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Autore: Cheonefer86    21/02/2013    2 recensioni
Il mese di febbraio per lei è un mese come un altro, ma c'è un giorno che è del tutto particolare: il giorno del suo compleanno.
Mentre si prepara ad un'altra giornata di lavoro, le torna alla mente quel mese di un anno prima in cui aveva conosciuto Severus Snape, sempre a febbraio.
Perchè il destino gioca spesso brutti scherzi, ma chissà che a volte non imbocchi la strada giusta.
Scritta per il compleanno di halfbloodprincess78.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Questa mattina il cielo è completamente grigio, solo per qualche istante il sole riesce a sporcare d’oro questo meraviglioso angolo di Scozia dove una magnifica e incontaminata natura regna so-vrana: anche sotto un manto di cenere appare bellissima e mi

È una piccola one shot senza pretese nata questa mattina e scritta come umile regalo di compleanno.

Dedicata alla mia Lella a cui faccio tantissimi auguri!

 

 

 

Travolti da un insolito destino nel freddo mese di febbraio[1]

 

 

Questa mattina il cielo è completamente grigio, solo per qualche istante il sole riesce a sporcare d’oro questo meraviglioso angolo di Scozia, dove una magnifica e incontaminata natura regna sovrana: anche sotto un manto di cenere appare bellissima e mi dona sempre una certa pace.

Il Castello inizia a svegliarsi, le voci a riecheggiare per le antiche pareti che nonostante tutto sono ancora qui a raccontare le memorie di un lontano e recente passato dove il sangue fluiva tra le loro fessure, corridoi che avevano visto anche amori, amicizie, risa e pianti, la vita che semplicemente scorreva.

Ormai sono quasi sei mesi che vivo e lavoro qui, non so nemmeno come ho fatto a ottenere il posto, vista la riluttanza e il palese odio del preside nei miei confronti e cosa che mi da più fastidio è il non sapere perché, mi avesse detto chiaramente: «Ti odio perché ti reputo un’idiota.» oppure «Ti odio semplicemente perché esisti, perché respiri la mia aria.», sarei stata più contenta e mi sarei messa l’anima in pace. Non si può mica piacere a tutti!

Meno male che il resto degli insegnanti sono persone del tutto normali, gentili ed educati.

 

Mi ricordo il giorno in cui l’avevo incontrato per la prima volta, tra le strade affollate di Diagon Alley, ovviamente, persa tra le nuvole com’ero, mi ero ritrovata a camminare in stradine tetre dall’aspetto poco raccomandabile con persone poco raccomandabili.

Avanzando per quei vicoli ogni tanto guardavo a destra e sinistra, le numerose vetrine piene di strani oggetti attiravano spesso la mia attenzione così come quei molteplici odori provenienti da chissà dove.

Da quando avevo messo piede in quel luogo, avevo notato che brulicava di maghi e streghe troppo maghi e streghe per i miei gusti, lunghi abiti, cappelli a punta, sembrava più il set di un film fantasy, forse mi sembrava così strano perché non ero abituata a tutto quello, ne avevo visti sì e no due in tutta la mia vita, un mio vecchio insegnate della Schola Magica Mediolanensis e uno della Schola Specialis Incantationum Romae, – ci vuole più a pronunciarle che ad arrivarci – ma mai tutti insieme.

Anche al mio paese c’erano parecchi quartieri del tutto nascosti alle persone normali, bellissime zone caratteristiche di Milano, dove amavo passarci ore e ore a leggere senza che nessuno venisse a disturbarmi, mentre a Roma erano più intraprendenti e avresti dovuto mettere un cartello sulla testa che diceva chiaramente di non disturbare, per non essere importunati.

Amavo tutto quello, quell’aria che si respirava, i quartieri che frequentavo non erano molto diversi da quelli Babbani – come chiamano qui quelli che non hanno poteri magici –, qui invece sembravano mondi diversi, così distanti da non sembrare così vicini.

Sembrava mi fossi persa tra le pagine di un libro, e mi piaceva moltissimo!

Comunque facevano un certo effetto, mi sentivo così fuori luogo con i miei jeans, la mia maglietta e gli immancabili tacchi dai quali non mi separo tuttora.

Continuavo a percorrere quei viottoli con il libro sottobraccio e le cuffie nelle orecchie, persa tra la musica e i mondi che prendevano vita dalla carta che amavo leggere, quando qualcuno che camminava a passo svelto mi venne addosso buttandomi a terra.

