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Autore: dreamlikeview    20/02/2013    19 recensioni
Durante una tranquilla vacanza su una nave da crociera, Louis Tomlinson, 21 anni, ed Harry Styles, 19 anni, si troveranno coinvolti nella più grande avventura della loro vita: Loro stessi, dispersi su un'isola deserta, insieme ad una bambina.
Riusciranno a sopravvivere? Torneranno a casa?
La loro amicizia reggerà una tale prova?
Scopriranno di provare qualcosa o si odieranno, perdendosi definitivamente?
[Ovviamente, Larry.]
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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I just got lost
Every river that I've tried to cross
And every door I ever tried was locked
And I'm just waiting till the shine wears off.
(Lost – Coldplay)

 

 

 

Cosa accadrebbe se improvvisamente vi trovaste smarriti?
Se all’improvviso vi perdereste, in un luogo a voi sconosciuto, in un luogo di cui non sapete niente,e dovreste contare solo sul vostro compagno d’avventura?
E se poi questo fosse rischioso per la vostra amicizia?
Riuscireste a fidarvi ciecamente di lui?
Riuscireste a  sopravvivere, insieme?

 

*

 
“Lou, Lou, Lou! Svegliati!” – urlò un ragazzo, ridestandolo dal suo profondo sonno.
Louis Tomlinson, un ragazzo di appena ventun’anni, dal sorriso contagioso, e la risata cristallina,proveniente da Doncaster, conviveva con il suo migliore amico, Harry Styles, il riccio irrequieto, dagli occhi smeraldini, proveniente da Holmes Chapel, che ora gli urlava nell’orecchio, eccitato ed agitato per la grande avventura che avrebbero affrontato insieme.
“Haz, è presto” – mormorò –“lasciami dormire”
Tirò il lenzuolo, che il riccio gli aveva tirato da dosso, fin sopra la testa, nascondendo il volto sotto di esso.
“Lou, alzati, eddai Boo, Sweetcakes, Boo Bear, LouLou, dai!” – iniziò il riccio, elencando tutti i soprannomi che era solito dare al suo migliore amico, che per lui non era unicamente un migliore amico.
Harry era cotto di Louis da tempo immemore, forse da quando lo conosceva, e un po’ ci stava male che il suddetto non si interessasse a lui nel modo che avrebbe voluto. Eppure, era felice di averlo accanto come amico.
Vivevano insieme, e praticamente Louis era tutto suo dalla mattina alla sera, a parte quando andava all’università, era, infatti, il più grande tra i due, mentre Harry, il più piccolo, doveva frequentare l’ultimo anno di liceo, a settembre.
Quell’estate, però, si accingevano a  passare tre mesi da soli.
Louis gli aveva fatto un regalo sia di Natale e che di compleanno meraviglioso quell’inverno: una vacanza solo loro due su una nave da crociera, che avrebbe attraversato buona parte dell’Atlantico e forse anche del Pacifico, portandoli a scoprire diversi luoghi che loro ancora non avevano visitato. Harry non si era azzardato nemmeno lontanamente a chiedere quanto avesse speso per quel regalo, ma era grato a Louis per quello che aveva fatto per lui, perché aveva speso tutti quei soldi per lui, per Harry, non per una ragazza o un’altra persona, proprio per lui, il suo coinquilino, il suo migliore amico.
Ed era anche per questi piccoli gesti che Harry si era innamorato di Louis. Da sempre, il maggiore lo aveva accontentato, o lo aveva viziato. E poi, se si voleva dirla tutta, Louis era davvero un bellissimo ragazzo, con una voglia di vivere pazzesca e l’animo nobile, riusciva sempre a strappare un sorriso ad Harry, e con quei sorrisi che le labbra fini e rosee del castano producevano, le giornate di Harry si trasformavano, con la sua risata cristallina Louis era in grado di sistemare l’umore del riccio, e i suoi occhi – dio, i suoi occhi – erano una calamita per quelli verdi smeraldi del riccio, che sognava la notte quelle due gemme di cielo, piovute nelle iridi del suo migliore amico.
Ed ora, lo fissava dormire ancora, le gambe divaricate, le braccia piegate sotto al cuscino, la schiena rivolta ad Harry e il viso girato verso sinistra rilassato, ma sommerso dal lenzuolo per coprire la luce dell’abatjour che Harry aveva acceso.  Erano ancora le quattro del mattino, ed Harry aveva già iniziato a chiamarlo.
La nave non sarebbe salpata prima delle nove!
Harry si piegò fino all’orecchio di Louis, era troppo eccitato per dormire ancora.
“Lou, vuoi che ti prepari la colazione?” – sussurrò, trattenendosi dal mordergli il lobo, o baciargli il collo. Quel collo candido e lungo che lo provocava costantemente.
“Qualsiasi cosa, basta che mi lasci dormire ancora un po’” – biascicò il maggiore, il solito pigrone che non voleva alzarsi dal letto. Harry ridacchiò mentalmente, e con lentezza si diresse in cucina, dove preparò una ricca ed abbondante colazione al suo Boo, che di lì a poco si sarebbe svegliato affamato.
E infatti,appena Harry ebbe finito di preparare tutto, come attirato dall’invitante profumino prodotto da quelle prelibatezze, Louis fece la sua comparsa in cucina, coperto solamente da un pantalone di tuta larghissimo. Gli occhi ancora semichiusi, una mano che stropicciava un occhio nel vano tentativo di riaprirli, l’aria assonnata.. la mascella di Harry si spalancò alla massima apertura. Se si fossero trovati in un cartone animato, avrebbe toccato terra tanto che il ragazzo aveva aperto la bocca, era.. bellissimo.
Era bellissimo quando dormiva accanto a lui.
Era bellissimo quando lo sognava.
Era bellissimo con i suoi occhi così azzurri da rapire, con la sua allegria che toglieva la tristezza.
Era bellissimo come la pioggia estiva, che spazzava via il freddo invernale.
Era bellissimo come il sole mattutino che scaldava i cuori.
Era bellissimo come l’amore.
E più lo guardava, più lo amava.
Tutto ciò che Harry sapeva era che lo amava, che avrebbe fatto di tutto per lui nella sua vita.
Perché Louis Tomlinson era semplicemente bellissimo, dentro e fuori.
“B-Buongiorno, L-Lou..”
“Mmh.. ciao Harreh.. che mi hai preparato di buono?” – mormorò il ragazzo con la voce roca, che fece accapponare la pelle del minore, che non riuscì a non boccheggiare teatralmente prima di rispondere.
A volte, l’effetto che Louis aveva su di lui era devastante.
“T-ti ho pre-preparato le frittelle e-e il s-succo..” – deglutì diverse volte, ancora tentando di smettere di balbettare. Louis, frastornato ancora dal sonno, non badò all’incessante balbettio del suo amico, e sorrise, sedendosi a tavola e iniziando a gustare la buonissima colazione che il piccolo Harry gli aveva preparato, già, Harry era il suo piccolo.
Aveva giurato a se stesso, anni prima, che l’avrebbe protetto, e non l’avrebbe mai fatto soffrire, e se malauguratamente qualcuno l’avesse fatto, avrebbe raccolto tutte le sue lacrime, asciugandole una ad una, e poi probabilmente, l’avrebbe fatto tornare a sorridere, come solo lui sapeva fare, da sempre.
 Harry guardò Louis negli occhi. In quelle due gemme di mare che l’avevano rapito, fatto decollare su un altro pianeta, che l’avevano preso, si erano insediate nel suo cuore, avevano fatto piazza pulita di tutto quello che il riccio credeva di provare, avevano mandato a farsi friggere tutte le certezze del riccio, diventando quelle, la sua certezza.
Harry sapeva che ovunque sarebbe andato, qualunque cosa fosse successa, Louis sarebbe sempre stato al suo fianco.
Louis era l’unica certezza che gli era rimasta.
Da quando suo padre era venuto a mancare,da quando sua madre era rimasta sola, da quando era andato via di casa.
Louis era il suo unico punto di riferimento.
Probabilmente, senza il castano al suo fianco, Harry si sarebbe sentito perso.
D’altra parte, era anche l’amore della sua vita, non corrisposto, ma lo aveva accanto come amico, per adesso tanto gli bastava.
 
Dopo la ricca e sontuosa colazione preparata dal riccio, i due ragazzi si preparavano. Si preparavano a quel viaggio che avrebbe segnato le loro vite. Quel viaggio che inevitabilmente li avrebbe cambiati, forse in meglio o in peggio, forse li avrebbe uniti ancora di più, o separati. Non sapevano decisamente cosa li aspettasse, ma entrambi avevano un desiderio legato a quel giorno.
Harry sperava che Louis si rendesse conto di amarlo, e che gli evitasse nuove sofferenze dovute al suo amore non corrisposto.
Louis sperava che la luce di tristezza che vedeva negli occhi dell’amico svanisse, e non sapeva assolutamente che la causa fosse lui.
“Harreh, sei pronto?” – chiese Louis sistemandosi il cappellino con la visiera sulla testa, mentre Harry era ancora in bagno intento a sistemarsi i capelli. Era maniacale con i capelli. Se non erano sistemati come diceva lui, non usciva dal bagno. E Louis glieli aveva spettinati più volte quella mattina, non che gli dispiacesse che il suo migliore amico gli infilasse le mani tra i capelli, però se doveva uscire, voleva sempre fare bella figura, non voleva che Louis sfigurasse con uno come lui vicino. Sì, a volte si sentiva inferiore a lui, senza alcun motivo.
“Arrivo, Boo!” – annunciò, comparendo in cima alle scale con uno zainetto sulla spalla e un sorriso sincero stampato sul volto. Louis sorrise vedendolo. Era così raggiante quella mattina. Non ricordava quand’era stata l’ultima volta che l’aveva visto così felice, forse quando erano andati a vivere insieme. Per sua fortuna, il suo riccio stava tornando a sorridere. Non sopportava di vederlo sempre in quello stato, sempre triste. Anche se Harry sorrideva sempre, Louis sapeva che quel sorriso non fosse realmente sincero. Sapeva che quel sorriso nascondeva dietro di sé sofferenza, sofferenza che non gli aveva mai voluto dire, che non aveva mai confessato al suo migliore amico, al suo Louis. E durante quella vacanza, Louis era più che sicuro che avrebbe cavato di bocca qualcosa al ricciolino.
Il ragazzo scese le scale in fretta con quello zainetto. E Louis si chiese cosa contenesse. Avevano tutto nelle valige.
“Harreh, quello zaino a cosa ti serve?” –chiese.
Harry tirò fuori uno dei suoi migliori sorrisi, rivolgendosi al suo migliore amico, quasi con ovvietà.
“E’ uno zaino per le emergenze! La mamma mi dice sempre di portare uno zaino per le emergenze! E dentro ci ho messo i cerotti, le garze, il disinfettate e lo spray antizanzare e la pomata per..” – Louis gli appoggiò un dito sulle labbra sorridendo, per zittirlo. Harry trasalì, ogni tocco di Louis era un brivido dentro di lui, ogni attenzione del suo migliore amico era un colpo al cuore, ogni cosa di Louis era in grado di mandargli in pappa il cervello.
“Hai preso lo spray per l’asma, e gli antistaminici per l’allergia?”
Harry storse il naso guardandolo.
“Sì, sono nello zaino” – rispose con uno sbuffo.
Louis sorrise intenerito e gli mise un braccio attorno alle spalle, avvicinandolo a sé.
“Dai, piccolo, non sbuffare così, se ti poi non ti senti bene, come facciamo?”
“Sì, ma Lou, mi sento un idiota a portare sempre le solite medicine..”
Louis sorrise comprensivo. Odiava anche lui il piccolo problema di salute del suo migliore amico. Lo strinse forte, in un abbraccio rassicurante. Lo strinse forte a sé, e il più piccolo si lasciò andare tra le braccia del suo migliore amico, respirando il profumo dolciastro e frizzante del dopobarba di Louis, affondò il viso nell’incavo del suo collo, strofinando il naso contro di esso. Era dannatamente piacevole come sensazione. Harry adorava essere abbracciato in quel modo da Louis, quasi come se il maggiore volesse proteggerlo da tutto il male che c’era attorno, come se Louis fosse lì solo per lui per salvarlo.
“E poi non è detto che dovrai usarle..” – sussurrò Louis con la voce leggermente roca, che fece accapponare la pelle ad Harry, che deglutì diverse volte, senza riuscire a staccarsi dal suo migliore amico.
“Forza, curly-boy! Abbiamo una nave da prendere!” – lo spronò Louis, staccandosi leggermente da lui, regalandogli un tenero bacio sulla fronte.
Harry sembrò riprendersi in quel momento, ed annuì sorridendo. Afferrò con una mano la valigia e con l’altra la mano di Louis, che con la mano libera afferrò il suo bagaglio e insieme raggiunsero il garage per prendere l’auto del maggiore e andare al porto, dove li attendeva la loro più grande avventura insieme.
 
