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Autore: Maria_Black    22/02/2013    5 recensioni
"Ma il vento che sento sulla guance è troppo reale, l’odore delle lacrime della mia Claire è vero e mi ha ustionato la pelle, le parole che mi ha detto sono… alla Claire Young e Quil Ateara, con tanto di “cazzo” e “porca puttana” di mezzo.
La guardo e mi rendo conto che non c’è niente da dire. Ed è quello che faccio: non dico nulla, agisco soltanto."
QUINTA CLASSIFICATA AL CONTEST "WELCOME TO LA PUSH" DI POSTERGIRL84
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claire Young, Quil Ateara V, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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Nick: Maria_Black

Titolo: Il lupo perde il pelo ma non il vizio

Personaggio: Quil Ateara V

Prompt: La cosa peggiore è che non so di che cosa ho paura [One Tree Hill]

Raiting: giallo

Avvertimenti: nessuno.

Note: Il mio rapporto con Ateara è stato molto problematico, ma alla fine l’ho avuta vinta io e questo è quello che ne è uscito fuori. Tanti piccoli momenti della sua vita.


 










A Ellie, perchè senza di te, tutto questo non ci sarebbe mai stato.

 
 


 

Il lupo perde il pelo ma non il vizio

 

 




 

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La cosa peggiore è che non so di che cosa ho paura.

[One Tree Hill]

 

 

 

Ehi, amico, ci vediamo domani!

Ok. Alle otto, all’officina di Jacob. Ciao, Embry.

Rallento il passo- gli alberi intorno a me si muovono meno rapidamente, il vento che fischiava nelle orecchie, diventa un semplice sibilo- e perdo velocità fino a fermarmi. Chiudo gli occhi e, in meno di un attimo, mi ritrovo su due piedi. Stampata nella mente, ancora l’immagine che mi aiuta a tornare umano: una bambina chinata su un foglio, le trecce castane che le penzolano ai lati della testa e sfiorano la carta bianca su cui con il pastello a cera giallo acceso, sta colorando il sole all’angolo del disegno.

Mi rimetto pantaloncini e maglietta, prima di incamminarmi verso una piccola casetta dalle pareti blu, che da tanto tempo frequento quasi quotidianamente. Busso e aspetto. Sento i passi veloci e leggeri sul pavimento in legno del corridoio.

Li riconosco.

È lei. La porta si apre quel che basta, perché il suo piccolo corpo venga fuori e si butti sul mio. La prendo in braccio e la faccio volare in aria, mentre la sua risata risuona nell’aria come la musica più bella che abbia mai sentito. Dio, Quil, datti una calmata. Di questo passo ti vestirai davvero da principessa delle fate a Carnevale, come ti ha chiesto Claire, e quei due coglioni di Embry e Jake di certo non si perderanno l’occasione di farti una foto, con cui ti ricatteranno a vita.

«Sei venuto!»

«Certo, piccola, te lo avevo promesso! Adesso rientriamo però. Qui fuori fa freddo!» Lei annuisce, i capelli scuri che le ricadono sugli occhi, mentre si rannicchia contro di me, riparandosi dal vento gelido e trovando conforto nel calore della mia pelle.

Entro in casa e chiudo con un piede la porta. La televisione continua a mandare in onda il telegiornale delle cinque, anche se non c’è nessuno seduto sul divano rosso a seguirlo.

«Claire, dov’è la mamma?» Le chiedo, mentre la sistemo sul divano. Lei scrolla le spalle, poi prende il telecomando e fa zapping, finché non trova un canale dove sta andando in onda “Doraemon”. No, ma sul serio, dopo così tanti anni, ancora lo trasmettono in tv? Wow. Mi siedo accanto a lei e mi rassegno al mio destino, che vuole che io veda quel coso blu, per tutto il pomeriggio o quasi.

