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Autore: S t r a n g e G i r l    21/02/2013    3 recensioni
Un futuro non troppo lontano, una razza in estinzione ed una corsa contro il tempo.
Due storie parallele, due protagoniste innamorate, due tempi differenti che alla fine s'incrociano.
Bree ama Jason; suo padre lo detesta. Bree è malata, ma ha accettato da tempo la sua sorte. Qualcun altro no e la cura potrebbe diventare una minaccia ben più grande.
Jenna ama Blake; Blake è in fin di vita. La cura, che anni prima salvò Bree, ha spazzato quasi totalmente via il genere umano, ma potrebbe ancora compiere un miracolo?
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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*A Emi, Vì, Maria, Eryca, Ellina e tutte quelle persone che credono in me e mi sostengono, senza smettere mai.*


*Che cos'è che ci rende umani? Qualcosa che non si può programmare, che non si può mettere in un chip.
E’  la forza del cuore umano, la differenza tra noi e le macchine.
[Terminator Salvation]*

Metallo

Tum-tum
Tum-tum.

Il battito del cuore di Blake rallenta, come un corridore che si ferma a prendere fiato, dopo una corsa lunga ed estenuante, piegato con le mani sulle ginocchia.
Jenna gli bacia la fronte sudata con gli occhi chiusi e tampona la ferita al fianco, che continua a sputare sangue senza sosta.
Trema lui e trema anche lei, mormorando a bocca stretta parole di conforto che suonano false anche alle sue orecchie.
Gli raccontava le stesse balle illusorie anche quando erano bambini e gli tendeva il suo chupa-chups per confortarlo: le punture non facevano poi così male.
E difatti non erano gli aghi a dolere, entrando nella pelle sottile della piega del gomito, bensì il chip di rilevazione satellitare che veniva loro impiantato sottocute.
Un bozzo che avevano portato per diciott’anni, prima di farselo asportare, senza anestesia con un bisturi sporco, dai ribelli.
Blake le sorride debolmente e le accarezza le labbra.
Jenna bacia le sue dita e poi gli pizzica la guancia, cercando di tenerlo sveglio.
Lui ha le mani che sanno di ferro, di ruggine e olio per giunture metalliche.
Morte.
I suoi polpastrelli hanno il sapore dei suoi assassini, degli carnefici della stragrande maggioranza della popolazione del pianeta.

***

16 Marzo 2015

Caro diario,
oggi Jason mi ha portato al lago.
C'era il sole che brillava sulla superficie e creava l'illusione che fosse fatta della stessa materia delle stelle.
Polvere caduta e sparsa come sale.
Mi ha abbracciato stretta e poi ha messo in acqua una piccola barca a remi.
Sapeva quanto avessi sempre voluto imparare a vogare.
Mi ha baciato sulle labbra e sapeva di sole, di limone e spighe di grano.
E sorrideva, sorrideva solo per me del suo sorriso più bello.
Mi sono innamorata di lui ancora una volta, come fosse la prima.
Jason mi ha teso la mano e mi ha invitato a salire sulla piccola imbarcazione oscillante ed io l'ho accontentato, ridendo per l'instabile equilibrio su cui oscillavamo.
Una volta seduta, ho preso i remi con determinazione...e abbiamo cominciato a girare in tondo.
Lui rideva, rideva con le lacrime fra le ciglia chiare, mentre io sbuffavo, tiravo su le maniche larghe del maglione e m'impegnavo per farci spostare.
< Sei una frana, piccola. > ha detto e io non ci ho capito più nulla.
Ho iniziato a balbettare e sono arrossita come se i raggi caldi mi avessero bruciato le guance.
Jason mi ha scompigliato i capelli e, così facendo, è riuscito a distrarmi il tempo sufficiente a rubarmi i remi.
Ho protestato qualche istante, finchè non ho visto il suo sguardo concentrato, i suoi muscoli tesi sotto la maglietta fina e le mani salde attorno al legno.
Mi sono sentita al sicuro.
Non ho imparato a vogare: sono una frana, come dice lui, ma mi piace esserlo se poi lui è con me.
L'unica pecca della giornata è stato mio padre: sono rientrata un po' abbronzata, con le lentiggini in evidenza sulla pelle scura all'attaccatura del naso, i capelli annodati e le labbra gonfie di baci dolci e lui mi ha fissato corrucciato per un po', scuotendo la testa con disapprovazione.
< Perchè ti fai del male in questo modo, tesoro? > ha chiesto, sfiorandomi la fronte con le sue mani callose.
< Sei tu che credi che non mi faccia bene. Io sono felice, papà! Ti ricordi ancora che significa? Amo Jason e anche lui mi ama! Dovresti essere contento per me! > ho urlato, allontanando la sua carezza.
Mio padre, Richard Collins, mi ha scrutato come se avessi infilzato un coltello nel suo cuore e mi fossi divertita a rigirare la lama nella ferita.
Ha chiuso gli occhi stanchi e mi ha lasciato andare.
Ma io l'ho sentito; ho sentito l'ultima frase che mi ha rivolto in un sussurro debole, quasi avesse paura di dargli consistenza.
< La felicità, purtroppo, non ti farà guarire, figlia mia. >

