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Autore: _Kiiko Kyah    20/02/2013    2 recensioni
[Ri-post perché ero in anticipo][Questa fic partecipa al contest “Parallel Times” indetto da Destroyed Fairy e The Pridestalker]
Mumble. So cosa pensate e no, niente tematiche carine e coccolose. Il rating arancione è per la durezza, il sangue e l’angst esagerato.
Ora, se ancora volete leggere, fate pure. A vostro rischio e pericolo, s’intende.
Glub v.v.
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« Qualcuno soffrirà tanto da volersi togliere la vita in ogni momento. » ormai il tono era ridotto ad un misero filo, sottile e tremante come il ronzare di una ape « Lei... lei glielo impedirà, vero? Gli impedirà di raggiungermi... vero? »
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43 parole dal testo, misere ma fondamentali ~
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Axel/Shuuya, Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Yuuka Gouenji/Julia Blaze
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'OTP— the phantom and the cutie.'
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Autore: Kya_
Titolo: La rosa e il giglio.
Prompt: //
Epoca: Guerra dei Cent’anni.
Parole: 3459, secondo word.
Pairing: Atsuya/Afuro - Atsuya/Yuuka (la mia amata crack ~)  
Note: Vorrei ringraziare Fay per avermi dato la possibilità di partecipare a questo contest, e augurare una buona lettura a chi vorrà tentare quest’impresa ~ – alla fine ci sono altre note.

 
 
La rosa e il giglio. (buon fortuna a chi leggerà ~)
 
Byron non aveva mai visto una battaglia del genere, e combatteva quella guerra ormai da anni. Evidentemente, i francesi sapevano che se avessero perso anche ad Orleans, la loro ultima speranza di vittoria sarebbe andata in fumo.
Ma nella sua mente c’era tutto, fuorché la spada con la quale affrontava gli avversarsi che gli si paravano di fronte. Accanto a sé, aveva il suo compagno, che con il volto rigato di lacrime, continuava a combattere; sapere di essere la causa di quel pianto, dilaniava crudelmente il biondo.
 
~
 
I problemi del soldato inglese erano cominciati qualche mese prima, a causa di una sedicenne francese.
Hayden l’aveva incontrata durante un saccheggiamento di un paesino vicino Parigi. Da solo, era irrotto in una modesta casa, e vi aveva trovato lei.
Palesemente più giovane di lui, graziosa e serena, le gonfie maniche a mezzo gomito bianche, il corpetto marrone e la rovinata gonna rosa, sorrideva come niente fosse, sebbene fosse semplice capire che il mercenario fosse inglese, e quindi nemico.
La ragazza si era alzata dalla sua sedia smuovendo così le trecce castane, e aveva avanzato qualche passo.
« Salve. » aveva teneramente detto in un rustico inglese « Gradisce del thè, monsieur? »
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Byron non riusciva a capire come fosse possibile che il suo compagno andasse così d’accordo con quella francese. Era impossibile che un burbero come il rosa si fidasse di lei, e inventasse scuse su scuse per uscire dall’accampamento e, di nascosto, correre a farle visita.
Il biondo era l’unico a saperlo, e ben taceva questo segreto: se l’avesse scoperto qualcuno, il Frost avrebbe subito l’ira degli altri camerati, e il compagno tutto voleva fuorché la sofferenza del ragazzo.
Poi, però, un giorno che Hayden stava uscendo proprio per andare da Julia -così si chiamava la giovane-, Byron lo fermò, mostrandosi adirato e infastidito. Era stanco di quella situazione. Il rosato, infatti, ormai sembrava sempre più perso nei suoi pensieri, non badava bene alla guerra, rischiava di farsi uccidere ogni volta, e per di più mangiava poco e dormiva meno.
« Non puoi vederla, se questo è lo stato in cui ti riduce. » sibilò deciso « E poi è una nemica. » aggiunse notando di non averlo convinto.
« Come può una ragazza indifesa essere definita “nemica”? » osservò quell’altro, incrociando le braccia al petto.
« È francese. Per quello che ne sai, potrebbe essere una strega. » fu l’insistente risposta « E suo fratello è uno dei soldati del Principe Carlo. »
« E tu come lo sai? » inarcò un sopracciglio dei suoi occhi grigio-turchesi. 
« Faccio ricerche. È il mio mestiere. » replicò assottigliando le sue iridi vermiglie.
« Non è una strega, in ogni caso. » divagò Hayden.
« Fatto sta che da quando la vedi stai male. » incalzò allora, arricciando le labbra.
« La magia non c’entra. » affermò deciso il compagno, facendo vagare il suo sguardo in un’altra direzione.
« Ah no? E cosa, di grazia? » il silenzio che ne seguì fece perdere un battito al biondo. Non era quello che pensava, vero? Non poteva essere quello che pensava! Ringraziò il cielo che fossero soli nella loro tenda, e deglutì a vuoto per porre la domanda « Hayden... ti sei preso una cotta per lei? »
« Le cotte le prendono i bambini, non i ventiquattrenni. » esalò il rosa buttandosi a sedere rialzando di nuovo il viso verso Byron, che tremò.
« Tu ti sei... innamorato? » sentì qualcosa di freddo impadronirsi del suo stomaco pronunciando l’ultima parola.
« Sì. » un'unica sillaba che pronunciata da lui lo fece morire. Sì? Sì!?
« È poco più di una bambina, » tentò di ricordargli « ed è donna. » aggiunse senza esitazione, acido.
Sapeva che Hayden non apprezzava il gentil sesso in quel senso. E lo sapeva da quando erano compagni di tenda. Non era possibile che si fosse davvero innamorato di una ragazza, assolutamente no.
Inoltre, quell’informazione lo stava lentamente divorando.
« Non è attrazione fisica. » spiegò titubante il giovane « La amo e basta. »
Come far uscire di senno un soldato follemente innamorato qual’era Byron.
 
