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Autore: Viki_chan    18/02/2013    1 recensioni
Anna-chan, vent'anni, fotografa.
Questa è l'identità che il caso, l'ansia e alcuni "lost in translation" mi hanno portato a creare.
Tutto quello che viene dopo è un insieme di (s)fortunati eventi poco chiari, totalmente involontari e piuttosto divertenti. Di mezzo, oltre a una grande confusione, ci siamo io, la mia vita prima e la mia vita dopo l'incontro con i Super Junior. E l'amore, in tutte le forme che vivere a contatto con questi ragazzi mi ha permesso di conoscere.
#1: La clandestina;
#2: Mister Park...;
#3: Il lavoro extra...;
#4: L'interprete Siwon...;
#5: L'ospite inaspettato...;
#6: Il messaggio in codice...;
#7: SUKIRA...;
#8: Le diversità...;
#9: L'incubo, la canzone e...;
#10: Fantasticherie romantiche, differenze linguistiche e..;
#11: Gli angeli, l'assenza e...;
#12: L'attesa, la voce metallica e...;
#13: Gli sguardi, la cena e...;
#14: Le modelle, il chiarimento e...;
#15: l'incontro con Park, il Tokyo Dome e...;
#16: Il compagno di shopping...;
#17: Non Anna-chan, l'appartamento e...;
#18: Le terrine vuote, le forme e...;
#19: La cena, la trasformazione e gli abbracci;
#20: La valigia, Incheon e la scatola di scarpe;
#Epilogo
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una serie di (s)fortunati eventi


Evento #6

 


Suona qualcosa.
Suona qualcosa per un po'.
Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è un soffitto grigio.
Suona qualcosa, ancora.
Mi giro e capisco che è il telefono, sul comodino.

Pronto?” dico in italiano.
Una musichetta.

Moshi moshi?” ripeto in giapponese.
La musichetta finisce e sento un rumore sordo, poi una voce acuta.

Miss Anna, questa è la sveglia. La colazione le verrà servita in camera. La sua auto la aspetta alle sei e trenta all'ingresso.”
Grazie.” dico, ma la persona dall'altro capo del telefono ha già riattaccato.
Faccio mente locale.
Dove sono? In un hotel.
Che ore sono? La radiosveglia dice le cinque e quarantacinque.
Cosa devo fare? Non ne ho idea.
Non ho tempo di farmi altre domande, devo muovermi.
Mi alzo, mi butto in doccia e nel frattempo cerco di fingere di non aver dormito poco più di un'ora.
Sono curiosa di cosa succederà, anche se mi sento come se fossi appena uscita da una lavatrice.
Scombussolata e da strizzare.
Dal Giappone non ho portato molti abiti eleganti, così oggi opto per un paio di comodi jeans e un caldo maglione.
Non so cosa fare con la valigia. La guardo per qualche secondo e quasi mi riaddormento, così decido di richiuderla di nuovo. Non ho idea di dove dormirò stanotte.
La mia vita è un punto di domanda. Mentre la stanchezza mi porta a fare pensieri filosofici e autolesionisti, qualcuno bussa alla porta.
Mi affretto ad aprire e un cameriere coreano vestito di tutto punto accompagna un carrello pieno di cibo al centro della stanza, poi fa un inchino e se ne va.
Do uno sguardo all'orologio: ho dieci minuti contati per mangiare il più possibile.
C'è di tutto: croissant caldi, bacon, uova strapazzate, riso, frittatine, un paio di ciambelle, caffè, latte, thè verde.
E un piatto nascosto da un coperchio di metallo lucido.
Do un morso alla prima ciambella e mi preparo alla sorpresa. Avvicino le dita al coperchio e sollevo lentamente.
Una torta.
Ok, non una semplice torta.
E' una specie di nuvola di panna spatolata un po' approssimativamente.
Con una scritta fatta con il cioccolato.
Good morning Anna-chan.
Sorrido e non resisto alla tentazione di fargli una foto. Prendo la mia nuova compagna di avventure e faccio un intero servizio fotografico alla torta, la immortalo da ogni angolazione.
Poi, quando sono sicura di avere abbastanza ricordi, ci infilo dentro un dito, cancello Anna-chan e me lo mangio.
E' buona.
Sotto al piatto, ci trovo un foglio azzurro, con tante scritte in coreano.
Ci sono alcune firme e alcuni messaggi che non riesco a capire.
Devo imparare il coreano, in fretta.
Non ci vuole una buona conoscenza dell'hangul per capire che sono stati i ragazzi a farmela preparare.
Con il cuore che batte all'impazzata, cerco di immaginare cosa potrei dire loro quando li riverdò.
No.
Aspetta.
Il problema non è il quando, ma se li rivedrò.
Non è così facile.
Sbuffo, prendo un altro po' di torta e un po' di caffè. Poi aumento la velocità e incarto un paio di croissant per sicurezza.
Non ho tempo di far altro che il telefono suona di nuovo.

