Crossover
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Autore: Registe    21/02/2013    3 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 3 - Per volere del Superiore




Il simbolo dell'Organizzazione




In un mondo precipitato nella barbarie, noi siamo il raggio di speranza. Siamo gli ultimi depositari del sapere e della conoscenza, i custodi della memoria, gli eredi della nostra civiltà decaduta. Questo Castello e i suoi abitanti sono il faro che si erge luminoso nelle tenebre della tempesta. Ma la notte non dura non dura in eterno, e quando l'alba tornerà a sorgere i nostri figli ricostruiranno un mondo nuovo dalle ceneri di quello che oggi giace in agonia.
Dalle memorie di Ansem il Saggio, primo signore del Castello dell'Oblio.




Narratore: “Questo è un insulto bello e buono nei miei confronti. Non posso tollerarlo, Registe. Tutto, ma questo no! E' fuori questione!”
REGISTE: “Allora quella è la porta. Ti auguriamo di trovare una buona soap opera che ti accolga. Forse a Beautiful hanno bisogno di qualcuno per fare il riassunto delle puntate precedenti.”
Narratore: “Guardate che non sto scherzando! Me ne vado sul serio! Mi licenzio! Mi dimetto!”
REGISTE: “Ok.”
Narratore: “Me ne sto andando! Vi avverto che me ne sto andando! Non ne troverete un altro come me!”
REGISTE: “Addio.”
Narratore: “Sono già all'uscita! Me ne vado, capito? Ecco, sono oltre la porta! Non avrete una seconda occasione! Allora.... me ne vado!”
REGISTE: “Buona fortuna!”
Narratore: “.......”
REGISTE: “Ok, chi lo mette l'annuncio sul giornale? ´Cercasi narratore competente... ´”
Narratore: “Ma... ma... non vi importa niente di me?!”
REGISTE: “Ancora qui tu?!”
Narratore: “Sigh.... oh, e va bene! VA BENE! Resto! Solo... spiegatemi perché non posso narrare io questi flashback. Che bisogno c'è di ricorrere alla prima persona quando avete un narratore come me?”
REGISTE: “Beh, con le parole di Vexen renderanno sicuramente meglio, no? In fondo sono i ricordi più importanti della sua vita.”
Narratore: “Se, see. Dite piuttosto che Vexen è un raccomandato di acciaio inox.”
REGISTE: “Non lo abbiamo mai negato.”
Narratore: “Che mancanza di professional... ok, ok, non mi guardate così! E va bene, i flashback li narra Vexen, ma tutto il resto è mio, d'accordo?”
REGISTE: “Si vedrà... “
Narratore: “Sigh... è dura la vita del Narratore sfruttato e sottopagato....”



Dire che la biblioteca era “stupefacente” non le avrebbe reso minimamente giustizia.
Io potevo vantarmi di aver visitato tutte le biblioteche più famose del nostro mondo: la biblioteca-giardino del duca di Luan, dove i tralci d'edera si arrampicano sugli scaffali e i libri si consultano seduti sull'erba all'ombra dei tigli; e quella del regno di Romos, che contiene la più vasta collezione di pergamene magiche di tutto il Continente Sud. Credo mi mancasse solo la biblioteca del Tempio delle Dodici Case, ma tra quei testi imbottiti di fandonie religiose e superstizione non c'era niente che potesse interessarmi.
Ma nulla che avessi visto nei miei innumerevoli viaggi poteva prepararmi alla biblioteca del Castello dell'Oblio.
Quel luogo... era vivo. Non c'è altro modo per definirlo.
I libri si scrivevano da soli, compilati da mani invisibili, e il labirinto mutava continuamente, portando alla luce nuovi volumi e celandone altri alla vista. In quelle stanze incantate riposava il sapere di tutti i mondi. Copie di libri provenienti da tutti i mondi...
Suppongo che gli altri membri dell'Organizzazione mi avessero dato per disperso quei primi giorni, perché non uscivo da lì nemmeno per dormire. Avere tutto quel sapere a portata di mano era inebriante: e io avevo tanto, veramente tanto da imparare. Ancora prima di raggiungere la maggiore età avevo lasciato il mio villaggio natale per inseguire il sogno di diventare uno scienziato: ma ben presto avevo scoperto con frustrazione che il mio mondo arretrato e superstizioso aveva ben poco da offrire a una mente insaziabile come la mia.
