Capitolo
11
Domino
La mattina seguente,
Christian
se ne stava in cucina con lo sguardo perso nel vuoto e una tazza di
caffè ormai
non più fumante fra le mani.
Continuava a
domandarsi se
tutti gli eventi avvenuti la sera precedente non fossero stati soltanto
frutto
dei suoi sogni, ma poi prontamente si rispondeva che, se
così fosse stato, si
sarebbe svegliato nel letto con Catherine, e non in quella che un tempo
era
stata la sua camera, che avrebbe potuto respirare il profumo
dolce della ragazza e non avrebbe
avvertito il suo sapore ormai impresso sulle labbra.
Si chiedeva inoltre
se fossero
realmente giunti ad un punto di non ritorno, se davvero c’era
ancora la
speranza di rimanerle accanto.
Si era anche detto
– “Ma è stato
solo un bacio.”
- per trovare una soluzione comoda a quella
situazione assurda, ma non poteva continuare a negare
l’evidenza. Nello stesso
istante in cui le loro bocche si erano incontrate, Christian aveva
desiderato
avere di più, di più, e ancora di più
fino ad essere sazio di lei.
Anche in quel
momento, lontano
da Catherine, nonostante fossero trascorse ore intere, il ricordo di
quelle
labbra morbide, di quella bocca calda che l’aveva accolto lo
spingeva a
catapultarsi in camera della ragazza, spalancare la porta, avventarsi
su di lei
e baciarla ancora; e poi si sarebbe strinto bisognoso al suo corpo che
non
chiedeva altro che essere accarezzato e…
Si prese la testa
fra le mani
emettendo un gemito strozzato.
Aveva superato ogni
limite
possibile. Anche solo pensarla, lo faceva diventare completamente
un’altra
persona. Non aveva mai sentito nulla di simile e per questo aveva
paura.
Temeva di non
poterle dare la
vita che si meritava perché non era mai riuscito a rendere
felice nessuno,
anzi, aveva sempre fatto soffrire tutti coloro che avevano provato ad
amarlo:James, Daniel, Michelle, Lucas e anche
Catherine; con lei aveva già fallito come
fratello e lei non poteva più
accettare sofferenze dalla vita.
Emise un profondo
sospiro e
gettò una rapida occhiata all’orologio
appeso al muro adiacente alla porta.
Quasi
mezzogiorno e Catherine
non si era fatta ancora viva.
All’improvviso
un pensiero
molesto lo sopraggiunse: che fosse scappata?
Daniel gli aveva
detto che la
ragazza aveva paura di rimanere sola la notte.
No,
impossibile – si disse
cercando di calmarsi, non sarebbe mai arrivata a tanto e poi
l’avrebbe sentita
dato che si era addormentato solo alle prime luci dell’alba.
Era
riuscito a darsi una spiegazione logica, ma non era capace di rimanere
buono e
fermo lì, in cucina, a fissare in maniera altalenante le
lancette dell’orologio
e la tazza di caffè che aveva fra le mani.
Decise
quindi di andare a controllare cosa stesse facendo Catherine, anche
perché, in
ogni caso, era ora di alzarsi.
Salì
le scale a due a due e si fiondò come un pazzo nella camera
di James che per
qualche mese era stata la loro.
“Catherine
sei qui, vero?!” – urlò ancora prima di
entrare nella stanza.
La
ragazza si voltò di scatto portandosi le mani al petto e
fissandolo come un
cerbiatta impaurita.
Aveva
i capelli umidi, il corpo avvolto soltanto da un candido telo che
stringeva
furiosamente a sé.
Semplicemente
bellissima.- si
ritrovò a pensare con la mente
improvvisamente vuota e la gola secca.
“Che
c’è?”
“Ecco
io… Tu… cioè, non scendevi.”
– balbettò confuso.
Come
al solito la sua mania di trarre conclusioni affrettate lo aveva messo
in un
bel pasticcio: Catherine semi nuda, dannatamente eccitante.