Sento fin da qui, Humita- la madre della piccola- che in bagno maneggia quelli che, dal rumore che fanno sul coccio del lavandino, sembrano trucchi. Claire si accoccola su di me- le gambe strette al petto, la testa sulle mie ginocchia e le mani unite tra i capelli, vicino all’orecchio- e io circondo il suo corpo fragile e piccolo, con un braccio bollente. Quando l’abbraccio, scaccia sempre via la coperta, perché dice che è già al caldo, grazie alla mia pelle bollente. I vantaggi di essere un lupo.

«Oh, Quil, ciao.» Mi volto e sorrido alla madre di Claire, che è appena entrata in salotto. Ha i capelli legati dietro la testa. Un ciuffo le ricade sugli occhi, ma lei lo riposiziona subito dietro l’orecchio. Dimostra meno anni di quelli che in realtà ha.

«Ciao Humita.» La chiamo per nome, abbiamo eliminato le formalità da molto tempo, ormai: sono passati quasi tre anni da quando ho avuto l'imprinting con l’unica figlia che ha e, in fondo, è più il tempo che passo in questa casa che quello che trascorro nella mia.

«Grazie per essere venuto. Stasera Emily non poteva occuparsi di Claire, è a quel corso universitario…» Mi rivolge un sorriso materno, mentre con la mano accarezza distrattamente la pancia leggermente pronunciata, segno dell’arrivo di un nuovo membro nella famiglia. Sarà una bambina e si chiamerà Kali.

«Tranquilla, lo sai che non mi dispiace badare a Claire, passa una buona serata. » Le sorrido e torno con lo sguardo a quella peste travestita da angelo, che ha la testa appoggiata sulle mie gambe e gli occhi puntati su quella sottospecie di gatto blu- Ma davvero?Un gatto blu? Blu?Ma chi è l’inventore di questo cartone animato? Lo voglio conoscere!- e le sue avventure.

Humita se ne va poco dopo, è passato a prenderla Nick, il padre di Claire, dopo che ha staccato da lavoro, così rimaniamo in casa solo noi due, io e la piccolina. Come avevo già previsto, passiamo maggior parte del pomeriggio seduti sul divano a guardare Doraemon che interagisce con Nobita, un ragazzino brutto come la peste, con gli occhiali alla Harry Potter e i capelli a spazzola.

Odio quel cartone animato, l’ho sempre odiato fin da bambino e mi è sempre stato sulle palle quel coso blu senza forma, che dovrebbe essere un gatto proveniente dal futuro. Ma alla domanda di Claire «Quil, ti piace?», come un emerito coglione annuisco con un sorriso stampato in faccia e le rispondo con un «Sì, Claire, pensa che lo guardavo sempre quando ero piccolo.», omettendo che lo facevo solo in attesa che arrivassero i Pokemon, gli eroi della mia infanzia.

 

~

 

Entro in casa e prendo uno dei muffin posati sulla tavola. Saluto Emily con un cenno e mi siedo sul divano verde sgangherato, occupato già da Embry e Jared.

Anche se Sam ha smesso di trasformarsi da ormai quasi tre anni e Jacob sia diventato L’Alpha,  resta sempre un membro del consiglio ed Emily continua ad essere la prima donna del branco.

«Com’è andata, Quil?» Jacob, dalla sedia accanto al tavolo, mi rivolge lo sguardo mentre butta giù un muffin.

«Tutto ok. C’era un vampiro che si aggirava a qualche centinaio di miglia da qui, ma io e Luke lo abbiamo fatto fuori.» Il ragazzino in questione annuisce, mentre mastica uno dei biscotti che sono appena usciti dal forno. È il più piccolo, uno degli ultimi ad unirsi al branco, infatti.

Mi alzo e vado verso il frigo. Prendo il cartone di latte dal ripiano in alto e un bicchiere dalla credenza, verso il liquido bianco e rimetto a posto la busta di latte. Se non facciamo i bravi, Emily sa come ricattarci, quindi conviene fare le cose per bene.