Il Castello dell'Oblio aveva ridato un senso alla mia vita: fu come scoprire improvvisamente un intero oceano di acqua dolce dopo aver sofferto la sete per molti, moltissimi anni.
Ero ancora nella biblioteca quando il Superiore venne a cercarmi. Credo fosse trascorsa appena una settimana dal mio ingresso nell'Organizzazione; avevo mandato giù un tè in fretta e furia per colazione, e ora mi aggiravo tra due file di scaffali in cui libri di argomenti diversi sembravano essere stati accatastati a caso. Gettai un'occhiata alla mappa che mi ero disegnato la sera prima e immediatamente la accartocciai: l'ordine degli scaffali era già cambiato. Un attimo dopo ci ripensai e riaprii il foglio, appiattendolo con cura: forse i mutamenti non avvenivano in modo casuale. Poteva esserci una sequenza, dei cambiamenti sempre uguali, ciclici. Avrei dovuto scegliere una sezione ristretta e annotare tutte le posizioni degli scaffali e delle stanze volta per volta. Magari potevo aiutarmi con dei cerchi alchemici di riferimento...
Buttai giù qualche appunto e fissai di nuovo i libri più vicini, intento nelle mie riflessioni. Ero sicuro di non aver mai visto prima quei titoli... “I miei trionfi, i miei errori”, di Gaius Baltar; “La superiorità della razza elfica”, di Elrond figlio di Eärendil; “L'arte di fare soldi”, di Vree Elleden; “Draghi e Scorpioni: Vicende della Quarta Era”, di Siirist...
Quarta Era di cosa?, mi chiesi incuriosito, allungando la mano verso lo scaffale.
“Vexen. Ero sicuro di trovarti qui.”
Ancora non mi ero abituato al nuovo nome, e mi voltai con un attimo di ritardo.
“Superiore.”
Il padrone del Castello dell'Oblio mi sorrise in modo benevolo, con quell'aria vagamente paterna che sfoggiava sempre in presenza di noi altri membri. Lo trovavo ridicolo, visto che assai probabilmente era più giovane di me. Ma Xemnas era il numero I dell'Organizzazione, ed entrando a far parte del suo gruppo avevamo accettato di aderire alle sue condizioni e sottostare alle sue regole. Regole senza senso, a mio parere: modificare i nostri nomi, portare tutti la stessa divisa, specializzarci ciascuno in un elemento diverso, dividerci per rango in base all'ordine di ingresso nell'Organizzazione. Tutte cose che mi sembravano frutto dei capricci di un ragazzino viziato, e probabilmente era davvero così. Xemnas proveniva da una famiglia nobile di origini antichissime, che possedeva il Castello da generazioni: non faticavo a immaginarmelo mentre girava annoiato tra gli immensi saloni bianchi, ormai saturo di cacce e banchetti, in cerca di uno svago ancora mai provato. E con gli occhi della mente lo vedevo improvvisamente aprirsi in un sorrisone da bambino, battere le mani ed esclamare: “Idea! Giochiamo all'Organizzazione!”.
Tanto meglio per me. Avrei accettato anche se mi avesse chiesto di vestirmi di fucsia e cantare l'inno della sua famiglia tutte le mattine. In cambio del potere del Castello dell'Oblio ne sarebbe valsa la pena.
“La biblioteca ti ha risucchiato, eh?” mi disse, un lampo divertito negli occhi color ambra. “Fa sempre questo effetto, la prima volta. E aspetta di vedere quando il Castello ti riconoscerà definitivamente come padrone e ti concederà i suoi poteri.”
“Attendo quel momento con ansia, Superiore.” Altroché se lo aspettavo. Poter viaggiare tra i mondi a mio piacimento... il solo pensiero mi faceva girare la testa.
“Voleva dirmi qualcosa?” chiesi poi.
“C'è una cosa che vorrei mostrarti, numero IV. Vieni con me?”
Un po' a malincuore posai il libro e seguii Xemnas verso l'uscita della biblioteca. Probabilmente voleva di nuovo ammorbarmi con le gesta dei suoi antenati o vantarsi di qualche polveroso cimelio di famiglia; ma era il Superiore, e gli dovevamo obbedienza. Prendere o lasciare.