“Ho
fatto una doccia e ho perso la condizione del tempo.”
“Una
doccia.” – ripetè lui
- “P-per questo hai
i capelli bagnati.”
Stava
facendo la figura del cretino, se ne rendeva conto perfettamente,
infatti
Catherine alzò un sopracciglio perplessa.
“Ti
aspetto fuori, ok? E’ meglio così.”
Quella
era decisamente la scelta ottimale, forse non la più
coraggiosa, ma almeno gli
evitava la vista di una Catherine coperta soltanto da un telo.
“Christian
dobbiamo parlare.” - lo
prese così, in
contro piede, prima ancora che lui potesse uscire.
“Catherine,
sarebbe meglio parlare più tardi.”
“No.”
– secca e concisa – “Ho paura che se non
affrontiamo adesso l’argomento, poi
non ne parleremo più.”
E
non sarebbe meglio cosi?! – avrebbe voluto
gridare il giovane, ma si
concesse un lungo ed esasperato silenzio.
“Va
bene, parliamo. Cosa devi dirmi?”
“Ieri
sera … “ -
iniziò Catherine.
“Sarebbe
meglio dimenticare quanto è accaduto ieri sera.”
La
ragazza, che fino a quel momento aveva mantenuto toni pacati, esplose
– “Vuoi
dire che dovrei dimenticare che ci siamo baciati?”
Christian
sospirò abbassando il capo –
“Sì Catherine, sarebbe meglio
così.”
“Non
voglio.”
Christian
alzò la testa di scatto – “Che
cosa?!”
“Non
voglio, hai capito?” – urlò lei
– “Non voglio e non lo farò!”
“Catherine
ragiona!” – aveva alzato anche lui i toni
– “Ci faremmo solo del male!”
Ma
perché doveva essere tutto sempre così
complicato, maledizione!
Perché
doveva sempre ferirla, perché doveva vedere sempre la
delusione più nera
mischiata in quegli occhi verdi?
La
ragazza non gli rispose subito, lo fisso ferita, ma non piangeva.
Christian per
un momento pensò che sarebbe stato meglio vedere le sue
lacrime che quello
sguardo misto di rabbia e sconfitta.
Forse aveva vinto
lui per una
volta, forse finalmente era riuscito a tenerle testa, ma poi
capì che in realtà
avevano perso entrambi.
“Catherine
…” – mormorò addolcendo
i toni.
“Zitto!
Stai zitto
maledizione!” – lo respinse lei
- “Zitto!”
Fu come se una
secchiata di
acqua gelida fosse caduta improvvisamente sulla testa del giovane
Christian
May.
Quanto aveva voluto
che lei
capisse che non erano fatti per stare insieme e lo rifiutasse? Ecco era
successo, ma la consapevolezza di aver sbagliato ancora lo invase.
“Sei tu
che mi fai del male!”
– sibilò irata Catherine –
“Non capisci che comportandoti così non fai altro
che ferirmi?”
“Catherine,
io sono il tuo
tutore! Ho il dovere di prendermi cura di te, non
c’è posto per … per questo!”
“Scuse,
scuse, sono solo
scuse!” – urlava lei, ma lo faceva soltanto per
colmare quel senso di vuoto che
il rifiuto di Christian aveva provocato.
Christian
deglutì nervoso -
“Il bacio di ieri è stato un errore,
Catherine.” -
cercò di spiegarle in tono sommesso.
“Il bacio
di ieri è stato
perfetto!”
Non c’era
verso di farle
capire che tutto quello che era successo, era sbagliato. Christian si
era reso
conto che il loro rapporto andava ben oltre il lecito da molto tempo
ormai.
Quasi con doloroso piacere aveva continuato a ricambiare quegli sguardi
languidi che ogni tanto Catherine gli lanciava, aveva continuato a
bramare in
silenzio il contatto con le sue mani quando di sfuggita incrociavano le
proprie,
sapeva che era tutto un grave errore, ma non era riuscito a privarsene.