Torno al divano, e ascolto distrattamente la discussione fra Sam e la moglie. Lui vuole portare Joshua- il figlio di quattro anni- allo stadio e lei decisamente non è d’accordo, quando il mio cellulare inizia a squillare nella tasca dei miei pantaloncini. Lo prendo e vedo che sullo schermo sta lampeggiando il nome “Claire”. Rispondo, dopo aver buttato giù mezzo bicchiere di latte.

«Pronto?»

«Quil! Non puoi capire cosa è appena successo!» Sento la sua euforia anche attraverso quell’aggeggio, che rende la sua voce fastidiosamente metallica.

«Dimmelo tu, cucciola.»

«Io… oddio, ancora non ci credo! Sai Mark, quel ragazzo di cui ti ho parlato l’altro giorno?» Quale, cucciola, quello a cui avrei voluto spaccare la faccia perché ci ha provato spudoratamente con te? Ma certo che sì, so anche dove abita!

«Sì.»

«Beh… oggi, c’era il corso di teatro, no? E sia io che lui ne facciamo parte. Allora, il professore ha detto che avevamo due minuti di pausa e io sono andata fuori.» La continuo ad ascoltare, mentre una strana e inquietante sensazione inizia a farsi spazio nel mio stomaco. «Poco dopo, vedo che esce anche lui e rimaniamo soli.» Sento una mano invisibile divertirsi a stringere le mie budella a suo piacimento, a rigirarle, poi a ristringerle, le lascia, ma poi ricomincia a contorcerle. «Abbiamo parlato un po’ così e poi… Ci siamo baciati! Il mio primo bacio, Quil!» La sento ridacchiare dall’altro lato del telefono, felice, mentre nelle mie mani il bicchiere trasparente va in frantumi e il latte cade sul pavimento insieme ai frammenti di vetro. Quel suono copre quello del mio cuore ferito, mentre il lupo dentro di me ulula di dolore. Lo ammazzo, lo ammazzo, lo ammazzo. Stavolta, lo ammazzo sul serio. Tutti si voltano nella mia direzione, occhi sgranati, in attesa di una mia reazione a quello che hanno sentito anche loro. ‘Fanculo all’udito da lupo.

«Quil? Tutto ok? Cos’è successo?» Il tono di voce di Claire è improvvisamente cambiato, assumendo una sfumatura preoccupata. Cazzo, deve aver sentito il bicchiere rompersi. Chiudo gli occhi, respiro profondamente- no, Quil, sai anche tu che non riuscirai a smettere di tremare- e poi rispondo.

«Sì, tutto ok, tranquilla. Adesso devo andare, ci sentiamo più tardi. Ciao cuc- Claire.» Chiudo la chiamata, gli occhi di tutti ancora su di me.

Non dico nulla, non voglio consolazioni, giustificazioni, pacche sulle spalle, sguardi compassionevoli, non voglio niente. Mi alzo, non chiedo neanche scusa ad Emily per il casino che ho combinato, semplicemente me ne vado, mentre forti tremori mi scuotono il corpo. Appena uscito, scoppio, non ho neanche il tempo di togliermi gli abiti. Inizio a correre, per la foresta, il più lontano possibile da quell’angelo dagli occhi scuri e i capelli morbidi, che è diventato il mio incubo peggiore.

 

~

 

Sono sul divano a guardare un programma di smidollati che fanno esperimenti, come quello di riempire una casa di acqua- devo prendere appunti, che prima o poi lo faccio con la casa di Jake e Bells- quando sento bussare alla porta . Mi alzo e vado ad aprire. Davanti mi ritrovo Claire, bagnata dalla testa ai piedi. La faccio entrare, sconcertato, non dovrebbe essere da me, ma a scuola. Manca solo un mese al diploma e, studiosa come si è sempre dimostrata negli anni, mi sembra impossibile che abbia mollato le lezioni per venire qui. A far cosa, poi?