Come previsto Xemnas imboccò il corridoio dei ritratti. Sospirai, preparandomi psicologicamente alla lezione di storia in arrivo. La biblioteca già mi mancava da morire.
“Credo tu sia l'unico a non sapere ancora la bella notizia” esordì il Superiore. “Oggi l'Organizzazione ha guadagnato un sesto membro.”
“Oh. E' meraviglioso” commentai, anche se in realtà non me ne importava un bel niente. I miei contatti con gli altri finora erano stati minimi, e non avevo alcun desiderio di approfondirli. E se questo sesto membro era come loro...
“Sono davvero soddisfatto e ottimista per il futuro. La nostra Organizzazione esiste da meno di un mese e già abbiamo raddoppiato il numero iniziale di membri... i miei nobili antenati ne sarebbero fieri. Il loro sguardo benevolo veglia sulla nostra impresa.”
“Sicuramente” dissi. Meno male che Xemnas era assorbito nella contemplazione dei quadri, perché immagino che la noia e l'irritazione fossero scolpiti in ogni tratto del mio viso. “Quindi stiamo andando a conoscere il nuovo numero VI?”
“Proprio così. Non ti incuriosisce sapere chi è?”
No, fu quello che pensai.
“Penso che mi terrò il gusto della sorpresa” fu quello che dissi, con una risatina vuota. No, decisamente non ero bravo a fingere; ma ancora una volta il Superiore non ci fece caso.
Proprio alla fine del corridoio, quando pensavo ormai di aver scampato il sermone sugli antenati, Xemnas si fermò davanti a un ritratto e si mise a contemplarlo con aria assorta. Mi fermai anch'io, irritato e infastidito. La targa d'oro sotto il quadro mi informò che ci trovavamo in presenza del grande chirurgo Xehanort, uno dei capostipiti della famiglia di Xemnas. I due si somigliavano in modo incredibile: gli stessi lunghi capelli argentati, la stessa carnagione abbronzata, lo stesso portamento aristocratico. Il ritratto era stato eseguito in tempi recenti, ma quell'uomo era vissuto più di tremila anni fa. O almeno così mi comunicò Xemnas, traboccante di orgoglio neanche fosse stato merito suo. Molto più probabile che fosse un falso o una mistificazione: non esistevano testimonianze di civiltà così antiche nel nostro mondo. Tutto lasciava supporre che tremila anni fa fossimo ancora all'età delle caverne... e quindi come poteva esistere un chirurgo, una figura rara e perseguitata ancora al giorno d'oggi?
“Sapevi che a quell'epoca il nostro mondo fu colpito da una terribile catastrofe?” disse Xemnas all'improvviso.
“No.” Non lo sapevo. E per la prima volta le parole del Superiore mi avevano incuriosito. “Che genere di catastrofe?”
Il Superiore scosse la testa. “Nemmeno noi padroni del Castello lo sappiamo con certezza. Le testimonianze sono poche e frammentate. L'unica certezza è che i capostipiti della mia famiglia, Ansem il Saggio e il grande Xehanort, erano lì quando accadde. Ma le loro memorie e i loro diari, e quelli dei loro figli, sono in gran parte andati perduti. Fagocitati dalla biblioteca, nascosti da qualche parte nei recessi del labirinto, e finora a nulla sono valsi gli sforzi dei miei padri di ritrovarli. Hai visto anche tu come funziona. In questo luogo trovare è perdere, e perdere è trovare, è il motto della biblioteca. Offre tesori inestimabili, ma chiede un prezzo altissimo in cambio: per ogni libro che sceglie di mostrarci ce ne sono chissà quanti altri che ci sottrae.”
“Funziona un po' come l'alchimia... “ mormorai tra me e me.
“E temo anche che molti dei miei antenati che nel corso dei secoli hanno scelto di lasciare il Castello abbiano portato con loro alcuni di quei diari... potrebbe darsi che stiamo cercando qualcosa che in realtà non esiste più. Ma non per questo dobbiamo perderci d'animo. E' per questo che, non avendo eredi del mio sangue, ho deciso di fondare l'Organizzazione. Il Castello dell'Oblio non deve rimanere incustodito, e tutta la conoscenza che racchiude non deve cadere in mani sbagliate. Noi dobbiamo essere i guardiani e i custodi del sapere.”
