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Autore: B_Jane    19/02/2013    1 recensioni
Passare il giorno del proprio compleanno all'ospedale non è il massimo, o almeno finché una dolce donzella non arrivi in visita con una scatola di cioccolatini...
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Una piccola storiella (proprio corta!) per il compleanno di Tobirama Senju.
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Tanti auguri, Nidaime Hokage!
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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              Guardare fuori dalla finestra era una delle mie attività più odiate. Il “caro e dolce far niente” non rientrava nelle mie facoltà. Cercai di girarmi nel letto, per trovare una posizione un po’ più comoda, nonostante la gamba ingessata, finendo solo col peggiorare la situazione.  E il fatto che tutto quello stava accadendo il giorno del mio compleanno, peggiorava a dismisura la situazione.
 
            «E’ permesso? Tobirama?» mi saltò un battito cardiaco. Quella voce l’avrei riconosciuta tra mille. Scattai a guardare la porta della mia stanza.
 
            Magdalena….
 
            «Entra pure.» mi innervosii subito, mi faceva voglia rivederla, ma non in quelle condizioni.
 
            Il mio orgoglio maschile è ferito! Mi derisi.
 
            «Come ti senti oggi? Scusa se non sono venuta prima, ma ho avuto da fare a tenere a bada la classe, e poi… pensavo fossi pieno di visitatori.» si avvicinò, tenendo tra le mani un pacchetto verde menta, che squadrai con fin troppa curiosità.
 
            «Hem… questi….» diventò rossa in un lampo, distogliendo lo sguardo da me, al muro.
 
            Il muro non è poi così interessante… ritorna con lo sguardo di qua.
 
            Mi porse il pacchetto rigidamente, che afferrai subito.
 
            «Oh Magdalena, non dovevi disturbarti!» scarta subito la carta colorata, trovando una scatolina di cioccolatini assortiti.
 
            Rimasi sbigottito. Mi aveva davvero regalato dei cioccolatini? Non riuscii a trattenere un sorriso. Magari per lei non valevano nulla, ma per me quello era il regalo più gradito da molto tempo. Non che fosse il più utile o costoso, ma era quello più dolce di sentimenti.
 
            Volevo ringraziarla, ma la voce mi si strozzò sul nascere, trasformandosi in un rantolo incomprensibile.
 
            «Tobirama cosa succede?» si avvicinò tempestivamente, mettendomi una mano sulla spalla, preoccupata.
 
            Ingoiai un nodo di nostalgica felicità. Era dolcissima. Era una donna dolcissima.
 
            La presi per un braccio, facendola cadere sul letto, stringendola forte, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla.
 
            «Grazie Magdalena… grazie.» la strinsi forte a me, sentendo quanto fosse magra. Sembrava mi stessi abbracciando da solo. Sembrava così… fragile. Come una bambolina di cristallo, che deve essere protetta.
 
            Mi strinse a sua volta, la sentii appoggiare il viso tra i miei capelli… reazione che le costò una stretta più vigorosa.
 
            «Di nulla.» sussurrò.
 
            Rimanemmo così per poco, finché non mi decisi di alzare il volto, e prendere il controllo delle sue labbra, baciandola con voracità.
 
            Solo allora mi resi conto di quanto la desiderassi, di quanto fossi stato cieco e bugiardo con i miei sentimenti e con lei. La verità… era che mi piaceva. Da impazzire.
 
            Non potevo resistere a quel sentimento che stava sbocciando con una rapidità a dir poco impressionante. Non volevo resistere. Perché avrei dovuto? Restare infelice… per cosa?  Baciare la persona che si ama… è decisamente meglio.
 
            Mi staccai solo per riprendere fiato, gusto pochi attimi, per poi ricongiungere le nostre labbra.
 
            Lei rimase sorpresa, ma ricambiò dolcemente, rispondendo al mio invito silenzioso di poterla amare, almeno un po’. Posò le sue mani dietro la mia nuca, accompagnandomi teneramente verso di lei, stringendo alcun ciocche di capelli tra le dita.
 
            Mi parve di sentire la porta aprirsi, ma non ci feci molto caso. Sembrava Aoba, ma ero troppo impegnato per poterlo appurare.  Lasciai correre perché, in fondo, non me ne importava nulla.
 
            Strinsi ancora quella dolce creatura tra le braccia, ascoltando il suo respiro affannato e rapido che tossiva in quei pochi attimi di tregua che le concedevo di tanto in tanto.
 
            Anche se ero io quello sul letto d’ospedale, nonostante mi facesse male la gamba ( e i cioccolatini stessero rotolando sulle lenzuola bianche ) … mi sentii finalmente felice.
 
 
            Persino felice di essermi rotto una gamba.
  
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