Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: ShioriKitsune    20/02/2013    5 recensioni
«In un certo senso, ed in un modo strano e contorto, lui mi ha salvato. Ed io gli sarò sempre grato per questo».
[SebxCiel]
E' la mia prima fan fiction sul mondo di Anime e Manga, spero che vi piaccia. Questa storia è ambientata dopo l'ultima puntata dell'Anime (il manga è ancora in fase di lettura v.v) e inizia raccontando la paura di Ciel riguardo al distacco del suo maggiordomo. E poi, in un crescendo di suspance, si scoprirà quanto Ciel sia stato infantile nel suo giudizio.
Spero davvero che possa essere di vostro gradimento :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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«Allora, cos’hai intenzione di fare una volta uscito di qui?».
Grell, con le mani dietro la testa, mi precedeva guardandosi intorno.
«Pensavo lo sapessi. Non ne abbiamo già parlato?».
«Beh, sì, il limbo e tutto il resto. Ma non ho ben capito come intendi esattamente riuscire ad ottenere le informazioni di cui hai bisogno. Non tutti gli Shinigami sono disponibili come me».
«In realtà», iniziai, assumendo un tono basso e seducente. «Avevo pensato di poter contare su di te, per quello».
Il rosso si voltò di scatto, un sorriso felino ad illuminargli il viso. «Sebas-chan, stai forse chiedendo il mio aiuto?».
Odiavo ammetterlo, ma avevo davvero bisogno dell’aiuto di quel pervertito, almeno per il momento. Dovevo fare uno sforzo, tollerarlo e cercare – nei limiti – di assecondarlo. «Esattamente».
Grell strinse gli occhi, iniziando ad agitarsi. «Oh, Sebas-chan! Sapevo che questo momento sarebbe arrivato! Oh, oh, oh! Coraggio, spogliati e fammi vedere quanto sei uomo. O, se preferisci, posso essere io l’att-».
Cercai con tutto me stesso di non rabbrividire al pensiero, limitandomi a frenare il suo entusiasmo con un gesto della mano. «La ricompensa è l’ultima cosa. Devi prima aiutarmi», gli ricordai in tono fermo, sperando che non risultasse esageratamente disgustato.
Lo Shinigami s’incurvò, rattristato. «Così non vale! Tu non mi darai mai ciò che mi spetta, alla fine. Voglio almeno un incentivo».
Alzai un sopracciglio. «Incentivo?».
«Sai com’è, un bacio magari.. o una toccatina».
Assunsi un’espressione esterrefatta. «E se ti promettessi un appuntamento con William T. Spears?».
Grell affilò lo sguardo. «Will non farà mai un favore a te, figurarsi se accetterebbe di uscire con me. Non se ne parla, questo accordo non è equo». Incrociò le braccia al petto, mettendo il muso.
Sospirai.
«Si sente che siamo ancora all’inferno, qui fa molto caldo, non trovi?», sussurrai, slacciando in modo lento e seducente i bottoni della camicia che ero riuscito a recuperare.
Il rosso strabuzzò gli occhi, mentre cercava di mettermi addosso quelle sue manacce insolenti. «Oh, Sebas-chan, lasciami toccare un po’!».
«Se riuscirai a procurarmi le informazioni di cui ho bisogno, ti lascerò toccare tutto quello che vuoi», risposi, riabbottonandomi la camicia.
Grell perse completamente la testa, iniziando ad agitarsi e urlacchiare in modo estremamente poco virile.
«Bene allora, cosa ci facciamo ancora qui? Andiamo da qualcuno che potrà sicuramente fornirci qualche risposta».
Corrucciai la fronte. «E chi sarebbe?».

«Chi, se non Undertaker?».