“Il sapere però non è fatto per essere tenuto sotto chiave” mi permisi di dire. “Con tutto quello che c'è qui dentro potremmo cambiare molte cose nel nostro mondo... “
Il Superiore mi guardò con espressione grave: “E tu pensi che gli abitanti del nostro mondo siano pronti per ricevere conoscenze simili?”
Pensai al fanatismo religioso e alla superstizione che regnavano nel nostro mondo. Pensai alle adultere legate a una pietra e gettate nelle paludi, ai bambini con i capelli rossi presi a sassate perché considerati figli del demonio, ai signorotti che pretendevano tasse insostenibili in nome di un astratto diritto divino a cui erano i primi a non credere. Alcuni tra i sacerdoti più illuminati, tra cui quelli delle Dodici Case, di tanto in tanto si opponevano a tutto questo: ma raramente si spingevano a predicare oltre i confini delle loro terre, e il nostro mondo era grande. Nei villaggi più piccoli e sperduti i roghi di eretici erano un fenomeno frequente. La barbarie imperversava.
“Penso che ciò di cui hanno più bisogno siano proprio conoscenza e cultura, Superiore.”
“E le avranno. Ma non oggi, non adesso. Prima dovranno essere pronti. Prima dovremo essere certi che non userebbero male i nostri doni. Perché, numero IV, anche se la nostra conoscenza del passato è frammentaria, una sola cosa è certa: la catastrofe che ci colpì tremila anni fa non era naturale. Fummo noi stessi a scatenarcela contro. Usammo in modo sbagliato il potere e le conoscenze di cui disponevamo, e pagammo a caro prezzo. Perdemmo tutto, e fummo costretti a ricominciare da zero. Nei frammenti delle sue memorie Ansem il Saggio auspicava che noi padroni del Castello, in qualità guardiani del sapere, ci assicurassimo che gli errori del passato non venissero ripetuti. E io non ho intenzione di mettere simili armi in mano a persone che non hanno la saggezza e la lungimiranza necessarie per usarle.”
“Però le ha messe in mano a noi membri dell'Organizzazione.”
“Vi ho scelti di persona, e di voi mi fido. Sono sicuro che mi aiuterete a fare luce sui misteri del Castello. Questo luogo... anche questo pare risalire ai giorni oscuri della catastrofe. Ma nulla sappiamo circa le sue origini o la fonte del suo incredibile potere. Studiarlo, comprenderlo e proteggerlo da ogni interferenza esterna saranno d'ora in poi i compiti della nostra Organizzazione. Ma ora basta” aggiunse, notando che volevo ribattere. “Siamo arrivati. E' il momento di fare la conoscenza del numero VI.”
Non la pensavo come Xemnas, ma tenni per me i miei dubbi. In fondo non aveva importanza, finché io potevo avere accesso al Castello e ai suoi tesori.
Eravamo davanti alla porta della sala da pranzo.
Xemnas spalancò i battenti e mi fece cenno di entrare. Tre posti all'estremità del lungo tavolo attorno a cui i membri dell'Organizzazione si riunivano per mangiare erano occupati. Riconobbi subito le sagome familiari di Lexaeus e Xaldin, che sollevarono lo sguardo dalla loro partita a carte per salutarci. Poi spostai lo sguardo sulla terza persona, e rimasi a bocca aperta per lo stupore.
Il numero VI era un bambino.
Non poteva avere più di cinque anni, e anche così era piccolo e minuto per la sua età. Sedeva a capotavola con le spalle sottili incurvate, concentrato sul piatto di minestra che stava divorando a rapide cucchiaiate. I suoi capelli argentati erano pettinati in modo strano, con un lungo ciuffo che gli copriva quasi metà del viso, e quando alzò lo sguardo per osservarci vidi che il suo unico occhio visibile era di uno stupefacente colore azzurro.
“Vexen, ti presento Ienzo, il nostro nuovo numero VI.” disse il Superiore alle mie spalle. Poi, con estrema naturalezza, piazzò l'inaspettato colpo basso.
“Vorrei che d'ora in avanti fossi tu a prenderti cura di lui.”