«Ehi! Razza di maleducato, potrebbe anche guardare dove mette i piedi!» urlai a quel pirla che mi aveva praticamente fatto volare sulla strada, se mi avesse rotto il lettore mp3, lo avrei ucciso senza neanche avergli dato il tempo di scusarsi, sempre se lo avesse fatto, quel bifolco.

«Come, prego?» disse lui come se non si fosse accorto di nulla, va bene che sono piccoletta e lui un colosso, ma almeno a rendersi conto di aver abbattuto qualcuno come un rugbista, un avversario, sarebbe stato il minimo, neanche avessi una palla ovale tra le mani. «Dovrebbe prestare attenzione quando cammina.» cosa? Io? Ma come si permetteva questo cretino!

«Veramente è lei che dovrebbe stare attento a dove mette i piedi, magari guardare davanti a sé invece di fissare i passeri nel cielo.»

«È lei che si trovava in mezzo alla strada persa chissà dove.» perdita di pazienza stimata in tre, due, uno…

«Io non ero persa in nessun luogo e non ero nemmeno in mezzo alla strada, razza di maleducato che non è altro!» gli urlai cercando di alzarmi da terra, il sedere era piuttosto dolorante e avrei preso volentieri a calci quell’uomo dove non gli batteva il sole giusto per il gusto di fargli provare quel dolore. Non mi aveva neanche aiutato a tornare in piedi, figuriamoci se si sarebbe scusato.

«Invece di stare con quei… quei cosi, quei tappi alle orecchie, dovrebbe prestare attenzione ai suoni che la circondano.»

«Prestare attenzione all’elefante furioso che sarebbe arrivato, vorrà dire.» bisbigliai più a me stessa che a lui.

«Come, prego?» “come, prego?” Solo questo sapeva dire? Avrebbe dovuto pregare parecchio per evitare di essere preso a calci.

«Quei cosi sono “quelle cuffie”, si chiamano cuffie, c-u-f-f-i-e e ci si sente la musica, m-u-s-i-c-a.» a volte mi chiedevo se fossimo nel ventunesimo secolo o direttamente nel Medioevo.

Raccolsi il lettore da terra per costatarne il funzionamento e notai, con sommo dispiacere – e qualche nota di rabbia – che era completamente andato, distrutto, mi aveva abbandonato per colpa di quello zoticone vestito di nero, tra l’altro, va bene che il nero andava sempre di moda, ma così era troppo, sembrava un Becchin-mago, non è che portava anche un po’ iella? Fino ad allora non è che me ne avesse portata poca, quindi il mio dubbio era del tutto legittimo.

«Adesso ci si sente un paio di bacchette, altro che musica! L’avevo appena comprato, miseria ladra.» sbottai sconsolata.

«Non faccia la saccente, so benissimo cosa sono le cuffie e la musica, non vengo mica dal Medioevo.» l’avevo detto io!

Si abbassò per raccogliere il mio libro da terra, mancava solo che avesse rovinato anche quello lo avrei veramente ucciso dopo ore e ore di sofferenza, mi sorprese nel vedere come lo teneva in mano, cercò di sistemare le pieghe che si erano formate, quasi lo carezzava, sembrava uno che aveva un immenso rispetto per quegli oggetti così preziosi. Lo guardava in un modo che ricordava me stessa, nei suoi occhi neri c’era lo stesso identico amore che avevo io per i libri.

Quella constatazione mi spiazzò.

«Stephen King.» disse semplicemente porgendomi il piccolo e vecchio volume. «”Shining”, gran bel libro, non la facevo lettrice di questo genere.» cosa? Io e King avevamo una relazione da quando mio padre me lo aveva regalato appena dodicenne, mi aveva detto: “Tieni, figlia mia, scoprirai molto dell’animo umano leggendo questi libri, scoprirai che l’uomo ha le sue passioni e le sue debolezze e ti aiuterà ad affrontare le tue paure.”, avevo pianto e per la felicità mi era scoppiato il cuore non appena lo avevo stretto tra le mani.

«E di cosa mi faceva lettrice?» più passava il tempo e più quel mago – nonché pirla maleducato – m’incuriosiva.

Mi fissò per lunghi istanti piegando spesso la testa da entrambi i lati, sentivo il suo sguardo penetrarmi la pelle, era agghiacciante ma piacevole, dovetti ammetterlo, poi mi disse: «Romanzetti rosa.» sentenziò senza battere ciglio.

