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Autore: Valsi_inkheart    19/02/2013    8 recensioni
Dal primo capitolo:
"Pensare a quanto la sua vita sia cambiata, a come l’uomo meraviglioso accanto a lui sia passato da essere il suo miglior nemico a diventare suo marito, sino ad essere padre di un figlio assieme a lui.
Magari racconterà proprio questo a Ian, domani. Di come due persone siano destinate a stare insieme, anche se loro non lo sanno. Proprio come non lo sapevano i suoi due papà, dieci anni prima."
Flashback fiction, Kurtbastian.
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(The real) me – capitolo 5

Agenda di Sebastian: http://instagram.com/p/VWpqP4NJdz/
(sì, è il mio instagram, ssh)

Songlist: http://www.youtube.com/watch?v=N7p2UeB_QRM

“Ma bravo, Kurt. Bravo. Riesci a non dormire anche oggi che è il tuo giorno libero solo a causa di una stupida agendina lasciata per caso da Sebastian Smythe in caffetteria. Bravo. Perdere il sonno per un’agenda, tu sì che hai buonsenso da vendere.”

Kurt non riusciva a spiegarsi… beh, nulla in effetti. A quel puzzle mancavano almeno una decina di pezzi e non riusciva a capire se fosse suo compito cercare di ritrovarli. L’agenda era stata lasciata lì per caso o volontariamente? E, in quest’ultimo caso, perché? Con tutte quelle domande che gli vagavano per la mente, si sentiva il nipote illegittimo della Signora in Giallo.

Aveva deciso di non aprire l’agenda di Sebastian, un po’ per paura di quello che ci avrebbe trovato dentro, un po’ per rispetto. Non poteva crederci ma sì, stava parlando di rispetto nei confronti del ragazzo che aveva portato il suo ex fidanzato dove lavorava e l’aveva chiamato dalla cucina di modo che vedesse bene la scena.

A volte Kurt giocava sin troppo pulito, ma non poteva farci nulla. Continuava a rigirarsi quel piccolo diario tra le dita e a toccare la copertina di pelle nera, chiedendosi se all’interno ci fossero, descritti nei minimi dettagli, momenti della vita intima – che sembrava così prolifica – di Sebastian, o peggio, la scena di Sebastian e Blaine che tornavano a casa dopo quel caffè…

No, non poteva. Non poteva aprirla, non voleva sapere. Sebastian sarebbe tornato al Lima Bean il giorno dopo e Kurt gliel’avrebbe ridata, Sebastian l’avrebbe guardato ringraziandolo, Kurt gli avrebbe assicurato di non aver letto nemmeno una pagina e l’altro gli sarebbe stato così riconoscente da smettere, una volta per tutte, di fare lo stronzo. Forse.

Però restare a casa con la tentazione tra le mani – sì, aveva deciso che l’agenda era una tentazione: voleva e non voleva capire se Sebastian avesse dimenticato davvero il piccolo diario sul tavolo, voleva e non voleva sapere cosa c’era nella testa del francese – stava diventando una situazione insostenibile. Doveva uscire, doveva fare qualcosa, perché, anche se non sapeva spiegarselo, quella storia lo stava agitando.

Forse la sua vita era così piatta da permettere ad un diario di scombussolarlo. Era una cosa su cui riflettere, in effetti…

Senza rendersene conto, aveva sceso le scale ed era arrivato in cucina. Il caffè era pronto, nonostante Burt non fosse in città: probabilmente era stato Finn a prepararlo, prima di tornare a dormire. Ne prese una tazza, cercando di mettere a posto le idee. Avrebbe potuto parlare con Rachel di questa storia, ma dopo tutto quello che Sebastian gli aveva fatto, era sicuro che lei avrebbe suggerito di aprire l’agenda, leggere meticolosamente il contenuto e divulgarlo, nel caso il Warbler non avesse ceduto a dei ricatti. Rachel sapeva essere una vera Santana, a volte.