Brenda Collins.

***
articolo di giornale

***

12 Aprile 2015

Caro diario,
Sono stata poco bene oggi.
I dolori al fianco sinistro e dentro le ossa erano più accentuati e mi hanno costretto a letto.
Jason ed io abbiamo dovuto rinunciare al cinema. Davano un film sugli zombie di cui era entusiasta.
Sono molto dispiaciuta di non averlo potuto vedere e aver costretto lui a trascorrere una giornata in casa a mangiare pop corn vedendo la replica di Alien.
Lui non si è lamentato, anzi è stato più premuroso del solito.
Ciò che continua a stupirmi è la sua forza e determinazione. Non una sola volta, da quando ha scoperto della mia malattia, ho letto nelle sue iridi qualcosa che vagamente somigliasse a pena o rassegnazione.
E’ tenace, anche quando non lo sono io.
Mio padre ha lavorato tutto il tempo nello studio e ne è riemerso solo a sera, quando Jason stava andandosene.
Si sono salutati a mezza bocca con uno sguardo poco amichevole ed io ho sbuffato.
Jason mi ha abbracciato forte e baciato la fronte, prima di andar via, sussurrando un < Ci vediamo domani, Bree. > che mi ha riempito il cuore di speranza.
Un giorno in più con lui è sempre un dono, come un regalo inaspettato il giorno di Natale che si scarta con trepidazione.
Papà mi ha preparato la cena con impegno ed io mi sono sforzata di mandar giù qualche boccone d’arrosto, giusto per non farlo rimaner male.
La nausea non si è attenuata affatto nel corso del pomeriggio, ma non volevo darglielo a vedere.
Il problema è che non sono riuscita a tenere il cibo nello stomaco a lungo: quando mio padre mi ha confessato di essere vicino alla cura, sono corsa in bagno e ho rigettato ogni cosa, persino la speranza di godermi quel poco che mi resta da vivere in una banale normalità.
Richard Collins, pluripremiato scienziato, non si rassegna e ha deciso di trasformare la sua unica figlia nella sua cavia prediletta.

Brenda Collins.

