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Autore: thea23    23/02/2013    3 recensioni
Questa è una raccolta i one shot, quindi ogni capitolo sta a se e non importa l'ordine nel quale vengono letti. Per dimostrare tale concetto, la one shot che inizia la storia si trova a 5° capitolo, e ha uno stile diverso dalle altre è anche triste. Il 2°, il 3° e il 4° hanno lo stesso stile perchè sono pagine di diari, ma il 6° capitolo è diverso, tende più a narrare qualcosa che essere una riflessione.
Detto questo spero che vogliate leggere.
Dal primo capitolo:
[Certa gente pensa che io sappia tutto dei rapporti e conosca le regole del gioco.
La realtà è che non le conosco. (...)
Innamorarsi è prendere un meraviglioso trapano e iniziare a rompere le proprie difese.
È un salto nel vuoto.
Prendi la rincorsa … e non sai davvero se lui sarà lì a prenderti al volo oppure ti lascerà cadere su un pavimento a dir poco gelato con un pacco di pop corns in mano.
I salti nel vuoto, innamorarsi … non sono una cosa positiva. Quello che cade ovviamente si rompe.
È fisica.]
Genere: Comico, Commedia, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Scrivendo canzoni su di voi

Il giorno.

 
Oddio, oddio ho smesso di respirare!
Come si respira? … Perché non ricordo come si respira?
Aspetta … no, lo ricordo … è prendere aria dal naso o bocca riempire i polmoni e poi svuotarli.
Okay … okay ce la posso fare.
 
Inspira.
 
Bene sento i polmoni riempirsi. Funzionano ancora!
 
Espira.
 
Bene. Bene … hanno detto che il rilassamento è questo.
Hanno detto che non cadrò davanti a tutti. Hanno detto che andrà tutto bene.
Ma loro non vedono il palco iniziare a prendere vita e farmi “ciao, ciao” in quel ghigno perfido.
Farà in modo che il mio vestito s’impiglierà in qualcosa e o cadrò di fronte a tutti o il vestito si strapperà ed io rimarrò nuda di fronte a tutti.
Ma non doveva essere il pubblico in biancheria intima?
Forse no … o questa al posto di essere un’esibizione canora sarebbe un party per nudisti o una spiaggia.
Rido nervosamente.
Mi ricordo che quando ero piccola e i miei genitori portavano me e mio fratello al mare, mi avvicinavo agli ombrelloni delle altre persone e mi mettevo a cantare le canzoni dei miei cartoni animati preferiti.
Sto sorridendo come una stupida.
Mi mancano quei tempi. 
Mi piacerebbe tenere un concerto al mare, magari non in costume, preferisco essere vestita.
Ho un mondo di vestiti estivi a casa.   
 
Ehi, un attimo. E se nella fretta avessi dimenticato di vestirmi?
 
Controllo cercando di non dare troppo nell’occhio. Mm no … ho addosso il mio vestito bianco, nella sua semplicità è il mio preferito. Ho anche la mia chitarra in legno col mio nome scritto sopra.
Oddio e se si rompe una corda mentre suono?
Ricontrollo freneticamente le corde della mia chitarra.
È impossibile che si spezzino proprio ora, insomma le ho sostituite tutte ieri!  
 
Chiudo gli occhi. Forse mi sto davvero preoccupando troppo.
 
Attorno a me gli altri lavorano instancabilmente.
Chi sistema le luci, chi si occupa del suono, chi degli strumenti, chi del pubblico.
 
Mi avvicino al sipario.
Scosto leggermente la pesante tenda vellutata rossa.
Oltre le luci calde e gialle come il sole, il piano scenico in legno, il presentatore nel suo completo elegante; davanti ai miei occhi si estende un tappeto di persone, di volti che non riconosco.
Oh mamma!
Richiudo subito la tenda e mi “nascondo” nuovamente dietro il sipario.
Il mio corpo inizia a reagire, sto tremando … sudo a freddo.
 

Da dove sono spuntate tutte queste persone?

Mi metto una mano ai capelli.
Non ce la posso fare … io … sono … io … come ha fatto a farmi venire in mente quest’idea?
 
<< Ed ecco a voi Miss Taylor Swift >> dice il presentatore nella sua voce profonda.
Maledico il tempismo perfetto di quell’uomo. Adesso come faccio a scappare?
Le luci si spengono, rimangono accese solo quelle che delimitano il palco e lo illuminano dal basso verso l’alto.
Lo staff per la preparazione inizia ad allontanarsi dal palco, per darci spazio, la mia band inizia a sistemarsi.
<<  sei pronta Taylor? >> chiede Dave pericolosamente vicino al meccanismo che avrebbe fatto aprire il sipario.
 
