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Autore: dilpa93    19/02/2013    9 recensioni
“Sai, mia madre quando ero piccolo era solita raccontarmi una storia.”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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La luce del primo sole le solletica dolcemente il viso; inspira a fondo aprendo gli occhi e, sorridente, si gira sul fianco rivolta verso il lato accanto al suo, che però trova inaspettatamente vuoto.

Scosta il lenzuolo, si lascia andare ad un lieve sbadiglio, e dopo aver recuperato i pantaloncini lanciati la sera prima distrattamente sul pavimento, si infila la felpa blu dell’uomo trovata sulla sedia accanto alla porta.
Le piace indossare i suoi indumenti, la fa sentire bene, protetta; la avvolgono come un abbraccio, e respirando riesce a sentire il suo profumo anche quando non c’è.
Non appena apre la porta a vetri che dà sul retro, il vento pungente della mattina appena iniziata la colpisce facendola rabbrividire; sfrega le mani tra loro passandosele poi sulle cosce, sulle quali è già spuntata la pelle d’oca.
Segue la passerella in legno che conduce fino al lago, e là, alla fine del pontile, lo vede.
I raggi si riflettono nell’acqua che scintilla quasi fosse diamantata; riesce a mala pena a distinguere la sagoma del suo uomo, le cui gambe si incrociano all’altezza delle caviglie e dondolando arrivano a pochi millimetri da quell’increspatura azzurro-dorata. Solo quando gli è alle spalle nota che tiene tra le mani una canna da pesca.
“Che cosa stai facendo?”
“Pesco.” Risponde calmo, quasi fosse la cosa più naturale del mondo.
“Ti ricordi che ti ho detto che non ci sono pesci qui, non è vero?”
“Sai, mia madre quando ero piccolo era solita raccontarmi una storia.” Non distoglie lo sguardo da ciò che sta facendo, non si volta nemmeno quando la sente sedersi accanto a sé su quelle assi di legno scricchiolanti. “Narrava di un giovane, figlio di contadini. Ogni mattina, ancora prima che si facesse viva l’alba e che il giorno cominciasse, con due secchi si incamminava verso il fiume. Per farlo era costretto a passare per il centro della cittadina ancora dormiente, ma nella penombra scorgeva sempre una figura ricurva sul pozzo nel mezzo della piazza. Una mattina, al ritorno dal fiume, non riuscì più a domare la sua curiosità, così gli si avvicinò lasciando che i due secchi gli scivolassero via dalle mani poggiandosi sull’acciottolato sotto di lui, e che leggeri schizzi d’acqua gli inumidissero i piedi impolverati. Si sporse non vedendo nulla oltre all’oscurità, così con sguardo interrogativo si rivolse all’ombra accanto a lui, che finalmente assunse un volto. Era un anziano signore, la lunga barba bianca cresceva stanca, così come stanchi erano i suoi occhi, il mantello sgualcito lo copriva a malapena, e le dita ossute stringevano una piccola canna in legno, semplice e rudimentale. ‘Mi perdoni, ma ogni mattina, passando, la vedo qui, e mi chiedo cosa stia facendo?’ ‘Pesco.’ Rispose semplicemente ‘Si, ma cosa?’ ‘I desideri.’ ‘Non capisco.’ Aveva ribattuto leggermente spazientito per le risposte sbrigative dell’uomo.
‘Vedi ragazzo, questo è un pozzo dei desideri, giorno dopo giorno uomini, donne, bambini, giovani e anziani vi sussurrano il loro sogno sperando che questo si avveri, ed io, giorno dopo giorno, proprio come loro, vengo qui a raccoglierli.’ Lo guardò perplesso, ‘doveva essere pazzo’ pensò. Gli sorrise gentile e, ripresi i secchi, si rimise in marcia verso casa. Dopo pochi passi si voltò, sembrava essergli balenata in testa una nuova domanda, ma quando guardò verso il pozzo non vi vide nessuno. L’anziano era sparito nel tempo di un batter di ciglia.”
Lo guarda accigliata, proprio come quel giovane aveva guardato il vecchio.
“Perciò io sono qua, per pescare i tuoi sogni. Me lo hai raccontato l’altra sera. Quando eri giovane e venivi qui con i tuoi, hai detto che ti piaceva sdraiarti in questo punto, sul pontile. Non mi è difficile immaginarti esattamente dove siamo adesso, a pancia sotto. Una mano ti sorregge il viso, mentre con le dita dell’altra solletichi l’acqua fresca pensando a cosa avresti fatto alla fine dell’estate, a tutto ciò che avresti voluto realizzare e a ciò che saresti voluta diventare. Mi hai detto che ci stavi anche delle ore, scommetto che rientravi appena in tempo per la cena e scendevi svelta dopo esserti fatta una doccia veloce. Pur non conoscendola mi sembra di vedere tua madre che ti rimprovera per essere scesa con i capelli ancora gocciolanti, e che alla fine ti sorride vedendo morderti il labbro mentre mormori uno ‘scusa, ho fatto tardi’.”