~
 
Se ne era innamorato.
Hayden Frost si era innamorato di quella ragazzina francese, e non smise di vederla, mai.
Byron si morse la lingua mentre rendeva vane le difese del soldato che stava affrontando.
Si corresse mentalmente. Non smise di vederla finché il biondo non si mise ancora in mezzo.
 
~
 
Sapeva che seguire Hayden era una cosa meschina, ma doveva farlo. Era per il bene di entrambi, d’altra parte.
...
Principalmente per il bene di Byron.
Si chiese cosa stavano facendo quei due nella casa di lei. Discorrevano, sorseggiavano thè, magari ridevano? Altro non poteva essere, lei troppo giovane e lui troppo “diverso” per poter anche solo pensare di passare il tempo in modo differente.
Forse, comunque, il biondo si sarebbe sentito meglio se avesse avuto la consapevolezza del contrario. Gli sarebbe andato bene se il rosa frequentasse Julia solo per attrazione fisica. E invece no. Quello era amore.
Finalmente, il suo giovane compagno uscì dalla porta, e lui fu in grado di vederlo sorridere alla padrona di casa, che ricambiava gentile.
Era la prima volta che la vedeva, e doveva ammettere che era carina; ma, in ogni caso, neanche a lui poteva interessare in quella maniera una ragazza, per quanto graziosa potesse essere.
Aspettò che Hayden si fosse allontanato abbastanza, per poi uscir fuori dal suo nascondiglio e lanciare un’occhiata all’uscio di legno, ormai chiuso. Strinse il manico del pugnale nascosto sotto la sua blusa, messa in sostituzione della consueta armatura da soldato che aveva sempre indossato, in quei giorni.
Non si era mai sporcato del sangue di una donna.
 
~
 
Quello stesso pugnale oramai non esisteva più.
Era stato suo fido compagno a lungo, tuttavia, in seguito al suo ultimo utilizzo, l’aveva letteralmente gettato nella Senna, mentre sentiva una pioggia gelida piombargli sulla testa in un picchiettio accusatore.
Il sangue della ferita che quello stupido soldato francese gli aveva appena procurato al braccio non poté far altro che ricordargli che nessuno più di lui aveva versato sangue, durante quella guerra.
 