Una volta arrivati al porto, i due si trovarono le rispettive madri ad aspettarli prima dell’imbarco.
La mamma di Harry abbracciò il figlio, stringendolo e raccomandandosi di prendere le medicine e chiedendo a Louis di stare attento che il riccio non si facesse del male. Mentre la mamma di Louis abbracciò il figlio, raccomandandosi di non fare troppo la testa calda, e chiese al riccio di badare a lui, perché conoscendo il figlio, sapeva che si sarebbe messo nei guai in un breve lasso di tempo.
“Mamma, non ti fidi proprio di me?” – chiese il castano, fintamente offeso.
“Certo che no, William, mi fido di Harry, lui è un bravo ragazzo.” – sentenziò la donna, dando uno scappellotto al figlio, facendo scoppiare a ridere l’altra coppia madre/figlio accanto a loro.
“Anne, non dovresti affidare Harry a Louis, è inaffidabile!”
“So di lasciarlo in buone mani, Jay, Louis si è sempre preso cura di lui fino ad oggi” – disse la donna abbracciando il migliore amico del figlio, dandogli una pacca amichevole sulla spalla. –“io mi preoccupo di Harold e la sua testa calda!”
L’altra donna rise, abbracciando il riccio.
“Siamo messe male. Ragazzi, mi raccomando..” – iniziò  la mamma di Louis.
“… non bevete, non fumate e non scopate” – concluse Louis, precedendo la madre.
“E non accettate caramelle dagli sconosciuti!” – aggiunse il riccio, generando una risata generale da parte di tutti i presenti a quel saluto pre-vacanza.
I ragazzi, dopo aver salutato le madri, sorridendo spontaneamente e sfiorandosi le mani – atto che costò un sussulto da parte di Harry – afferrarono i loro bagagli dirigendosi all’imbarco, dove dopo aver mostrato i loro documenti, gli diedero il permesso di salire sull’imponente nave.
Era una classica nave da crociera, con le fiancate grigie con strisce rosse, e  su uno dei due fianchi – quello rivolto al molo, capeggiava la scritta rossa con il nome della nave: Zeus Palace.
Salirono la piccola scaletta che li avrebbe portati sul primo ponte ed Harry, per la tensione ed emozione, afferrò la mano di Louis che ricambiò la stretta, voltandosi verso di lui, sorridendogli sornione. Lentamente, raggiunsero il primo ponte e una volta lì, si guardarono sorridenti dirigendosi ai ponti superiori per trovare le cabine.
Era enorme ai loro occhi. Ogni piano era immenso, e potevano perdersi in quei lunghi corridoi lungo i quali c’erano le cabine. Entrambi andarono alla reception, dove mostrando i biglietti d’imbarco, furono consegnate loro le  schede magnetiche della loro cabina per due persone.
Faticarono un po’ a trovarla, in quel groviglio di corridoi senza uscita, ma alla fine riuscirono a giungere alla cabina, tirando dentro i loro bagagli.
Harry sorrise spontaneamente, all’amico.
“Io dormo sopra!” – urlò lanciando lo zainetto delle emergenze sopra al letto in alto, facendo ridere il compagno di stanza che gli diede una pacca amichevole sulla spalla. Harry lo guardò con quei suoi occhioni smeraldini, in cui Louis si perse per un attimo. Perché si sentiva scosso dentro a causa di quegli occhi?
Scosse la testa, scacciando quel pensiero.
“Boo, andiamo sul ponte a salutare la mamma?”
E Louis non riuscì a trattenere un sorriso divertito. Sembrava un bambino con quell’espressione incantata e adorabile. Sembrava un bambino quando gli afferrava la mano trascinandolo fuori dalla cabina, rischiando quasi di lasciare la porta aperta, per portarlo sul ponte principale, quello all’esterno, dove avrebbero potuto ammirare non solo dall’alto l’intero porto, ma avrebbero potuto salutare le loro madri in classico stile film degli anni ottanta.
Appena si affacciarono dal ponte, Louis appoggiò un braccio attorno alle spalle di Harry, attirandolo a sé, e salutando con l’altra mano le due donne che auguravano buon viaggio ai figli.
Harry appoggiò il viso nel collo di Louis, inebriandosi ancora del suo dolce e frizzante profumo. Senza che il maggiore se ne accorgesse, posò sul suo collo un delicato bacio, e si sentì lo stomaco esplodere. Adorava ogni singolo dettaglio di Louis, non avrebbe potuto resistergli nemmeno sotto minaccia.
 
 
Mezz’ora dopo, la nave era salpata.
Cosa sarebbe accaduto durante quel viaggio?
Tutto sarebbe filato liscio?
I due ragazzi si sarebbero divertiti come meritavano?
Avrebbero iniziato ad amare davvero?
Harry avrebbe placato le sue sofferenze?
Louis avrebbe scoperto il motivo della sofferenza dell’amico, e la sua improvvisa attrazione verso di lui?
Solo il tempo avrebbe potuto dare una risposta a queste domande.
 
 
I due erano sul ponte esterno. Si beavano di quel fresco venticello che c’era.
Tremavano un po’, ma era piacevole.
Era il tramonto, e ormai era un mese che erano in viaggio.
Avevano vissuto tanto. Si erano divertiti, quando avevano fatto scalo in Francia e Louis aveva portato Harry sulla Torre Eiffel, dove si erano abbracciati come due buoni amici, guardando Parigi dall’alto, ed Harry da lì, avrebbe voluto urlare a tutto il mondo quanto amasse il suo migliore amico; poi erano stati vicino alla Senna,e Louis scherzando aveva fatto una serenata ad Harry, facendolo arrossire e facendogli battere il cuore in una maniera spropositata. Erano stati una settimana lì. E si erano divertiti da morire a parlare il loro francese storpiato,ordinando l’escargot, scoprendo con loro disgusto che fossero schifose e viscide lumache.
E dopo la Francia erano stati in Spagna, dove erano stati nelle migliori località balneari,e dove avevano scoperto una nuova lingua, ed anche questa era stata storpiata, specialmente quando avevano tentato di imparare uno dei tanti dialetti parlati. Avevano fatto un sacco di scoperte sui luoghi e leggende di quel posto, e avevano visitato diversi musei, prima di imbarcarsi di nuovo.
Ora, sulla nave, al tramonto, erano diretti verso l’Oceano Atlantico. Dalla Spagna in poi, infatti, la nave non avrebbe fatto più soste fino a giungere sulle coste americane, dove i passeggeri avrebbero sostato per una settimana circa, per poi riprendere la traversata, passare l’Oceano Pacifico e ritornare in Inghilterra.
I due ragazzi avevano già comprato diversi souvenir per loro stessi e per i loro familiari. Louis aveva preso dei pensierini anche per le sue sorelle minori, e invece Harry aveva regalato un nuovo cappellino a Louis, sapendo della sua passione spropositata per i cappelli con la visiera.
Il sole calava lentamente su di loro, regalando immensi colori meravigliosi che si miscelavano nel cielo ancora chiaro, colorandolo con le sfumature più originali di rosso, rosa ed arancione. Un vero spettacolo per gli occhi.
“Lou?” –chiamò timidamente Harry. Era da quando erano saliti lì sopra che desiderava farlo. Era da quando erano saliti che voleva chiederglielo.
Non riusciva più ad aspettare oltre, ed era meglio approfittare del fatto che fossero tra i pochi a stare lì sopra, il venticello leggermente fastidioso, aveva spinto la maggior parte dei passeggeri a rientrare nelle loro cabine.
“Dimmi Harreh!” – fece il castano, voltandosi verso di lui, con un tenero sorriso stampato sul volto.
“Facciamo il Titanic?” – chiese, pentendosene un istante dopo, mordendosi le labbra per l’imbarazzo, in attesa di una risposta dal castano, che gli sorrideva sornione.
“Certo, andiamo!” – esclamò divertito –“però fai tu Rose.” – impose ridacchiando.
Harry non avrebbe potuto chiedere di meglio, Louis, il suo Louis che faceva Jack, l’eterno innamorato di Rose. Poteva chiedere di meglio?
Tremava dall’emozione, era una cosa banale. Insomma, tutti quelli che salgono su una nave, dopo la visione di quel film, ripetevano quella scena, ma Harry l’avrebbe riprodotta con Louis, mica uno qualunque.
Lo trascinò fino alla prua della nave, e mise i piedi sulla ringhiera.
Louis lo afferrò subito per i fianchi, portando a combaciare il suo petto con la schiena del riccio, facendo fremere l’altro, che nonostante fosse di parecchio più alto di lui, in quel momento sembrava piccolissimo.
Louis fece scorrere le mani sulle braccia di Harry, che meccanicamente le allargò verso l’esterno, intrecciando le proprie dita con quelle di Louis. Strinse gli occhi, il tempo necessario che l’altro si sistemasse dietro di lui, e poi Louis gli sussurrò di aprire gli occhi.
Lentamente gli smeraldi di Harry si aprirono, e il riccio fu pervaso da una bella sensazione di.. vita.
“L-Louis, è-è-è vero,s-sembra di-di volare..” – balbettò, un po’ per l’imbarazzo di trovarsi tra le braccia del suo migliore amico, un po’ per il vento che gli sfiorava delicatamente il viso.
“Sì, Harry, sto benissimo anch’io” – sorrise il castano, intensificando la presa sulle mani del riccio, che per tutta risposta, strinse più forte quelle dita affusolate tra le sue.
Harry si sentì quasi in paradiso. Specialmente quando sentì la delicata voce di Louis cantargli i versi della colonna sonora del film che stavano “recitando”.
Near, far, wherever you are, I believe that the heart does go on. Once more you open the door and you're here in my heart, and my heart will go on and on.” – cantò sussurrando il castano, dritto nell’orecchio di Harry, facendogli battere il cuore in una maniera spropositata, era davvero il Paradiso, quello? Fu quasi il Paradiso, perché un istante prima che potesse ammettere di esserci arrivato davvero, entrambi sentirono un pianto in lontananza. Louis smise di cantare, e aiutò Harry a tornare con i piedi per terra. Entrambi seguirono il suono di quel pianto.
Dopo un po’ di ricerca, trovarono una bambina , con degli adorabili capelli ricci castano chiaro, rannicchiata contro un muro, che si teneva tra le piccole manine un ginocchio, dal quale qualche gocciolina di sangue fuoriusciva.
“Ehi piccolina” – la chiamò Harry, chinandosi –“cosa è successo? Perché piangi?” – chiese premuroso.
“M-mi sono p-persa, e-e non trovo l-la mi-mia mamma.. e-e so-sono caduta..” – singhiozzò.
Harry le sorrise dolcemente.
“Io sono Harry, e lui è il mio amico Louis” – indicò il ragazzo dietro di lui, che lo osservava con ammirazione. Era davvero il suo migliore amico quello lì? Non l’aveva mai visto così.. dolce, paterno.
Insomma, non che non sapesse che Harry non era dolce, ma in quel momento gli sembrava la cosa più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita.
“I-io so-sono Isis!” – esclamò la piccola.
“Che bel nome!” – fece Harry sorridendole –“che ne dici? Mettiamo un bel cerotto con i dinosauri e poi cerchiamo la tua mamma?”
“Ma.. la mamma mi ha detto di non accettare le caramelle dagli sconosciuti!” – fece lei, asciugandosi un occhietto dal quale era scappata un’altra lacrima.
A quel punto, Louis intervenne.
“Ma noi non siamo sconosciuti. Noi siamo tuoi amici da ora!”
La bambina si aprì in un tenero sorriso ed annuì. Il riccio la prese in braccio e lei gli tirò i capelli.
“Hai anche tu i ricci come me, ma i miei sono più belli!” – esclamò.
Era come se le lacrime si fossero fermate, come se non sentisse più dolore al ginocchio, e la cosa divertì molto i due ragazzi, che una volta medicato il ginocchio della piccola, girarono tutta la nave alla ricerca della sua mamma.
Quando la trovarono, la signora non smise un attimo di ringraziarli per il bel gesto fatto nei confronti della sua bambina. La piccola Isis era solita allontanarsi dai genitori, e perdersi. I due si congedarono dicendo ai signori che a loro non era costato nulla. Si erano anche divertiti in compagnia della bambina.
Una volta che si furono allontanati, ed ebbero intrapreso il corridoio per raggiungere la loro cabina, Louis bloccò Harry, mettendolo contro il muro.
Ad Harry mancò il fiato per un attimo.
Era vicino, troppo vicino a lui. Non andava bene,decisamente no.
“Harry..” – sussurrò Louis, avvicinandosi pericolosamente al suo viso, accarezzandogli la guancia con una lentezza asfissiante.
“L-Lou..”- balbettò Harry, cercando di spostarsi, di prendere aria. Non riusciva più a respirare, davvero.
Gli sembrava quasi che fosse uno di quegli attacchi di asma potenti, quelli in cui nemmeno lo spray riusciva ad aiutarlo, quando gli mancava così tanto l’aria da non riuscire nemmeno a tossire, così tanto che in quel momento sentì il bisogno impellente di uscire fuori a respirare. E intanto affannava, cercava aria intorno a sé.
“Non ti avevo mai visto così.. paterno. Cosa ti è successo?” – sussurrò provocatorio vicinissimo alle labbra dell’altro, che per tutta risposta arrossì vistosamente. Il cuore nel petto gli batteva troppo forte. Sembrava come se stesse per esplodergli dentro.
“I-io..” – deglutì –“è-è stato istinto..”
Louis sorrise dolcemente, e poi lo baciò sulla guancia, quasi vicino alle labbra.
Ed Harry si sentì morire in quel momento. Non poteva, non voleva crederci. Erano davvero così vicini in quel momento? Il suo cervello era in pappa, gli suggeriva di lanciargli le braccia al collo e baciarlo con passione, irruenza e dolcezza allo stesso tempo, le sue gambe erano gelatina, il suo cuore martellava nella cassa toracica come se un ottimo percussionista stesse producendo una di quelle danze indigene, il cui ritmo era incalzante.
Ed Harry temeva che Louis potesse sentirlo.
“Mi piaci da papà, Harreh” – sussurrò al suo orecchio, mordendogli appena il lobo.
Harry si trattenne dal saltargli addosso e baciarlo con passione. Fu quasi più forte di lui. Fu un grande sacrificio, ma dovette farlo, perché odiava la sola idea che Louis potesse allontanarsi da lui in qualche modo.
Con un dolce sorriso quasi come se non avesse generato assolutamente nulla nel riccio, Louis si staccò da lui, e tornarono in cabina,dove attesero l’ora di cena.
 