***

< Sta piovendo, Jen? > chiede Blake, con la stessa voce che ha anche non appena si sveglia.
Lei scuote la testa rossa ed i corti capelli, sporchi di polvere, le frustano le guance.
< No, non ancora. Ci sono soltanto delle nuvole grosse e minacciose che si avvicinano e promettono tempesta. >
Lui inclina un po’ la testa all’indietro, cercando di vedere il cielo dalla finestrella dell’ospedale da campo.
< A me piace la pioggia. Lava via il sangue dalle strade e per un attimo mi sembra tutto pulito come una volta. > abbozza una smorfia nostalgica e respira più affannosamente.
Jenna bagna di nuovo la pezza nell’acqua fredda e la passa sul viso del ragazzo.
< A me piace perchè mi ricorda il giorno che avevamo litigato a causa tua, che avevi preferito vedere la partita di baseball piuttosto che uscire con me. Io sono venuta sotto casa tua senza ombrello, mentre veniva giù un tremendo acquazzone. > sussurra con dolcezza, facendogli una piccola linguaccia.
Blake ride, ma ben presto le risa si trasformano in grossi colpi di tosse.
Ansima.
< E perchè ricordi con tanta felicità quel giorno? Ti sei beccata la polmonite. > le fa notare lui, col labbro inferiore tra i denti per non mostrare il tremore.
Jenna si stringe nelle spalle. < Vero, ma non sono stata la sola. Ci siamo trovati a metà strada, no? Stavi venendo da me per chiedermi scusa e mi hai baciato sotto l’acqua che scendeva impietosa. >
Distoglie lo sguardo da quello di giada del ragazzo e cerca di ingoiare le lacrime.
Quant’è passato da allora? Sei? Sette anni? Chi li conta più...
Un giorno di grazia vale come una vita intera in quei tempi cupi.
< Sei assurda, Jen. >
< Probabile, ma mi ami per questo, no? >
La risposta di lui è un gemito.
Chiude gli occhi, sofferente, e stringe i pugni sulla coperta ispida sopra cui è adagiato.
A perdita d'occhio, sia a destra che a sinistra, altre persone giacciono supine; alcune solo sole, altre hanno la fortuna di avere ancora qualche caro che le conforti al loro capezzale.
A molti mancano degli arti; decine sono ragazzi giovani e inesperti, mandati ad affrontare la devastata New York city troppo presto.
< Come sta? >
Jenna alza gli occhi e ne incontra un paio identici a quelli che Blake le ha appena nascosto.
Scuote ancora la testa e si passa le mani sul viso, sconsolata.
Sente il respiro del ragazzo graffiare l'aria e reclamare ossigeno, che tra quelle mura friabili, provate dalle bombe inizia a mancare.
Deve fare qualcosa, non vuole perdere anche lui. Non vuole rimanere sola.
< Carter, sta tu qui con lui. Io devo fare una cosa, ma torno presto, ok? >
Dichiara, improvvisamente risoluta, lasciando soli i due fratelli.

***
articolo di giornale

***

Jenna marcia decisa verso la tenda cerata che funge da biblioteca e, all’occorrenza, da sala riunioni dei capi dei ribelli, durante i periodi in cui le incurisioni del Metallo sono più frequenti.
L'accampamento provvisorio della Tenacia viene spostato di continuo e di solito è posizionato su alture facilmente difendibili, dove possibilmente ci sia una struttura stabile in cui curare i feriti. Sono in troppi e vulnerabili per essere ammassati dentro una tenda.
I più sani della resistenza, invece, si sistemano come possono; all'aperto, dentro qualche scanalatura di roccia, in edifici abbandonati e non pericolanti o stretti l'uno all'altro per entrare
anche in cinque in tende omologate per due, sottratte all'esercito.
Indirizza un paio di saluti a dei conoscenti, Jenna, ed ad ogni nuovo passo si sforza di ricordare il titolo o la copertina del libro dentro cui, l’ultima volta, ha trovato per caso dei ritagli di giornale del periodo che ha preceduto la quasi totale estinzione della razza umana.
Ha un piano ben preciso in testa, ma per attuarlo necessita della colleborazione di una persona che, spera con tutto il cuore, sia ancora viva.
Di lei non si hanno notizie dal 2016, anno della scomparsa del padre, ma Jenna è sicura di non aver letto in alcun necrologio il suo nome.
La sua morte avrebbe suscitato un tale scalpore che tenerla segreta sarebbe stato impossibile, perciò deve solo leggere con attenzione gli articoli che la riguardano e ricostruire i suoi movimenti prima che venisse data per dispersa.
Tra le righe, ne è sicura, è nascosto il luogo esatto in cui Brenda Collins si è rintanata durante l’ascesa al potere del Metallo.

***

22 Gennaio 2016

Mi chiamo Brenda Collins, per gli amici Bree.
Compirò diciassettene anni il prossimo ventidue Settembre.
Ho i capelli castano scuro, come la cioccolata fondente, e gli occhi chiari.
Mio padre, Richard Collins, ha sempre sostenuto che sono della stessa tonalità delle acque dell’oceano che bagna le Seychelles; ci ha vissuto qualche anno, lavorando come biologo marino.
Mi chiamo Brenda Collins, per gli amici Bree.
Il mio colore preferito è il rosso scarlatto e adoro il gelato alla fragola.
Ho una voglia di cappuccino dietro l’orecchio destro e sono un’appassionata di Jules Verne.
Mi chiamo Brenda Collins, per gli amici Bree.
Sono innamorata di Jason, il ragazzo che da un annetto e mezzo è venuto ad abitare nella casa accanto la mia.
Mio padre lo detesta –credo sia più che altro geloso -; mia madre, se fosse viva, sono sicura lo adorerebbe.
Mi chiamo Brenda Collins, per gli amici Bree.
Sono malata di leucemia da...non so, non ho mai contato il tempo che è trascorso dal giorno in cui ho scoperto che non sarei arrivata a compiere vent’anni.
Jason lo sa e mi ama lo stesso.
Ha coraggio da vendere e una forza di volontà che mi tira su, anche quando io sprofondo nella più nera autocommiserazione.
Mi chiamo Brenda Collins, per gli amici Bree.
Due giorni fa sono morta.
Mio padre mi ha uccisa e poi resuscitata.