~
 
Colpì con un riluttante e cauto pugno la porta. Ad aprire fu il visetto sorridente di Julia, che si tirò in una smorfia incuriosita.
« Buongiorno, monsieur. » mormorò senza celare il suo stupore « Posso... fare qualcosa per lei? »
Lo fece entrare senza tanti complimenti. Byron aveva sperato che l’ingenuità della fanciulla non andasse così oltre. Aveva desiderato essere mandato via a calci. Ma ora era entrato, e non ne sarebbe uscito lo stesso di prima.
« Sono un compagno del mercenario che viene spesso qui. » palesò, passandosi una mano sulla chioma dorata.
« Monsieur Hayden? » si accertò la castana.
« Siamo compagni di tenda. » espose « E ti devo parlare. » aggiunse solamente, tendando di mantenere un tono pacato. E non fu soddisfatto del risultato.
« Gradisce del thè? » domandò portandosi verso il rustico focolare.
Il biondi si limitò ad un cenno di assenso, mentre i suoi occhi vagabondavano incerti sull’interno della casa. Piccola, una sottospecie di monolocale. Era la casa di un soldato, quella? Il Principe Carlo non aveva alcun interesse verso i suoi soldati?
« Ha un nome? »
« Byron. » rispose appena e, puntando il proprio sguardo nel suo, non trovò altro che gentilezza. Cristo Santissimo.
« Eh? Monsieur Byron? » si mostrò stupita la sedicenne.
« Ti suona familiare? » era già stanco di quella conversazione.
« Monsieur Hayden mi ha parlato di lei. Dice che sia... una persona molto cara. » quell’indugiare quell’ultima parte della frase non lo convinse. Eppure, tutto ciò che sentiva, ogni gesto che vedeva, quel sorriso innocente, non vi poteva trovare la più insignificante punta di malizia.
« Che razza di stupido. Parlare di me agli estranei... stupido. » già pregustava quel momento in cui avrebbe sentito la voce di lei chiamarlo arrogante. Quella parola che avrebbe appianato i suoi dubbi e gli avrebbe fatto capire che non era un’anima pura senza il minimo di negatività.
« Io penso che sia dolce. » fu invece la sussurrata replica « Non vorrei andare contro le sue idee, monsieur, » continuò socchiudendo dolcemente le palpebre « ma non significa questo che lei è sempre nei suoi pensieri? »
 
~
 
Ricordò di non aver potuto credere a quelle parole. Anche se farlo gli avrebbe reso tutto più semplice.
Lui, proprio lui, sempre nella mente di Hayden? No. Era una cosa che si poteva reputare impossibile, nonostante la sincerità con cui Julia l’aveva affermata. Lanciò uno sguardo al rosa che aveva appena fatto sfuggire la spada dalle mani di un francese.
No, né in passato, né nel presente, né tantomeno nel futuro, Byron avrebbe avuto una possibilità: ora più che mai, Hayden non lo considerava quasi neanche un amico.
 
~
 
« Stupidaggini. » ribatté duro, stringendo le dita intorno alla stoffa verde della sua blusa, innervosito. Sperò nuovamente di vederla indispettirsi a sua volta, però fu una speranza vana.
« Il suo viso è carino. Soprattutto con quell’espressione imbarazzata. » di nuovo senza malignità, la castana rise sommessamente.
Poi si sollevò in piedi per prendere il thè e versarlo in una tazza rustica quanto il suo inglese; la porse al ventiquattrenne, che con riluttanza ne bevve, chiedendosi perché lo stesse facendo.
...
Per nascondere il disappunto di aver ricevuto un complimento da lei, ad esempio.
« Cosa desiderava dirmi? » lo interpellò sedendosi ancora, inclinando il capo curiosa.
Il soldato si morse la lingua.
Doveva dirglielo...?
« Tu... cosa provi per Hayden? » sputò a bruciapelo, guardando il liquido scuro nella tazza. Quella emise un verso stupito, ma subito la sua espressione si addolcì.
« So che non è interessato alla donne. » replicò con semplicità, come se avesse confidato la cosa più naturale del mondo « Ciò nonostante, » aggiunse, eliminando l’accenno di serenità nelle iridi scarlatte del biondo « devo confessare che non sono poi così piccola da non capire di essermene infatuata. »
 
~
 
E, con quella frase, probabilmente cosciente di ciò che aveva fatto, la sedicenne si era appena scavata la fossa. E ci si era anche buttata di testa.
 