 
Era notte fonda ormai. I due ragazzi dormivano beatamente nei letti delle cabine.
Avevano passato una piacevole serata. Durante la cena avevano rincontrato la coppia francese, i signori Masson, che avevano conosciuto quel pomeriggio che aveva perso la bambina, e con loro avevano chiacchierato e si erano divertiti anche tra di loro.
Erano arrossiti – Harry maggiormente – quando la donna aveva chiesto loro se fossero anche loro due una coppia.
Sembrate davvero innamorati, vi guardate in un modo très magnifique!
Aveva spiegato la donna, con il suo tenero accento francese, quando i due avevano negato. Il maggiore con enfasi, il minore con meno energia.
E ora dormivano beatamente. Harry sognando che Louis si rendesse conto del suo amore nei suoi confronti, e Louis rimuginando su quello che era accaduto. Aveva quasi baciato Harry, come era stato possibile?
Sapeva solo che dopo averlo visto tenere delicatamente la bambina tra le braccia, aveva provato qualcosa di forte nei suoi confronti.
Improvvisamente, i suoi pensieri furono interrotti da un forte scossone che gli fece spalancare gli occhi.
Si mise seduto e si guardò intorno. Vide la mano di Harry penzolare dal letto superiore e sorrise spontaneamente. Si alzò dal suo letto e fece – con lentezza – per sistemare il braccio di Harry sul letto, ma un altro violento scossone lo fece cadere addosso al più piccolo, che spalancò gli occhi terrorizzato.
“L-Louis” – balbettò. Il castano alzò lo sguardo su di lui, cercando con quello di rassicurarlo che non era niente. Ma fu sballottato di nuovo da un altro scossone, che, se non fosse stato per la prontezza di riflessi di Harry che lo trattenne per un polso, l’avrebbe mandato a sbattere contro la porta.
“M-ma che succede?” – chiese il più piccolo, ora spaventato.
“Non lo so, vado a vedere tu non muoverti da qui, va bene?”
Harry annuì e si rannicchiò sul letto, ubbidendo al più grande, che uscì dalla cabina, e si trovò davanti un pandemonio. Gente che correva a destra e manca, gente che urlava, gente spaventata. Non sapeva cosa pensare, non capiva cosa succedesse.
“Un uragano, un urgano!” – urlò un uomo –“si avvicina un uragano, siamo spacciati!” – urlò.
Dannazione–pensò Louis udendo le urla. Doveva fare qualcosa per Harry. Doveva salvarlo.
Ma come ci si salva da un urgano in mezzo all’oceano? Tornò velocemente nella cabina, dove trovò Harry rannicchiato su se stesso, a dondolarsi per calmarsi, aveva capito che nell’aria c’era qualcosa che non andava.
“Harry, alzati! Dobbiamo metterci al riparo!” – urlò Louis, cercando di risvegliarlo dal suo stato di trance.
“L-Louis, ho paura..”
Le mani gli tremavano. Nel frattempo che Louis era andato fuori per capire cosa succedesse, la nave era stata scossa ancora. Probabilmente erano le onde alzate dal potente vento in avvicinamento,  che si infrangevano violentemente contro le pareti d’acciaio della nave, generando quei potentissimi scossoni.
“Ehi, Harry, ci sono io con te, va bene? Ti prometto che andrà tutto bene.” –si avvicinò a lui porgendogli la mano –“ti fidi di me?”
Il riccio lo guardò, poi guardò la sua mano, e infine ancora lui.
“S-sì..!” – esclamò titubante, afferrandogli la mano tremolante. Il castano gliela strinse forte,e lo aiutò a scendere dal letto, e insieme uscirono in mezzo al tumulto della gente agitata e spaventata che urlava di terrore.
Harry stringeva fortissimo la mano di Louis, per paura di perderlo, per paura di staccarsi da lui, per paura di perderlo in qualche modo. Louis a sua volta teneva la mano di Harry in modo sicuro, e quasi correva tenendolo attaccato a sé, per paura che il più piccolo non si facesse male.
Improvvisamente, ad Harry mancò il fiato. Dovette fermarsi e prendere aria.
Gli bruciavano i polmoni, non riusciva più a prendere aria. Si appoggiò al muro, cercando di respirare, ma non gli usciva nemmeno la tosse dalla bocca.
“L-L..” – cercò di dire, ma il respiro gli si mozzò ancora in gola, impedendogli di parlare.
Louis lo guardò terrorizzato. Era successo una sola volta che Harry avesse un attacco d’asma con lui, specialmente di quella portata. Vedeva il suo migliore amico cercare di annaspare aria, cercare di respirare, ma i bronchi erano ostruiti, e Louis si sentiva impotente.
In un attimo di lucidità, ricordò lo zainetto di Harry e mentre la nave era scossa ancora dal vento tropicale, corse più veloce che poté nella cabina e per fortuna lo trovò ancora intatto, caduto per terra. Con la stessa velocità di prima, tornò da Harry e lo trovò seduto a terra con gli occhi semichiusi e la bocca aperta. Il petto che si alzava e abbassava furiosamente nell’atto di respirare e le mani del ragazzo che cercavano in qualche modo di prendere aria muovendosi a scatti irregolari, senza riuscire ad inalarla.
Louis si gettò al suo fianco e prese lo spray dallo zainetto. Dopo averlo agitato, aprì con delicatezza la bocca dell’altro, appoggiandoci l’arnese sopra, e gli intimò di prendere un bel respiro, mentre lui premeva l’erogatore.
Dopo due spruzzi, il respiro di Harry tornò quasi regolare, e il suo colorito migliorò leggermente.
“G-grazie, L-Lou..”
Gli era rimasto l’affanno, ma era normale. Almeno ora riusciva a respirare. Non regolarmente, ma almeno lo faceva.
Un altro scossone, potente li riportò alla realtà. Si alzarono da terra, e Louis si caricò sulle spalle lo zainetto di Harry, per evitare che in futuro il suo amico si riducesse in quel modo, ma prima che potessero riprendere la corsa verso l’esterno, qualcuno afferrò la mano di Louis.
Il ragazzo si voltò e abbassando lo sguardo notò Isis, con le lacrime agli occhi.
“Isis, piccola, dove sono la mamma e il papà?”
“N-non lo-lo so, d-due s-signori l-li hanno po-portati via..” – singhiozzò. Louis fece un sorriso triste e la afferrò per le braccia piccole.
“Allora ti portiamo noi fuori, va bene?”
“Ma perché tutti urlano?” – chiese lei, mentre Louis la faceva salire sulle sue spalle, facendola sedere sullo zainetto.
“E’ un gioco!” – esclamò Harry,per rassicurarla –“e noi tre lo vinciamo, vero Boo?”
Louis sorrise, afferrando di nuovo la mano del riccio e con l’altra mano mantenendo la bambina.
“Ha ragione Harry, su forza, vinciamo questo gioco!”
“Mi piace!” – urlò la bimba dalle spalle di Louis. I due si scambiarono un’occhiata d’intesa e corsero verso il ponte superiore, dove con loro orrore videro l’acqua che si infrangeva sulla nave e inondava il ponte, il vento che soffiava forte spazzava via qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino, il cielo scuro era illuminato a tratti da lampi, che generavano tuoni dal rombo insopportabile.
Sembrava uno scenario di un film horror, o qualcosa di peggio.
I tre restarono lungo il muro portante. Come potevano scamparla? Magari aspettando che tutto si calmasse? Ma se fossero entrati nell’occhio del ciclone sarebbero sicuramente morti. Dovevano escogitare qualcosa, ma non sapevano cosa. Harry si strinse più forte a Louis, cercando di non farsi prendere dall’ansia, mentre la bambina – che ora non credeva più tanto al gioco- stringeva le piccole braccia attorno al collo di Louis, cercando in lui la protezione che tanto cercava.
 