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«Signorino, sicuro che non vuole che qualcuno di noi l’accompagni?».
Annuii col capo. «Certo, Finnian. Tornate pure ai vostri impieghi abituali, rientrerò per cena. Oh, e ricorda a Baldroy che se anche stasera cercherà di cucinare la carne con il lanciafiamme, si ritroverà presto per strada, al freddo e senza cibo».
Finny annuì, affrettandosi ad allontanarsi dalla carrozza.
«Possiamo andare adesso».
Fino a qualche settimana fa non avrei mai pensato che sarei andato da Undertaker senza nessuno che provvedesse alla sua ricompensa. Ma, sinceramente in quel momento era l’ultima cosa di cui m’importava. Quel becchino mi doveva delle risposte.
L’ultima volta che ero stato da lui, mi aveva quasi convinto ad uccidere qualcuno per fare in modo che Sebastian tornasse indietro, ma avevo scoperto in tempo – e proprio grazie al maggiordomo – che nessun sacrificio umano sarebbe stato necessario.
Undertaker non era stupido, non parlava giusto per farlo. Aveva cercato di farmi compiere un’azione di cui mi sarei pentito, e volevo assolutamente sapere perché.
Inoltre, da quando anche Grell era sparito, lui era l’unica persona alla quale potevo rivolgermi per ottenere informazioni di qualsiasi tipo. La ricerca a chi mi dava la caccia non era certo passata in secondo piano: avrei scoperto il colpevole, fino alla fine. E glie l’avrei fatta pagare cara.
«Undertaker, esci da quella bara puzzolente».
«Hi-hi-hi, il conte Phantomhive ha deciso di onorarci nuovamente della sua presenza!».
La sua voce arrivava da un punto indefinito della stanza, così iniziai a guardarmi intorno fino a quando non fui abbastanza sicuro di averlo individuato. «Ho bisogno di sapere alcune cose».
Lui ridacchiò. «Mi sembra ovvio, cane della regina. Altrimenti non saresti qui».
Feci scoccare la lingua, rendendomi conto di quanto quell’appellativo sembrasse sbagliato adesso, dopo tutto ciò che era successo. Il cane della regina era morto con lei, ma per convenzione non avrei mai potuto liberarmi di quel lato di me stesso.
«Allora dimmi, cos’è che vuoi sapere?».
Undertaker non mi avrebbe dato più di un indizio per volta, lo conoscevo bene. Quindi, avrei fatto le mie domande nel modo più diretto possibile, sperando che lui rispondesse in modo altrettanto diretto.
«Chi c’è dietro quello che mi sta accadendo? Chi c’è dietro i tentati attacchi alla mia casa?».
«Cosa ti fa pensare che io disponga di queste informazioni?», domandò lui, uscendo finalmente dall’ombra.
Gli rivolsi un’occhiata, ma senza sprecarmi più di tanto. Era lo stesso Shinigami di sempre. «Il fatto che tu sappia sempre tutto ciò che accade. È il tuo compito, no?».
«Mmh», mormorò lui, massaggiandosi il mento. «Sì e no. Tu non sei un’anima da proteggere, Ciel Phantomhive. In realtà sei già bello che morto. Però..».
Si bloccò all’improvviso, come se stesse per dire chissà cosa, e la sua espressione cambiò per un secondo. Poi sospirò. «Non importa. Comunque sia, potrei svelarti l’identità dei rapitori.. ma sai che necessito di un compenso», ghignò.
Sbuffai. «Non sono in vena per questo, Undertaker. Prometto che avrai ciò che ti spetta la prossima volta».
«Hi-hi-hi! Non funziona così, conte, e lei lo sa bene».
Serrai la mascella.
L’ultima cosa che desideravo fare era mettermi in ridicolo per due semplici nomi. «Al diavolo. Vorrà dire che otterrò le informazioni in un altro modo».
Mi voltai, afferrando il pomello della porta, pronto ad uscire. Ma un sussurro alle mie spalle mi trattenne.
«Ed è questo l’unico motivo per cui è venuto, conte? Non c’è nient’altro che vorresti sapere?».
Deglutii.
Ovviamente, non gli era sfuggito. A quel tizio non sfuggiva nulla.
«Voglio sapere perché hai cercato di farmi compiere un sacrificio inutile».
L’attimo di silenzio che seguì la mia domanda sembrò durare secoli. Poi, finalmente, Undertaker rispose.
«Inutile? Nessuno ha parlato di sacrifici inutili».
«Ma non serviva che uccidessi qualcuno perché Sebastian tornasse».
«Oh, lo so bene. Ma il mio obiettivo era un altro, Ciel Phantomhive. Del tuo demone m’importa ben poco».
Serrai i pugni. «Hai cercato di sfruttarmi per motivi che solo tu conosci?».
«No, non esattamente. È che penso che la tua vita sia sprecata, se continui a vegetare in questo modo», si fermò. «Potresti fare grandi cose, con il mio aiuto».
E poi, per un secondo, riuscii a vedere i suoi occhi. Erano fiammanti, eccitati al pensiero di chissà cosa. Mi catturarono con facilità. «Grandi.. cose..».
Ma quella specie di ipnosi fu spezzata da un’intrusione inaspettata.
Mi voltai di scatto, schiudendo le labbra.
«Grell?».