Kurt prese persino in considerazione l’idea di contattare Blaine, per far sì, dato che erano così in confidenza, che Sebastian riavesse il diario senza problemi. Kurt semplicemente odiava avere certe responsabilità. Sin da quando aveva perso sua madre, da bambino, aveva tenuto dei diari, e il fatto di abbandonarli da qualche parte, o che qualcuno li prendesse, erano sempre state ipotesi orribili per lui, e non sapeva se a Sebastian importasse così tanto del diario – o se a Sebastian importasse qualcosa di qualcuno, in realtà – ma sentiva il bisogno di rispettare quello spazio sacro. Sebbene Kurt era convinto che Sebastian non ne avesse, c’era la possibilità che vi fossero riportati i sentimenti dell’altro, o, più probabilmente, le sue manie egocentriche. A Kurt venne in mente che ci potesse essere, con tutta probabilità, un racconto il cui protagonista era chiamato Smythers Sebastiansen (e si sentì un genio per aver pensato ad un nome del genere), che salvava il mondo con la sua bellezza sconfinata.

Beh, molto Sebastian. Per un momento pensò seriamente di aprire l’agenda per essere sicuro che non ci fosse davvero scritta una cosa del genere.

Portandosi la tazza alle labbra e bevendo un sorso di uno dei caffè più brutti che avesse mai preso, capì cosa doveva fare: intossicarsi la giornata, guidando fino alla caffetteria che gli stava rovinando l’estate, sperando di trovarvi la persona più irritante che avesse mai incontrato, senza che quest’ultima gli avesse chiesto niente, per ridarle una stupida agendina, che avrebbe potuto anche contenere solo numeri di telefono, solo per un gesto di gentilezza – beh, e per evitare di immergersi totalmente nel pericoloso ed oscuro mondo di Sebastian Smythe, questo era sottointeso -.

Si appuntò mentalmente di complimentarsi con suo padre per l’educazione ricevuta e, con un sospiro, dopo aver buttato nel lavandino il caffè rimasto nella tazza, si mise in macchina. La sosta al Lima Bean serviva anche a bere un caffè decente, a quel punto.

Kurt non sapeva assolutamente cosa stesse facendo. Continuò a chiederselo per tutto il percorso da casa sua al Lima Bean e, sebbene non avesse trovato un soluzione per continuare a guidare, non si fermò né tornò indietro. Continuò a tenere il volante, fino ad arrivare al suo posto di lavoro. Nel suo giorno libero.

Assurdo.

Sbattendo la porta dell’auto, dopo aver parcheggiato, entrò in caffetteria. Con un cenno salutò i suoi colleghi, poi si diresse verso la saletta, cercando Sebastian Smythe. Doveva fare questa cosa velocemente: via il dente, via il dolore.

Quando notò che un paio di divani erano occupati da alcuni Warblers che aveva conosciuto quando ne faceva parte anche lui, pensò di averlo trovato. Avvicinandosi, capì però che Sebastian non era tra loro.

- Ciao Kurt! – lo salutò uno dei ragazzi, biondo platino e supersorridente, richiamando la sua attenzione.

- Ciao ragazzi! – Rispose Kurt. La vista dei suoi ex compagni provocò in lui uno di quegli odiosi nodi che si formavano quando  pensava alla Dalton, a Blaine, al suo primo bacio, alla sua prima volta, al suo primo ed unico amore…  che ora usciva con il suo peggior nemico. Oh, appunto.

- Hey, ehm, Sebastian non è qui con voi?

Si sentì un po’ in soggezione quando Nick e David alzarono un sopracciglio a quella domanda, ma Wes subito lo distolse rispondendogli. – Gli ho chiesto se avesse voglia di passare, dato che noi partiamo stasera e volevamo salutarlo, di solito si unisce a noi ma oggi aveva da fare a casa quindi non è potuto passare. Ti serviva qualcosa, Kurt?

Kurt decise di essere sincero, in fondo sembravano molto uniti (tanto da invitarlo a prendere un caffè insieme, e Kurt non aveva mai visto Sebastian prendere un caffè con più di una persona. Ragazzo, ecco: con più di un ragazzo). Così, estrasse il diario dalla tasca e lo mostrò agli altri.

- L’ha dimenticato qui ieri. Pensavo di trovarlo, a quest’ora è sempre qui…

Nick lo interruppe, l’espressione… preoccupata?

- Non l’hai… non l’hai letta, vero?