Fu una notte lunga, lunghissima.
Improvvisamente, un’onda più alta delle altre li investì in pieno.
Harry non lasciò la mano di Louis nemmeno quando si trovarono trascinati sott’acqua da una forza misteriosa.
Louis tentò con tutte le sue forze di tenere a sé l’amico e la bambina.
E poi, fu il buio.
 
 
Un raggio di sole gli ferì gli occhi.
Che diavolo era successo?
Non lo ricordava bene.
Louis aprì gli occhi, sentendo i piedi bagnati da leggere onde, si mise seduto e incrociò le gambe guardandosi intorno. Era su una spiaggia bianchissima, e voltandosi indietro notò che poco più in là si estendeva una fitta foresta.
Ricordava vagamente la notte precedente.
Acqua, vento, freddo, urla. Era tutto ciò che ricordava.
Si toccò il corpo.
Era ancora vivo.
Aveva qualcosa di fastidioso attaccato alle spalle e si girò per vedere cosa fosse.
Lo zainetto di Harry.
Oh mio dio, Harry!
“Harry!” – urlò, non ottenendo nessuna risposta. –“ Harold Edward Milward Styles, rispondimi!” – tuonò ancora.
Nessuna risposta ancora.
Scattò in piedi velocemente, eppure ricordava che Harry non gli avesse lasciato la mano. Ne era sicuro, non poteva averlo perso, non poteva essere troppo lontano da lui.
Il terrore lo invase, non poteva averlo perso così stupidamente. Lui non poteva essere arrivato a terra senza di lui, era assurdo. Si rifiutava di pensare che avesse perso l’amico durante quel naufragio, lui gli aveva promesso che si sarebbero salvati insieme, che lui l’avrebbe protetto. Non poteva averlo perso, non lui.
Continuò a chiamare a gran voce l’amico, prima di  scorgere, a qualche metro di distanza da lui, un corpo disteso sulla riva. Corse verso quel punto e riconobbe il suo amico. Avrebbe potuto riconoscerlo in qualsiasi modo o situazione.
“Harry, Harry” – sussurrò abbassandosi, notò che il ragazzo avesse gli occhi chiusi e la bocca ancora aperta nell’atto di respirare.
Un terribile pensiero lo scosse. No, Harry non poteva essere morto, non era potuto accadere proprio a lui, non se lo meritava, non il suo piccolo Harry. Lo scosse per accertarsi che non fosse come lui credeva, ma l’altro non rispondeva.
Il terrore lo investì di nuovo. Appoggiò una mano sul suo torace, e tirò un sospiro di sollievo nel constatare che il cuore battesse ancora, flebilmente, ma batteva.
Com’era che facevano nei film in questi casi?
Ci pensò un attimo. Magari non era uno dei bagnini di Baywatch, ma poteva salvare il suo amico in quel momento.
Aprì le labbra di Harry, e lentamente vi si avvicinò. Premette le sue labbra di quelle del riccio e respirò contro di lui, immettendo aria nei suoi polmoni. Si mise, subito dopo, a cavalcioni sulle sue gambe e portando il tempo con le mani, premette sulla cassa toracica del ragazzo.
Ripeté l’operazione un  paio di volte, prima che il ragazzo tossisse sputando fuori tutta l’acqua che aveva ingerito. I suoi occhioni verdi si aprirono, incrociando quelli azzurri marini di Louis.
“Harry..” – affannò Louis, notando che l’amico fosse vivo  e che lo stesse scrutando con i suoi occhioni. Harry si tirò su, per quanto la presenza di Louis addosso lo concedesse e si fiondò contro il petto del ragazzo che gli aveva salvato la vita. Il castano immediatamente ricambiò l’abbraccio, circondando le spalle del riccio con le sue braccia.
“Ho-ho avuto t-tanta pa-paura, L-Lou..” – singhiozzò l’altro contro il petto dell’amico –“n-non vo-volevo las-ciarti la-la mano..”
“Shh, piccolo, shh, va tutto bene, stiamo bene entrambi..” – gli sussurrò l’amico per tranquillizzarlo. Lo strinse più forte contro il suo petto cullandolo. Solo quando i singhiozzi di Harry si furono placati, il maggiore si alzò da terra, porgendogli una mano.
“Ma dove siamo?” – chiese il riccio, ancora spaesato –“e Isis?”
Il maggiore si morse le labbra, leggermente a disagio.
“Non so dove siamo” – ammise –“e credo che Isis mi sia sfuggita.. non c’era vicino a me..”
“Oh.” – commentò Harry. In fondo, si era affezionato anche lui alla bambina, pur conoscendola da poco tempo.
Afferrò la mano di Louis, facendosi aiutare a tirarsi su. Si appoggiò alla spalla di Louis, affondando il viso in essa, respirando il suo profumo. Anche pieno di salsedine, il profumo di Louis era inimitabile. Harry strofinò il naso sul collo di Louis, rendendosi conto solo in quel momento, che l’avesse salvato con la respirazione bocca a bocca.
Arrossì immediatamente,  immaginando le labbra di Louis contro le sue. E si perse nell’immaginazione di un vero bacio tra lui e il suo migliore amico. Dannazione, era sempre più preso da lui. Come diavolo avrebbe fatto a toglierselo dalla testa ora che erano persi su un’isola dall’apparenza deserta?
Mentre si perdeva nei suoi pensieri, le sue illusioni e fantasie, Louis si staccò improvvisamente da lui.
Aveva sentito dei singhiozzi in lontananza, forse era la sua immaginazione, ma forse poteva essere proprio la piccola Isis, scampata anche lei al naufragio.
Lo lasciò per un attimo lì, e corse, corse fino a che non vide i boccoli bagnati della bambina, il suo corpicino rannicchiato contro uno scoglio, le manine contro il viso e lei che piangeva singhiozzando.
“Isis!” – la chiamò il ragazzo.
La piccola alzò lo sguardo su di lui e scattò in piedi, correndo vicino a lui e circondando con le sue piccole braccia le gambe del ragazzo, che la sollevò da terra prendendola in  braccio.
“N-non vi-vi ve-vedevo più” – singhiozzò affondando il visino sulla spalla del ragazzo, che la strinse a sé, cercando di proteggerla da tutto quello che in quelle ore stava capitando.
“Non ti preoccupare, Isis, ci siamo io e Harry con te, e torneremo tutti a casa, è una promessa.” –disse lui, mentre la bambina si stringeva al suo collo per evitare di perderlo ancora.
Camminando lentamente, tornò da Harry, che scrutava l’orizzonte con aria malinconica.
“Harreh?” – lo chiamò.
Il ragazzo indicò davanti a sé, e Louis lo raggiunse, cingendogli i fianchi con un braccio, attirandolo più verso di sé, mentre la bambina era stretta tra le sue braccia.
“C’è l’arcobaleno, Boo” – sussurrò il ragazzo, affondando il viso nell’incavo del collo del maggiore.
L’altro guardò davanti a sé, e una scia di colori che andavano da quelli caldi a quelli freddi, si stagliò davanti a loro, portandolo a sorridere spontaneamente per la tanta bellezza emessa da quel fenomeno naturale. Scrutarono l’orizzonte per un po’, quando la bambina si lamentò di aver fame.
I due ragazzi si guardarono spaesati, non sapendo cosa fare. Avrebbero dovuto sopravvivere in qualche modo, aspettando che i soccorsi li trovassero in quel posto dimenticato da chiunque.
 

*
 

Intanto nella piccola cittadina di Holmes Chapel, città d’origine di Harry, due donne, madri dei due ragazzi scapestrati, preparavano il the guardando in tranquillità la tv.
Era appena un mese che i rispettivi figli erano partiti per quel viaggio, e già la loro mancanza si faceva sentire, era anche vero che i ragazzi non vivevano più con loro, ma almeno una volta a settimana le andavano a trovare per non far sentire loro la mancanza, eppure qualcosa tormentava le due donne.
“Non si hanno notizie della Zeus Palace. A quanto pare, stanotte, intorno alle due – ora americana – la nave si è trovata nel bel mezzo di una tempesta tropicale, dalla quale si è generato un uragano. La nave sembra essere scomparsa dai radar. Si teme per la vita dei 12.000 passeggeri lì presenti. Vi terremo aggiornati, non appena la situazione si calmerà.”
Ad Anne cadde la teiera per terra, che si frantumò, inondando il pavimento con il liquido bollente in essa contenuto. Jay, invece, fissava la televisione senza emettere alcun suono, con gli occhi spalancati e il cuore che aveva smesso per un attimo di battere nel suo petto.
“Harry..” – mormorò la prima.
“Louis..” – sussurrò la seconda.
 

*

 
Harry se ne stava seduto sulla riva, facendosi bagnare i piedi dall’acqua.
Era tutto assurdo. Dannatamente assurdo.
Quella doveva essere una vacanza allegra, in cui lui e Louis si sarebbero divertiti come due grandi amici, e invece si era trasformata in una tragedia. Erano finiti su un’isola di cui non sapevano assolutamente nulla, e rischiavano di morire. Per di più, avevano una bambina a cui badare, che ora costruiva castelli di sabbia restando accanto a lui e aiutandosi con le conchiglie, i rametti e tutto ciò che trovasse in giro per la spiaggia, mentre Louis, premurandosi che la bambina non fosse rimasta da sola in compagnia di Harry, era andato alla ricerca di qualcosa da mangiare in quella fitta foresta che si stagliava dietro di loro. Non era una buona idea addentrarsi da solo con il pericolo di perdersi maldestramente, ma il ragazzo aveva insistito affinché Harry restasse a riva, e non facesse cacciare nei guai la piccola, che già aveva subito troppi traumi, in primis la perdita dei genitori.
“Harry, Harry guarda!” – lo chiamò la bambina. Lui montò un sorriso sul viso, voltandosi verso di lei.
“Dimmi Isis”
“Ho costruito la casa per me, te e Louis!” – indicò il castello che aveva davanti, fatto interamente di sabbia.
“Qui c’è la tua stanza” – indicò un cumulo di terra su cui era adagiata una bellissima conchiglia.
“Qui quella di Louis” – indicò un cumulo di terra accanto, su cui c’era un sassolino.
“E io dormo in mezzo a voi” – indicò il cumulo di terra al centro tra i due che era contrassegnato da ben due sassolini e una conchiglia. –“così non sono da sola. E qui c’è la bandiera perché ogni castello deve avere la bandiera!” – esclamò, indicando il rametto con il quale si era aiutata a raccogliere la sabbia, posto in cima ai cumuli di terra.
Harry si lasciò scappare uno sbuffo divertito, e abbracciò la bambina tirandola sopra le proprie gambe, prima di sentire Louis esultare chiamandoli a gran voce.
“Harry, Isis! Venite vedere, c’è un fiume!” – urlò da qualche metro da loro. Harry si alzò sulle gambe e raggiunse l’amico che si inoltrò con gli altri due all’interno della boscaglia, portandoli al fiume.
“Sei un grande, Boo!” – esclamò Harry, abbracciando con un braccio l’altro.
“Grazie, ma dobbiamo stare attenti, è pieno di serpenti da queste parti. Prima ne ho trovato uno” – borbottò il ragazzo, scrutando attentamente ciò che li circondava.
“Basterà stare attenti.. se mi dai il cambio con Isis, cerco qualcosa anche io..”
“Non se ne parla, tu non ti metti in pericolo.”
“Louis, non puoi proteggermi.” – ribatté sicuro l’altro.
“Almeno ci provo”- asserì sicuro l’altro. –“comunque ho trovato della frutta, non so come sarà, ma meglio di niente.”
Harry sbuffò, girandosi dall’altro lato.
Odiava quando Louis iniziava a fare l’eroe della situazione, odiava quando lo faceva sentire come un bambino. Lui non era un bambino, lui non voleva essere protetto, lui voleva proteggere Louis.
“Ehi piccolo, non prendertela con me, dai..” – sussurrò, cingendogli la vita con un braccio, stringendolo forte a sé.
“Non sopporto quando mi tratti come un poppante, Louis..” – si lamentò Harry.
“Non lo faccio più, ma permettimi di proteggerti, Harry” – fece, dandogli un bacio sul collo strofinandoci sopra il naso, facendo sussultare il riccio, che si lasciò convincere in quel modo. Nello zainetto di Harry avevano recuperato due bottiglie vuote, lasciate dal riccio per sbaglio durante il periodo scolastico, che aveva dimenticato di togliere quando aveva messo dentro le medicine, con quelle raccolsero un po’ d’acqua ed uscirono dalla boscaglia, ritornando sulla riva. Per fortuna era estate, quindi non faceva troppo freddo in riva al mare, anzi la leggera brezza che tirava non era nemmeno fastidiosa, a parte per la bambina che indossava sempre la maglietta del pigiama che Louis indossava la notte del naufragio. Infatti, il ragazzo stava quasi sempre a torso nudo – per la gioia di Harry, che poteva ammirare il corpo del ragazzo di cui era innamorato – per essere più libero quando si inoltrava nella foresta per recuperare qualcosa da mangiare.
“Harry, Lou, facciamo il bagnetto a mare? Guardate oggi è calmo!” – fece la bambina saltellando sul posto.
I due ragazzi, dopo un attimo di smarrimento, acconsentirono.
Si tolsero in fretta i vestiti e, dopo aver aiutato la bambina a sfilare la maglia del più grande, corsero in acqua. Almeno un lato positivo c’era. Avevano una spiaggia, il mare e il sole a disposizione.
Ma quanto sarebbe durata quest’apparente pace interna?
 