L'auto è pronta.” dice la voce, quasi scocciata.
Do un'ultima occhiata alla torta, alla mia colazione fatta a metà e prendo il necessario per la giornata. Saluto la mia stanza e caracollo nel corridoio.

 

Seoul è ancora al buio, sono le sei e trenta della mattina, è ovvio.
La temperatura deve essere sotto zero di un bel po' e il mio respiro si condensa in nuvole di vapore.
L'auto sembra la stessa che mi ha portato in hotel poche ore prima e anche l'autista è lo stesso.
Lo saluto e lui mi fa un mezzo inchino, poi esce dal parcheggio e si immette nel blando traffico della città.

Dove mi porta oggi?” chiedo entusiasta in inglese.
L'uomo mi guarda dallo specchietto retrovisore.

Studios.”
Annuisco e mi sistemo sul sedile posteriore. Per passare il tempo tiro fuori dalla borsa il messaggio dei ragazzi e cerco di capirci qualcosa. L'hangul è troppo diverso dai caratteri giapponesi, non capisco proprio.
Sospiro e mi massaggio le tempie con le dita.
Ho dormito troppo poco.

 

Appunto.
Quando riapro gli occhi, il sole si è già alzato. Mi sistemo meglio sul sedile e scopro che la città è sparita.
Siamo su una strada in mezzo ai campi.
Ok, sono appena stata rapita.

Scusi ma...”
Arrivati siamo quasi.” dice l'autista in un inglese molto approssimativo. “Posto dove aereo lontano da Seoul.”
Posto dove aereo lontano da Seoul.
Oppure al posto di plane intendeva pain, come dolore.
Magari, preso dai sensi di colpa, mi sta confessando il suo piano malefico.
Cerco di non farmi prendere dal panico e rimango in silenzio, ad osservare il paesaggio tutto uguale che ci scorre accanto. Dopo alcuni minuti, alla nostra sinistra i campi si interrompono, lasciando spazio a una pavimentazione in cemento grigio.
Una pista d'atterraggio.
Pochi istanti dopo appaiono all'orizzonte anche due grandi hangar bianchi.
Posto dove aereo, insomma.
L'auto prosegue costeggiando la pista d'atterraggio, poi svolta a sinistra in prossimità di un piazzale sterrato utilizzato come parcheggio da una decina di furgoncini bianchi e auto, proprio davanti agli hangar.
L'autista si ferma in mezzo al piazzale, mi invita a scendere e, appena chiudo la portiera, ingrana la retromarcia, fa manovra e se ne va.
Perfetto.
La terra sotto ai miei piedi scricchiola producendo un rumore sinistro ad ogni mio passo. Procedo lentamente verso il portellone dell'hangar con il numero uno dipinto sulle pareti di vernice rossa.
Mi avvicino all'ingresso di lamiera e busso, facendolo vibrare.
Niente.
Mi volto, do un'occhiata a tutti i mezzi parcheggiati e mi sposto verso l'hangar numero due. Man mano che accorcio la distanza, il rumore di vita diventa sempre più forte.
Chiacchiericcio e seghe circolari e tintinnare di ferro contro ferro.
Mi avvicino all'ingresso e spingo la pesante porta scorrevole.
Luce, tantissima.
Ovunque.
Sbatto le palpebre un paio di volte per permettere ai miei occhi di passare dalla modalità “grigia giornata d'inverno” a quella “benvenuti in paradiso” e mi rendo conto di essere stata catapultata su un set in costruzione.
L'entrata è proprio al centro tra il palcoscenico e l'area tecnica, con le telecamere, alcune luci a pavimento e due muri di cartongesso che chiudono un angolo dell'hangar.
Tutto intorno a me, una cinquantina di persone ronza e si muove come una comunità di api operaie. Alzando lo sguardo vedo un paio di uomini sospesi in aria, intenti a fissare alcuni fari a un'impalcatura di metallo agganciata al soffitto.

Anna.”
Qualcuno mi chiama e, dietro alle telecamere, scorgo il braccio alzato del signor Freddi. Mi avvicino e lo trovo chino su un grande tavolo da lavoro, con una planimetria stesa sopra e un paio di operai intorno.

