese le mani tra le sue. “Ti amo” ripeté e le baciò la
fronte. “Ti amo e ti rispetto. Sei la mia donna e voglio che tu sia mia e
basta. Mia e di nessun altro.”
Grace scoppiò a piangere per l’ennesima volta in quella giornata,
rimanendo letteralmente senza parole.
“Piccola… non piangere!”
“Io non… Jemy…” Grace nascose il viso sul suo petto.
“Calmati, shh, tranquilla.”
Calò nuovamente il silenzio, mentre Grace cercava di calmarsi.
“Jemy” lo chiamò flebilmente.
“Gracie.”
“Jemy, anche io… anche io ti amo” riuscì a buttare fuori la
ragazza, in preda all’imbarazzo.
“Lo so, piccola mia, lo so.”
Grace sbadigliò, per poi lasciare un piccolo bacio sul suo petto.
“Dormiamo adesso, va bene?” suggerì il ragazzo.
“Va bene.”
Si scambiarono un ultimo bacio e quasi simultaneamente scivolarono
tra le braccia di Morfeo.