Si domanda come possa arrivare a capire tante cose su di lei partendo da un semplice aneddoto. Le aveva domandato cosa era solita fare quando andava lì, prima che arrivasse lui a rendere più interessanti le sue giornate al lago -il solito egocentrico-. Gli aveva solo detto che si sdraiava a pensare e sognare, e lui aveva colto, in quelle poche parole, molto di più.
Era vero, arrivava tardi e alla fine si ritrovava a cenare con l’asciugamano avvolto a mo’ di turbante sulla testa.
Il sorriso di sua madre, il più bello che avesse mai visto. Quando sorride si chiede se le somiglia almeno un po’.
Spera di somigliarle almeno un po’.
Ricorda che la sua risata era pura e genuina, contagiosa, sapeva metterla di buon umore.
Rideva quando Kate si tuffava schizzandola e poi, arrivando silenziosamente, Jim l’afferrava da dietro buttandosi in acqua con lei in braccio. La sentiva ridere quando, guardando un film, si accorgeva che suo padre si era addormentato, e con la sua complicità prendevano una manciata di popcorn riversandoglieli dentro al colletto della camicia.
Rideva sempre quando era con loro, era l’anima di quella famiglia.
“Penso che alcuni tuoi sogni, purtroppo, non si siano avverati a causa… A causa di tutto quello che è successo, e che molti tu sia stata costretta a metterli da parte. Così io li pesco, li pesco per te, e li farò avverare uno dopo l’altro.”
Finalmente la guarda negli occhi e li vede brillare alla luce di quel sole ora staccatosi dallo specchio d’acqua davanti a loro. Luminosi per quella stella e lucidi per le parole che ha sentito.
“Sai, potrebbe volerci un’eternità. Da ragazza ero una sognatrice.”
“Spero che ci voglia l’eternità, perché significherebbe che la passeremo insieme.”
Le porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, asciugandole, mentre la sfiora delicato, una leggera lacrima cristallizzata sulla sua guancia. I loro profili sono incredibilmente vicini, schiudono entrambi le labbra lasciando che i respiri si mischino, annullano la poca distanza che li separa con lentezza per assaporare meglio quel momento, e poi lui decide di coprire quell’ultimo millimetro baciandola impetuosamente.
Si staccano e lei sorride felice sfiorandogli appena le labbra arrossate.
“Posso aggiungere un desiderio alla mia lista?” La bambina che é in lei sembra prendere momentaneamente il sopravvento, e quando lo fa sprigiona il suo fare timido. La voce si riesce a sentire appena, le gote le si tingono di un vivace rosa, e lascia che i capelli le ricadano davanti al viso per nasconderlo.
“Tutti quelli che vuoi.” Le sussurra con voce calda quasi a non voler turbare la calma attorno a loro.
Poggia la mano sulla sua solleticandogli sottilmente il dorso con la punta delle dita tornando a guardarlo. “Vorrei che questo durasse davvero per l’eternità.”
“È buffo, quando sono arrivato e la luna era già affondata, mentre il sole non era ancora arrivato, credo si fossero fermati a scambiare quattro chiacchiere”, scuote la testa sorridendo per le sue folli teorie, “questo è stato il desiderio che ho espresso non appena mi sono seduto.”
“In questo caso…” Gli sfila la canna da pesca dalle mani tenendola ora salda tra le sue. “Sarò io a pescare questo sogno. Il tuo sogno.”
“Il nostro sogno.” La corregge lui soffiandole quelle parole sulla pelle adamantina lasciata scoperta dalla felpa prima di lasciarvi dei piccoli baci, stringendola poi a sé. Il capo di lei si incastra perfettamente nell’incavo del suo collo e, per accertarsi che quel desiderio cada nel suo pozzo dei desideri, lascia che dalla sua bocca escano un’ultima volta  quelle parole in un sussurro
“Per l’eternità”.




ANGOLO AUTRICE:
Troppo sdolcinata, vero?
Ho perso il mio animo angst...
Buona serata
Baci
  
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