Romanzetti rosa? Ma come si permetteva! Io che mi perdevo tra mille saghe fantasy, romanzi storici e grandi classici della letteratura mondiale!

«Senta, signor… come diavolo si chiama? Giusto per scusarmi al meglio prima di dirle quanto è idiota e di darle un pugno sul naso.»

«Per una donna così di buone maniere, è del tutto superficiale conoscere il mio nome.» poteva esistere al mondo persona più irritante? Assolutamente no, ancora adesso non ne ho trovata nessuna che arrivasse ai suoi livelli. «Adesso se vuole scusarmi ho di meglio da fare che stare ad ascoltare una donna così cortese e a modo.» possibile che nessuno gli aveva lanciato addosso qualche fattura nel corso di tutta la sua vita per farlo stare zitto? Inaudito!

«No, sono io che me ne vado e spero tanto di non rivedere mai più la sua zotica faccia, maleducato di un mago che prima mi butta a terra, rompe il mio lettore mp3, poi non mi chiede neanche scusa e non mi aiuta nemmeno a rialzarmi! Lei invece le buone maniere le ha studiate dall’Inquisizione Spagnola?»

«Le ho raccolto il libro però.»

«Vada al diavolo!» gli urlai mentre mi allontanavo da lì, prima di commettere davvero qualche sciocchezza, avevo una pazienza solida come il gesso che mi tirava la maestra alle elementari, la mia amica me lo diceva sempre di stare calma e di essere diplomatica, ma era più forte di me, non ci riuscivo per nulla, e incontrare certe persone non aiutava di certo.

«Pensavo che il diavolo non volesse più vedere la mia zotica faccia.» mi disse con tutta la calma di questo mondo prima di sparire dalla mia visuale. Finalmente!

Sarebbe andato d’accordo con la mia amica: una statua di calma e diplomazia.

Come mi dava sui nervi, fortunatamente non l’avrei mai più rivisto.

 

Invece il destino ti prende spesso per il culo, gioca con te come se fossi un cucciolo di antilope tra le zampe di un leone, se ci penso adesso mi viene da ridere e piangere al contempo per tutto quello che è successo da un anno a questa parte, certe notti mi svegliavo con le lacrime agli occhi sentendomi fuori luogo, di troppo, con le mie stupide paranoie che mi soffocavano il cuore.

Poi mi bastava un sorriso di chi mi voleva bene e tutto svaniva come sabbia tra le dita, si accumulava ai miei piedi, un piccolo mucchio che riuscivo ogni volta a calciare lontano.

È bello avere vicino tante persone che tengono a me, fanno uscire il sole quando il cielo è completamente grigio, e anche oggi mi sarebbe bastato quello, vedere il sorriso della mia amica che correva per i corridoi con pergamene e ampolle in bilico tra le braccia, sentire il suo inglese ancora un po’ sporcato da quel dialetto romano che non aveva mai abbandonato, mandare lettere su lettere a chi avevo lasciato in Italia ma mai perso: quella è la mia meravigliosa vita in un castello nascosto tra il paesaggio scozzese.

Mi sono alzata con ancora molto sonno, avevo passato intere ore a correggere dei compiti di Incantesimi e avevo finito per addormentarmi sulla scrivania, fino alle cinque in cui un rumore mi aveva svegliata e con molta fatica mi ero trascinata a letto per un po’ di sano riposo sul materasso.

Ravvivo il fuoco perché fa parecchio freddo in questa giornata di fine febbraio, questo tempo poi mi mette di cattivo umore, come se già il fatto di invecchiare non è un buon motivo per essere insoddisfatti. Per un istante volgo lo sguardo verso alcuni scaffali dove ci sono i miei libri e i resti del mio piccolo amico elettronico.

 

Mi viene in mente quella mattina in cui avevo deciso di andare in un posto tranquillo dove stare in pace, avevo trovato un piccolo masso ai piedi di un albero in una radura nascosta da un fitto bosco: cosa c’era di meglio di quello?

Mi ero portata dietro l’ultimo libro di Ken Follett e in un attimo ne avevo divorato gran parte, poi avevo deciso di riposare un po’ gli occhi – gli occhiali quando li metti?, diceva sempre la mia amica. Che urto! Però aveva ragione, li sentivo spesso stanchi e le diottrie sarebbero di certo scappate di quel passo – e anche un po’ la mente, dedicare un po’ di tempo a me stessa prima della “grande baldoria” – come l’aveva battezzata la mia amica – che mi aspettava per il mio compleanno.