Kurt s’irrigidì. – No, certo che no. Mi sembrava un cosa piuttosto privata.

Nick sembrò più tranquillo a quelle parole, e Kurt non sapeva spiegarsi il perché, ma si sentì più preoccupato di prima. Quel diario non conteneva, evidentemente, solo numeri di telefono.

- Sebastian la porta sempre con sé. E uccide con lo sguardo chiunque ci si avvicini, o la guardi… - spiegò Jeff, come immerso in un ricordo. Dopo qualche secondo, tornò nel mondo reale. – Beh, è davvero strano che l’abbia dimenticata in una caffetteria…

Kurt era confuso. Se Sebastian teneva così tanto a quel diario, tanto da passare due pomeriggi a scriverci sopra senza fermarsi e da – come diceva Jeff – “uccidere con lo sguardo” chiunque mostrasse attenzione per l’oggetto… beh, non avrebbe mai potuto lasciarlo lì involontariamente.

- Qualcuno di voi… potrebbe restituirglielo? – Chiese, prima di rendersene conto. Quel piccolo oggetto si era fatto improvvisamente bollente tra le sue mani, e voleva liberarsene prima possibile. Ancora più in fretta di come pensava quella mattina.

- Oh, dovremmo prepararci per partire, sai, valigie e cose così. Però se vuoi ti diamo l’indirizzo di casa sua e glielo riporti. Starà dando di matto, senza quel squadernino, - propose Wes. – Gli faresti un favore.

Kurt avrebbe tanto voluto essere una di quelle persone che riesce a spiegare il suo odio per le persone senza diventare rosso, urlare e avere gli occhi pieni di lacrime. Però non lo era, e onde evitare brutte scenate (era pur sempre il suo posto di lavoro…), tenne per sé quello che pensava di Sebastian, e si concesse un breve sospiro.

- Sì, beh, magari potrei provare a tenerlo fino a domani. Tornerà, non è vero?

I ragazzi si scambiarono uno sguardo tra il preoccupato e l’apprensivo.

- Sarebbe meglio se glielo riportassi, Kurt. Fallo… per la sicurezza nazionale. – Disse Nick.

- Sì, ma un giorno in più…

- Eeeh, no. Domani Sebastian se ne va in Francia quindi bisogna darglielo oggi. – tagliò corto Thad. Gli altri lo fissarono, un po’ confusi, ma Kurt non se ne accorse. Riusciva solo a pensare all’assurdo guaio in cui si era cacciato, alla sua assurda curiosità e alla sua più che assurda buona educazione, che decideva di palesarsi nei momenti meno opportuni. Ad esempio, nei confronti di Mister Sebastian Devo-Partire-Domani-E-Mi-Permetto-Il-Lusso-Di-Dimenticare-Le-Cose Smythe.

Che situazione insensata.

Per qualche irragionevole motivo, l’attaccamento che Sebastian provava per quell’oggetto lo rese, agli occhi di Kurt, più umano, una persona – no, prima non era sicuro lo fosse – e magari, questo poteva rendere più accettabile l’idea di fargli un favore. Forse.

- Kurt, - lo chiamò Wes. – Potresti farlo come favore a noi.

- Una volta avete provato ad accecarmi con una granita piena di sale grosso.

- Hey, ti abbiamo già chiesto scusa per quella… - s’intromise Thad.

- Sentite, gli restituirò questa cosa e se per farlo devo andare a casa sua, lo farò. Sta diventando un peso che non posso più sopportare. – Kurt lo aveva deciso in quel momento. Qualche tempo prima si era detto che la sua vita e quelle del francese non avrebbero dovuto più essere legate in qualche modo, quindi doveva tagliare quel filo rosso il prima possibile.

Gli altri parvero sollevati a quell’affermazione, e non appena gli venne fornito l’indirizzo, Kurt uscì dalla caffetteria. Alla volta di casa Smythe.

Cercò di non pensare a ciò che stava facendo, si concentrò sul percorso, e in dieci minuti fu a destinazione. Respiro profondo, agenda stretta nella mano, costeggiò il marciapiede e parcheggiò. Non poté fare a meno di prendersi qualche minuti per ammirare la casa di Sebastian: era una villa magnifica, una delle più grandi della città. Aveva la pareti color crema e il soffitto di mattoni rossi, e Kurt sapeva che, dato che era così imponente, probabilmente se l’avesse vista di notte, ne sarebbe stato decisamente intimorito.