Ed ora
doveva pagare le conseguenze del suo mancato coraggio.
“Stammi
bene a sentire,
Catherine.” – iniziò Christian
portandosi una mano fra i folti capelli neri –
“Tuo padre ha scelto di affidarti a me, donandomi la sua
più completa fiducia.
E anche se così non fosse, io la vedo in questo modo. Tu sei
Catherine! Sei la
bambina con cui sono cresciuto, certo sei cambiata, guardati, sei
stupenda.
Sarei un ipocrita se negassi l’attrazione che mi spinge verso
di te, ma ai miei
occhi rimarrai sempre la mocciosa che conoscevo e questo non
cambierà solo
perché mi sono fuso il cervello ultimamente o
perché non riesco a controllare i
miei istinti.”
“E’
solo attrazione per te?” –
domandò lei in un soffio. Doveva saperlo, le era necessario
come l’aria.
Christian
boccheggiò sorpreso,
spesso si era posto anche lui quel quesito, ma mai avrebbe pensato che
Catherine glielo ponesse.
Abbassò
nuovamente il capo,
come se la risposta si trovasse incisa sulle tavole del pavimento
– “Sì,
Catherine, è solo attrazione.” – rispose
con un tono di voce non suo.
“Bene.”
– uscì dalle labbra
della ragazza.
Il giovane
alzò la testa con
uno scatto sorpreso.
Che cosa voleva dire
con quel bene?
“Però
Christian devi darmi la
possibilità di dire la mia.”
“C-certo.”
– acconsentì lui,
sembrava che finalmente la ragazza avesse compreso le sue
giustificazioni.
“Baciami.”
“Stai
scherzando?!” – rantolò
sgomento.
“Non
scherzo.”
“Hai
sentito tutto quello che
ho detto? Perché mi chiedi questo?!”
“Ho
ascoltato fino all’ultima
parola. Voglio soltanto che tu mi dimostri che è solo
attrazione per te.” –
spiegò con un tono di voce innaturale –
“Ti sto chiedendo solo un bacio,
Christian. Ti
lascerò in pace dopo questo,
te lo prometto.”
“Tu vuoi
solo farmi uscire
fuori di testa!”
“Baciami.”
– ripetè Catherine,
questa volta però il suo tono era
vellutato, come quello di una sirena che con l’inganno
conduce alla morte i
marinai.
E
d’altronde, a che cosa lo
stava spingendo se non a sfracellarsi contro una roccia?
Christian le si
avvicinò
piano, tremando ad ogni singolo passo verso di lei. A metà
fra lo sconfitto e
l’eccitato pose una mano sul viso della giovane e
lasciò che i loro sguardi di
incrociassero prima di compiere una nuova colpa.
“Adesso
devi stare fermo.” –
mormorò Catherine con le labbra a un centimetro
da quelle di lui.
Christian non
rispose, la
morsa allo stomaco gli fece chiudere gli occhi, mentre con ansia
aspettava il
fatidico momento.
Appena le loro
bocche vennero
in contatto fu invaso dalla voglia di stringerla furiosamente, ma le
sue
intenzioni rimasero tali quando sentì le labbra di Catherine
schiudersi
dolcemente sulle sue.
Era tutto diverso
dalla sera
precedente.
Il bacio era diverso.
Non c’era
niente della fretta,
della fame che lo aveva fatto impazzire la prima volta che si erano
baciati.
Sentiva solo le
labbra di
Catherine muoversi sulle proprie, in una carezza sensuale e dolce al
contempo.
Affondò
maggiormente la mano
sulla guancia di lei per rendere il contatto più intimo, la
sua coscienza, i
suoi buoni propositi ormai tacevano, soffocati dalla soffice bocca di
Catherine.
Disobbedendo alla
raccomandazione che lei gli aveva fatto, posò
l’altra mano sulla
nuca della giovane, dove si impigliò
fra i capelli bagnati.