Bella domanda.
Inizio a guardarmi in giro senza vedere realmente niente.
Devo sembrare ridicola: una ragazza alta dai capelli chiari che ricordano vagamente una cascata di boccoli biondi, in piedi nel suo vestito bianco e la sua fedele chitarra in noce a tracolla nella penombra del palco ancora interamente nascosto dal sipario.  
Perfettamente immobile in quel mondo che attende.
 
Persa nei battiti del mio cuore, come un tamburo nel petto e nei miei respiri irregolari, sento il tempo concedermi una pausa di riflessione.
È quasi come s’immaginano le esperienze vicine alla morte, con la differenza che al posto di rivivere la mia vita ripercorro tutti quegli stati d’animo, fatti e azioni che mi hanno portata ad essere qui in questo momento.
Quasi come un caleidoscopio di ricordi.
 
Vado indietro nella mia testa per rispondere a quella domanda che urlava ogni cellula del mio corpo:

“come ci sono finita io qui oggi?”

 

Non troppi giorni prima
A scuola

 

“Non riesco a credere che l'hai fatto veramente.
Mi sei passato accanto e hai portato il mio cuore con te.”

 
Guardai soddisfatta il mio quaderno, dopo due ore di cancella e riscrivi alla fine le parole erano venute.
Il vero problema è che erano soltanto due versi.
 
Nuovamente sconfortata appoggiai le braccia sul mio bianco banco e lasciai che la mia testa crollasse sgraziatamente sopra di esse, emettendo una specie di “puff”.
Chissà se esisteva una sorta di riunione di alcolisti anonimi per persone che erano state lasciate.
Sorrisi immaginando la scena.
“Salve – esordirei al mio primo incontro con voce vivace e forse troppo euforica rispetto le persone dai volti scuri che mi osservano – il mio nome è Taylor ”. Mi risponderebbero con un monotono “ ciao Taylor” ? come nei film? Sorrisi di nuovo. 
 “ frequento ancora il liceo, anche se sono un’aspirante cantante. E il mio ragazzo mi ha tradita.” Pronuncerei gravemente l’ultima parola, così in modo squisitamente teatrale, così che possa tagliare l’aria nello stesso modo nel quale spero di tagliare la sua testa. Poi tornei a fissarli e con un’aria perplessa confesserei:
“ con una mia amica, che mi aveva giurato che non ci avrebbe mai – ricalcherei questa parola – provato con lui”.
Abbasserei lo sguardo, preparandomi a mantenere quel mio finto stato di allegria anche nella parte più dolorosa e che ricordavo come se fosse ieri.
“ E dopo che mi è arrivata la notizia di quello che lui aveva fatto con lei –  pronuncerei queste parole con un tono indignato – lui ha avuto il coraggio di venire da me ”.
L’attenzione delle persone nella sala crescerebbe, mentre io prenderei un bel respiro.
 
“Per chiedermi di rimetterci insieme”.
 
Cori di sdegno si alzerebbero per la stanza, mentre io tirerei un sospiro di sollievo: significava che non ero né pazza né esagerata.
A quel punto continuerei dicendo: “ Purtroppo quella volta non sono riuscita a parlare con lui, ero impegnata a trattenere le lacrime …” farei una smorfia facendo finta di non aver confessato una cosa simile e cercando di riprendermi un po’ di dignità aggiungerei:
“ Ma se fossi stata più attenta, gli avrei chiesto cosa gli faceva pensare che non meritassi delle scuse e soprattutto gli faceva pensare che io volessi ancora rivederlo e cosa aveva fatto nel tempo libero per perdere momentaneamente o no tutti i neuroni che aveva in testa, insieme al suo buon senso, se mai l’aveva avuto”. Per sottolineare l’ironia della frase alzerei un sopracciglio.
 
Un colpo al braccio mi fece tornare alla realtà. La mia vicina di banco nonché migliore amica, una ragazza dai capelli rossi, stava cercando di attirare la mia attezione.
 
Nell’ultima ora potrei essermi dimenticata di essere comodamente “si fa per dire” seduta nel mio banco scolastico vicino la finestra all’ultima fila, così da non bloccare la vista altrui e potrei aver dimenticato di ascoltare la professoressa.
Quindi considerando che non avevo idea di quello che stavamo facendo non trovai esattamente confortante avere gli sguardi dell’insegnate e degli altri compagni addosso.
 