Narratore: “Ok, ok, basta melassa. Direi che come primo flashback può bastare, anche perché abbiamo una guerra da narrare! Non è colpa mia se le Registe intitolano una storia La Guerra dei Mondi e poi traccheggiano e non fanno vedere nemmeno una battaglia! I miei lettori vogliono vedere il sangue! (e le mie lettrici vogliono vedere ME …)."


Il Grande Satana attraversò la sala del trono a falcate ampie, con il lungo mantello bianco che ondeggiava nell’aria. L’aria intorno a lui era satura di incantesimi di ogni elemento, ed Hadler trattenne il fiato nel timore che il demone anziano scagliasse il suo enorme potenziale magico contro la prima cosa che si trovasse a tiro.
Che, in quel caso, era la sua testa.
“MALEDETTI UMANI!” tuonò l’altro “È QUESTO IL MODO DI COMBATTERE? VIOLANDO I TERMINI DI GUERRA? È SOLO CON L’INGANNO CHE SANNO COLPIRCI?”
“È ovvio che per vincere ricorrano a dei trucchi! Nessuna persona sana di mente affronterebbe lei o il Cavaliere del Drago in uno scontro diretto!” disse Killvearn, comparendo dal nulla in uno sbuffo di fumo viola. Senza alcuna riverenza si avvicinò ad uno dei demoni servitori e prese un calice pieno di vino demoniaco, e lo portò alla maschera al livello in cui ci sarebbero state le labbra. “Sono umani, non stupidi!”
“SONO VILI!”
“Che novità! L’ingenuo è stato lei a non pensare che avrebbero tentato qualche colpo basso!”
Fu troppo. Hadler scattò in piedi, e l’attimo dopo si trovò davanti a Killvearn. Prima che la creatura con la falce potesse tentare una qualsiasi difesa, le sue dita si serrarono intorno al collo dell’altro e lo spinse con violenza contro una parete. Con la mano libera gli strappò l’arma, ed avvolse tutto il braccio con il potere della fiamma, facendo esplodere il calore proprio davanti alla maschera sorridente. “Nessuno insulta il Grande Satana in mia presenza! Alleati o meno …”
“BASTA COSI, HADLER!” disse il sovrano.
Hadler estinse la fiamma, ma non abbandonò la presa. Sotto le sue dita il collo di Killvearn era rigido come metallo, ma era curioso di vedere se quell’essere che si diceva immortale sarebbe riuscito a sopravvivere alla sua furia.
“Lascialo” fu il secondo comando. “Apprezzo il gesto, generale Hadler, ed il tuo zelo ti fa onore. Ma se qualcuno osa insultare la mia persona in mia presenza non ho l’abitudine di demandare la punizione a qualcun altro. Se non l’ho incenerito è perché ritengo che nelle sue parole ci sia del vero”.
Il demone abbandonò la presa a malincuore. Ma non era saggio costringere il Grande Satana a ripetere due volte lo stesso ordine.
“Non mi aspettavo questo gesto, è vero. Confidavo nel fatto che questi umani rispettassero l’accordo, o almeno che trascorressero questi tre giorni ad organizzare le loro difese, anche preparando qualche trucco. Ma un attacco a sorpresa … non lo avevo preventivato. Tremila anni non hanno cambiato quella sporca razza, ed il fatto che vengano da un altro pianeta non ha migliorato affatto la situazione. Avevo dimenticato quanto potessero essere subdoli ed infidi, specie quando si ammantano di quella tecnologia” mormorò, con lo sguardo fisso oltre la vetrata. Hadler aveva sentito molti racconti sulle grandi guerre tra uomini e demoni, quando ancora la famiglia demoniaca non era stata costretta al confino nel mondo sotterraneo. Lo sguardo del suo signore doveva essere perso laggiù, tra i ricordi dell’antico regno demoniaco di Pharen. “Ho commesso una leggerezza di giudizio, e lo Yomashidan ne ha fatto le spese. Ho messo in pericolo la vita di Zaboera, e se ha riportato soltanto delle ferite leggere è stato solo grazie ai suoi poteri di arcivescovo stregone ed alla fedeltà di alcuni membri del suo corpo d’armata. Tra le parole insolenti di Killvearn c’è una verità che non posso fingere di ignorare”.