Era splendido
baciarla.
Non c’era
altro modo per
definire quello che stava provando.
Improvvisamente si
ritrovò a
sovrastarla con il proprio corpo, sul letto, mentre ancora si cercavano
con le
labbra.
Non si era nemmeno
reso
conto di essersi
mosso.
“Christian.”
– sussurrò lei a
fior di labbra facendogli venire i brividi – “Il
tuo cuore …”
Batteva forte, il
giovane lo
sapeva benissimo, pulsava quasi fino a scoppiare. D’altronde
anche quello di
Catherine non era da meno, lo sentiva chiaramente.
Le baciò
una guancia, poi
l’altra, poi ancora le labbra e giù sul collo.
Assaporò
con la bocca tutta la
pelle che trovava a disposizione, finchè si rese conto che
ce n’era anche fin
troppa scoperta dato che l’asciugamano che
l’avvolgeva si era aperto, lasciandola
quasi totalmente esposta al suo sguardo.
“Christian.”
– la voce di lei
lo riscosse e lui riuscì a staccare lo sguardo da quel corpo
sinuoso – “Da come
mi baci, da come mi guardi, anche ora, non c’è
solo desiderio, Christian.”
Catherine lo aveva
capito.
Tutte le attenzioni che le aveva rivolto, non voleva, non poteva
credere che
erano stata mosse solo dall’attrazione. C’era
qualcos’altro. Ci doveva essere.
Gli
accarezzò piano il volto
dato che lui non accennava a muoversi, era come in trance.
Lo raggiunse
alzandosi con il
busto, il telo di spugna abbandonò definitivamente il suo
corpo, ma non ci fece
caso.
Mantenendo sempre lo
sguardo
immerso in quello di Christian, gettò le braccia intorno al
suo collo e
l’abbracciò forte.
“Ti amo,
Christian. Da sempre.”
Gliel’aveva
detto finalmente.
Aveva finalmente confessato il sentimento che la struggeva da anni.
Dopo la fuga del
ragazzo aveva
cercato di dimenticarlo, in parte c’era riuscita, spinta
anche dal desiderio di
riconquistare un altro uomo, suo padre. Quando anche l’uomo
che l’aveva messa
al mondo l’aveva rifiutata, lasciandola completamente
abbandonata a se stessa,
Catherine si era ripromessa che mai avrebbe permesso
all’amore di impossessarsi
nuovamente di lei, perché non voleva essere ancora una volta
rifiutata, non
voleva essere lasciata sola.
Ma poi suo padre era
morto,
Christian era tornato nella sua vita e tutti gli antichi sentimenti,
stipati da
qualche parte dentro di lei, erano usciti prepotentemente con tutta la
loro
irruenza.
E a quel punto, dopo
la sua
coraggiosa confessione, toccava a Christian l’ultima parola.
Catherine, con il
cuore in
gola, sentì le mani di giovane posarsi sulla sua schiena
nuda che si inarcò
sotto quel contatto.
Rincuorata dalla sua
reazione,
Catherine cercò ancora le sue labbra e quando le
trovò capì che non sarebbe mai
stata sazia dei suoi baci, di lui.
Come se le avesse
letto nel
pensiero Christian iniziò a saggiarle la spalle e la pelle
delicata alla base
del collo, scese giù, più giù e,
quando si trovò all’altezza del suo seno, si
abbandonò contro di lei, affondando la testa fra le sue
morbide curve.
“Così
…” – sussurrò estasiata
Catherine, mentre avvolgeva con le braccia il capo nero del giovane
–
“Stringimi forte …”
Un
lampo illuminò la stanza immersa nella semi
oscurità. Poco dopo arrivò anche il
fragoroso rumore del tuono.
La
pioggia non accennava a diminuire e batteva con violenza contro i vetri
della
finestra.
“Christian.
Christian!” – riuscì a scorgere una
vocina debole e spaventata in mezzo a
quello scrosciare insistente.