 
Quanto tempo era passato?
Non lo sapeva.
Quanti soli erano tramontati e sorti?
Quante lune, anch'esse, sorte e tramontate?
Non lo sapeva.
Sapeva che stava iniziando ad odiare quell’isola.
Odiava persino Harry.
Sì, proprio Harry. Un paio di giorni prima lo aveva distratto con le sue stupidissime lamentele, e lui era caduto da uno scoglio, slogandosi la caviglia. Ora non poteva fare un accidenti, a causa di Harry.
Erano riusciti a costruire una capanna con le foglie delle palme, dei tronchetti di alberi non molto alti, già caduti in passato e i sassi più grandi che riuscivano a trasportare. Era stata una faticata, ma ora avevano almeno un “tetto” sotto il quale stare.
Ma Louis iniziava ad odiare Harry, e non ne capiva nemmeno il motivo. A parte quell’incidente di percorso.
Era come se stesse iniziando a dubitare di lui. Era come se.. non si fidasse più di colui che era sempre stato suo amico. Era come se quello stesso ragazzo, non lo riconoscesse più e per lui era snervante una cosa del genere.
Harry, dal canto suo, si stava facendo in quattro.
Cercava l’acqua, la frutta, qualsiasi cosa andasse bene. E stava sempre attento a non sforzarsi troppo, per il suo problema d’asma. Non aveva più i suoi spray, che si erano bagnati durante quella tempesta. Però almeno avevano ancora le garze, le bende e le pomate.
Ma vedeva Louis sempre più distaccato da lui, e questo gli faceva male.
Malissimo.
Non riusciva più a parlare con lui, senza che questi alzasse la voce, o gli urlasse contro che qualcosa fatta da lui non andava bene. Ed Harry ci stava sempre un po’ più male.
Non sapeva cosa sbagliava, non sapeva cosa prendesse a quel ragazzo che aveva sempre fatto di tutto per non fargli del male. Non sapeva più nulla.
Voleva solo che qualcuno li ritrovasse, li portasse a casa, e che loro tornassero ad essere quelli di prima.
Il sole stava tramontando, ed Harry si era deciso a tornare da Louis e la piccola Isis. Aveva racimolato un bel po’ di frutti, fortuna che da piccolo aveva imparato ad arrampicarsi sugli alberi..
Mentre stava per uscire dalla boscaglia, però non sentì un sibilo sotto i suoi piedi. Improvvisamente, sentì un dolore lancinante alla caviglia. Non vi badò subito, pensò fosse un rametto che gli si era conficcato nel piede, e zoppicando tornò alla capanna, dove –entrato con la frutta- cadde a terra ansante.
“Harry!” – strillò Isis, correndogli vicino. Louis sembrava quasi estraneo alla faccenda. Gli aveva detto di non stancarsi ed ecco il risultato.
“Lou, Lou!” – urlò ancora la bimba –“Harry scotta tanto, Harry brucia!”
Il castano, ignorando il dolore alla caviglia, si precipitò vicino a lui, e gli tastò la fronte.
Dannazione, scottava davvero. Lo tirò dentro e lo distese per terra.
“Harry, che diavolo hai combinato?” – chiese.
“N-non lo so” – ansimò il riccio –“andava tutto bene,fino a che quel ramo non mi ha colpito la caviglia.” – disse in preda agli ansimi dal dolore e per la febbre.
Louis tirò la gamba di Harry verso di sé e studiò attentamente la caviglia. Due forellini erano presenti all’altezza dell’osso.
“Quante volte ti ho detto di stare attento ai serpenti, eh?” – tuonò alterato.
La sua voce rimbombò nella testa di Harry, che strinse gli occhi spaventato.
Louis avvicinò le labbra alla ferita, e per fortuna non era troppo profonda, e sperava che il veleno non avesse già preso il circolo del sangue del ragazzo, no, era passato abbastanza tempo, la foresta distava almeno mezz’ora di cammino dalla capanna, il tempo necessario per far sì che il veleno entrasse in circolo.
Dannazione, doveva fare qualcosa. Mise un dito su uno dei due fori, e iniziò a tirare via con la bocca il veleno, sputandolo da qualche parte non appena si staccava da lui.
Una volta terminata l’operazione tamponò la ferita, e applicò una pomata, e avvolse la caviglia del riccio in una garza.
La mamma di Harry, probabilmente aveva infilato nello zaino del figlio più cose, prima che egli partisse, e per fortuna di entrambi, almeno avevano il pronto soccorso a portata di mano.
Gli passò una mano sulla fronte, asciugando il sudore da essa.
“Sei uno stupido, Harreh..” – sussurrò.
Harry gli rivolse un mezzo sorriso, chiudendo gli occhi stancamente.
Che l’odio che Louis provava per Harry fosse svanito?
 
 
“Sei una cosa insopportabile, Louis!” – strillò Harry arrabbiato contro l’amico.
Non lo sopportava più.
Sempre a fare l’eroe della situazione.
Non reggeva più. Era diventata asfissiante come situazione.
Era sempre lì, a sindacare, a dire che lui aveva ragione, che dovevano fare come diceva lui, e poi? Sbagliava!
Come qualche giorno prima quando Harry si era arrampicato su un albero per prendere dei frutti maturi, e Louis gli aveva urlato contro che fossero ancora acerbi, e invece quelli non lo erano.
Harry era quasi caduto dall’albero, a causa delle urla di Louis,che dicevano la cosa sbagliata.
Non potevano continuare così. Harry non sopportava più la sola presenza di Louis su quell’isola. Odiava ogni suo movimento e odiava anche il fatto che dentro di sé lo amasse ancora, ma in quel periodo era davvero insopportabile. Non era un dio, non aveva sempre ragione.
In tutto questo, ci rimetteva la piccola Isis, che essendo legata ad entrambi, quando prendevano strade diverse, rimaneva sempre nel dubbio se seguire l’uno o l’altro. Alla fine seguiva sempre Louis, perché era quello che l’aveva salvata dalla nave che affondava.
Louis sospirava sempre.
Odiava Harry, ma odiava di più litigare con lui.
Odiava tutto in quel momento.
Quell’isola, quel naufragio, quel maledetto viaggio, quella capanna, quel ragazzo che l’aveva accompagnato, tutto, tranne la bambina, lei era innocente, lei non c’entrava niente in tutto questo. Era solo una bimba che si era trovata per caso nel caos più totale, che intimorita trovava in Louis l’unica ancora di salvataggio.
“Bene, fa come ti pare allora, vediamo quanto sopravvivi qui!” –urlò a sua volta Louis, facendo sobbalzare la bambina che aveva in braccio.
“Sicuramente più di quanto sopravvivrei se tu mi facessi da guida!” – tuonò Harry.
“Certo, come quando ti ho salvato dall’annegamento, dal serpente e dalla tua stupidissima asma!”
“Hai chiuso con me, Tomlinson!” – urlò ancora il riccio.
“Anche tu con me, Styles!”
Harry voltò le spalle, sedendosi sulla riva bagnata, e Louis voltò le spalle, tornando nella capanna insieme alla piccola Isis. L’adagiò delicatamente a terra, e si sedette di fronte a lei.
“Louis, dovresti parlare con Harry, non è giusto che litigate così tanto..”
“Isis, dormi, non ti preoccupare, io ed Harry risolveremo.” – la rassicurò il ragazzo.
Lei annuì.
“Ma non vi lasciate, vero? Voi siete come la mia mamma e il mio papà..”
Louis si girò verso di lei, regalandole un bacio sulla fronte.
“Non ti preoccupare, tesoro, non ti lasciamo.”
La piccola annuì, e si rannicchiò sulle foglie accanto a Louis, che scrutava da fuori la capanna la figura di Harry.
Era tenero, infreddolito e arrabbiato.
Una contraddizione per la sua faccia da pasticcino.
Non seppe cosa lo spinse a fare una cosa del genere. Si alzò dal giaciglio e lo raggiunse sulla riva. Avvolse un braccio attorno alle sue spalle e lo avvicinò al suo petto, stringendolo forte.
“Cosa ci succede, Harry?” – chiese in un sussurro –“non abbiamo mai litigato così tanto..”
“N-non lo so, L-Louis..” – balbettò affondando il viso nell’incavo del collo del ragazzo, inspirandone l’odore.
Dannazione, quanto gli era mancato il profumo della pelle del suo amico.
Ormai erano dispersi da mesi. Avevano abbandonato le possibilità di essere ritrovati.
Harry dal basso studiò il viso di Louis. I tratti del suo viso erano più marcati, il mento era ricoperto da uno strato di barba dura, gli occhi segnati da profonde occhiaie, del resto come lui. Anche a lui era cresciuta un po’ di barba e la fatica, iniziava a farsi sentire anche su di lui.
“Dobbiamo resistere, Harry, dobbiamo farcela,dobbiamo tornare a casa, va bene?”
Harry annuì stanco, affondando il viso nella spalla dell’amico.
“Mi dispiace, non sono abbastanza forte come te..”
“Harry, ehi non devi mollare, va bene? Ci ritroveranno. Lo sai che né mia madre, né tua madre si rassegneranno all’idea di averci persi. Lo sai. Dobbiamo tenere duro.”
Harry annuì di nuovo, sistemandosi contro il petto di Louis.
“Posso dormire così..?” – chiese in un sussurro.
“Certo, ma torniamo nella capanna che Isis si preoccupa.”
Si aiutarono a vicenda ad alzarsi da terra e insieme tornarono nella capanna.
 
Quella disavventura li stava sfinendo. Quella disavventura li stava massacrando.
Non avevano più forze, non avevano più speranze.
Sarebbero sopravvissuti?
 

