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Autore: trustsnape    08/09/2007    4 recensioni
Attenzione Spoiler Hp7 Per due anni aveva spiato con interesse una bambina, completamente diversa dagli altri che aveva incontrato e dalle sue capacità Severus aveva subito capito che anche lei era come lui. Così, ogni pomeriggio, usciva di casa, risaliva la stradina che costeggiava il fiume e dopo aver superato diverse vie arrivava in un parco giochi recintato dalle siepi dietro le quali si nascondeva in modo da vedere ma non essere visto.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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She Was Smiling



Lentamente la sua testa fece capolino dalla porta della propria camera. Rimase per qualche secondo fermo, in attesa, come se cercasse di captare ogni minimo suono proveniente dal piano di sotto dove sapeva si trovassero entrambi i suoi genitori. Ma tutto sembrava tranquillo, anzi pareva che la casa fosse vuota. Fece un passo avanti richiudendosi la porta alle spalle per poi cominciare a scendere con estrema lentezza le scale, la mano sul corrimano per sorreggersi sebbene non ne avesse affatto bisogno data la sua giovane età. Aveva compiuto da qualche mese 9 anni il bambino di casa Piton. Con un saltello leggero sorpassò l’ultimo scalino, solo a quel punto alzò il viso incorniciato dai lunghi capelli neri, scrutandosi intorno con un’espressione quasi preoccupata, il suo corpo rigido e sempre all’erta come se si aspettasse di ricevere qualcosa addosso da un momento all’altro. Lanciò un’occhiata al salotto, dove credeva si trovasse la persona che temeva, la persona che pochi minuti prima aveva sentito urlare, la persona che ogni maledetto giorno cercava di evitare, la persona che doveva chiamare padre ma che non poteva per nessuna ragione definire tale.
“Tuo padre non c’è.. E’ uscito..” una voce gli arrivò da dietro le spalle, proveniente dalla cucina. Il bambino si girò subito, aveva capito che era stata sua mamma a parlare e infatti la vide lì, seduta su una sedia di legno, un po’ curva, con alcune ciocche di capelli corvini che le ricadevano sul viso poco curato da cui traspariva un’espressione stanca e abbattuta. Stava lavorando a maglia, un’attività che praticava spesso quando aveva tempo.. e quando poteva rilassarsi un attimo.. Il giovane Piton si avvicinò a piccoli passi alla madre, senza dire una parola, con le braccia distese lungo i fianchi cosicchè le maniche troppo lunghe della giacca che portava ormai da molto tempo gli coprivano le mani e arrivavano quasi a toccare il pavimento. Non faceva troppo freddo,anzi era estate, ma lui non se la voleva togliere. Non perché gli piacesse, tutt’altro, la detestava. Ma almeno poteva coprirsi quel ridicolo camiciotto che sua madre gli aveva comprato e che era costretto a portare. Era cresciuto parecchio nell’ultimo periodo e tutti i vestiti che aveva erano diventati troppo piccoli o stretti, come i jeans che comunque indossava quel giorno, gli lasciavano scoperte le caviglie, rivelando i calzini grigi sotto le scarpe anche quelle vecchie e rovinate dal tempo. Si tirò su distrattamente una manica fermandosi vicino alla madre e continuando a studiarla, cercava i suoi occhi per rassicurarla ma probabilmente più per essere rassicurato, aveva sentito le urla qualche momento prima, sapeva che sua madre e suo padre avevano litigato e temeva che quest’ultimo avesse alzato le mani su di lei, come era solito fare, senza poi preoccuparsi delle ferite che lasciava a sua moglie.. no, lui se ne andava sbattendo la porta, proprio come quel giorno, sicuramente diretto in qualche altro locale per ubriacarsi ancora un po’, difatti non appena tornava a casa spesso era ancora più aggressivo di quando se ne era andato.. Erano anni ormai che la storia andava avanti così e già da molto tempo il piccolo Piton si era chiesto come mai sua madre non cercasse di ribellarsi in qualche modo o semplicemente prendesse il figlio e se ne andasse da quella casa maledetta e da quella zona malfamata.. Ancora non aveva trovato una risposta e aveva deciso che non l’avrebbe nemmeno più cercata.. Cosa gli importava dopo tutto? Lui in meno di un paio d’anni se ne sarebbe andato da quell’inferno.. Sarebbe approdato in tutt’altro mondo.. un mondo che aveva sempre sognato da quando sua madre gli aveva spiegato il motivo per cui lui fosse così diverso dagli altri e che ciò non era un difetto ma anzi un pregio, un dono che pochi ricevevano e che molti agognavano..