Brenda Collins.

***

Jenna ripone in fretta il raccoglitore tra gli altri, posti in modo sbilenco in colonne traballanti, ed esce dalla tenda minuscola e soffocante un po' più sollevata.
Attraversa in fretta metà campo e raggiunge il parcheggio dove sono piazzate le auto e i pochi aerei sopravvissuti alla furia dei Metalli.
Salta agile su un fuoristrada corazzato color verde menta e mette in moto con impazienza, togliendosi ciocche fastidiose da davanti al naso.
Nella tasca posteriore dei suoi pantaloni neri sono infilati tutti gli articoli di giornale, che è riuscita a trovare sulla giovane Brenda, ripiegati in fretta.
Arriva davanti l’entrata dell’ospedale da campo con uno stridore di pneumatici, che richiama l’attenzione delle infermiere che ne stanno uscendo in quel momento con delle garze insanguinate in mano.
Lascia il motore gorgogliante acceso e corre dentro, cercando con occhi avidi la figura di Blake.
Carter gli è accanto e gli sta parlando sottovoce, premendo un panno cremisi sulla ferita.
Qualcuno piange, in fondo. L'ennesima fossa che si riempie giù a valle, accanto a quella di Meredith, la più cara amica di Jenna.
Stringe le mani a pugno e poi le riapre di scatto. Non riesce a dominare bene la rabbia che ancora l'invade se pensa al modo in cui tutti quelli che ha amato le sono stati strappati via.
Scansa un cieco per non farlo cadere ed evita la manina sudicia di una bambina piena di tagli ed ustioni da plasma.
Si avvicina ai due fratelli e questi alzano gli occhi su di lei insieme.
Si sforza di apparire incoraggiante e sorride.
Blake non se la beve.
Lei si china, lo bacia con dolcezza e poi intreccia le dita con le sue.
< Te la senti di affrontare un piccolo viaggio? > gli domanda, con l’ansia ed il timore che le fanno vibrare la voce come corde d’arpa pizzicate.
Carter sembra avere da ridire sulla richiesta della ragazza, ma il gemello lo anticipa, alzando una mano per farlo tacere.
< Dove andiamo? > Blake cerca la risposta nello sguardo di Jenna e annuisce prima ancora che lei abbia parlato.
< Al vecchio Coler Memorial Hospital. >

***
articolo di giornale





 

L'angolo di Ellie:
Se vi state chiedendo cosa ci faccio in questa sezione, premetto che la vostra è una domanda lecita.
Avevo voglia di spaziare, cambiare genere.
Jenna, Bree, Jason, Blake e il dottor Richard sono nati in un momento in cui avevo il cervello intasato dal lavoro che necessitava d'aria e svago.
Non hanno alcuna pretesa e quindi perdonate se il mondo post-apocalittico che vi viene presentato non vi soddisferà appieno.
Ho scelto di concentrarmi più sui protagonisti che le dinamiche che li hanno portati ad essere quel che sono e sullo scenario di contorno.
"Metallo", inizialmente, era stata progettata come OS, ma data la lunghezza sarà divisa in due capitoli.
Gli articoli di giornale che inframmezzano questo Primo Atto sono indispensabili per la comprensione della storia, quindi se non li visualizzate, fatemelo cortesemente sapere.
Ci ho speso ore intere per crearli e ne sono particolarmente fiera.
Cos'altro mi resta da dirvi?
Che la storia è ispirata a "Terminator Salvation", credo sia abbastanza chiaro, ma nel qual caso meglio specificare.
Credo sia tutto, spero di leggere qualche vostro parere, anche per sapere se una volta conclusa "Metallo" sia meglio tornare al mio solito genere e lasciar perderegli "Originali".
Un forte abbraccio.

Ellie.

 

   
 
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