«Claire, che ci fai qui?» Non mi risponde, semplicemente si avvicina e mi bacia. Le sue labbra si aggrappano alle mie e la sua lingua mi chiede il permesso per entrare. Gemo- cazzo, non è possibile, la mia Claire- e le lascio il passaggio libero. Fammi quello che vuoi.

Le sue mani si aggrappano al mio collo, le unghie graffiano la pelle e odio il lupo, perché so che non potrò portare abbastanza a lungo, il marchio del passaggio di Claire. La sua lingua cerca la mia, mi stringe, mentre la prendo per i fianchi e la avvicino ancora di più. Non voglio lasciare neanche un millimetro di spazio tra me e lei, ho aspettato troppo. Lei si alza sulle punte, la maglietta lascia un lembo di pelle scoperta sui fianchi e la mia mano guidata dall’istinto va a cercarla ed accarezzarla. Da quanto tempo lo aspettavo. La prendo per i fianchi e la alzo, mentre le sue gambe mi circondano il bacino. Sento che i pantaloni stanno diventando sempre più stretti. La porto in camera, senza smettere di baciarla. Ci stendiamo sul letto e non so come, ci ritroviamo in intimo. La guardo, solo in reggiseno e slip, e penso che dopo aver visto lei così, potrei anche morire. Mi tuffo sul suo collo, mentre lei esplora con mani quasi tremanti la schiena, su cui, da piccola, tante volte si è aggrappata. Non resisto più, le levo l’intimo, lo vuole anche lei, lo leggo nei suoi occhi, e mi levo i boxer. Embry e Jacob smetteranno finalmente di darmi del verginello.Cazzo, ma perché sto pensando a loro, quando ho Claire sotto di me? La guardo, le chiedo il permesso, lei annuisce e entro dentro di le-

Mi sveglio di soprassalto.

Cazzo, Quil, ancora! Non è possibile!

Mi guardo intorno, sono nella mia camera, da solo e l’orologio appeso al muro segna le cinque di pomeriggio. ‘Fanculo. Embry e Jacob mi prenderanno per il culo per mesi, se vengono a sapere una cosa del genere. Se me lo lascio scappare, vi prego, Spiriti, mandatemi un vampiro. Voglio un morso con annessa morte istantanea. Morire tra le prese del culo dei miei migliori amici, non è esattamente una delle fini più gloriose. Mi alzo, sono eccitato. Merda, dovrò farmi almeno trenta docce ghiacciate. E mi devo pure sbrigare, tra mezz’ora devo andare a prenderla.

 

La guardo ridere insieme ai suoi amici, mentre mi avvicino al gruppo stazionato vicino al furgoncino arancione. È bella. Cazzo, è davvero troppo bella. E non sarà facile levarmi dalla testa quel sogno.

Il vento le muove i capelli lisci, gli occhi scuri sono socchiusi, le guance accarezzate dalle ciglia nere, la bocca contratta in una risata, la mano destra che accarezza il braccio sinistro, un tic che ha da sempre. L’ho vista crescere sotto i miei occhi, dare il primo bacio a un fottuto ragazzo che non ero io, cambiare le forme fino a diventare una donna, una bellissima donna che avrei voluto fare mille volte mia, e non posso credere che abbia già diciotto anni.

Sono accanto a lei ormai, le cingo le spalle e lei si appoggia al mio petto, mentre alza la testa per guardarmi negli occhi e regalarmi uno dei suoi sorrisi più belli.

Ti amo, le dico sprofondando nel suo sguardo. Ti amo, le dico accarezzandole la pelle della spalla. Ti amo, le dico, offrendogli tutto me stesso e standole accanto ovunque e comunque. Solo una volta ho rotto questa promessa ed è stato quando mi aveva raccontato di aver dato il primo bacio a quell’imbecille di Mark Bane. Non mi feci vivo per due giorni, vagabondando per la foresta, mentre le menti dei miei fratelli mi riportavano immagini di Emily, che spiegava alla nipote che ero fuori per una missione del branco. Da allora, Claire non mi ha più detto nulla riguardo la sua vita sentimentale, non so neanche come sia andata a finire con quello lì, né quando si siano lasciati.