*

 
Intanto, a Doncaster, città d’origine di Louis, due donne erano disperate per la scomparsa degli figli.
Ma una, Jay, non si era ancora arresa, fino a che non avessero portato i corpi dei ragazzi, non si sarebbe data pace, avrebbe fatto di tutto pur di rivederli almeno un’ultima volta. Da quando suo figlio ed Harry si erano conosciuti, aveva stretto amicizia con la madre del riccio, ed erano diventate migliori amiche come i loro figli, vedeva il ragazzo come un suo secondo figlio maschio; mentre Anne, invece, era disperata. Non riusciva a capacitarsi di aver perso il suo bambino, e piangeva sempre di più ogni giorno, piangendo la sua perdita.
Le due condividevano la stessa sorte. Lo stesso dolore. La stessa perdita.
Il proprio figlio.
“Anne, non dobbiamo arrenderci. Magari sono vivi, che ne sai?”
“Hanno detto che non ci sono sopravvissuti.. insomma la nave si è schiantata, l’hanno ritrovata, e di Harry e Louis non c’era traccia.. saranno finiti nel profondo dell’Atlantico o Pacifico.. o qualsiasi dannato mare stavano attraversando, non potevano prendere un aereo!?”- sbottò tra le lacrime.
Jay la riscosse, scuotendole il braccio.
“Anne, è di Harry e Louis che stiamo parlando!” – la sgridò –“avrebbero fatto di tutto per salvarsi.”
“Sono passati tre mesi, Jay, e poi ora è quasi inverno, saranno morti di freddo.. oh povero il mio bambino..” – riprese a piangere, tra le braccia dell’amica.
“Se contattassi il mio ex marito?” – chiese accarezzando la schiena. –“è un militare, di sicuro avrà avuto a che fare con queste missioni di salvataggio. Magari ci aiuta a ritrovare almeno i loro corpi.”
“Dici che ti aiuterà?”
“Ha lasciato me e Louis quando lui era piccolo, me lo deve.” – ribatté sicura l’altra.
Anne annuì, e lasciò che l’amica si mettesse in contatto con quello che era stato il padre di Louis.
Louis non ricordava granché del padre, non portava nemmeno il suo cognome, perché era troppo piccolo quando lui era andato via, e per questo non parlava mai del suo padre biologico, nemmeno con Harry, anche se il riccio sapeva tutta la storia che c’era dietro.
Quando Jay finì di parlare al telefono, guardò soddisfatta l’amica.
“Inizieranno le ricerche, entro un paio di mesi mi farà sapere.” – disse malinconica, avvicinandosi all’altra e circondandola ancora con le sue braccia. –“andrà tutto bene, li ritroveranno.”
Aveva la certezza che il figlio fosse salvo. Non sapeva perché, ma se lo sentiva dentro. Era una sorta di istinto materno.

  

* 

 
Louis si lasciò cadere sulla sabbia.
Ormai non aveva più senso vivere.
Ormai non aveva più senso niente.
Aveva litigato di nuovo con Harry, per un motivo stupidissimo.
Non ne poteva più. Faceva più freddo ultimamente, e non sapevano come scaldarsi.
Sì, avevano imparato ad accendere piccoli fuocherelli, perché di notte anche durante l’estate faceva freddo, ma ora i fuocherelli non bastavano più,c’era troppo freddo. C’era troppo da fare, troppo da sopportare.
Aveva appena ventun’anni. Non voleva morire lì, ma ormai aveva rinunciato alla possibilità che qualcuno li avrebbe ritrovati, insomma.
Era sfinito. Avrebbe preferito addormentarsi lì, su quella spiaggia e non svegliarsi più, in fondo, era molto meglio questo che tutto quello che stava vivendo in quel terribile periodo.
Non ne poteva più, era stanco. Semplicemente stanco di vivere.
 
Harry era poco distante da lui, nella capanna.
Isis si era addormentata, per fortuna, e non aveva sentito mezza parola del litigio tra i due.
Harry si stese su un cumulo di foglie, tenendosi due dita sulle tempie.
Aveva un maledettissimo mal di testa a forza di gridare, e gridare e gridare.
Una cosa positiva c’era, la sua asma non aveva dato segno di ritorno, magari tutta quell’aria pulita aveva favorito alla sua guarigione. L’unica cosa positiva. Il resto era tutto negativo.
Perché Louis era così maledettamente ostinato?
Ormai erano stati abbandonati a loro stessi, nessuno li cercava più, nessuno più voleva saperne niente di loro. Si erano arresi all’inevitabile, tutti li avevano dati per morti. Nessuno li cercava più.
Che senso aveva continuare a lottare? Continuare a stare dietro a Louis? Continuare a litigare con lui? Continuare ad occuparsi di una bambina che non avrebbe mai vissuto completamente la sua vita, se non su quell’isola con due perfetti sconosciuti?
Si era stancato. Si era davvero stancato.
Avrebbe preferito non essere mai partito. Non avrebbe compromesso la sua amicizia con Louis, non avrebbe iniziato a detestarlo, ma forse non avrebbe mai scoperto questo suo lato dominatore e odioso.
Forse ora non avrebbe rischiato di morire solo ed infelice con un ragazzo che non gli voleva più nemmeno bene e una bambina che purtroppo in tutto quello non c’entrava assolutamente nulla.
Forse, era meglio farla finita davvero.
 
 
I giorni continuavano a passare su quell’isola. I due ragazzi non si parlavano più.
Ma a turno continuavano ad andare nella boscaglia alla ricerca di cibo.
Harry era appena tornato sulla riva. Quella mattina il sole splendeva, scaldando la pelle dei ragazzi che ormai erano intorpiditi dal freddo notturno.
Harry arrivò dagli altri due, posando su un cumulo di foglie la frutta raccolta quella mattina.
Non un sorriso, né un cenno da Louis, niente.
Solo un’espressione contrariata.
Ormai non si fidavano più l’uno dell’altro, tutto quello che erano stati, era finito durante quella vacanza che da vacanza, era diventata un incubo.
In silenzio, Harry iniziò a buttare giù con fatica quei bocconi, che scorrevano lungo il suo esofago pesantemente, mentre Louis non lo degnava di uno sguardo, e aiutava Isis a mangiare quello che l’altro ragazzo era riuscito a portare da solo. Ormai le barbe sui loro visi erano evidenti, i loro vestiti vecchi e sporchi, le loro mani rovinate, i loro sentimenti calpestati, le loro menti segnate. Erano giunti ad un punto di non ritorno.
Ad Harry mancava dannatamente Louis, il suo Louis. Quello con cui viveva, quello che lo aiutava maldestramente nei compiti, quello che lo coccolava tutte le sere prima di andare a dormire, quello che amava più di se stesso.
A Louis mancava il suo migliore amico. Gli mancava il suo “cupcake” o “babycake” che si accucciava vicino a lui alla ricerca di calore e protezione. Gli mancava maledettamente ogni cosa vissuta con lui, e odiava ancor di più la situazione.
Non erano più loro stessi.
Erano cambiati troppo, quella cosa aveva segnato profondamente la loro amicizia, la loro vita, il loro tutto.
Non sarebbero più tornati indietro, stavolta.
Louis si lasciò andare all’indietro sulla spiaggia sospirando sommessamente, quando la sua attenzione fu catturata da un oggetto nero in avvicinamento.
“Oddio, quello è un aereo!” – sbottò.
“Se, come l’ultima volta. È un miraggio, Louis.” – fece acidamente Harry, alzandosi in piedi e pulendosi – per quanto potesse – le gambe.
“No, Harry è un aereo quello, giuro!”
Improvvisamente, l’aria fu squarciata da un rumore forte, assordante.
Un potente vento si alzò, e fece volare via tutta la candida sabbia che circondava i due ragazzi. Qualcosa stava muovendo l’aria, qualcosa si stava avvicinando. I due ragazzi e la bambina, spaventati, corsero verso la loro capanna. Non era un grosso pezzo d’edilizia, ma almeno era un riparo quasi sicuro per loro.
I ragazzi nascosero subito la “loro” piccolina, e misero la testa fuori dalla capanna per vedere cosa accadesse.
Un elicottero stava atterrando. Allora Louis ci aveva visto bene. Era davvero qualcuno che era andato a cercarli. Un battito mancò nel petto ad entrambi. Un moto di felicità di invase. Ma non volevano cantar vittoria troppo presto, sembravano militari o qualcosa di simile, magari non erano nemmeno lì per loro, ma almeno qualcuno aveva scoperto l’esistenza di quell’isola sperduta.
Harry appoggiò istintivamente la fronte contro la schiena di Louis. Checché si opponesse, lui cercava da sempre la protezione del maggiore, in qualsiasi situazione. Il castano, meccanicamente, allungò una mano dietro la sua schiena afferrando la mano del riccio, che ricambiò la stretta.
“Andiamo a vedere chi sono, Boo?” – sussurrò.
Louis annuì e stringendo la mano ad Harry uscì da quella capanna, tenendo il riccio dietro di sé.
“Comandate Austin!” – urlò uno degli uomini che costeggiavano la spiaggia, vedendo i due ragazzi avvicinarsi –“li abbiamo trovati, eccoli!”
Austin? Louis si sentì mancare. Non poteva essere. Non poteva essere il padre davvero.
Magari era un omonimo. Sì, sì. Era sicuramente un omonimo.
Harry intensificò la presa sulla mano di Louis, capendo il disagio del suo migliore amico. Louis gli fu grato in quel momento, non voleva essere solo in quel momento, in cui probabilmente avrebbe rivisto il padre dopo anni che non si faceva vedere né da lui né da sua madre.
Un uomo abbastanza grosso, con i capelli castani, ma intervallati da qualche capello bianco, si voltò verso i due giovani, e un sorriso sornione gli uscì dalle labbra.
Corse verso i due ragazzi e avvolse il corpo di Louis in un abbraccio sincero.
“Figlio mio” – sussurrò. Harry prontamente strinse la mano di Louis, che non ricambiò l’abbraccio del padre, bensì la stretta del riccio. Restò fermo, con gli occhi sbarrati, mentre il padre abbracciava il figlio.
Troy Austin, il padre biologico di Louis, che aveva abbandonato il figlio e la madre quando Louis era ancora piccolo, per inseguire la sua carriera, per diventare un comandante dell’aviazione militare inglese, aveva ritrovato il figlio creduto morto sia da lui che dalla sua ex moglie.
Louis, dopo un attimo di smarrimento, si staccò da lui, gli rivolse un sorriso di gratitudine e guardò Harry, che prontamente gli lasciò la mano, correndo a recuperare la bambina che era rimasta nella capanna.
“Adesso vi riportiamo a casa, figliolo, è tutto finito” – lo rassicurò l’uomo abbracciandolo di nuovo.
Harry ritornò con la bambina e il comandante Austin li scortò fino all’elicottero.
Durante il viaggio di ritorno, i due ragazzi e la bambina non fecero altro che dormire.
Dormire per dimenticare, dormire per non pensare a quello che avevano vissuto. Dormire e basta. Dormire e annullarsi totalmente. E mentre dormivano, Harry e Louis erano appoggiati l’uno sulla testa dell’altro.
 

*

 
“Ritrovati due ragazzi (Louis Tomlinson, 21, Harold Styles, 19) ed una bambina (Isis Masson, 6) in seguito alla tempesta tropicale avvenuta al largo dell’Oceano Atlantico lo scorso luglio. A quanto pare, gli unici tre sopravvissuti avrebbero trascorso i precedenti mesi su un’isola ancora sconosciuta al largo dell’Oceano stesso.
‘E’ stato un colpo di fortuna’ – testimonia il giovane Tomlinson, anche a nome degli altri due. Fino a che la famiglia della bambina non verrà contattata, la bambina resterà affidata ai due ragazzi che l’hanno protetta fino ad oggi sull’isola.” – recitava il giornale il giorno dopo il ritrovo dei ragazzi.
 