Faceva freddo, ma ero ben coperta e sotto il sole si stava bene, anzi benissimo tra i rumori della natura.

«“There’s such a sad love deep in your eyes. A kind of pale jewel open and closed within your eyes. I’ll place the sky within your eyes.”[2]» con le cuffie nelle orecchie avevo iniziato a cantare, io credevo solo nella mia mente o almeno a bassa voce, invece no, «“There’s such a fooled heart beatin’ so fast in search of new dreams. A love that will last within your heart. I’ll place the moon within your hearth.”[3]» cantavo proprio come se stessi su un palco per un mio personalissimo concerto.

D’altronde ero da sola, quindi che m’importava.

All’improvviso mi parve di sentire una voce, pensai che fosse solo la canzone che mi dava quell’impressione, quando un’ombra mi coprì il volto facendomi sentire una ventata di freddo sulla pelle. Abbassai il volume del lettore e lentamente aprii gli occhi.

«Dovrebbero arrestarla per distruzione di un bene pubblico.» no, non lui, ti prego. Che avevo fatto di male per meritarmi una simile sfiga, per giunta il giorno del mio compleanno.

«Per cosa, scusi? Non mi sembra che stia facendo nulla di male.»

«Ah no?! Con il suo bel canto ha spaventato gli animali nella foresta e sta facendo avvizzire gli alberi.» mi stava prendendo per il culo, per caso? Perché a me? Eppure non avevo mai fatto nulla di male a nessuno per essere punita con tale supplizio.

«Non ha nient’altro da fare nella sua vita oltre a starmi sempre tra i piedi?»

«Potrei dire la stessa cosa?»

«Sono quasi tre ore che sto qui, lei è arrivato adesso, non mi sembra difficile dedurre chi sta tra i piedi di chi.»

«Sono circa quarant’anni che vengo qua a leggere, quindi mi sembra piuttosto difficile che io segua lei.» era pacato, aveva un sorriso appena accennato sulle labbra e una luce strana negli occhi, non so perché, ma quella canzone di David Bowie mi sembrava così perfetta per quell’uomo che mi era davanti nonostante non lo conoscessi affatto. Era una strana sensazione che non ho mai saputo spiegare, nemmeno adesso dopo sei mesi che insegno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

«Io sono qui da nemmeno una settimana, quindi mi sembra difficile che io la segua visto che non sapevo che viene qua. Tra l’altro se lo avessi saputo, sarei rimasta lontana almeno un paio di chilometri!» si mise a ridere il bifolco, una risata leggera, calma come lo era lui, gli illuminava il viso rendendolo più amabile. Ok, proprio amabile no, almeno accettabile.

«D’accordo, la lascio alla sua musica sperando che al mio ritorno non trovi un disastro naturale causato dalla sua terribile voce.» va bene che non ero intonata, ma chi era lui per fare simili battute, come si permetteva?! La mia pazienza era sull’orlo del baratro, una folata di vento e sarebbe precipitata paurosamente.

«No, ma le pare, me ne vado io, il più lontano possibile da lei, ci mancherebbe, la lascio alla sua natura incontaminata così non potrò distruggergliela.»

«La prego, rimanga, lei è molto divertente.» continuava a ghignare paurosamente, cos’era, il suo sport preferito prendermi per il culo? «Comunque il mio nome è Severus.» adesso ero degna di conoscerlo? Cos’era cambiato nel frattempo? Mi ero persa qualcosa, quest’uomo era un vero mistero, eppure mi ero sempre reputata una brava a inquadrare le persone, ma con lui non c’era niente da fare, sembrava un maniero inespugnabile comprensivo di fossato, coccodrilli e immenso esercito a difesa.

Che nome era Severus? Alzai le sopracciglia guardandomi bene dal non dirgli che mi sembrava strano.

«Qualche problema col mio nome?» appunto…

«No, è solo un po’ bizzarro» guardarmi bene… certo, certo.

«E il suo strabiliante nome quale sarebbe?»

«Claudia. Non è niente di che, neanche mi piace, ma è un nome romano di cui andarne fiera, Severus è quantomeno strano, mai sentito prima. Un nome strano per una persona strana.»

«Trova che io sia strano?» un suo sopracciglio andò paurosamente verso l’alto. Uno solo! Come ci riusciva?