E forse è meglio così. Non credo avrei potuto sopportare altri racconti di baci con persone che non erano me, per non parlare di storie d’amore vere e proprie, o… sesso. No, la mia Claire è ancora vergine, altrimenti me lo avrebbe detto, no? Quil, ha diciott’anni, davvero pensi sia ancora immacolata, come la bambina di qualche anno fa? Ricaccio indietro quel brutto pensiero. Preferisco rimanere nella mia beata ignoranza, che ammettere la dura verità.

«Ragazzi, io e Quil andiamo. Ci vediamo domani.» Scuote in aria la mano, come quando da piccola mi salutava da dietro la finestra, prima che io scomparissi tra gli alberi. Cazzo, sembra ieri.

Ci incamminiamo verso casa Uley, le nostre spalle che si sfiorano ogni tanto. È il compleanno di Joshua ed Emily ha organizzato una piccola festa a cui parteciperà anche il branco. Forse è arrivato il momento di dire a Claire dell’imprinting, non ho mai avuto il coraggio di rivelargli di quello strano legame che ci unisce, anche se sa, fin da piccola, dell’esistenza dei lupi.

Quando glielo dirai? Questa domanda si ripresenta nella mia mente, ormai, quasi ogni volta che la vedo e mi rendo conto che non la voglio perdere per nulla al mondo. Ok, Quil, frena, stai finendo nelle battute di una commediola romantica di terz’ordine. Datti una regolata, cazzo.

La risposta a quella domanda, però, non c’è. Perché non so se lei mi reputa ancora il suo solo migliore amico Quil- la fase del fratello maggiore l’abbiamo passata da un pezzo, per fortuna- e non la voglio costringere a far nulla. Voglio che si innamori di me, ma non a causa di una stupida magia.

«Sei silenzioso.» La sua voce mi riporta a La Push.

«Anche tu.»

«Io, un motivo ce l’ho. E tu?»

«E il tuo motivo sarebbe?»

«Beh…» La vedo tentennare ed è la prima volta che lo fa con me. Che cosa non vuole dirmi?

«Dai, Claire, mi hai sempre detto tutto.» Si ferma e di conseguenza mi fermo anch’io. I capelli le coprono il viso e io allungo una mano per spostarli e avere contatto diretto con i suoi occhi. Abbassa lo sguardo sulle mani e le stropiccia nervosamente tra di loro.

«C’è… un ragazzo.»

Un mattone si posiziona al centro del petto e solo la sua presenza, mi impedisce di iniziare a tremare. Quello e una grande esperienza in fatto di lupi. Cazzo, è peggio di quanto pensassi.

«Ah.»

Alza lo sguardo e continua a parlare.

«Sì. È più grande di me e… mi sono innamorata di lui.»

Nascondo le mani dietro la schiena, perché adesso non riesco ad impedire il loro tremore. È innamorata, merda. Innamorata!

«Non dici nulla?» Mi guarda da sotto le ciglia lunghe e scure.

Respiro profondamente e rispondo nella maniera più calma che mi riesce. «Che dovrei dire?» Sbuffa e porta lo sguardo dietro di me, sul sole che si nasconde oltre la linea dell’orizzonte.

«Non lo so, Quil! Qualcosa!» Dimmi chi è e giuro che gli stacco la testa a morsi.

«Sono contento per te.» Mi esce dalle labbra senza che possa impedirlo, mentre dentro di me urlo dicendole che no, non sono contento, che sto tremando di dolore, che mi sta spezzando il cuore perché io la amo, la amo da sempre, fin da quando ho incontrato quegli occhi scuri e ingenui, che mi studiavano, cercando di capire chi fossi e cosa ci facessi a casa della zia, interrompendola nel suo attacco di arte e disegno.

I suoi occhi saettano su di me, poi tornano a terra, sulla sabbia che sta spostando con i piedi.