Quando sei arrivata?”
Adesso. Ma cosa...”
Questo è il cantiere che devo supervisionare. Abbiamo trasformato questo hangar abbandonato per il nuovo video dei Super Junior.” dice lui indicandomi l'ambiente intorno. “Oggi devi lavorare qui.” aggiunge poi in inglese, sottolineando ogni parola con un movimento del volto.
Ah. Certo.”
Bene. Finisco di spiegare questa cosa agli operai e poi vengo da te. Tu accomodati nei camerini qui dietro, abbiamo sistemato lì l'ufficio”.
Annuisco e faccio un mezzo inchino agli operai, poi mi lascio alle spalle il set e entro nella zona chiusa. I muri sono sottili e vibrano a ogni accensione degli utensili degli operai, però qui fa più caldo.
I camerini sono divisi in una grande anticamera con una parete a vetri, da cui è possibile vedere il set e una stanza totalmente chiusa. Nella parte appena superata la porta c'è una scrivania con un computer portatile e una quantità incredibile di documenti sottolineati in colori diversi. Sul computer accesso scorre una scritta screen saver che dice “SM entertainment”.
Mi siedo e mi sfrego le mani infreddolite.
Vedere tutti muoversi dal vetro è divertente. Parlano una lingua che non conosco e per qualche minuto cerco di immaginarmi che cosa si stanno dicendo, poi il signor Freddi entra e si chiude la porta alle spalle.

Mi dispiace di averti costretta a venire oggi, ma ieri il signor Park mi ha chiamato per informarmi che oggi eri libera e io non potevo far finta che non mi importasse.” dice velocemente e a voce bassa, in italiano. “Oggi devi far finta di lavorare qui.”
Mi dispiace di averle creato tutto questo disturbo.” dico io, sinceramente dispiaciuta. Il suo volto preoccupato si apre in un sorriso.
Lo faccio volentieri, il signor Park stamattina mi ha scritto che le foto andavano molto bene. Era entusiasta.”
Davvero?”
Entusiasta in senso coreano, ovviamente.” si affretta a correggersi lui. “Puoi rimanere qui, stamattina. C'è internet e nei camerini anche del caffè caldo, rilassati. Poi, quando avrai voglia, puoi uscire e fare delle foto, il mio capo le apprezzerà.”
Perchè fa tutto questo per me, signor Freddi?”
Eri disperata, mi dispiaceva. Ti ho solo dato qualche giorno in più per risolvere i tuoi problemi.” risponde lui semplicemente. “Torno di là, se hai bisogno, chiamami pure.”
Sorrido e lo guardo uscire.

 

Caffè caldo, un cantiere, internet.
Prima di tutto, mi metto in contatto con la mia famiglia e mi becco una strigliata da mia madre, che è preoccupatissima.
Poi dovrei chiamare Ayane-chan, ma a quest'ora – nel frattempo si sono fatte le nove – è già al lavoro.
E' strano non aver niente da fare, così per un po' mi guardo intorno, poi non resisto alla tentazione e uso il portatile per connettermi a Facebook.
Pagine su pagine di nulla, al solito. Ayane-chan che mi riempie la bacheca di foto di scarpe che si è comprata ad una svendita. Scorro velocemente e non trovo niente di interessante, così, al solito, riaggiorno la homepage.
Una delle centinaia di pagine italiane dedicata ai Super Junior di cui sono fan ha appena pubblicato uno stato.


Yesung ha raggiunto i SuJu-M dopo la registrazione di un programma per la televisione coreana, ieri sera.

Clicco sul nome della pagina e aspetto ulteriori aggiornamenti, eccitata.
Eccone un altro, la traduzione di un tweet.
Ed eccolo.
Un mUffin.

Un premio dopo una giornata di lavoro! è il tweet a cui è allegata la foto.
E' di Siwon.
Subito dopo, c'è una selca di Yesung con in mano la scatola vuota del brodo di pollo: la traduzione dell'hangul dice “Mi sento già meglio!”
Sorrido.
Le foto vengono commentate in fretta e per un po' seguo le discussioni delle fan, è divertente ed emozionante sapere che di solito anche io commento e condivido.
Questa volta, però, io lo sto vivendo davvero.
Alzo lo sguardo dallo schermo del pc e mi perdo a seguire il lavoro degli operai, ad ascoltare le istruzioni del signor Freddi dette in inglese, poi tradotte da quello che deve essere il capo del cantiere.
Non voglio pensare a come sarà la mia vita fra meno di due settimane, quando il signor Freddi tornerà in Italia e io dovrò tornare alla mia vita vera.
Una vita che, tra l'altro, non possiedo più.

