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Autore: ilcoraggiodisognare    20/02/2013    41 recensioni
"Questa volta la polvere di fata non avrebbe avuto effetto, io volavo, volavo con la mia fervida fantasia con lui, Peter Pan."
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella mia testa ancora risuonava il rumore della porta che mi chiusi alle spalle con tutta la violenza e con tutta la rabbia che volevo sfogare.

Sentivo, ancora, le mie urla, come se una parte di me mi stesse facendo riascoltare quelle parole, così cattive, così poco pensate prima di essere espresse.

Dopo pochi minuti, il mio viso, con tratti da bambina, era rigato da tante piccole lacrime che scendevano lente. Sembravano non finire più. Sembrava che quella situazione non poteva non andare peggio di così.

La borsa, colorata e piena fino all'orlo con le mie cose, dondolava sulla mia spalla per niente rigida che, come il resto del mio corpo, era curvata e non esitava al farmi apparire una ragazza depressa, a cui il sorriso le mancava da anni.

Chissà cosa avrebbero pensato i passanti, chissà se mi avrebbero notato. Vedevo persone, con passo veloce intente a pensare, magari a farsi dei conti mentali. Vedevo bambini che, mano nella mano, con le loro madri correvano verso la scuola.

Le mie gambe non ressero più il mio peso che si era mescolato al peso enorme del dolore, della malinconia. Senza nemmeno capire il perché, mi accovacciai sul gradino del marciapiede. Più bambini, con quel meraviglioso sorriso da innocente, passavano, più le mie lacrime si facevano dense, pesanti sul mio viso.

Pensai che non ne sarei più uscita da quella una situazione.

In preda al panico e alla rabbia che avevo dentro e che aspettavo solo che uscisse, battei il pugno della mia mano destra. Avevo toccato una superficie strana, non dura come i piccoli sassolini che costituivano il marciapiede, ma è stato come se avessi colpito me stessa ma non provai nessun dolore.

Alzai il viso in cerca di spiegazioni.

Due occhi azzurri come il mare, mi guardavano con aria interrogativa.

"Hai bisogno di aiuto?"

Quella domanda provocò in me qualcosa di strano, non avevo sentito cosa più piacevole di una domanda in cui una persona era davvero interessata a come mi sentissi.

Scrollai le spalle e mi voltai verso la strada, non sapevo cosa rispondergli.

La mia curiosità nel vedere la sua reazione alla mia mancata risposta mi tentò.

Ancora quegli occhi così profondi mi guardavano, erano in attesa di una mia risposta.

Ci guardammo negli occhi, come succede nei film americani quando, nella solita scena, ti scontri con un ragazzo bellissimo e lui ti raccoglie le tue cose sprofondando nei suoi occhi.
Ero sicura che occhi del genere non li avevo mai visti e che sopratutto, non avevo mai visto quel ragazzo così gentile, così da film americano.

Quei momenti imbarazzanti passarono, anche se volevo non finissero mai. Davanti ai miei occhi sognanti, su quel viso si disegnò un sorriso seguito dal movimento lento della mano che si allungava verso di me.

"Vieni, ti porto in un posto"

Se avessi sentito la sua voce, senza vederlo avrei detto sicuramente che si sarebbe trattato di un giocatore di rugby, uno di quei tipi tosti da faccia da duro che parla solo di sport e di ragazze con il suo migliore amico.

Senza pensarci due volte, con il suo aiuto, mi alzai in piedi.

"Grazie"
Gli risposi gentilmente.

"Ma allora parli..."

Scherzò dandomi una pacca sulla spalla.

Di nuovo, un grosso sorriso era davanti ai miei poveri occhi verdi che dovevano sopportare tale bellezza e non averne nemmeno un assaggio.

Penso che in quel momento, a parte che non parlassi, credeva anche che non mi sarei mossa. Sentii che mi prese la mano con gentilezza e me la strinse. Mi sentii sciogliere.

Iniziammo a camminare dritto lungo la strada, tra sguardi imbarazzati e sorrisi maliziosi.

Ho sempre amato il silenzio, ma con un ragazzo del genere, in una situazione del genere, era davvero stupido non dire nemmeno una parola. Presi coraggio:

"Allora, dove stiamo andando?"

Gli domandai cercando di avere un tono di voce non troppo da bambina.

"Mh, sull'isola che non c'è!"

Scherzò di nuovo, facendomi poi un occhiolino.

"Ma che sei? Peter Pan?"

Cercai di essere sarcastica.

"Si, mi chiamano proprio così."

Quelle sue parole mi sembravano così credibili.

Per quei momenti in cui le nostre mani si stringevano e si toccavano così dolcemente, la mia immaginazione mi faceva brutti scherzi.

Lui sarebbe stato Peter Pan, ed io, bambina com'ero, la sua Wendy che portava nella sua isola che non c'è. Le sue mani tra le mie mi facevano sentire libera, quasi volassi. Questa volta la polvere di fata non avrebbe avuto effetto, io volavo, volavo con la mia fervida fantasia con lui, Peter Pan.

  
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