~
 
Cadde un silenzio di tomba. La tensione di Byron era al massimo, il sorriso dolce della padrona di casa era palesemente sincero e allegro.
Non aveva mai sperimentato la vera durezza di quei sentimenti che aveva appena così placidamente espresso, era evidente.
Una grande rabbia -o almeno, un aggravamento dell’ira che il biondo provava dentro di sé- prese possesso del soldato, che rimase a fissarla torvo, mentre lei sembrava quasi non accorgersene.
Perché?
La sua mano tremò intorno alla tazza, che inevitabilmente cadde al suolo e si frantumò in mille pezzi. Subito, la mora balzò in piedi, si sistemò le trecce scompigliate in un riflesso involontario, e si fiondò a mani nude sui cocci, per raccoglierli.
« Mi dispiace. » bisbigliò il colpevole in francese. Era l’unica frase che conosceva in quella lingua, e l’accento inglese non aiutava, ma l’aveva imparata proprio per rivolgerla a lei. Alla ragazza che Hayden amava. Alla sedicenne più ingenua dell’intera Francia. Alla sorella di un soldato. A Julia, anima innocente.
« Non si preoccupi. » lo rassicurò « Era vecchia. » stava mentendo.
Il biondo si chinò davanti a lei, e le dedicò uno sguardo serio. Le afferrò una delle mani chiare e affusolate, e l’attirò a sé, noncurante di come i cocci sul pavimento potessero ferirla.
Tanto, lui non sarebbe stato da meno, giusto?
Era sicuro che ora la poco più di bambina si stava domandando perché quello che era pressappoco uno sconosciuto la stava abbracciando.
Era del tutto assurdo, e chiunque avrebbe pensato a qualcosa di non troppo “consono” per un soldato. Eppure, Byron sapeva che lo scricciolo che stava stringendo fra le braccia non stava pensando nulla di male. In cuor suo, il biondo sapeva che quell’innocenza mascherava l’intuitività che ora lei stava utilizzando.
« Sei innamorata di Hayden, Julia? » non voleva seriamente conoscere la risposta. Non da quella voce flautata e cortese.
« Monsieur Byron, devo raccogliere la tazza. » lo prese per un sì nascosto da un’ombra di timore, riconoscibile dall’incrinatura della voce.
Risposta sbagliata.
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La lama argentea del pugnale era ormai affondata per metà nel fianco della ragazza. La vermiglia tinta del sangue continuava ad espandersi e a fondersi con la stoffa dei modici abiti che la rivestivano; l’odore ferreo del liquido rossastro inebriava il monolocale, riempiva lo stomaco del biondo dei morsi disperati dell’orrore.
Lo aveva fatto sul serio.
Aveva letteralmente accoltellato una ragazzina di sedici anni.
E lo aveva fatto per gelosia. 
Non credeva di poter essere meschino ed egoista fino a questo punto. Sapeva di non essere perfetto, tuttavia si sentì un vile animale quando realizzò di non aver saputo tener a bada il suo istinto.
La stava uccidendo.
Il peggio era che Julia non era ancora trapassata, nonostante il ferreo intruso nel suo corpo minuto e la grave perdita di sangue, e il suo respiro era percepibile.
Il pugnale si bloccò a metà, esitando. Ormai era fatta, ma i muscoli della mano del ventiquattrenne sembravano volergli impedire di continuare a recidere il fiore della vita di quella fanciulla che di nulla aveva peccato, se non di innocenza, e di amore.
Sentì gli angoli della bocca dello scricciolo in preda alle convulsioni dovute alla dissanguatine sollevarsi in un sorriso. Un brivido gli percorse la spina dorsale. Non stava sorridendo davvero, se lo stava immaginando.
...
Vero?
Abbassò gli occhi, cosa che prima non aveva osato fare, e incontrò la nuca castana della francese. Presto, le sue grandi iride nere, liquide e a forma di mandorla furono sull’assassino, che sgranò le proprie, terrorizzato da quello che vide.
Sorrideva sul serio.
Ed era lo stesso identico sorriso di poco prima, anzi. Sembrava quasi più felice.
Non ebbe tempo di riflettere -non che lo stato di shock nel quale era caduto glielo concedesse- che sentì una mano di lei stringere convulsamente la stoffa della blusa sulla sua spalla, mentre l’altra andava a posarsi su quella più grande e ruvida dell’uomo, intorno al manico in legno del pugnale.
« Hayden ama i gigli. » la voce era divenuta flebile, quasi impercettibile, stanca e roca. Tossì violentemente, e una macchia di sangue si formò sul petto del biondo.
La lama riprese il suo cammino, stavolta sospinta da una forza diversa.
« C-Cosa...? »
« Le rose, chiamati fiori dell’amore... hanno il colore del sangue. E l’odore della viltà. » continuò imperterrita, stringendo la presa sulla sua spalla per reprimere il dolore del coltello che penetrava il suo fianco « I fiori amati da Hayden sono i gigli. Hanno il colore della luce, e l’odore dell’innocenza. » Byron non capiva. Non capiva per niente.
L’unica certezza era che il pugnale stava scomparendo all’interno della francese. Mancavano solo un paio di centimetri al toccare il principio dell’elsa.
« Una rosa, indubbiamente è bella, e il suo profumo ammalia. Ma se non si fa attenzione, le spine di cui è ricoperta ti feriranno. Il giglio è fragile, innocuo, privo di protezione. Non appare come il più bello fra i fiori, né il più gradevole. Eppure... un giglio non potrà mai far altro che donarti la sua innocenza. »
Un altro colpo di tosse, la presa delle mani ormai canute come la morte allentò notevolmente, sia sulla blusa che sul coltello, totalmente immerso nella carne dissanguata.
Una lacrima silenziosa scese sulla gota pallida della ragazza, poi una seconda, una terza, e un ultimo, taciturno pianto sconvolse quel viso infantile.
« Qualcuno soffrirà tanto da volersi togliere la vita in ogni momento. » ormai il tono era ridotto ad un misero filo, sottile e tremante come il ronzare di una ape « Lei... lei glielo impedirà, vero? Gli impedirà di raggiungermi... vero? »
Le ultime parole di quel giglio, che chinò lateralmente la corolla scura per accogliere il sonno eterno, fra le braccia della rosa che, sconvolta, scrutava quel sorriso bagnato dipinto sulle labbra del colore della fame.
 