Cosa volevano che facessi?
 
Abigail avvicinò il suo libro e m’indicò un punto.
Grata, mi chinai cercando di focalizzarlo. Quando una ciocca di capelli mi cadde davanti gli occhi la misi nuovamente al suo posto. 
 
Stavamo studiando Shakespeare. Poteva essere deprimente per me in quel momento, considerando le tragedie di amore che aveva scritto, quindi pregai che fosse un’opera storica o altro.
La dea bendata non la pensava come me, così mi toccò leggere un atto straziante di Romeo e Giulietta in inglese antico. 
 
A quanto pareva, se esisteva un qualsiasi modo nel quale la vita poteva fermarsi e ridere dei piccoli esseri umani, l’avrebbe fatto.
 

Qualche giorno prima.
A casa.

“Aspetto con ansia il giorno nel quale finirò di fingere
Che sto davvero bene quando non è così.”

 
Osservai le ultime parole che avevo aggiunto al mio testo, ripercorrendole con le dita.
Negli ultimi giorni avevo letteralmente fatto i salti mortali per non parlare con mia madre.
 
Stavo andando in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, quando per le scale l’incrociai.
Io scendevo, lei saliva.
Era avvolta nel suo maglione nero e teneva in braccio il nostro cagnolino, entrambi mi guardavano incuriositi.
 
<< Tesoro – disse nella sua voce dolce e rassicurante – in questi giorni sei un po’ giù … è successo qualcosa tra te e Sam? >>
 
Osservai la parete ocra piena di foto.
Brutta mossa, ma avevo bisogno di distogliere il contatto visivo.
Mi stampai in faccia il migliore dei miei sorrisi.
 
<< No mamma … ci siamo lasciati, ma è tutto okay! Era un deficiente – le confessai annuendo con la testa come se quel gesto avesse potuto renderlo reale – insomma, ti rendi conto che per la pigrizia di non aiutarmi a cercare una nostra canzone ha detto che sarebbe stata il suono delle zanzariere tolte dalle finestre insieme a quando parliamo al telefono e parliamo a bassa voce perché è tardi e non dovremo stare svegli >> Mi bloccai rendendomi conto di averle confessato che certe notti sto sveglia fino le 3 di notte a suonare, scrivere o parlare al telefono … insomma tutto meno che dormire.
Per tutta risposta lei mi sorrise e mi fece un occhiolino complice.
 
Effettivamente tutte le mamme sanno tutto dei figli.
 
<< Se non sbaglio quando mi avevi raccontato della vostra canzone ne eri molto felice e non lo consideravi stupido >> mi disse. Cercai di mantenere un contegno, ma non ero mai stata un tipo da botta e risposta, rimanevo sempre pietrificata e basta.
<< Capisco che le cose cambiano cara – sospirò – se hai voglia di parlare sai dove trovarmi >> mi sorrise e raggiungendomi su le scale mi diede un veloce abbraccio così da non stringere troppo il nostro animaletto.
 
La osservai salire le scale in legno.
 
Mi si straziava il cuore a doverle mentire, ma non potevo farla soffrire.
Aveva dovuto raccogliere tante delle mie lacrime non volevo che vedesse anche queste.
Del resto era una cosa stupida. Avrei potuto cavarmela da sola, non sapevo ancora come, ma me la sarei cavata.
Avrei dato un senso a tutto questo, scrivere una canzone è venire in contatto con i propri sentimenti, è cercare di dare un senso, un filo logico a tutta quella matassa di emozioni che si prova.
I fogli di carta avrebbero assorbito le mie lacrime, mentre la mia mano li colorava.
 
Di fogli infatti, la mia camera era piena.
 
Fogli con testi di canzoni completi o no sparsi disordinatamente sulla mia scrivania.
Fogli sul mio letto insieme alla mia chitarra.
Testi che dalla mia anima si imprimevano sulla carta usando come strumento le mie mani.
 
Lui era ovunque. Nella mia mente, nel mio cuore … quanto sarebbe durato ancora?
 

“Voglio davvero sapere com’è 
Averti dimenticato
Finché non lo farò, continuerò a scrivere canzoni su di te.”

 
“Ho una pila di fogli alta.
Ed è tutta dedicata a te. 
Continuo a pensare, che forse 
Posso dare un senso a qualcosa di folle,
Qualcosa che non riesco a togliere fuori dalla mia testa ”.