Il demone minore chinò il capo, ed osservò la creatura con la maschera mentre si rialzava. Quella gli rivolse persino un gesto di scherno, costringendo Hadler a richiamare tutto il proprio autocontrollo. Il giorno in cui sarebbe cessata l’alleanza tra il Grande Satana ed il misterioso mandante di Killvearn avrebbe reclamato per sé il diritto di polverizzare il lugubre emissario, la sua falce ed anche il suo irritante assistente monocolo. Anzi, quell’ultimo lo avrebbe regalato all’arcivescovo stregone per i suoi esperimenti sui corpi biologici superstregoneschi.
“È chiaro che vogliano spostare il campo di battaglia nel nostro mondo. Dubito che potremo impedirglielo, considerato il numero e le dimensioni delle loro astronavi: sono dotati di sistemi di teletrasporto analoghi al nostro, quindi potrebbero apparire in qualsiasi punto del pianeta. Darò ordine di far ritirare qualsiasi demone dai territori umani; i loro turbolaser colpiranno probabilmente qualsiasi villaggio alla ricerca dei nostri insediamenti, e non voglio che nessun membro della famiglia demoniaca rimanga colpito da quel loro vile ed arrogante modo di combattere”.
Hadler ammise tra sé che il modo con cui avevano distrutto il vulcano Gorbel aveva dell’incredibile. Fino al giorno prima non avrebbe creduto possibile che si potesse compiere un gesto del genere senza l’aiuto di una magia potente; lui stesso vi sarebbe riuscito richiamando tutta la potenza incantata che scorreva nel sangue, ed il solo pensiero che quelle creature inferiori potessero farlo con il solo gesto di un dito lo preoccupava.
E preoccupava gli altri demoni.
“Non se ne andranno di loro spontanea volontà, temo …”
“Credo anche io che invitarli gentilmente alla porta non basterà” rispose il demone arcano. Le rughe sul viso si erano leggermente spianate, e si accomodò di nuovo sul trono; la sua aura magica era tornata ai livelli normali. “A meno che non ci pensi il Generale Baran … Ha una capacità di persuasione davvero incredibile …”
Killvearn si fece sfuggire una risata. Da sotto il suo mantello fece capolino il grande occhio di Piroro, ed imitò la risata del suo lugubre padrone con la sua piccola voce stridula. Si arrampicò lungo la sua spalla e si sedette sulla sommità della maschera, la bocca piegata da un sorriso quasi isterico.
“Ma non sarà la perdita dello Yomashidan ad impedire la nostra avanzata. Siamo in guerra per riprenderci Mistobaan, e per quanto io abbia esteso la mia percezione nei recessi dell’atmosfera sono certo che non sia più a bordo di quelle astronavi; l’Imperatore lo tiene nascosto, ma non potrà farlo in eterno. Ho promesso a tutti voi che avrei attaccato la loro capitale e fatto sanguinare il loro cuore meccanico, e la mia parola non cade mai a vuoto. Se non possiamo servirci del nostro principale distaccamento magico useremo qualcosa di ancora più terribile … qualcosa che avrei preferito tenere tra le ultime risorse. La produzione di Nuclei Neri ha raggiunto discreti livelli, ma per un attacco in grande scala dovremo attendere ancora una manciata di giorni; lo scienziato umano sta lavorando bene”.
I Nuclei Neri.
Hadler non aveva mai visto questi leggendari esplosivi, tanto meno aveva osservato le loro decantate opere di distruzione. Come fosse riuscito un semplice umano a creare dispositivi che sfruttassero impulsi di incantesimi non elementali era ancora un mistero, ma la realtà era che in quelle unioni tra magia e scienza, in grado di stare nel palmo della sua mano, si celava un potenziale distruttivo senza pari. Sapeva che il Grande Satana aveva personalmente avvolto il laboratorio di Zaboera con degli incantesimi di assorbimento rapido, perché anche un piccolo errore nella loro costruzione avrebbe potuto far saltare in aria buona parte del Baan Palace. Il Membro dell’Organizzazione scienziato ed il suo assistente sacerdote non uscivano mai di lì: ne aveva notizia solo dai brontolii dell’arcivescovo stregone.