Si
mise a sedere, un po’ spaventato, e assottigliò
gli occhi cercando di vedere
qualcosa anche se era buio.
“Kate!”
– esclamò poi sorpreso quando scorse la figura
della bambina che si era
rannicchiata vicino alla porta della sua stanza –
“Che ci fai in camera mia?”
La
bambina si avvicinò piano, tanto che anche il rumore dei
suoi piedi nudi fu
completamente inghiottito dal pavimento –
“Christian, posso dormire con te? Per
favore.”
“Non
avrai mica paura del temporale?!” – la
schernì, ma dato che Kate non accennava
una riposta continuò – “Andiamo Kate
è solo un po’ di luce e rumore, quanti
anni hai? Otto? Sei grande per spaventarti!”
La
piccola Catherine si avvicinò ancora, a capo chino
– “Ti prego Christian, solo
per questa notte.”
Il
ragazzino cercò di scrutarla in volto, ma era troppo buio
per vedere la sua
espressione. Non aveva tanta voglia di condividere il letto con lei.
Certo
erano praticamente come fratello e sorella, ma cominciava a provare un
po’ di
disagio ogni volta che dormivano o facevano il bagno insieme. Forse
perché i
loro corpi stavano cominciando a cambiare, soprattutto il suo, che
stava
prendendo sempre di più le fattezze di un giovane uomo.
Anche James aveva
cominciato a non vedere di buon occhio certe pratiche, che in passato
gli erano
sembrate del tutto naturali.
Però,
quella sera, Catherine sembrava davvero spaventata e non se la
sentì di
rifiutarla.
“Va
bene Kate, ma questa è l’ultima notte.”
Si
aspettava un urlo di gioia per la gentile concessione, ma la bimba si
limitò ad
annuire e si infilò silenziosa sotto le coperte.
“Kate.”
– la chiamò Christian dopo essersi disteso
– “Perché hai così tanta
paura
questa sera?”
“Il
temporale.” – rispose lei con la voce sottile di
spavento – “Ho paura che mi
porti via, come ha fatto con la mamma.”
Christian
non riprese subito a parlare. Fissò per qualche secondo il
soffitto in
silenzio.
Beth
era morta in una notte simile a quella.
“Non
ti porterà via.” – la
rassicurò – “Non glielo
permetterò.”
Un
lampo più luminoso dei precedenti squarciò il
cielo.
Catherine
prontamente si tappò le orecchie e fece appena in tempo
prima che il rombo del
tuono irrompesse in tutta la sua potenza facendo vibrare anche i vetri
della
finestra.
“Va
tutto bene, Kate.” – le sussurrò
abbracciandola per darle protezione – “Ti
terrò così stretta che neanche il temporale
riuscirà a portarti via.
Catherine
annuì e si abbandonò fra quelle braccia
– “Stringimi forte, Christian.”
–
biascicò poi, prima di cadere in un sonno tranquillo.
Stringimi
forte.
Anche a quel tempo
gli aveva
fatto quella richiesta.
Però il
tono di voce era
totalmente diverso.
In entrambi casi lo
aveva
supplicato di non lasciarla.
Ma se da bambina gli
aveva
chiesto di proteggerla, in quel momento
la giovane si aspettava che lui l’amasse appieno.
“Christian
…” – sospirò ancora
lei, mentre lo avvolgeva anche con le gambe.
“No, no,
NO!” – quasi urlò
lui, sciogliendosi da quella dolce prigione.
Il giovane le diede
le spalle
e si portò le mani al volto, disgustato dal suo
comportamento. “Mio Dio, a che
punto siamo arrivati!” – continuò a
lamentarsi in preda allo sconforto –
“Perdonami, ti prego.”
Catherine, che aveva
recuperato il telo, gli si avvicinò prendendolo per le mani
– “Sono stata io a
chiederti di farlo, sapevo a cosa andavamo in contro! E mi sta bene, lo
voglio.” – il viso arrossato sia per la
concitazione che per l’eccitazione la
rendevano irresistibile.