*
 

Erano passati due mesi da quando erano stati ritrovati.
Erano due mesi che Harry e Louis non si sentivano o parlavano.
Non sapevano cosa gli fosse preso, non si fidavano più. Non volevano più vedersi.
Louis era tornato a Doncaster da sua madre.
Harry era tornato ad Holmes Chapel dalla sua.
Si trattavano da completi estranei, anzi, non si trattavano proprio. Semplicemente si ignoravano.
Louis rimuginava su cosa poteva mai esser accaduto tra tutti e due. Ci pensava, ci pensava tutto il giorno, ma non riusciva mai a darsi una risposta.
Isis era andata a casa sua, perché semplicemente era più legata a Louis, che era un po’ il punto di riferimento anche di Harry. Non sapeva dove fosse la sua famiglia, e non voleva nemmeno saperlo, preferiva restare con Louis.
E lo guardava. Lo vedeva sempre triste, sempre pensieroso, sempre con il muso lungo.
“Lou” – lo chiamò entrando nella sua camera.
“Isis, dimmi, tesoro!”  - esclamò con falsa allegria.
“Perché sei sempre triste?” – chiese arrampicandosi sul letto sul quale il ragazzo era seduto.
“Beh, mi manca tanto Harry, sai? Ma ormai non ci parliamo più.”
Lei sembrò pensarci un attimo.
Era incredibile. Una bambina di soli sei anni, stava suggerendo a Louis cosa fare per recuperare l’amore della sua vita.
Ebbene sì, Louis finalmente c’era arrivato.
Tutto quello che aveva provato, tutti i tentativi di farlo star bene, tutti i tentativi di rimediare alle sue sofferenze, erano perché lo amava.
Anche il fatto stesso di odiarlo, perché voleva mettersi sempre in pericolo, era – in un certo senso – un segno dell’amore che lui provava verso il riccio.
“Ma tu lo ami?” – chiese Isis.
Come faceva a leggergli dentro? Era solo una bambina.
“Più di quanto pensassi.” – confessò il ragazzo.
“E allora vai da lui, e diglielo!” – esclamò indignata –“io non li posso vedere più mamma e papà, ma volevo dirglielo che li amavo! Tu puoi vedere Harry, puoi dirgli che lo ami!” - fece la bambina con la voce ancora più sicura.
Aveva sei anni o trenta?
“Ci penserò, piccolina.”
“No, tu non ci pensi! Ti alzi e vai da lui!” – sbuffò –“te l’ho detto che siete come un’altra mamma e un altro papà per me, non voglio che vi lasciate!”
Era vero?
Una bambina di sei anni  lo stava sgridando, se gliel’avessero detto, non ci avrebbe mai creduto.
“Magari fosse facile come dici tu, Isis..”
“Louis, l’amore è facile. E’ come quando un bambino regala un fiorellino ad una bimba. Tu regala il tuo cuore ad Harry, non ti può dire di no!”
“E questo chi te l’ha detto?”
“La mamma. Una volta le ho chiesto cos’era, perché le mie cuginette parlavano sempre dei loro innamorati, io non sapevo cos’era l’amore, allora lei mi ha spiegato così!”
“A proposito, se vuoi possiamo rintracciare i tuoi familiari, no?”
“No, siete tu ed Harry la mia famiglia, ora!” – sbuffò la bambina.
Louis trattenne una risata.
Era stato sgridato da una bambina. Questo doveva dirlo ad Harry.
Harry.
Ma cosa diavolo stava facendo? Stava davvero dicendo addio a tutto quello che avevano vissuto?
Stava davvero facendo l’errore più grosso della sua vita?
Era un deficiente, un completo deficiente.
Come poteva dire davvero addio?
Come poteva rinunciare all’amore?
Con un balzo fu in piedi e corse nel suo armadio a cercare qualcosa di decente da indossare, e si stupì del fatto che chiedesse proprio ad una bambina cosa andava bene o male.
Gli mancava da morire.
I suoi ricci, le sue guance, le sue fossette, i suoi occhioni verdi.
Gli mancavano tutti i momenti con lui.
Quando Harry si accucciava vicino a lui, quando saltava sul suo letto.
Aveva nostalgia di lui, di quello che erano stato.
Dei vecchi Harry e Louis.
Aveva nostalgia del suo Harry.
Era uno stupido, un maledetto idiota. Un imbecille.
Non avrebbe mai smesso di darsi dello stupido per essersi fatto sgridare da una bambina, per aver fatto andare via Harry da lui.
Non poteva lasciarselo scappare, non ora che i suoi sentimenti erano chiari. Come flashback le immagini di loro sulla nave gli tornarono in mente, le immagini di loro che si abbracciavano. Tutto era chiaro. Era per lui era tutto.
E come sempre era tornato all’origine di tutto.
Stava tornando da lui, che per lui era l’essenziale.
 
 
Harry non poteva crederci, insomma.
Louis non gli scriveva più nemmeno un sms.
Ma nemmeno voleva sentirlo. Non sapeva perché, nonostante tutto sapeva che se l’avesse rivisto, non si sarebbe trattenuto. Gli sarebbe saltato addosso, lo avrebbe abbracciato e baciato.
Dannati sentimenti. Non potevano non contare niente?
Poteva il cuore smettere di fargli male ogni volta che pensava a lui?
Ai suoi capelli? Alle sue mani? Ai suoi occhi?
Poteva smettere di amarlo?
No, la risposta a tutte le domande che si poneva era sempre la stessa, no.
Non poteva nemmeno dimenticare quello che insieme avevano vissuto sull’isola, ciò che alla fine li aveva divisi definitivamente. Voleva semplicemente dimenticarlo, ma non ci riusciva, perché portava a Louis.
Louis..
Già. Proprio lui, che ora l’aveva tagliato completamente fuori dalla sua vita.

Quella vacanza li aveva cambiati in peggio.
Louis era diventato odioso, non era più quello che Harry amava e quasi venerava. Era diventato odioso, stupido ed odioso.
Era rimasto nel letto per un sacco di tempo, prima che la madre lo chiamasse per un discorsetto.
Era da quando suo padre era morto – quando Harry aveva undici anni – che la madre non lo chiamava per un “discorsetto” la cosa era grave.
Lentamente era entrato in cucina, si era seduto sul tavolo di fronte alla donna che l’aveva messo al mondo che lo guardava di traverso.
“Harry, quanto tempo credi di restare in questo stato?” – chiese la madre.
“Che intendi, mamma?”
“Che non vivi più. Che è successo con Louis? Non lo vedo più in giro. E tu sei sempre triste. Devi tornare a casa tua, a Londra. Io non lo voglio un figlio così depresso.”
“Mamma, ti prego, ho solo bisogno di un po’ di tempo.. con Louis non vanno le cose, e so.. che gli salterei addosso non appena lo vedessi.. mi odierebbe, mamma..”
La madre cambiò sguardo. Lo guardo premurosa, comprensiva.
Harry si sentiva morire dentro. Non aveva mai rivelato a nessuno i suoi sentimenti per Louis, erano un tabù per tutti. Anche per se stesso, e ora ne parlava con sua madre, colei che avrebbe potuto giudicarlo come un inetto, un figlio non perfetto, una delusione.
Ed ecco che di nuovo la paura si impossessava di lui. La paura di essere rifiutato, di essere abbandonato di essere lasciato a se stesso. Quella maledetta paura.
“Sei innamorato di Louis, non è vero?” – chiese la donna.
Harry strinse gli occhi, e fu costretto ad annuire.
Lei si avvicinò e lo abbracciò.
“L’avevo capito. Da quando vi conoscete, credo. Aspettavo che me lo confessassi.”
Harry non riusciva a crederci. La madre lo aveva capito, e non aveva mai detto niente?
“Lo hai sempre guardato come se volessi salvarlo da un momento all’altro, come se lo amassi più della tua vita, e ora finalmente lo hai ammesso anche con me. Harry, sono orgogliosa di avere un figlio come te, d’accordo?” – gli sorrise premurosa –“ma non soffrire, non privarti dell’amore che provi. Non lasciare che la persona che ami ti sfugga dalle mani, come io mi sono lasciata sfuggire tuo padre. Ricordi, cosa è successo l’ultima volta che abbiamo litigato?”
Harry deglutì. Ricordò perfettamente quel giorno. Sua madre e suo padre avevano litigato di brutto, pesantemente. Lui era uscito prendendo l’auto, ma non era tornato. Qualche giorno dopo la madre lo aveva chiamato per un “discorsetto” e gli aveva detto quelle parole brutali con dolcezza, cercando di non sconvolgere troppo un ragazzino di undici anni.
Annuì lentamente e la madre gli sorrise.
“Forza, renditi presentabile. Ti accompagno io a Doncaster, e non dire di no, sono tua madre, ubbidisci.”
Harry si lasciò scappare un sorriso, accompagnato da uno sbuffo divertito.
“Agli ordini, madre!”
“Saremo lì in serata, bravo il mio ragazzo.” – sorrise lei.
Harry corse al piano di sopra, in camera sua a raccattare i suoi vestiti, non trovando niente che gli andasse di indossare preferì una tuta e una felpa. In fondo, Louis lo aveva visto nelle condizioni più disadattate, oltre a vederlo anche solo in boxer. Ed Harry, a quel ricordo, arrossì notevolmente.
Si fece una doccia veloce, si sistemò i capelli con rapidità e infilò la tuta.
La verità era che non vedeva l’ora di vederlo. Voleva solo rivederlo al più presto.
Rivedere quei due occhioni azzurri come il cielo con le sfumature del grigio e del verde, che lo avevano conquistato, voleva rivedere il viso meraviglioso di quel ragazzo che era il suo più grande amore ormai da anni.
Voleva riabbracciarlo.
Non poteva più perdere tempo. Infilò le scarpe, deciso ad andare con la madre a Doncaster, deciso ad andare da lui e dirgli tutto quello che provava per lui, deciso a baciarlo e magari farci anche l’amore.
E sarebbe tornato da lui, all’origine di tutto. L’origine della sua sofferenza, all’origine del suo stare bene, all’origine del suo amore. Sarebbe tornato da lui, il suo essenziale.
Scendeva velocemente le scale, quando la madre lo chiamò a gran voce, facendogli mancare un battito nel petto. Dicendo delle parole che gli avrebbero fatto bloccare il cuore per una frazione di secondo, per poi farlo riprendere a battere ancora più velocemente di prima.
“Harry, c’è qualcuno per te alla porta!”
 