«Solo questo? Sono contento per te?» Claire, ti prego, non mi chiedere nient’altro.

«Io…» Non mi sono mai sentito così coglione, così stupido, incapace, deficiente. Un fallito, ecco cosa sono.

La sento tirare su con il naso e con il vento mi arriva l’odore delle sue lacrime. No, Claire. Merda, non piangere. Sono io il fottutissimo coglione che non ne fa una giusta, non tu. Capito, cucciola?

«Claire, ehi…» Mi avvicino, il tremore alle mani è scomparso, anche se il dolore è annidato dentro di me, pronto ad esplodere appena ne avrò il modo. Al mio passo in avanti, però, lei si scosta, facendone uno indietro. Rimango congelato, quando capisco che mi sta respingendo. La mia Claire mi sta respingendo. Non mi vuole. Non le servo più.

«Sei un coglione… Uno stronzo, verme, bastardo, coglione.» Non riesco a far nulla, troppe cose da digerire. Cazzo, come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto? Perché, Claire, perché non ti sei innamorata di me, così avrei potuto dirti dell’imprinting? Non ti avrei fatto mancare nulla, nulla davvero.

«Perché non capisci? Perché?» Si scosta rabbiosa i capelli dal volto, appiccicati alle guance, grazie anche alle lacrime. «Mi conosci da quando ero una bambina, sei la persona che mi dovrebbe capire meglio di chiunque altro, ma non sei riuscito a vedere una cosa così… così palese!» Sta urlando, mi sta urlando addosso. Agita le mani in aria, alza la voce e pesta i piedi per terra. Se non fosse un momento così tragico, probabilmente la prenderei in giro, assomiglia così tanto a quella bambina che tanti anni prima aveva pianto nel corridoio di casa sua perché pioveva e non la potevo portare al mare, anche se era il suo compleanno.

Cosa vuole intendere? Che cosa non ho capito?

«Ma cosa…»

«Quil, cazzo, ti amo!» Urla, poi sgrana gli occhi e si porta una mano alla bocca. Che cosa ha… ?

«Claire, ma cosa…»

«Merda. Merda, l’ho detto.»

«Ma che cosa…»

«Cazzo, Quil, ti si è incantato il disco? Sì, porca puttana, ti amo. Mi sono innamorata di te.» Ha il respiro affannato, le mani abbandonate lungo i fianchi, gli occhi puntati nei miei nell’attesa di una mia reazione.

Lei…

Quil, cazzo, ti amo!

Lei ha…

Sì, porca puttana, ti amo.

Lei ha detto…

Mi sono innamorata di te.

No, sto sognando. È un'altra delle mie fantasie. Adesso mi sveglierò e mi ritroverò nella mia camera, da solo.

Ma il vento che sento sulla guance è troppo reale, l’odore delle lacrime della mia Claire è vero e mi ha ustionato la pelle, le parole che mi ha detto sono… alla Claire Young e Quil Ateara, con tanto di “cazzo” e “porca puttana” di mezzo.

La guardo e mi rendo conto che non c’è niente da dire. Ed è quello che faccio: non dico nulla, agisco soltanto. Copro quel metro di distanza che c’è tra di noi con un passo solo e le circondo i fianchi con le mani. Mi abbasso quel tanto che basta per arrivare alla sua bocca e lascio che le mie labbra sfiorino le sue. La sento alzarsi sulle punte, il vento che le muove i capelli, che finiscono anche sulla mia faccia e tra le nostra bocche. Ci stacchiamo e ridiamo, guardandoci negli occhi, finalmente liberi di poterci amare.

«Ti amo anch’io.» Le dico e posso giurare di non averla mai vista sorridere così tanto. Mi riavvicino alla sua bocca, mentre continuiamo a ridacchiare, e catturo le sue labbra, che si abbandonano alle mie.

 

~

 

«Zio Quil!»

Mi volto e Billy Black Junior mi vola tra le braccia.