«Beh, nemmeno tanto normale.»

«Ah è così?» in quel momento non mi sembrava poi molto calmo.

«Bene, adesso è tardi, mi aspettano alla mia festa, è stato bello rivederla. Ovviamente il “è stato bello” era ironico.» tornò a sorridere come aveva fatto prima, un sorriso che gli stirava appena le labbra carezzate da alcuni raggi di sole, speravo che gliele bruciasse, così non avrebbe parlato per molto tempo.

«Festa per cosa?» chiese curioso.

«È il mio compleanno.»

«Allora auguri, anzi, le auguro di non rivedermi mai più.» sorrise nuovamente prendendomi la mano posando un casto bacio sulle dita, quella sensazione di freddo mi fece provare un intenso brivido lungo la spina dorsale.

«Grazie. Il miglior augurio che qualcuno potesse farmi.» di non rivederlo o il baciamano? Rilassati, Claudia, era solo uno zotico e solo perché tu da amante dei vecchi classici non vedevi l’ora che qualcuno fosse così gentiluomo d’altri tempi, non significava che potesse essere diverso da un bifolco.

Mentre mi allontanavo, ancora stordita da tutto quello, inciampai in una radice che sporgeva dal terreno, rovinando disastrosamente con la faccia sulla terra umida. Perfetto!

Avevo sentito anche uno spaventoso scricchiolio provenire dalla tasca interna della mia giacca: estrassi i resti di quello che era il secondo mp3 acquistato in meno di due settimane, non potevo crederci.

Maledetto, Severus!

 

È passato così tanto tempo da allora, ma ancora conservo quei ricordi come se fossero oggetti preziosi, non so per quale motivo, lì c’era pur sempre quello zotico di Severus che mi aveva rotto ben due lettori mp3 e mi aveva irritato come mai nessun altro, tra l’altro ancora mi irrita e parecchio.

Forse perché nonostante tutto ripensare a quegli episodi mi fa sorridere.

Una volta fatta una veloce doccia ed essermi data una vestita decente, giusto per non far di nuovo arrabbiare il beneamato preside per il mio abbigliamento, scendo in Sala Grande per fare colazione, oltre il sonno ho parecchia fame, ma quello è del tutto normale.

La mia amica mi dice sempre di moderarmi che mi fa male mangiare parecchio, cosa che fa male pure a lei, ma ci piace così tanto il cibo che è difficile resistere alla tentazione.

Ovviamente corse sulla riva del lago erano diventate una routine.

Seduti al tavolo degli insegnanti, ci sono tutti, tranne il preside che essendo preside fa come vuole, spesso mi chiedo se vive di aria, di spirito o di effluvi da pozioni.

I ragazzi, nonostante è appena iniziata la giornata, sembrano tutti così allegri nel loro vociare, persi tra tutti quegli odori che invadono la grande stanza, è così bello ispirare a fondo tutta questa vita.

Mentre parlo in tutta tranquillità con la professoressa McGonagall, un gufo plana davanti al mio viso, a pochi centimetri dal mio piatto, tra le sue zampe un pacchetto e una pergamena.

Strappo la carta argentata con il nastro verde – Serpeverde?! – e lo apro, al suo interno, con mia grande sorpresa c’è un lettore mp3 nuovo di zecca.

Soltanto una persona mi viene in mente che può fare una cosa del genere, ma com’è possibile che il mio zotico vestito di nero si sia abbassato a un gesto tanto gentile e per di più si è ricordato del mio compleanno?

Sicuramente di lì a poco sarebbe finito il mondo.

Prendo la pergamena con un po’ di timore per quello che vi avrei letto, la scrittura è minuta e precisa, molto delicata ed elegante, somiglia in tutto e per tutto a chi l’ha composta.

 

 

“Mi dispiace che l’augurio dell’anno scorso non si sia avverato.

 

Severus, quello dal nome strano.

 

P.S. a Hogwarts non funziona.”

 

 

A me non dispiace per niente.



[1] Il titolo fa il verso al titolo del film di Lina Wertmüller “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato.

[2] C’è un amore così triste nel profondo dei tuoi occhi. Come un pallido gioiello che si apre e si chiude dentro ai tuoi occhi. Metterò il cielo dentro ai tuoi occhi.

[3] C’è un cuore ingannato che batte fortissimo in cerca di nuovi sogni. Un amore che duri dentro al tuo cuore. Metterò la luna dentro al tuo cuore.

   
 
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