Tremolante, Harry arrivò alla porta.
E deglutì diverse volte quando lo vide.
Dannazione, era ancora più bello così.
I pantaloni rossi dal patetico risvolto all’insù, la maglia a righe bianche e nere, le bretelle e quegli adorabili/odiabili mocassini, che Harry odiava con tutto il cuore, ma che a lui stavano divinamente. I suoi occhi azzurri cercavano quelli smeraldini di Harry e quando gli sguardi si trovarono, il cuore nel petto di Harry iniziò a battere troppo velocemente, non era nemmeno reale come cosa. Non poteva essere reale un tale sentimento. Non poteva essere reale quel battito accelerato e immediatamente le gote gli si tinsero di rosso nel constatare che anche l’altro lo stava scrutando attentamente.
Louis dal canto suo, era in iperventilazione come Harry.
Il suo Harry era lì, di fronte a lui, immobile.
Era adorabile, i capelli arruffati per la fretta, la tuta enorme, gli occhi languidi e smarriti che cercavano nei suoi risposte alle mille domande che gli assillavano il cuore.
La sua pelle era ancora dorata a causa del sole preso su quella maledetta isola. Non riusciva a dire una singola parola, era troppo preso dalla bellezza di quel ragazzo che aveva di fronte. Ma se Harry fosse stato solo bello, Louis non avrebbe avuto necessità di essere in imbarazzo. Harry era.. tutto.
Era troppo lungo da spiegare il perché lo amasse, era semplicemente lui.
Stessa cosa valeva per Harry. Era troppo, fottutamente innamorato di Louis, e se gliel’avessero chiesto, avrebbe risposto perché era lui, punto.
Alla domanda: “Cos’è per te l’amore?”
Harry avrebbe risposto, sicuramente: “Louis”; mentre Louis, ora ne era sicuro, avrebbe risposto senza esitazioni: “Harry”.
Erano persi l’uno nello sguardo dell’altro, entrambi con il cuore in palpitazione, entrambi con una miriadi di pensieri nella testa tale da deconcentrarli.
E l’unica cosa che si ripeteva nella loro testa, come una nenia, era che quello di fronte a loro era semplicemente: l’essenziale.
Era bastato essere l’uno accanto all’altro per sopravvivere ad un naufragio, ad un’isola ispida, ad un’avvenuta che  mai avrebbero ripetuto. Un’avventura che li aveva allontanati, ma se ora erano l’uno di fronte all’altro,intenti a scrutarsi, qualcosa di buono l’aveva pur fatta quest’avventura, no?
“Io vi lascio soli” – annunciò Anne, che aveva visto i ragazzi fronteggiarsi.
Amore contro amore, difetti contro difetti, riccio contro liscio, smeraldo contro mare in tempesta.
Semplicemente loro due che si scrutavano negli occhi, si perdevano in essi, e non trovavano più la vita d’uscita.
S’erano persi fisicamente su un’isola, e metaforicamente nei loro occhi.
Restavano sempre due dispersi.
Louis mosse il primo passo verso Harry.
L’atmosfera era giusta, non poteva attendere oltre.
Harry rimase immobile.
Troppo immobilizzato dalla presenza dell’altro.
Uno sicuro, uno insicuro.
Erano due metà che si completavano.
Louis non ci vide più, con due potenti falcate arrivò dal compagno.
“Baciami” – sussurrò con voce roca, avvicinando le sue labbra a quelle del riccio, che  unì le loro labbra, mentre fuori dalla finestra, il cielo si oscurava sempre più, loro ad occhi chiusi perdevano la cognizione del tempo, e si baciavano, come se fosse stata l’ultima volta, dopo quello che avevano vissuto era anche comprensibile.
E mentre le stelle facevano capolino sulle loro teste, loro due si dichiaravano il loro amore nascosto.
“Ti amo, Louis, da sempre, sempre, sempre, sempre” – confessò Harry, senza più riuscire a staccarsi dalle sue labbra –“ti amo, ti amo, ti amo.. dio, adoro dirtelo, è la cosa più bella del mondo, è..” – e vi fu un altro bacio. E continuava a sussurrargli un “ti amo” tra un bacio e l’altro, quando Louis, felice come non mai di sentire quelle parole dal suo riccio, gli tappò le labbra, premendoci delicatamente un dito sopra.
“Ti amo anche, Harry. Da.. non so precisamente quando, ma ti amo.”
Harry non attese oltre, lo baciò ancora, trascinandolo con sé in camera sua.
Non  ne poteva più di non poterlo avere come voleva, lo aveva desiderato troppo.
Erano anni che desiderava i suoi tocchi, i suoi baci, i suoi occhi solo su di sé, quei capelli in cui infilarci le mani, quelle labbra da mordere e baciare, quel ragazzo da amare. Voleva tutto di lui, e non attese oltre.
Louis, dal canto suo, provava lo stesso del riccio, e come se fosse stato una marionetta, si fece portare nella camera del riccio, dove, dopo tanta sofferenza, tanta attesa, tanto desiderio, finalmente i due si amarono fisicamente, concedendosi l’uno all’altro, in una danza d’amore che non avrebbero interrotto mai, e che probabilmente avrebbero continuato all’infinito.
Qual era il problema, in fondo?
Si guardavano, non potevano fermare quello che provavano, era più forte di loro.
Non sapevano nulla, ma andavano sempre più veloce all’inseguimento dei loro sentimenti.
Erano accidentalmente caduti nell’amore.
Veloci come le nuvole nel cielo, dolci come un gelato,non erano mai soli, se erano insieme.
E andavano, andavano nella direzione che dettava loro il loro cuore.
Erano accidentalmente caduti nell’amore.
E andavano, sempre più veloci, sempre più persi.
Accidentalmente caduti in amore.
Potevano saltare sempre più in alto andare al limite, ma non rompersi mai.
Louis ed Harry erano accidentalmente innamorati.
Perché ora che si appartenevano era tutto maledettamente meraviglioso?
Perché il loro amore aveva superato ostacoli insormontabili, affermandosi forte e duraturo alla fine di tutto.
 
Il giorno dopo, Louis si svegliò accanto ad Harry.
Non credeva a ciò che era accaduto. Il suo Haz era lì.
Cosa aveva dovuto fare per ottenere solo quel bacio?
Era pazzamente, maledettamente, realmente innamorato di lui. Voleva che Harry lo tenesse sempre con sé.
Gli portò la colazione su un vassoio, scostò i capelli dalla fronte, lasciandogli un bacio, scattò una foto prima che la magia svanisse.
Dannatamente innamorato di lui. Follemente caduto.
Sperò ardentemente di non essere uno dei tanti, di non essere una casualità, voleva svegliarsi sempre con lui.
Per lui era tutto.
Harry si svegliò poco dopo. Non riusciva ancora a crederci. Dopo anni di sofferenza, Louis era lì accanto a lui, avevano fatto l’amore, non poteva crederci davvero.
Sorrise come un ebete voltandosi verso di lui, trovandolo già sveglio che osservava il soffitto.
Allungò una mano verso di lui, e tracciò con un dito il suo profilo, dalla guancia alla mascella, poi fin giù sul collo, sul petto, dove fermò il dito disegnando cerchietti immaginari con le dita.
Non poteva farci niente, era felice. Troppo felice. Perché?
Perché era dannatamente, pazzamente, maledettamente, follemente, stupidamente innamorato di lui, e ora lo aveva accanto. Si tirò sulle labbra, lasciandogli un delicato bacio a fior di labbra, sussurrandogli: “Buongiorno, amore mio”.
“Ti amo, Haz” – rispose l’altro, lasciandosi andare alle coccole, ai baci e all’amore del suo piccolo ragazzo.
 
 
 
Dopo quel giorno, tornarono a vivere insieme.
Dopo tre anni, convolarono a nozze, confermando quel sentimento che da sempre avevano provato l’uno per l’altro.
Dopo un altro anno, adottarono la piccola Isis, rimasta orfana dopo il naufragio, che era stata il loro “cupido” personale, nonostante fosse stata quasi costretta a tornare dalla sua famiglia d’origine, Louis ed Harry erano riusciti ad ottenere l’affidamento della bambina.
E ora vivevano tutti e tre felici nella grande casa di Londra, dove ricordano ancora con il sorriso il giorno che si erano conosciuti sulla nave, il naufragio, l’isola, il salvataggio, l’amore che alla fine li aveva uniti come una vera famiglia.
Ora, erano felici, si rendevano felici tra di loro.
Harry e Louis si erano innamorati senza accorgersene, ed avevano fatto entrare nel cerchio stretto della loro vita anche la piccola Isis, che finalmente si sentiva di nuovo in una famiglia.
Potevano volare, ed essere liberi. Il loro amore era la loro libertà.
Non avevano nulla da perdere, tutto da imparare, ma sentivano che insieme non avrebbero sofferto.
E in fondo, dovevano ringraziare quell’isola su cui si erano persi, nonostante tutto.
 

*

 
 
La risposta, in fondo, era banale.
Sareste riusciti a sopravvivere, insieme?
Ovviamente, sì.

 
 


NO, JIMMY PROTESTED!(x2, maledetto editor che si sputtana. c.c)

Allora.
Prima di tutto, grazie a chiunque sia arrivato fino in fondo in questa storia, davvero. 
E' una delle cose più lunghe che abbia mai scritto, conta 15 pagine e mezzo di word, e più di 11mila caratteri :')
Se volete cruciarmi fatelo pure lol
Allora, davvero.
Questa è una delle poche cose che mi piace com'è venuta fuori.
Quindi, spero vivamente che piaccia anche a voi, perchè io c'ho messo l'anima davvero (come sempre del resto.)
E' solo una delle mille Larry che sto scrivendo, ma ehi! Le finirò tutte, lo giuro, lo giuro :3
Ringraziamo come sempre, la mia adorata Lu che non solo mi aiuta con le cose stupide come "il nome della barca" perchè io non ho mai idee per i nomi/soprannomi degli oggetti o persone, ma mi sopporta nei millemila scleri che compongono il creare una shot, e credetemi che sono insopportabile.
Scusa Lu, per quelle volte che mi sono incazzata :c perdonata? :3
CCCOMUNQUE!
Spero che le descrizioni rendino bene l'atmosfera e il tutto proprio.
Mi ci sono impegnata davvero. E spero che non sia banale.
L'unico cliché credo sia che loro tornano a casa e si salvano. Se fossero morti non sarebbe esistita la OS :c
Un'altra cosa:  per quando Harry ha l'attacco d'asma, mi sono basata su quello che provo io quanto me ne viene uno, quindi.. non è campato in aria, voglio dire, non è che ho scritto quelle cose ad minchiam, io mi sento davvero in quel modo. Dovevo dare un tocco ancora più drammatico LOL
E poi ringrazio con la faccia per terra, proprio, tutta la gente che mi manda i complimenti su fb o qui su efp, e ripeto che potete trovarmi su ask o comunque sempre qui su efp (no, davvero? Chiara sei un genio proprio!)
Comunque. Allora ci tenevo a dire due cose, anzi tre.
1. Ho preso spunto e sottolineo spunto perchè la trama non c'entra proprio nulla con quella del telefilm dal : Lost. Io amo i telefilm come quello, avventura e mistero, ma la shot non c'entra assolutamente nulla con quella serie.
2. I personaggi non mi appartengono purtroppo, e non voglio offenderli, li facci amare :3
3. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aggiunta tra gli autori preferiti, sono arcisupermegaipertanto felice **
E niente, spero che la shot vi sia piaciuta, e vi saluto con una gif di questi due piccioncini che noi tanto amiamo :3



Cantiamo tutti insieme in modalità Sebastian: " Bacialo, shalalalalala il ragazzo è troppo timido, forza bacialo shalalalalla lui non lo fa ma che peccato.." :D
E, inoltre mi scuso con tutte quelle che hanno lasciato recensioni tra ieri, oggi e l'altro ieri, non ci son stata su efp e ieri ero rapita ma proprio rapita da HP, quindi.. LOL
Un minuto di silenzio per il mio piccolo Dobby che non voleva uccidere, voleva solo mutilare o ferire gravemente, e DOBBY NON HA PADRONI, DOBBY E' UN ELFO LIBERO. Love ya <3
Quindi.. io vi saluto.
Come al solito spero non ci siano errori, non dovrebbero perchè ho riletto tipo..3 volte. Quindi. LOL
Okay, okay.
Mi dissolvo. Spero vi sia piaciuta, e ci vediamo alla prossima shot o capitolo lol :3
*woooosh*

P.s in quanto AU, avrei potuto scrivere anche che Louis è un lupo ed Harry un coccodrillo. Evitate messaggi come "il padre di Louis non fa il militare!!111111!!!" thanks :3
Byeeeeeee! :3


Canzoni da cui ho tratto ispirazione:
-My heart will go on, Celine Dion (scena sulla nave)
-Lost, Coldplay (che da il titolo alla shot e descrive - circa- tutta la parte centrale)
-L'essenziale, Marco Mengoni (quando si rendono conto di amarsi.)


   
 
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