Christian scosse la
testa -
“Non sai cosa stai dicendo!”
“Sì
lo so invece! So che
voglio che tu mi baci come prima, che mi stringa a te come prima e
voglio molto
altro ancora!”
“Basta!
Basta ti prego!” – la
supplicò.
“Io ti
voglio.” – continuò lei
ignorandolo – “Perché tu continui a
respingermi?”
Anche dopo che lei
gli aveva
confessato i suoi sentimenti, lui continuava a scappare.
“Catherine,
io non… non ci
capisco più niente!” – si prese la testa
con le mani, sciogliendole dalla
stretta della ragazza – “E’ sbagliato,
maledizione! Sento che è sbagliato!”
“No
Christian è più che
giusto, invece!” – ribattè Catherine
– “Io ti amo e voglio che accada, anche tu
lo vuoi, perché non dovremmo lasciarci andare?”
La ragazza si sporse
verso di
lui, facendo sfiorare le loro fronti e i loro nasi –
“Vedi Christian, è tutto
perfetto.” – mormorò ed entrambi
riuscirono ad avvertire il calore delle bocche
dell’altro.
“NO!”
– voltò di scatto la
testa lui – “ Come sarebbe andata a finire se non
fossi riuscito a fermarmi?!”
“Christian
…”
“Forse,
forse dovrei parlare
con l’avvocato Dawson e rivedere le procedure
dell’affido.” – mormorò
più a se
stesso, stroncando sul nascere le proteste di Catherine.
“Cosa?
Cosa stai cercando di
dirmi?”
Christian
riportò il proprio
sguardo su quello della giovane – “Forse non sono
la persona più adatta per
questo compito.”
“No
…” – mormorò strozzata
Catherine – “Hai promesso che saresti rimasto con
me, per me!”
“Catherine
guarda fin dove ci
siamo spinti! E non mi riferisco solo a poco fa!” –
avrebbe voluto urlare per
cercare di liberarsi da tutta quella agonia, ma era consapevole che
tanto non
sarebbe servito a nulla – “Ultimamente non faccio
che pensare a te e mi
vergogno dei miei pensieri! Ma la cosa più spaventosa
è che, pur essendo certo
che sia sbagliato, il bacio e il resto mi sono piaciuti!”
“Ed
è giusto così!”
“NO! Non
è affatto giusto
Catherine.” – la bloccò nuovamente lui
con fare sempre più concitato.
Catherine
abbassò lo sguardo e
Christian gliene fu grato, non avrebbe sopportato di vederla ancora una
volta
delusa dal suo comportamento.
Dopo attimi di
silenzio fu la
ragazza a parlare di nuovo - “Non andartene, non mi lasciare
sola!” – lo
supplicò con gli occhi pieni di lacrime –
“Ti prego non abbandonarmi anche tu!”
– si aggrappò al suo petto e incrociò
le braccia intorno alla sua spalla larga.
“Ho paura
di non essere in
grado di controllarmi una prossima volta!”
Catherine si
allontano bruscamente
da lui - “Non ci sarà una prossima volta!- gli
promise - “Non ti metterò mai
più in una situazione simile, non ti darò mai
più problemi, non ti provocherò,
non dormiremo neanche più insieme se questo ti disturba, ma
ti prego, ti
scongiuro non andartene!”
Christian la
fissò basito.
Non si aspettava di
certo una
reazione simile. Le lacrime che scendevano a gocce grandi lungo le sue
guance,
gli occhi allucinati come se fosse impazzita, il modo in cui si
contorceva le
mani lo turbarono nel profondo.
“Non, non
fare così.”
“E come
dovrei fare?!” -
urlò lei di rimando – “Vuoi lasciarmi
anche
tu! Perché? Perché ve ne andate tutti da
me?!”
Christian
allungò spiazzato le
mani verso di lei, la prese per le spalle e
l’attirò verso di sé –
“Era solo
un’idea.”