~
 
La spada gli volò dalle mani. Lo scudo a quel punto era stato perduto da tempo, la bandiera francese svettava su Orleans mentre i soldati del Principe Carlo gridavano di gioia e sollievo.
Gli inglesi rimasti in piedi tremavano, divisi fra loro, senza più la forza di reggersi in piedi.
Un rivolo di sangue scendeva lungo il volto di Hayden, sdraiato in terra accanto al corpo del suo assassino, anch’esso deceduto.
Alla fine l’avrebbe rivista, Julia. E al biondo, non restava che sperare di poter fare lo stesso. Fissò a lungo la lama che vibrava davanti ai suoi occhi.
Sulle vette della reggia, quasi tutto l’esercito francese, mercenari compresi, riprendevano a respirare; fra loro spiccava Jeanne D’Arc, la condottiera che aveva salvato il suo paese. Non gli interessava sapere come una semplice diciannovenne fosse riuscita a guidare un esercito come quello.
Poco importava.
« Perché hai combattuto questa guerra, soldato? » gli domandò la voce dura e intimidatoria dell’uomo in armatura che lo stava osservando. 
L’elmo non ricopriva più il suo capo, e di lui era possibile vedere un’aggressiva pettinatura bionda, quasi color panna, rivolta verso l’alto, e la carnagione scura, come il thè.
E i suoi occhi. Due sottili occhi neri, profondi come il nulla, vuoti d’espressione come solo la disperazione più accecante può rendere uno sguardo, lievemente a mandorla.
« Per il Regno d’Inghilterra. » sussurrò deglutendo a vuoto, ma non aveva nemmeno più la saliva necessaria per farlo. Forse non avrebbe dovuto ripensare al suo peccato durante la battaglia, però non era forse lecito ripercorrere gli errori di cui ci si è pentiti in un momento di morte quasi certa?
« Il Regno d’Inghilterra. » ripeté l’altro, sempre più duro.  
« Perché? Tu non hai combattuto per il Regno di Francia? » ipotizzò estremamente cauto.
La lucida e affilata lama dell’arma si abbassò lungo il fianco del francese, che aveva iniziato a tremare. Riprese a parlare, la tonalità di voce glacialmente diversa, nella sua lingua. Dopo qualche attimo di esitazione, tornò all’inglese.
« Per il Regno di Francia? » un sorriso mesto e fittizio apparve sulle labbra scure « Non farmi ridere. » la mano si strinse con forza furiosa intorno all’elsa che teneva ancora fra le dita.
« Ridere? »
« “Proteggere ciò che è importante, è il solo modo di vincere. Proteggere la Francia, è il solo modo di vincere” » mormorò ingrossando la voce, in una chiara imitazione.
« Cosa? »
« Proteggere ciò che è importante. Il Regno di Francia, secondo il Principe... è forse solo questo, ciò che un essere umano ritiene importante!? » una goccia di luce cadde violenta sul terreno grigiastro e sporco di sangue.
Byron ricordò dove aveva visto quegli occhi neri che ora stavano piangendo. Li aveva visti sul viso di qualcun altro. Anzi. Altra.
« Cosa... di cosa parli? » tentò di apparire più sorpreso e confuso possibile.
Nonostante fosse a conoscenza di essere la causa principale di quelle lacrime; non solo Hayden. Lui non aveva ferito solo Hayden. E ora che il rosa era morto, poteva rendersene conto.
Quanti amici poteva aver avuto, Julia? Tanti.
Quanti l’avrebbero pianta disperatamente? Fin troppi.
Chi avrebbe pianto più di tutti? Il fratello maggiore che adesso sorgeva davanti ai suoi occhi vermigli come le rose, e come il sangue.
« Il fiore più bello è stato reciso. Per sempre. »
L’uomo dalla lunghissima e morbida chioma dorata osservò il suo coetaneo, che oramai non sembrava più padrone di sé stesso. La spada sussultò insieme a lui, la punta si appoggiò delicatamente alla nuca del francese.
« Come posso vivere senza poterlo mai più vedere sbocciare? »
Byron comprese immediatamente.
 