«Billy!» Bella lo richiama dalla porta di casa, ma appena lo vede in braccio a me, si tranquillizza, distendendo le labbra in un sorriso.

«Oh, Qui, sei arrivato!» Si volta verso l’interno ed urla: «Jake! Sono arrivati anche Quil e Claire!» Mi avvicino alla casetta, accanto a me Claire Ateara. Ho sempre pensato che il mio cognome fosse perfetto per il nome Claire. Cucito appositamente per lei. Bip-bip-bip. Allarme diabete, ripeto, allarme diabete. Ok, mi do una regolata. Entriamo e fin da subito il gran caos che caratterizza il branco Quileute in tutti i suoi spostamenti, mi avvolge come una vecchia coperta dai bei ricordi d’infanzia.

Lascio Billy per terra e lui corre dagli altri bambini, raggruppati vicino all’ultimo modello di X-Box. Erano altri tempi, quelli della vecchia e cara Play Station.

Mi dirigo verso il salotto, dove ci sono tutti i membri del branco con le rispettive famiglie. Prendo Claire per mano e ci sediamo.

«Ehi, Quil, sempre l’ultimo, eh? Non riesci proprio a toglierti questo vizio!» Embry mi sorride dall’altro lato del tavolo, con la figlia in braccio. Seduta accanto, la moglie lo riprende con un sorriso. Ultimo nel branco, ultimo a scuola, ultimo a sposarsi e… ultimo ad avere figli. Guardo il pancione di Claire, dove il piccolo Nicolas Ateara riposa. Diventerò padre. Accidenti, ancora non ci credo.

«Brutta abitudine, lo so. Ma sai com’è il proverbio, no?»

Embry aggrotta le sopracciglia, mentre Jacob entra in salone, seguito da Bella. Mi guardo intorno e mi rendo conto che siamo tutti riuniti qui, con le nostre mogli e, in un solo caso, mariti. Sì, mariti.

Da non crederci, è vero, ma anche Leah ha trovato la cosiddetta “metà”. Nessun imprinting, no, solo due persone che si riconosco come compagne di vita l’una dell’altra. Non ho mai saputo i particolari, e non ci tengo sinceramente; la prima volta che ho saputo dell’esistenza di quel santo di David Weastly, è stato il giorno in cui ho ricevuto l’invito al loro matrimonio.

Tutti aspettano che io risponda a Embry e li accontento.

«Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.» Sorrido, mentre tutti scoppiano in una grossa risata. Era una battuta squallida, me ne rendo conto, e forse è proprio per questo che ridono.

Ma non mi importa niente, perchè- e stavolta no, Embry e Jacob non lo verranno mai a sapere, quindi sono libero di pensare quello che cazzo voglio- posso finalmente sentirmi l’uomo più felice del mondo, perché sono qui, con la mia famiglia e i miei fratelli, sto per diventare padre e sono sposato con Claire, la bambina dalle trecce castane che sfioravano il foglio di carta bianco e il pastello a cera giallo acceso in mano, intenta a disegnare la prima volta che la vidi.

Ho solo questo, in fondo. Ma mi basta.




Angolo Autrice
Questa storia è nata per il contest "Welcome to La Push" di postergirl84, classificandosi quinta per la gioia della sottoscritta. Allora, come già avrete saputo dalle note che ho inviato alla giudiciA, io e Quil non abbiamo avuto quello che si può definire come un rapporto pacifico, anzi. Però, alla fine, sono riuscita a scrivere qualcosa di decente su lui e la santa che deve sopportarlo.
Ringrazio infinitamente Ellie per il suo aiuto in tutto e per il meraviglioso banner che mi ha fatto, grazie mille, se non ci fossi stata tu, questa storia non esisterebbe. <3
Ringrazio Noemi per aver indetto il contest.
Ringrazio, infine, chiunque mi lascerà anche solo due paroline per dirmi cosa ne pensa.
Alla prossima,

Maria_Black

 

   
 
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