Era un mago e come tale avrebbe dovuto frequentare uno scuola magica: Hogwarts. Non vedeva l’ora. E poi con grande meraviglia aveva scoperto di non essere il solo nella zona. Per due anni aveva spiato con interesse una bambina, completamente diversa dagli altri che aveva incontrato e dalle sue capacità Severus aveva subito capito che anche lei era come lui. Così, ogni pomeriggio, usciva di casa, risaliva la stradina che costeggiava il fiume e dopo aver superato diverse vie arrivava in un parco giochi recintato dalle siepi dietro le quali si nascondeva in modo da vedere ma non essere visto. Non aveva molti amici e tutti gli altri ragazzini tendevano a prenderlo in giro per il suo vestiario che perciò lui odiava se possibile ancora di più.. Allora non gli restava che rimanere dietro le piante per osservare quella bambina di cui aveva poi conosciuto anche il nome visto che sua sorella la chiamava sempre: Lily.
Per due anni interi lei non lo aveva mai visto, troppo intenta nei suoi giochi e nel voler mostrare le sue abilità alla sorella, la quale però non sembrava affatto apprezzare, finchè il piccolo Piton non aveva deciso di mostrarsi e rivelarle quello che davvero lei era, difatti sembrava che Lily ancora non avesse capito di essere una strega, era all’oscuro di tutto visto che aveva entrambi i genitori babbani e nessuno di loro due era a conoscenza dell’esistenza di una scuola di magia e stregoneria. Però quel primo incontro fra i due non era andato molto bene, forse era stata colpa della sorella più grande che aveva trascinato via la più piccola senza permetterle di fare domande.
Severus si era subito pentito di quello che aveva fatto, agendo così aveva gettato ai quattro venti anche l’amicizia che forse sarebbe potuta nascere con quella bambina. Questo era accaduto appena 3 giorni prima e da allora non si era più avvicinato al parco giochi, troppo deluso di come erano andate le cose.
E adesso si ritrovava lì a casa, davanti a sua madre che continuava ostinatamente a tenere il volto basso come se non si fosse accorta della presenza del proprio figlio. Il piccolo Severus, non appena ebbe capito che non avrebbe ricevuto attenzioni dalla donna si voltò abbassando lo sguardo, diretto verso la porta della cucina. Aveva deciso. Sarebbe tornato da lei, da quella bambina che tanto lo affascinava, magari se non ci fosse stata la sorella avrebbe potuto dirle qualcos’altro.
“Si può sapere dove esci tutti i giorni?” di nuovo quella voce cupa, triste, lo bloccò, facendolo voltare verso di lei. Non rispose subito mentre la fissava, indeciso se dirle la verità oppure mentire. La donna non accennava ad alzare il capo dal suo lavoro.
“Al fiume.” Mormorò in risposta dopo qualche minuto di silenzio, in cui l’unico rumore percettibile erano le bacchette con cui la madre stava lavorando un maglioncino di un colore spento e triste come tutto il resto del vestiario che indossava.
“Al fiume? E cosa c’è di tanto interessante al fiume?” chiese subito e solo in quel momento alzò il volto stanco e grigio che la faceva sembrare molto più vecchia di quello che non era.
Il giovane Piton trasalì, ma non per la domanda, bensì per il grosso, visibile livido che era disegnato appena sotto l’occhio di sua madre che difatti teneva quasi chiuso. L’aveva fatto di nuovo. Suo padre l’aveva picchiata.
Non disse niente, sentiva un fastidioso groppo che gli si era formato in gola. Perché? Perché ogni volta doveva finire così? Possibile che quasi ogni giorno doveva procedere allo stesso modo? Perché la sua non poteva essere una famiglia felice come quelle che vedeva sempre al parco giochi? E perché ogni volta si ritrovava sempre a porsi queste domande e a non trovare mai delle risposte soddisfacenti?
Abbassò ancora una volta il volto fissando il pavimento, non voleva indugiare un secondo di più ad osservare l’ennesima prova di ingiustizia sul volto segnato della madre.
“Non c’è niente al fiume. Faccio solo una passeggiata.” Rispose con parole quasi sussurrate tanto che la madre protese un po’ la testa per capire cosa stesse dicendo il proprio figlio.
“Passeggiate che durano un pomeriggio intero? Esci alle 4 e torni alle 8 di sera! Severus lo sai bene che a tuo padre non piace che tu...”
“A lui non piace mai niente!! Qualunque cosa faccia a lui non va bene!” sbottò all’improvviso il piccolo Piton, il suo viso si era accigliato tutt’ad un tratto, senza però alzare lo sguardo che teneva ancora fisso sulle proprie scarpe sgualcite.
Sua madre sospirò prima di parlare di nuovo, facendo trascorrere qualche secondo in silenzio. “Severus, lo sai come è fatto.. Ed è bene non farlo arrabbiare, soprattutto in questo periodo. Hai visto anche oggi, no? E’ bastato solo che io per sbaglio..”