« Qualcuno soffrirà tanto da volersi togliere la vita in ogni momento. »
 
Due mani di persone diverse reggevano la spada, le dita francesi sull’elsa, quelle inglesi sulla lama, incuranti di starsi ferendo. Due paia d’occhi si fissavano a vicenda, le mandorle nere e profonde piene di stupore, i rubini purpurei e colpevoli ricolmi di sensi di colpa.
 
« Lei...lei glielo impedirà, vero? Gli impedirà di raggiungermi... vero? »
 
Sussurrò debolmente tutto ciò che conosceva della lingua d’Orleans.
« Mi dispiace. »
Quelle erano delle scuse che non potevano essere accettate, la richiesta di perdono posta da un colpevole consapevole di esserlo.
Agli occhi di colui che aveva di fronte, però, così non parve. Prima o poi l’avrebbe saputo, presto o tardi sarebbe venuto a conoscenza della verità, e allora per Byron sarebbe arrivo il momento di raggiungere quel fresco giglio nel mondo dei morti, sempre che Dio gli concedesse di giungere in Paradiso dove certo lei riposava.
Per ora, tuttavia, il biondo aveva una missione da compiere.
« Mi dispiace. »
 
 
Pumparaqua (?) ~
 
E, dopo questo, kon’nichiwa minna ~!
...
buaaaaaaaaaah *scoppia in un pianto isterico.
Questa cosa è orribile, fa schifo♥,
tanto♥tanto♥schifo♥
Tanto per cominciare ho ucciso Yuuka. E l’ho fatta uccidere da Aphrodi. Non merito niente♥qualcuno mi uccida ora ~
-cough- inoltre.
Le pairing sono abbastanza infilate a cavolo di cane più accennate che altro, e poi penso che la trama non sia proprio molto avvincente o simili. Credo anche che questo sia uno dei capitoli più lunghi che io abbia mai scritto – chiedo conferme a quelle povere anime coraggiose quelle mie lucciole adorate che leggono le mie storie, e sanno che sono un’autrice terribilmente lunga e logorroica♥
-cough-
Sì, non cambiamo argomento.
Dicevamo che sono pessima.
Il lato positivo? Ho imparato a far piangere i lettori dall’orrore, è sempre qualcosa, no ~?
Ugh
  
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