Sapeva che al Grande Satana non piaceva l’idea di usare armi umane. Ma la magia era da sempre stata un attributo demoniaco, e nessuno avrebbe avuto il diritto di usarli oltre a loro; se Baran ed il Grande Satana fossero rimasti nel loro mondo per fronteggiare quelle astronavi, era più che logico che quei Nuclei Neri fossero dati a chiunque si sarebbe occupato dell’attacco alla capitale degli uomini. Assaporò sin da quell’istante il piacere di vendicare l’onta subita dallo Yomashidan. Altrimenti non sarebbe stato degno del compito di comandante dei corpi d’armata.
“In pochi giorni di guerra le cose possono cambiare più rapidamente che in mille anni di pace, mio signore”.
“Purtroppo è vero. Ecco perché ho una missione per te e per Hyunkel prima di guidare le mie armate a Coruscant”.
“Oh oh, guai in vista!” canticchiò Piroro. Lo sguardo gelido del Grande Satana lo bloccò sul colpo.
“Dobbiamo saperne di più su questo Impero Galattico. Mi rendo conto che sappiamo troppo poco, e sia le sporadiche visite di Killvearn ai loro mondi, sia le analisi degli Occhi di Zaboera non sono sufficienti. Possiamo osservarli, ma non capirli. Io stesso in tremila anni non sono mai riuscito a capire quelle piccole menti contorte …” e se non ci è riuscito il Grande Satana, come potremmo farlo noi? “Per nostra fortuna, l’Impero Galattico ha altri nemici. Non ho idea di chi siano, tranne che si fanno chiamare Alleanza Ribelle e che Killvearn ha scoperto e visitato il loro mondo, quindi possiamo raggiungerlo grazie al teletrasporto. Ci è giunta voce che riescano a resistere ai nostri nemici da tantissimi anni pur essendo una evidente minoranza, quindi potrebbero conoscere qualcosa di utile ai nostri scopi: sono convinto che l’unico umano del mio esercito ed il comandante in capo di tutti i corpi d’armata possano mescolarsi in quel gruppo di ribelli abbastanza a lungo da carpire qualche informazione interessante. Potrebbe rivelarsi un fallimento, ma preferisco prendere le mie precauzioni quando si tratta di combattere contro gli umani … quando la produzione di Nuclei Neri sarà terminata vi farò rientrare per guidare l’attacco alla loro capitale. Non ha senso impegnare il Fushikidan prima di quel momento”.
Una missione di infiltrazione, eh? Non sono mai state il mio forte, ma se il Grande Satana …
“Mi fido dei tuoi occhi, generale Hadler” disse il demone maggiore, interrompendo i suoi pensieri come se potesse vederne i dubbi attraverso una barriera invisibile “Degli occhi di un demone”.
“Come lei comanda!”
Il suo cenno d’assenso fu il tacito segnale di congedo. Si inchinò di nuovo e lasciò la sala, diretto verso le terrazze di volo. Aveva bisogno di conferire immediatamente con Hyunkel .
Oltre il corridoio, i demoni si misero sull’attenti al suo passaggio; le aure incantate erano in perfetta sintonia tra di loro, i muscoli immobili, la posizione di guardia proprio come lui stesso l’aveva insegnata. Ma i loro occhi guizzavano di timore, forse perché le urla del loro signore avevano percorso in pochi attimi tutta la vastità del palazzo; la notizia della distruzione dello Yomashidan li aveva resi irrequieti, così come la comparsa di quelle astronavi portatrici di morte.
Ma hanno fiducia in noi, rifletté, e d’istinto diresse verso i soldati più giovani un vigoroso cenno d’assenso con la testa, che fece ribollire d’orgoglio il loro sangue. È la prima, vera guerra che combattiamo. Uno scontro che potrebbe diventare sanguinoso come quelli del passato, quelli che combatterono i nostri gloriosi antenati.
Era così immerso nei suoi pensieri che il secco rumore metallico lo colse alla sprovvista. Si voltò, e capì che Killvearn doveva essere sempre stato alle sue spalle, sin dal momento in cui aveva lasciato la sala del trono.
“Uh, uh uh, abbiamo i nervi a fior di pelle, generale?”
“Cosa vuoi?”
“Solo quello che desidera il Grande Satana, ovviamente!”