“Ma lo
farai! Partirai di
nuovo!” – singhiozzò isterica contro il
suo petto.
Il giovane
continuava a non
capire il perché di una reazione tanto esagerata, ma vederla
così, senza
controllo, era insostenibile – “Non me ne
andrò Catherine e non lo dirò mai
più.”
– la rassicurò accarezzandole i capelli ormai
quasi asciutti – “Troveremo una
soluzione a questa situazione così strana.”
Catherine si strinse
fra le
sue braccia – “Non te ne andare.”
– mormorò ancora, come se neanche avesse
sentito quello che Christian le aveva appena detto.
“Non lo
farò.” – le ripetè
ancora – “Adesso calmati. Io ti aspetto
giù, sarà meglio che ti rivesta prima
che ti ammali sul serio.”
Il moro le
accarezzò piano il
capo, fece un po’ di fatica a sciogliere la presa delle sue
braccia intorno
alla propria vita e quando ci riuscì le scostò un
ciuffo dal viso e le sorrise.
Si avviò
verso la porta e, una
volta raggiunto l’uscio, si voltò verso di lei
– “Andrà tutto bene.”
– le disse
prima di uscire.
In realtà
da quel giorno le
cose non andarono affatto bene.
Il domino
è un gioco
affascinante.
Non importa quante
pedine si
usino, non importa in che modo si dispongano, basta che anche una sola
di essa
cadi e tutte le altre cadranno.
Nel loro rapporto la
distruttiva reazione a catena era stata innescata.
E la prima grande
conseguenza
fu che, da quella notte, Catherine non condivise più lo
stesso letto di
Christian.
;il
salotto di lilysol;
Allora quali sono le
parole
migliori per poter iniziare?
Innanzi tutto credo
che siano
doverose un bel po’ di scuse per tutto il tempo che vi ho
fatto attendere.
Questa storia la scrissi tutta di getto, ma poi dopo aver perso il mio
computer, persi con lui tutti i capitoli della storia, e si sa quanto
sia
difficile ricominciare a scrivere ex novo qualcosa che già
era nato e aveva
preso forma. Mi sembrava una scrittura forzata e non ero soddisfatta
del
risultato.
Così la
storia è stata
accantonata, ogni tanto ho provato ad aprire il file, a scrivere
qualche riga,
ma niente.
Alla fine
però, sollecitata da
molte di voi che mi hanno scritta sia privatamente, sia recensendo, ho
deciso
di non cancellare la storia e di riprovare a darle nuova vita.
Ora, dopo questo
capitolo
abbastanza intenso, spero di essermi fatta perdonare.
Cercherò
di aggiornare con la
massima regolarità, impegni universitari permettendo .
Che altro dire?
Lasciamoci con un
sorriso e
diamoci appuntamento al prossimo capitolo.
A
proposito… ecco le
anticipazioni:
Cap.
12: Perturbazione francese.
“Maxime?”
– domandò Daniel a Christian quando fu sicuro di
essere fuori dalla portata di
Catherine.
Stranamente
aveva usato lo stesso tono scettico di Christian quando la ragazza gli
aveva
parlato per la prima volta di questo Maxime.
Decise
di non soffermarsi troppo su questo dettaglio, c’era altro a
cui pensare.
“Un
francese.” – tagliò cortò.
Daniel
lo fissò per qualche istante, con l’espressione di
chi ha capito tutto; si
accarezzo la barba lasciata un po’ incolta, storcendo
leggermente le labbra.
Era evidente che era alquanto contrariato.
“Che
c’è?” -
gli domandò Christian.
“Se
lo vuoi proprio sapere amico, penso che se la lasci ad un francese, sei
davvero
un idiota!”.
Grazie a
“veterani” che
continuano a seguire con passione questa storia e grazie a qualsiasi
possibile “novello”
che deciderà di avventurarsi in questa contorta, ma spero
piacevole lettura.
Un bacio grande a
tutti J
lilysol