 

Nei sogni.

 “
Non sai che sto cercando di odiarti?
Cercando di avere un sogno nel quale tu non vinci
Ma come posso spegnere quest'incendio
Se sei tu quello che l'ha creato.”

 
 Immaginavo ci fosse qualcosa di strano quella storia.
Dovevo essere in un labirinto, o comunque un luogo senza via di uscita.
Era innaturale o molto ben progettato considerando che la pianta dell’atrio nel quale mi trovavo era circolare e lungo il suo perimetro si trovavano otto imponenti portoni in pietra chiara con spesse ante di legno, ed io ero entrata in ognuno di questi senza riuscire a uscire da quella zona di attesa.
 
Sospirai e mi sedetti nel perfetto centro della circonferenza. Il contatto col pavimento in marmo in quell’ambiente dall’aria antica e sterile, mi spinse a guardare su e quindi osservare il tetto.
 
Rimasi a bocca aperta.
 
Non mi stupì poi tanto la cupola costruita sui vari archi che lo ricopriva, piuttosto che ci fosse scritto “Sam” almeno un miliardo di volte.
Spaventata, guardai le pareti.
Non esisteva più il bianco antico … adesso erano macchiate dal suo nome scritto in nero, un miliardo di volte. Con un carattere irregolare e distorto, quasi come se la vernice scura fosse stata buttata sul muro con rabbia, fino a riempirlo completamente.
Mi guardai le mani: erano sporche di nero.
Ero stata io?
Indietreggiai spaventata.
Ma che diavolo stava succedendo?
Andai a sbattere contro qualcosa di duro e caldo. Qualcuno che conoscevo bene.
Non avevo bisogno di girarmi, sapevo che Sam era li.
 Decisi di farmi del male e mi voltai a guardarlo.
Era così dannatamente perfetto, nel suo sorriso capace di farmi sciogliere il cuore.
Nei suoi capelli scuri come gli occhi, nella sua t-shirt candida che gli metteva in risalto i muscoli, nei suoi jeans blu. I miei preferiti.
Come quella volta in corridoio si avvicinò a me (se ciò era possibile) e mi sussurrò quelle parole.
 
<< Taylor … - sentii il suo alito di menta sulle labbra, il mio cervello si bloccò davanti ai suoi occhi di onice, mentre l’azzurro dei miei diventava più chiaro, acquoso – è stato solo un momento di debolezza! Io continuo ad amarti. Il passato è passato … perdonami >> l’ultima supplica, l’ultimo sussurro.
La prima volta io ero scappata piangendo, lui aveva vinto e adesso?
Mi lasciavo baciare? Così come fosse niente?
 
<< Avresti dovuto dire di no >> le mie parole estranee e flebili sotto il suo bacio.

Capii cosa era giusto fare.

Mi ribellai, lo spinsi via.
 
<< Avresti dovuto dire di no! >> non era un sussurro, era un’accusa, pronunciata con le lacrime agli occhi con un tono di voce severo ma allo stesso tempo non troppo alto.
 
<< Avresti dovuto sapere che la voce di quello che hai fatto con lei sarebbe arrivata a me >> sibilai quelle parole tra i denti.
Come una minaccia, non era il mio stile.
Mi guardava sorpreso, mentre io iniziavo a sentire la musica incalzare, sento un peso familiare sulle spalle la mia chitarra – chissà come e perché – era arrivata da me.
Eravamo anche usciti d’atrio, adesso eravamo in un teatro dall’aria lucente ed elegante e corde nere lo tenevano legato ad una sedia.
Mi sentivo forte e potente, con la mia chitarra, nel mio vestito rosso come la vittoria, che faceva risaltare l’oro dei miei capelli e la mia carnagione diafana.
 
Non si dica mai che una cantante non sa cosa farsene della sua chitarra.
 
Nel sonno sorrisi.
Presto avrebbe ascoltato tutte le canzoni.

Dopo il sogno.