“Ne dubito …”
“Killvearn, Killvearn, questo demone tutto verde mette in dubbio le tue buone intenzioni! Non puoi assolutamente permetterglielo, no no!”
Si chiese se l’ordine di non toccare il loro alleato valesse anche per il suo stupido gnomo da compagnia. Detestava la loro presenza. In quel momento, nell’ala del corridoio priva di soldati e poco illuminata, una spiacevole sensazione di gelo lo avvolse lungo la schiena; la falce dell’altro roteava nella sua mano, ed il sibilo permeava tutta l’aria, tintinnandogli nelle orecchie. Il fatto che la creatura vestita di nero non usasse alcun tipo di incantesimo lo innervosiva, perché non riusciva a percepire i suoi istinti mescolati al potenziale magico. Scrutò lui e lo gnomo, sapendo quanto fosse pericoloso non averli entrambi nel campo visivo.
“Siamo sospettosi, generale Hadler?”
“Credo di avere i miei buoni motivi. Non mi piaci, Killvearn”
“Lo prenderemo per un complimento!” rise di nuovo. Nella mano libera comparve uno sbrilluccicare dorato, ed il demone alzò le proprie difese magiche in risposta; il suo gesto spontaneo generò ancora più ilarità da parte della creatura, che cessò quando la piccola luce diventò una moneta. “Ero venuto solo per soddisfare una mia personale curiosità, nulla di più… “
Avvicinò la moneta ai suoi occhi; era più grande di quelle usate normalmente tra gli esseri umani, e lungo la sua superficie brillavano dei riflessi violacei. Riconobbe in un attimo il profilo inciso sulla patina dorata, una figura incappucciata dagli occhi inconfondibili. “Mi sono sempre chiesto cosa ci fosse sotto il cappuccio del nostro beneamato Braccio Destro! Mi piacerebbe davvero saperlo, visto che stiamo andando in guerra per lui”.
Stai fresco se speri di saperlo da me …
“Non è insolito questo comportamento precipitoso da parte del nostro augusto signore? Abbiamo attirato lo sguardo di un terribile imperatore umano sul nostro mondo senza prevedere tutte le conseguenze, una mossa fin troppo impetuosa per la saggezza di un demone antico …”
“Il Grande Satana non lascia indietro nessuno dei suoi generali! Men che mai nell’umiliazione di vedere la propria mente condizionata ed assoggettata!”
“Ma che belle parole … Anche se personalmente ho i miei dubbi …”
Hadler lo fissò, caricando il proprio sguardo di tutta la superiorità della razza demoniaca.
Non aveva alcuna idea di chi fosse davvero Mistobaan. Nessuno di loro aveva mai sollevato il cappuccio bianco, né aveva visto i veri occhi da cui nascevano quei bagliori intensi; ma conosceva i suoi passi e la voce incalzante. Conosceva il rigore ferreo del Maegudan ed il silenzio che seguiva i suoi discorsi. La curiosità di Killvearn non aveva motivo di esistere.
“Mistobaan è il primo comandante dei corpi d’armata dell’esercito del Grande Satana. È il generale del Maegudan ed il Braccio Destro della famiglia demoniaca. È uno di noi.”
Avanzò di un passo, fin quasi a sfiorare il petto dell’altro “Non dimenticarlo mai.”
“Io non dimentico mai nulla, generale Hadler”.
Fece un rapido giro su stesso, e la sua sagoma fu avvolta nel mantello. Svanì tra le pieghe con la grazia di un prestigiatore, avvolgendo il suo stupido amico monocolo; il demone rimase ad osservare il punto dove era scomparso, uno spazio vuoto ancora carico del gelo del suo padrone. Se la morte aveva davvero un’incarnazione terrena, non aveva dubbi che si trattasse di Killvearn.
Il suo piede urtò qualcosa di piccolo, che risuonò al contatto con i suoi stivali; quando scostò il mantello vide che si trattava della moneta di qualche istante prima. Si chinò per prenderla, ed osservò la sua superficie dorata alla luce della vetrata.
Il profilo di Mistobaan era sparito.
Al suo posto, su entrambe le facce, vi era il volto del Grande Satana.



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Draghi e Scorpioni: Vicende della Quarta Era e' una fanfiction di Siirist che trovate in questo sito nella sezione crossover e di cui vi consigliamo caldamente la lettura!
  
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