Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: araas    08/09/2007    3 recensioni
Pregiudizi e depressioni nel mondo di oggi... un ragazzo che non viene capito...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"L'ho detto e lo faccio! Non ne posso più! Non sono per niente accettato qui. Me ne vado."
E' questo che ho pensato quando, valigie in mano, ho chiuso la porta alle mie spalle e mi sono allontanato col favore della notte. I miei genitori hanno scoperto che sono gay e da allora mi trattano male. Sono diventato di colpo la pecora nera della famiglia, e non ce la facevo più a reggere la situazione, così ho deciso di andarmene di casa. Ho 17 anni, saprò cavarmela bene anche da solo. Invece ora che sono qui, seduto sulle scale della metropolitana, mi rendo conto di quello che sto facendo. Sto abbandonando la mia famiglia. Rinnegando le mie origini. Non è mica così bello scoprire di non essere quello che tutti si aspettano che tu sia, e di certo i miei genitori non me l'hanno resa più facile. Sono loro che per primi hanno rinnegato me. Fregandosene dei miei problemi, anzi, rendendoli ancora più duri; di certo non mi aiutano. Mio padre non mi parla più da quando l'ha saputo, e mia madre non fa che ripetermi quanto sia stata sciocca a non controllare le mie amicizie. Mia sorella parla come se avesse compassione per me, e mi racconta i problemi che ha dovuto affrontare Giulio, il suo migliore amico, anche lui omosessuale. Pietà, proprio l'ultima cosa di cui ho bisogno! La sua pietà è solo una stupida umiliazione per me in questo momento. Adesso sono seduto qui con lo sguardo perso nel vuoto, tutto rannicchiato... fa freddo qui alle tre di notte! Penso al mio caldo letto, che ho lasciato sfatto, e alle mie riviste di macchine sparpagliate sul pavimento. I miei staranno dormendo profondamente, e non sospettano minimamente della mia assenza. O forse sono stati svegliati dal pianto del mio fratellino, e mentre mia madre lo allatta, mio padre è andato a rimboccare le coperte alla mia sorellina dodicenne, e, affacciandosi alla porta della mia stanza e non trovandomi, penserà che sono andato in bagno e tornerà a letto. Tanto a nessuno può importare se la pecora nera ha abbandonato il gregge. Guardo il mio cellulare. Non so perché l'ho lasciato acceso, forse inconsciamente spero che i miei si preoccupino e mi cerchino, ma è una speranza vana... mi accendo una sigaretta per esorcizzare il mio nervosismo. Ripenso al giorno in cui ho confessato la mia omosessualità. E' stato per una stupidaggine, ma figuriamoci se i miei non ne facevano una tragedia.
Semplicemente, mi ero fatto fare il buco all'orecchio. E loro giù a dire che sembravo una femminuccia, "un frocio"! Io ovviamente ci sono rimasto ferito nell'orgoglio, così mi è uscito un "e anche se fosse?". A quel punto era impossibile negare l'evidenza. Mio padre era sconvolto. Se l'è presa con mia madre, l'ha attaccata dicendo che non aveva saputo educarmi e che aveva occhi solo per l'ultimo figlio (e questo è vero). Io avrei voluto dirgli che neanche lui era tanto presente nella mia vita, essendo sempre fuori per lavoro, ma non l'ho fatto. Mi sono chiuso nella mia stanza, ho messo le cuffie e ho passato il resto della mia vita ad ascoltare musica rock così forte da farmi male quasi quanto quelle parole durissime.
L'orologio segna le quattro e mezza e io non so ancora cosa fare di me stesso. E poi qui fa un freddo cane! Ho il sangue ghiacciato nelle vene e la voce di Marilyn Manson mi martella nelle orecchie. "Voglio vivere, voglio amare, ma è una lunga e dura strada, fuori dall'inferno". La mia famiglia mi fa vivere l'inferno tutti i giorni, vengo trattato con una freddezza inimmaginabile... nel 2004 esiste ancora la discriminazione, com'è possibile? La canzone finisce e mi tolgo le cuffie. Non posso vivere in un posto dove vengo trattato come se non ci fossi, ma non posso nemmeno buttare via così la mia vita. Mi sono ritrovato qui alla metropolitana perché volevo andarmene, sì, ma dove? Non posso restare qui a piangermi addosso per tutta la vita. Non ho idea di dove andare, sono solo, completamente solo... una lacrima mi riga il viso, seguita da un'altra, e un'altra ancora... se in questo momento fossi stato a casa, sicuramente i miei mi avrebbero detto che sto piangendo come una femminuccia. Non interessa a nessuno se io ci sono o non ci sono...
a questo punto, tanto vale farla finita. Sparire per sempre, lasciare questo mondo. Sarebbe sicuramente meglio sei io non fossi mai nato. Sono stanco di essere escluso. Sono le sei. Mi domando perché non ci ho pensato prima. Mentre il taglierino scorre lungo le vene del mio polso sinistro, penso a tutte le persone che mi hanno odiato e che mi hanno chiamato frocio. Il braccio non mi fa più male, si è addormentato... mi si sta annebbiando la vista, sento la testa che mi gira e un attimo dopo non sento più niente.

Quando riapro gli occhi mi ritrovo in una stanza completamente bianca, e accanto al mio letto ci sono i miei genitori, mia sorella e... Giulio. Non riesco a parlare, non ne ho la forza. Mi stanno facendo una trasfusione e mi sento molto debole. Solo più tardi mi spiegano cos'è successo: Giulio mi ha trovato mentre faceva jogging; e ha chiamato subito un'ambulanza. Il sangue che vedo nella flebo è di mia sorella, che mi sorride dal letto accanto al mio. I miei genitori mi chiedono scusa, mi dicono che non pensavano soffrissi fino a questo punto. Io penso che è troppo tardi per pentirsi, ma forse potrei dare loro una seconda opportunità... lascio scendere un'altra lacrima, ma stavolta mia madre mi accarezza i capelli e in un attimo sono di nuovo bambino, quando facevo qualcosa di sbagliato e lei mi carezzava la testa e sorrideva dicendomi "non farlo più".

Sono stato dimesso dall'ospedale. I miei genitori mi hanno promesso che d'ora in poi andrà tutto bene, se io vorrò. Certo che lo voglio! Voglio essere felice, e sento di potercela fare. Ce la metterò tutta! E poi... mi sono innamorato. Di Giulio. Prevedibile, vero? Aspetto il momento giusto per dirglielo, ma sono sicuro che ne sarà felice. Da oggi in poi voglio accettarmi e voglio che gli altri mi accettino. E se non lo faranno, non mi interessa, l'importante è che io stia bene con me stesso. Giusto? Ora vado a prepararmi per uscire con Giulio.
THE END!
Araas 18/04/2004 h14:00-15:30
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: araas