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Ero riuscito a nascondermi in tempo, Ciel non mi aveva visto.
Avevo sentito il suo odore, il retrogusto restante della sua anima, non appena ero entrato in quella bettola sudicia e disordinata. Grell non si era minimamente accorto che Undertaker non era solo, ed effettivamente ci mise un po’ per accorgersi del bocchan.
«Oh, cosetto, e tu che ci fai qui?», inclinò il capo.
Il volto di Ciel si fece paonazzo, mentre cercava con tutto se stesso di non esplodere dalla rabbia. Odiava quando qualcuno gli dava quel genere di nominativi, odiava sentirsi piccolo.
Sorrisi appena.
«Io che ci faccio qui? Tu che diamine ci fai qui! Questa è la mia città, e posso andare ovunque quando mi pare».
«Ehi, ma questo è il mio collega, e posso passare a fargli visita quando più mi aggrada».
Si fissarono in malo modo, e mi trovai a domandarmi chi dei due fosse più infantile.
«Hi-hi-hi! State combattendo per me? Sono onorato. E io che pensavo aveste occhi solo per i bellocci».
Il bocchan diventò ancora più rosso di prima. «Cosa dici?», urlò, agitando il braccio. «Io non sono un gay pervertito come questo qui!», grugnì, indicando Grell.
Il rosso ridacchiò. «Non c’è bisogno di arrabbiarsi tanto, piccoletto! Siamo tutti amici qui, non devi giustificarti di nulla».
«Basta! Smettetela», continuò il bambino, serrando i pugni. «Non siete affatto divertenti».
Gli sarebbe esploso in cervello, se non si fosse calmato. Ma quella discussione mi divertiva alquanto: osservare Ciel arrabbiato era un vero spasso.
Ci vollero un paio di minuti prima che Grell e Undertaker riuscissero a smettere di ridere, ma la situazione tornò più o meno al livello di partenza. «Ha bisogno di qualche altra informazione, conte Phantomhive?», domandò il becchino, mentre Grell si guardava intorno in attesa. Per fortuna, aveva capito che in presenza di Ciel doveva tacere.
«No», sospirò lui. «Non mi serve sapere altro, per adesso. Ma tornerò».
L’espressione che rivolse ad Undertaker mi lasciò di sasso. Era bramosa di informazioni, e questo al bocchan non era mai successo. Undertaker sembrò rispondere con lo stesso sguardo, ma non riuscii a guardarlo negli occhi per confermare la mia ipotesi.
Eppure, era come se avessi la sensazione che qualcosa non andava.
«Ciao ciao, piccolo conte!».
Lui scoccò la lingua, facendo per andare via, ma si bloccò davanti alla porta.
Aggrottò la fronte, rivolgendo lo sguardo nella mia direzione.
Oh no”, pensai. “Se dovesse vedermi, tutto il mio piano andrà al diavolo”. E, nonostante il gioco di parole, ero seriamente preoccupato che ciò accadesse.
Ma, per mia fortuna, il bocchan non era mai stato un tipo paziente. Dopo un ulteriore attimo di esitazione, sospirò e si chiuse la porta alle spalle.
Cosa era successo? Come mai si era fermato? Era impossibile che avesse avvertito la mia presenza, eppure..
«Sebas-chan, puoi mostrare il tuo bel viso adesso».
Undertaker ridacchiò. «Avevo sentito puzza di demone».
Nonostante il mio strano presentimento su di lui, ridacchiai a mia volta. C’erano delle cose che avevo bisogno di sapere e, chissà perché, sospettavo che l’unica persona in grado di aiutarmi fosse proprio lui.
«Coraggio, becchino, mettiti comodo. Dobbiamo fare una bella chiacchierata, noi tre».



TO BE CONTINUED:
A distanza di una settimana, ecco il nuovo capitolo. Un altro mistero, sì. Voglio proprio farvi impazzire. Cosa nasconderà Undertaker? E Sebastian riuscirà a sapere ciò di cui ha bisogno? Lo scopriremo, o anche no, nel prossimo capitolo.
..Forse.

[cit.]

   
 
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