“Sì sì ho sentito! Ma non mi importa!! Non è giusto che io non possa mai fare niente per colpa sua! E te non fai mai nulla! A te va bene così e non è giusto!! Ma tanto io tra poco me ne andrò e non tornerò mai più a casa!” non era riuscito a trattenersi, aveva alzato gli occhi e aveva urlato tutto quello che pensava, senza curarsi dello sguardo affranto ma anche un po’ corrucciato della madre, sapeva che a lei non piaceva quando lui diceva quelle cose.
Senza aspettare che lei si alzasse o dicesse qualcosa, si voltò e con un scatto corse verso la porta di casa.
“Severus!” la voce della madre gli arrivò alle orecchie prima di chiudere e sbatacchiare la porta, ma non si fermò.. no.. Continuò a correre con il solo desiderio di allontanarsi da quella casa, da quella prigione che chiamava casa ma dalla quale ogni giorno agognava scappare per raggiungere quel parco giochi, cercare quella bambina e studiarla, mentre sognava ad occhi aperti il giorno in cui assieme a lei avrebbe varcato la soglia della scuola che sarebbe diventata la sua casa, la sua nuova, accogliente e vera casa.
Correva, correva con il volto basso, sentiva le lacrime che calde gli scorrevano per le guancie, non era riuscito a trattenersi, anche questa volta era scoppiato a piangere, succedeva spesso quando i suoi genitori litigavano, sebbene cercasse sempre di essere forte, non ce la faceva, cedeva sempre sopraffatto da tutte quelle emozioni negative che gli riempivano il petto e gli facevano solo desiderare di scappare, di piangere, di sfogarsi.. Non aveva mai avuto delle braccia aperte in cui rifugiarsi e sentirsi protetto. Sin da molto piccolo, aveva imparato a cavarsela da solo. Suo padre lo trattava come un animale fin da quando aveva scoperto che il proprio figlio assomigliava alla madre, che era un mago e per questo diverso, strano, un figlio di cui vergognarsi e quindi da odiare.
Sua madre invece era troppo presa dalle sue preoccupazioni, di certo non si curava di consolare il figlio né di coccolarlo.. Non aveva mai avuto un istinto troppo materno lei, però sicuramente si occupava di lui molto più di come faceva suo marito. Almeno cercava di trovargli qualcosa da mettergli e gli dava da mangiare.. Il minimo indispensabile per sopravvivere.
Il piccolo Piton non aveva mai ricevuto un po’ di affetto, non sapeva nemmeno cosa si provasse ad essere abbracciati, a trovarsi vicino ad una persona che senti che ti vuole bene e che tiene a te e allo stesso tempo riuscire a ricambiare e restituire il proprio amore.. No questo nessuno glielo aveva mai insegnato.
Continuava a correre senza rallentare il passo, stava costeggiando il fiume in quel momento, attraversando la stradina sterrata, le lacrime gli appannavano la vista, ma non se ne preoccupò.. Aveva fatto talmente tante volte quel percorso che avrebbe potuto affrontarlo anche a occhi chiusi, senza il pericolo di scontrarsi con nessuno visto che quella zona era praticamente deserta se non per qualche barbone o qualche povero babbano che era costretto a vivere lì come lui.
Si fermò solo quando da lontano riconobbe la strada che portava al parco giochi. Doveva avvicinarsi lentamente per non farsi vedere, quatto e silenzioso come solo lui riusciva a fare, ogni volta sembrava un predatore che andava a caccia della sua preda, si appostava dietro ad un nascondiglio e non si muoveva di lì per ore, immobile tanto da poter assomigliare ad una statua se non fosse stato per gli occhi che saettavano veloci per seguire la sagoma della bambina che tranquilla giocava con i suoi amici.
Si asciugò gli occhi con una delle lunghe maniche, tirando su con il naso mentre riprendeva a camminare, udiva già le urla e le voci dei bambini.. A quell’ora il parco giochi era sempre pieno.. solo verso sera cominciava a svuotarsi e allora rimaneva solo lei, Lily, con sua sorella.. dato che loro vivevano vicino potevano permettersi di rimanere qualche ora di più. Sì, il giovane Piton aveva scoperto anche dove vivevano, le aveva seguite un giorno, sempre di nascosto e senza farsi vedere. Stavano in una casa grande, elegante, di sicuro molto più appariscente della sua vecchia baracca a Spinner’s End.. Le pareti erano bianche, ed era recintata da dei cancelli neri, ricoperti in più punti da delle piante colorate così come alle finestre sia a quelle del piano superiore sia a quelle del piano inferiore. Sulla porta anche essa nera, spiccava il numero dell’abitazione: 97.
Quel giorno si era soffermato qualche minuto a studiarla, cercando di immaginare come fosse stata al suo interno e così aveva fatto di nuovo tardi suscitando naturalmente l’ira di suo padre che non aveva esitato a sfogarsi su di lui e sulla madre.
Ma il piccolo Piton non aveva mai rinunciato a quella passeggiata giornaliera che ogni volta lo aiutava a scappare con lo spirito e con il corpo dalla sua prigione chiamata casa.

  
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