 
 
<< Taylor … non vorrei contraddirti, ma … non ti sembra troppo presto per avere un concerto da sola? Insomma il tuo album non è ancora uscito … eravamo d’accordo nel partecipare alle serate … ma un concerto così, su due piedi ... Io ti conosco … sei sicura che poi non ti emozioni? >>
Mi trovavo nell’ufficio pressoché spartano del mio capo e nonostante quest’ultimo, l’unico direttore di una casa discografica che avesse creduto in me, mi stesse criticando, lo stava facendo nella maniera più pacata che conoscessi quindi non me la presi.
A dire la verità sapevo che aveva ragione … avevo cantato soltanto al Bluerid Café e ai concorsi da bambina, non sapevo come sarebbe stato avere un vero pubblico … un mio pubblico.
Era passato un anno da quando avevamo firmato il contratto e ancora non avevano deciso quali canzoni inserire nell’album. 
Ma non potevo ignorare il consiglio del sogno! Ne andava della mia salute mentale. Se liberarmi di lui sarebbe significato fargli sapere come mi sentivo attraverso le canzoni allora l’avrei fatto.
 
<< Scott … ti prego, prima o poi dovrò iniziare … ne ho bisogno >> mi guardò afflitto. Doveva essere esausto, da quanto tempo stavamo discutendo? Una buona mezz'ora?
 
<< Va bene – cedette infine – fammi fare un giro di telefonate >>
<< Grazie, grazie, grazie >> gli dissi abbracciandolo, lui mi guardò ancora non del tutto convinto << vado a prepararmi allora! >> dissi fiera, lui mi fece un cenno.
 

 
<< Quindi … mi stai dicendo che hai costretto il tuo capo ad affittare un teatro perché vuoi fare sentire le tue canzoni al tuo ex? E vuoi che io chieda ai suoi amici di portarlo lì a tradimento e legarlo? >> mi chiese Abigail, mentre accordavo la chitarra seduta sul mio letto.
Annuii.
Poi ci pensai un attimo, mentre lei mi guardava come se fossi pazza.
<< in effetti non serve legarlo …  posso chiedere a Scott di fare venire dei buttafuori! Col compito di "buttare dentro" per fare controllare le uscite! >> dissi con l’aria di chi aveva avuto un’idea geniale, lei mi fulminò. Non le piaceva quando me ne uscivo con frasi del genere quando cercava di essere seria.
Sbuffai e tornai alla mia chitarra, almeno lei non mi contraddiceva.

<< Non avresti potuto semplicemente lavorare ancora sul tuo cd e aspettare che uscisse e fare in modo che lui venisse a sapere che quelle canzoni erano per lui? Non ti ci vedo a fare queste cose Taylor, non è nel tuo stile >>
Fu il mio turno di guardarla male. Perché tutti mettevano in dubbio la mia capacità di giudizio?  Scrollai le spalle.
<< La tua band che ne pensa? >> mi chiese, che finalmente avesse capito che ero irremovibile?
<< Anche loro erano un po’ sorpresi quando sono entrata in sala prove dichiarando che ci saremmo esibiti in un nostro concerto. Okay molto più di un po’ – ammisi – ma alla fine sono d’accordo con me … >> dissi e lei ricambiò il mio sorriso.
<< Allora lo farete? >> mi chiese lasciando trapelare l’entusiasmo dalla voce.
L’aveva nascosto per tutto quel tempo! Finsi uno sguardo indignato, ridendo sotto i baffi.
<< Funziona così? Muori dalla voglia di vedermi in scena però cerchi di fermarmi? >>
<< Dovevo assicurarmi che tu non fossi uscita fuori di testa, Taylor. Non vorrei dirtelo ma non sei mai stata un tipo distratto a scuola, eppure negli ultimi giorni avevi sempre la testa sopra un foglio di carta a scrivere e cancellare. Eri inquietante >> disse con l’aria di chi la sa lunga.
La guardavo con un punto interrogativo stampato in faccia, mi sarei dovuta preoccupare?
Poi scoppiammo a ridere.
<< Allora lo farai? >> mi chiese nuovamente.
<< Sì, lo faremo >> risposi decisa
<< Allora faremo in modo che epico >> disse la mia migliore amica con un sorriso fiero stampato in faccia.
Era una promessa, che aveva come testimoni la mia camera infantile, ma dettagli.
Era una promessa.
 

Entrare in scena è importante. 

Ah già … ecco che come ci sono finita io qui.
 
<< Taylor? >> chiede nuovamente Dave.
 
Mi limito a fissare il sipario davanti a me impaurita.
 
Sento qualcuno urlare il mio nome, dal pubblico probabilmente.
E poi il coro inizia, tante voci insieme che dicono: “Taylor, Taylor, Taylor …”.
 
Vogliono sentirmi suonare.
Sono riuscita a fare uscire la mia musica dalla mia camera da letto?
Ce l’ho fatta?
 