 

Per tutto il giorno cerco di dimenticare i brutti pensieri impegnandomi con le fotografie. Immortalo ogni fase del lavoro della giornata: la scenografia è quasi pronta, mancano solo alcuni led colorati e la pavimentazione in parquet bianco.
Pranzo con il signor Freddi e gli operai, chiacchiero con due giovani segretarie della SM, che si presentano a metà pomeriggio per controllare l'andamento dei lavori.
Una di loro mi sta spiegando il suo compito all'interno del cantiere quando il portellone dell'hangar si apre.
Il signor Park entra e, come le receptionist degli studi televisivi, anche gli operai si fermano e si inchinano.
Park fa un inchino di risposta, poi va subito verso il signor Freddi.

Mister Park è uno degli uomini più importanti dello showbusiness coreano.” mi dice in giapponese
Sujong, una delle due segretarie. “Quando mi hanno scelta per lavorare qui, prima essere pagata ho dovuto fare sei mesi di praticantato tra le sue segretarie.”
Annuisco e continuo ad osservare i due uomini, intenti a parlare sopra al tavolo con le planimetrie.
Vorrei andare a chiedere al signor Park come stanno i ragazzi e dove sono, ma poi mi ricordo che non dovrebbe importarmene molto.
Fotografarli è stato un lavoro.
Vivere qualche ora con loro, un privilegio.

Anna!”
Quando le due segretarie sentono che il signor Park mi chiama, arretrano di qualche passo, quasi spaventate.
Mi avvicino e il signor Freddi mi fa un cenno confortante con la testa.

Tutto bene? A che punto sei con il lavoro qui?”
Direi che per oggi ho concluso. Signor Freddi?”
Sì, sì.” conferma l'uomo.
Perfect. Ti ringrazio per il lavoro che hai fatto ieri sera.” dice lui con un mezzo inchino. “Sono solo di passaggio, però ci tenevo a vedere a che punto sono i lavori.”
Siamo perfettamente in linea con la tabella di marcia.”
Il signor Freddi sorride e si vede che è molto soddisfatto.

Sono molto contento. Riferirò ai miei superiori non appena tornerò in ufficio, stasera. Adesso torno in città, però. Devo gestire alcune partenze.”
Il signor Park si volta verso il set e, facendo il giro del tavolo, si dirige verso un gruppo di operai al lavoro. Nonostante la sua levatura gerarchica, si ferma ad ascoltare tutti e osserva ogni particolare delle strutture già montate con attenzione.

Efficienza coreana.” commenta in italiano il signor Freddi. “Perchè non chiedi al signor Park di darti un passaggio in città? Sono già le otto e qui dentro, come avrai capito, la temperatura continuerà ad abbassarsi.”
Lei cosa farà?”
Voglio solo essere certo che il parco luci sia funzionante, poi darà lo stop alle squadre. Ma non rientro a Seoul stanotte, visto che all'alba dovrò essere di nuovo qui.” risponde passandosi una mano sugli occhi. “Vai, prima che parta senza di te.”
Annuisco e mi volto verso il signor Park, che sta parlando con le segretarie.

Signor Park, scusi.” dico cercando di attirare la sua attenzione. “Posso chiederle una cosa?”
Certo, Anna.”
Lei sta andando a Seoul, non è vero?”
Sì.”
Mi chiedevo se potesse darmi un passaggio. Può lasciarmi ovunque, raggiungerò l'hotel in taxi.”
Il signor Park non risponde subito, ma si fruga nelle tasche della giacca.
Trova quello che stava cercando, un'agendina, e la sfoglia.

Devo passare a prendere Sungmin e Ryeowook allo studio radiofonico alle 23.” dice più a se stesso che a me. “Se per te non è un problema, facciamo quella deviazione e poi ti portiamo in hotel.”
Va benissimo. Le servono delle foto anche di Su...” sto per dire SUKIRA, ma Anna-chan non dovrebbe sapere questo tipo di informazione “Sungmin e Ryeowook?”
Già che hai la macchina fotografica,
why not? Adesso andiamo però.
Le due segretarie ci guardano abbastanza sbalordite, probabilmente non parlano inglese e hanno appena vissuto una situazione con la quale convivo dal primo istante in terra coreana.
Faccio un mezzo inchino e vado in camerino a prendere la mia roba, poi saluto il signor Freddi e seguo Park fuori.

   
 
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