Attraversò il cortile esterno e, giunto al portone d’ingresso, suonò senza pensarci. Via il cerotto, senza via di scampo.

Fu stupito - ma capì subito che la sua fu una reazione fuori luogo -, quando ad aprire si presentò un uomo in smoking, sulla sessantina, che gli sorrise, presentandosi come “George, il maggiordomo di casa Smythe”. Beh, se gli anni passati a giocare a Cluedo non mentivano, quel gentile signore un giorno avrebbe ucciso Sebastian… poco male.

- …Vuole che la annunci a Sebastian?

Oh. Entrare dopo una presentazione era una cosa che faceva sentire Kurt un po’ a disagio, così decise di farsi semplicemente scortare dove si trovava il ragazzo.

- Ecco, da questa parte. – Disse George, indicando l’enorme salone che affiancava l’ingresso, occupato per i due terzi dalle scale. Il salone si trovava sulla destra, era ampio e richiamava i colori esterni della casa. I mobili erano antichi, probabilmente molto costosi, e al centro della stanza c’era un grande pianoforte.

Beh, Sebastian e un grande pianoforte.

Sebastian che suonava quel pianoforte.

Fu strano, e qualcosa si sciolse nel corpo di Kurt, quando, una nota dopo l’altra, vedeva Sebastian che muoveva le dita, e i piedi, e la testa per accompagnare quella melodia meravigliosa*. Non pensava che qualcosa potesse farlo sentire così, e quasi dimenticò chi stava suonando, dimenticò dove si trovava e perché: quello che quella melodia gli dava era meglio di qualsiasi canzone, e delle parole e delle rime.

Era pura emozione, e magia.

Aveva gli occhi quasi chiusi, e la testa probabilmente che fluttuava, quando Sebastian si fermò e, alzando gli occhi, lo vide. Kurt lo guardò negli occhi, e, prima che potesse dire qualcosa, Sebastian si alzò, e si poggiò al fianco del pianoforte.

- Ti aspettavo.

 

***

 

- Seb, gli ho già dato uno sciroppo, starà meglio prima che tu possa rilassarti. – Kurt sorride a suo marito, dandogli un bacio sulla guancia. Non pensava, prima di sposarlo, che Sebastian Smythe fosse un tipo apprensivo. Eppure, eccolo lì, a gravitargli attorno per assicurarsi che Ian stia bene.

- Ho un’idea!- dice Sebastian, scomparendo nello studio. Riemerge con un piano a batterie, quello che usa per insegnare a suonare al piccolo, e quando si dilegua nella camera del piccolo, Kurt capisce. Vuole suonare per suo figlio con la febbre.

Quando li raggiunge, Ian è già sorridente dal suo lettino, e Sebastian è già per terra, le gambe incrociate, e le dita che si muovevano veloci sui tasti. Come quella volta, un po’ di anni prima, a casa sua.

 

 

 

 

* http://www.youtube.com/watch?v=N7p2UeB_QRM

 

 

 

Note dell’autrice!

Ooohh, il sollievo di essere tornati! Vi ringrazio infinitamente per questi giorni di pazienza, purtroppo non immaginavo che riprendermi dall’operazione (è andato tutto bene, comunque, grazie a tutti degli auguri! :D) sarebbe stato così difficile, solo oggi riesco a stare seduta senza sentire dolore quindi solo oggi riesco ad aggiornare.

Ah, questi due bimbi sono già all’azione, anche se è presto… è vero, però non sono tipo da fic troppo lunghe e vediamo di far andare questa storia da qualche parte.

Ah, un’altra cosa. Trattate con i guanti le canzoni di questo capitolo. Sono le mie canzoni – ehm, poi magari vi spiegherò perché – quindi, mi raccomando!

Grazie ancora per le recensioni allo scorso capitolo, siete meravigliose. Risponderò appena questo capitolo sarà postato.

Un bacio.

Vals

 

  
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