La paura diventa improvvisamente euforia, felicità.
Le mani mi tremano ancora, ma non importa.
Sfido qualcuno a non provare niente.
Queste persone sono qui per me.
Devo far vedere il mio meglio.
 
Controllo che il vestito e la chitarra ci siano ancora. Giusto per sicurezza.
 
Lancio uno sguardo d’intesa alla mia band.
Loro ricambiano il mio sguardo.
Nick è seduto alla batteria. Nathan e Gary sono dietro di me con le loro chitarre, così come Liana e Robert (i miei coristi).
Il pubblico non ha smesso di produrre quel delizioso suono soltanto usando il mio nome.
 
Faccio un cenno e il sipario si apre.
Le luci del teatro si spengo, quindi non vedo il pubblico e al momento loro vedono solo la mia sagoma e quella della band, ma questo non gli impedisce di esplodere  in grida e applausi.
Mi chiedo come ho fatto ad avere paura, è meraviglioso stare qui.
 
Mi avvicino sicura al microfono.
 
<< Voglio ringraziare tutte le persone che sono qui oggi. Vorrei presentare il mio primo album quindi sono contenta che siate così numerosi.
E vorrei dire a Sam, che se a qualcuno interessa è il ragazzo che adesso vedete sullo schermo alle mie spalle ed è in sala in questo momento, "grazie per avermi tradita, queste canzoni sono anche su di te".
Il concetto è questo: se siete cattivi con me, scriverò una canzone su di voi che non vi piacerà >> faccio l’occhiolino.
 
Le luci si accendono e noto una figura che si avvicina ad una delle uscite, ma un buttafuori lo costringe a rimanere.
 
Non è andata come avevi pianificato, eh Sam?
Sorrido divertita quando attacco con la prima canzone.
 
Oh se sarà divertente.
 

I’ll just wait for the day
I stop pretending
That I’m really ok when I’m not
I wanna know how it feels to be over you for real
Till I do,
I’ll keep writing songs about you

 
Note:
 
Innanzitutto ringrazio chi è arrivato fino alla fine.
Sono sette pagine sta volta quindi immagino sia stato arduo xD
Comunque, giuro che questo è l'ultimo così lungo è che doveva essere quello iniziale.
Spero non sia stato troppo pesante per voi, in caso fatemelo sapere.
Fatemi sapere anche se ci sono errori, per favore.
E se non è troppo da chiedere … questo capitolo mi ci sono voluti quattro giorni e fin troppi cancella e riscrivi per finirlo, mi lasciate sapere che ne pensate? ;)
Per favore?
Come al solito spero che il capitolo non faccia schifo ed è ispirato ad una canzone poco conosciuta di Taylor, mai edita anche. Si chiama Writing Songs About You, qualche verso della canzone l’ho tradotto e l’ho messo in mezzo al mio testo per poi ripeterlo alla fine in lingua originale.
Sono presenti dei riferimenti a Our Song e Should’ve Said No.
Siccome questo capitolo avevo in mente di scriverlo sin dall’inizio, senza mai riuscirci lo metterò all’inizio, insomma … alla fine è la canzone da cui prende il titolo la raccolta xD
In conclusione ringrazio Clairy93, Slyfox18, Lottieverdeen, DemtriaTay, Crichiola, Haley_V e Lycis per avere recensito almeno un capitolo :) ringrazio anche chi ha messo nei preferiti o nelle seguite la mia storia: " grazie" :) grazie, per esservi interessati ^^ e grazie ai lettori silenziosi :)
Spero di non avervi deluso … soprattutto le ragazze che di solito recensiscono la mia storia.
 
Ps: vi lascio un piccolo indice così sapete bene o male come sono i capitoli della mia storia.
 
1 spero abbiate finito di leggerlo adesso xD
2 Parla di Forever and Always ed è scritto sotto forma di pagina di diario
3 Parla di Love Story e anche questo è in prima persone e sotto forma di diario
4 Parla di I Knew You Were a Trouble, scritto in prima persona e sotto forma di diario
5 Prende ispirazione da una frase, è triste ed in terza persona … è l’inizio del diario.
6 Parla di Picture to Burn, l’inizio è sotto forma di diario in prima persona, poi però diventa un sogno ad occhi aperti ed è quindi una narrazione.
 
E per ora è tutto …
Vi ringrazio ancora dell’attenzione.
Un bacio
Thea.
 
  
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